lunedì 29 ottobre 2012

miseria e nobiltà

Giovanni Morsillo 
clip a cura di Luciano Granieri


L'improbabile sindaco della Capitale d'Italia, uomo con incontestabile pedigree di fascista di primo livello e di grande esperienza codina, ne ha infilate un altro paio solo negli ultimi giorni. La prima, più scontata e banalotta, la sua dichiarazione a seguito dei fattacci squadristi di Roma, dove i suoi nipotini mascherati e attrezzati con stracci neri e fumogeni (oltre ai soliti caschi e bastoni) hanno inneggiato al letamaio della storia e lui, ormai affezionato al doppiopetto ed intento a darsi un tono da persona seria, ha dichiarato nientemeno che si trattava di atti "intollerabili". Salvo poi tollerarli, eccome, e guardarsi bene dal revocare le laute concessioni logistiche, strutturali ed economiche fin qui generosamente elargite a dei fuorilegge e per di più a spese dei contribuenti che, come si sa, sono in massima parte cittadini probi, e quindi assai lontani dall'accattonaggio ideologico di certe formazioni facinorose.
La seconda, ha messo insieme una tale lista di illegittimità che rimane difficile persino ricordarle tutte. In sostanza, ha inaugurato a Villa Ada un paio di targhe e di luoghi intitolate ai due ultimi regnanti d'Italia. Come se non bastasse, lo ha fatto alla presenza di mezza cosiddetta nobiltà romana, compresi il figlio dei re defunti Vittorio Emanuele e il nipote Emanuele Filiberto, il tutto condito con una notevole presenza di vessilli monarchici. Non è vietato ritenere che la monarchia possa essere una opzione praticabile e attuale, ed i cosiddetti nobili possono continuare a godersi gli sterminati patrimoni accumulati dai loro avi a danno dei contadini italiani e dei sottosviluppati delle colonie. Quello che è indegno, invece, è che un sindaco della Capitale strappata ad una dinastia fellona e guerrafondaia dal popolo insorto, un sindaco della Repubblica italiana che dichiara decaduti i titoli ed i simboli della monarchia stessa, onori e riverisca gli eredi di tale schiatta (ergo, di quel regime) addirittura in una manifestazione ufficiale con tanto di fascia tricolore. E' quanto meno inopportuna l'intitolazione e l'apposizione delle targhe, ma si può far finta che si tratti di una semplice menzione di personaggi storici (far finta, beninteso). Ma applaudire i rampolli di una Casa decaduta nell'infamia e traditrice del proprio popolo è davvero troppo. Da tempo segnaliamo l'abitudine disgustosa e politicamente inammissibile di appellare con i titoli decaduti i personaggi in questione perfino sulle pagine dei giornali o addirittura nei programmi televisivi del servizio pubblico, dai talk-show ai telegiornali; troppe volte abbiamo sentito con forte senso di nausea chiamare principe il signor Emanuele Filiberto, e così la pletora di contesse, principesse, marchese e baroni di tutte le specie. Adesso siamo agli onori che la Repubblica concede per tramite di un nostalgico balilla con vezzo da podestà addiritura ai labari ed ai blasoni di questi parassiti che la Storia ha licenziato in malo modo.
E tutto questo, come se Roma non avesse altri problemi che ricordarsi con la concessione di onori e targhe di una nobiltà ammuffita invece di vedere cosa si può fare per rendere meno invivibili le sue strade e riportarla ad un livello di civiltà degno della Capitale d'Italia.
Saluti repubblicani.



Brano: Brucia la Città. de "La casa del vento"

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