martedì 20 marzo 2012

perché rizzotto viva

Giovanni Morsillo


Placido Rizzotto ha ottenuto il riconoscimento del suo sacrificio per il bene comune, gli saranno tributate le esequie pubbliche con gli onori che spettano a chi ha lottato in nome dei diritti di tutti e ha servito lo Stato (diversamente da chi si è servito dello Stato).
Lo ha fatto in motli modi, in tutta la sua breve vita. Primo dei sette figli di Carmelo Rizzotto, all'arresto di questi per coinvolgimenti in fatti di mafia, deve abbandonare la scuola per mantenere la famiglia alla meglio. Serve lo Stato prima in guerra, militare in Carnia, poi Partigiano delle Brigate Garibaldi. Rientrato in Sicilia, diventa presidente dell'ANPI di Palermo e segretario della Camera del Lavoro di Corleone, dando il suo instancabile lavoro per la costruzione del movimento dei contadini per la riforma agraria. Viene ammazzato bestialmente una sera nelle campagne corleonesi da sicari inviati dal dottor Michele Navarra, che poi ucciderà personalmente con una iniezione letale il piccolo pastorello Giuseppe Letizia che aveva avuto la disgrazia di trovarsi casualmente sul posto dell'agguato e visto in faccia gli assassini del sindacalista socialista.
Rizzotto non fu l'unico a cadere sotto i colpi delle milizie mafiose al soldo dei reazionari, un certo potere che occupò lo Stato dopo la Liberazione decimò le organizzazioni proletarie siciliane e calabresi distruggendone fisicamente i capi.
Adesso Placido Rizzotto può essere sepolto come merita, dopo aver atteso pazientemente per 64 anni. Nel frattempo la società per cui ha lottato ed ha accettato più volte il rischio della vita fino a perderla davvero, non è stata realizzata. Il pericolo è ormai alle spalle, i padroni dormono sonni tranquilli ed i combattenti dell'anti-società, i malavitosi di tutte le mafie, hanno il controllo di ben più che qualche feudo o qualche gregge.
Placido Rizzottto va onorato, ed è giusto ed opportuno che lo Stato si inchini ufficialmente davanti alla grandezza del suo sacrificio, alla lucida determinazione con cui ha accettato lo scontro, prima con i nazifascisti nella Resistenza, poi nella guerra contro le forze reazionarie degli agrari siciliani e dei loro eserciti di occupazione mafiosi. Ma non vorremmo vedere le solite processioni di falsi, di personaggi che di giorno parlano di valori a piena bocca e di sera operano in concreto contro ogni ipotesi di cambiamento progressivo. Ecco, vorremmo che i funerali di Stato di Rizzotto non fossero una celebrazione formale, come se si parlasse di un personaggio illustre che però rappresenta un altro tempo, un'altra storia. Placido Rizzotto deve essere onorato come combattente di un'Italia sana, onesta, libera, ma soprattutto attuale. E deve essere onorato prima di tutto dai suoi compagni, i proletari ed i lavoratori per i quali voleva costruire una società degna. Fu partigiano, non funzionario: sarebbe un altro insulto alla sua memoria arruolarlo in una malintesa idea di mediazione sociale modernista secondo cui lupi e agnelli bevono alla stessa fonte. Condividiamo la proposta di celebrare le esequie a Corleone, ed in quel caso invitiamo le formazioni democratiche a organizzare una partecipazione di massa, ad invadere pacificamente quella cittadina con un popolo di gente libera e riconoscente  a Placido Rizzotto, che si incontri con la parte altrettanto libera di quei territori. Come nella migliore tradizione democratica di questo paese, i morti della guerra civile non devono essere pianti con commiserazione, ma onorati nell'esempio, nella prosecuzione delle battaglie per le quali sono stati uccisi.


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