Chiediamo scusa. Lo facciamo a fronte bassa, umiliati dall'evidente infondatezza delle tesi che abbiamo sempre sostenuto sugli immigrati. Abbiamo sempre detto che si dovesse lavorare sull'integrazione, che loro venivano qui in gran maggioranza per lavorare, per fuggire da condizioni oggettivamente disumane e cercavano una sopravvivenza minimamente decente, sopportabile, che pagavano con duro lavoro e umiliazoni di ogni genere.
Come acade a volte, ci siamo limitati ad osservare le grandi linee del fenomeno, senza indagare a fondo nei casi, nelle singole realtà e nonstante sapessimo benissimo che alcuni di essi delinquono, e non sempre perché non trovino un lavoro da onesti sfruttati e sottopagati delle cosche che controllano l'agroalimentare, ma proprio perché vocati al crimine, gente che preferisce sollazzarsi dopo aver depredato qualcuno magari provocandone la morte piuttosto che dedicarsi alla ricerca di un guadagno magari modesto, ma etico; nonstante questo, ci siamo concentrati sull'aspetto che ci pareva più urgente, che descriveva cioè l'odissea di milioni di esseri umani in fuga terrorizzata verso un buco nerissimo che era il destino.
Abbiamo così trascurato il problema degli extracomunitari che devastano la nostra terra, il nostro popolo ed il nostro sapere fatto di esperienza e scienza, a vantaggio di uno stile di vita deresponsabilizzato e osceno, che non vuole e non prevede regole, ma solo la legge violenta della forza bruta. E nemmeno ci ha sfiorato la preoccupazione che questo potesse avere un effetto eversivo, e nel profondo: può, cioè, sfasciare le coscienze faticosamente costruite in decenni di democrazia costituzionale, può deviare i lavoratori ed i cittadini verso concezioni feudali della società, dove la forza è ineluttabilmente l'unica regola, l'unica legge che vale, tornando ad un'idea del diritto naturale come fondamento lecito ed essenziale di qualsiasi rapporto umano (società, famiglia, Stato, lavoro, scuola, servizi, tutto funzionerebbe così).
Ci riferiamo ovviamente ad un soggetto esemplare di questo pericolo, troppo sottovalutato e non solo da noi, anzi addirittura osannato e portato a modello da larghi ambientio dei poteri forti: Sergio Marchionne. Questo elvetico-canadese, extracomunitario che di più non si può, non si accontenta di agire nella prassi ladronesca di appropriazione indebita di ciò che il Paese ha costruito con il lavoro e inimmaginabili montagne di denaro elargite in un secolo all'azienda che oggi amministra, ma si sente in diritto di entrare nella teorizzazione di un ordine giuridico sui generis dove le conquiste civili del lavoro e della società diventano folklore, come una sagra qualsiasi, una giostra che non ha altra utilità che quella di girare a vuoto per stordire e divertire i bambini che ci salgono sopra. I bambini, però, ché i grandi come lui sanno che quello che conta veramente non è il lavoro, e neanche il lavoratore, ma i soldi, e siccome nessuno ne riscuote più di lui, è solo lui che può dire cosa si fa e cosa non si fa.
Il suo è lo stipendio più alto in assoluto nell'Unione Europea, unico primato che possiamo vantare e che non ci mette in buona luce con i partners, ma nessuno si scandalizza, dato che non si tratta di un politico. Per i manager ed i calciatori non esistono tetti massimi, non ci sono limiti all'arricchimento, e la gente (che non vuole che la si chiami "massa", per carità) li applaude. Insieme ad Elsa Fornero rappresenta oggi la punta avanzata del capitalismo brutale, quello che piange di gioia quando mette sul lastrico i pensionati, e non ammette repliche alle proprie imprese (nel senso di gesta).
Per questo chiediamo scusa, con profonda contrizione, perché seppure avevamo sempre segnalato il pericolo che costui rappresentava e non solo per i suoi dipendenti, non avevamo compreso che come tutti i problemi, anche quello dell'immigrazione ha bisogno di distinzioni e di approfondimenti. Altrimenti rischiamo che le battaglie per l'integrazione si risolvano in provvedimenti approvati dai parlamenti del capitale in favore di pirati e ladroni che invece andrebbero portati in vilelggiatura in qualche Cayenna dei Mari del Sud.
Saluti internazionali.
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