Casi di privatizzazione dei servizi
pubblici oggi sono all’ordine del giorno. L’ultima pagina che ci si appresta a scrivere sulla cessione a ditte
private dei servizi svolti dai lavoratori della Mutiservizi di Frosinone e di
Alatri - dopo che l’altro socio (la Provincia), ha provveduto alla privatizzazione disfacendosi dei suoi 84 addetti - va a costituire uno dei
tanti episodi di cessione al mercato di attività sui quali un recente referendum ha vietato la realizzazione
di profitto e speculazione. La voracità delle oligarchie composte dal capitale
finanziario, multinazionali, lobby del
mattone, grazie alla sponda politica pagata a suon di prebende e privilegi, è
riuscita a mettere le mani su una merce( i servizi pubblici) estremamente remunerativa ,
la cui gestione consente di realizzare profitti enormi, socializzando le
perdite. Un'altra consuetudine che accompagna il processo delle privatizzazioni
e delle esternalizzazioni è il puntuale parare negativo che la Corte dei Conti esprime
su queste operazioni. In tutti i casi esaminati i giudici contabili hanno messo
in risalto le enormi perdite economiche ai danni degli enti locali provocate da
privatizzazioni ed esternalizzazioni. Nel nostro territorio eclatanti, in
questo senso, sono i casi della “Aeroporto di Frosinone Spa” e della società “Interporto
di Frosinone spa”, per le quali la Corte dei Conti ne ha raccomandato la messa
in liquidazione per dissesto economico. Nel recente caso
degli appalti affidati a privati dalla
Provincia di Frosinone per la manutenzione delle strade, si è calcolato che incaricando
di quei lavori gli addetti della ex
Multiservizi si sarebbe speso un terzo di quanto stanziato. Ma la logica dell’accumulazione
e della speculazione che guidano il potere
del capitale finanziario mirano elusivamente all’arricchimento privato
anche e soprattutto a scapito dell’utilità pubblica. La vicenda della “Azienda Mobilità Trasporti” (AMT), l’ente
che assicura il trasporto pubblico a Genova, è un caso paradigmatico delle dinamiche tese sempre e comunque alla
privatizzazione. L’azienda dopo due
sciagurati passaggi a società privata (anche se gestite da capitale pubblico
francese) è riuscita a tornare pubblica grazie alla caparbietà dei lavoratori, dei
cittadini e dei sindacati (quelli veri, non quelli dalla firma facile) . Oggi il sindaco Marco Doria, un “arancione” di
sinistra, non uno spietato ultraliberista, sta tentando di scippare nuovamente alla gestione pubblica l’AMT
per restituirla ai privati. Di seguito pubblichiamo un documento inviatoci da Marco Veruggio (portavoce dell’associazione
“ControCorrente” , già responsabile
economia, lavoro del Prc di Genova), che
ringraziamo , nel quale è descritta in modo chiaro ed emblematico l’odissea che ha
interessato i lavoratori AMT e le conseguenze che questa ha avuto sulla qualità del servizio reso alla collettività . Un contributo che, se da un lato mostra la
caparbietà con cui i privati vogliono fare affari con i bisogni dei cittadini, da
l’altro indica come con la lotta
condivisa di lavoratori, cittadini, sindacati degni di questo nome, e movimenti, è possibile difendersi e
riprendersi la gestione della propria città e dei servizi ad essa connessi. Con
questo contributo vogliamo mettere in risalto come la difesa dei beni comuni,
non è interesse dei sindaci, salvo qualche rara eccezione. Dunque Ottaviani, così come i sindaci che lo hanno
preceduto Marini e Marzi, essendo uno strumento nella mani dell’oligarchia finanziaria,
delle multinazionali e della casta
imprenditoriale edilizia, non potrà mai agire, rispetto a questo problema negli
interessi della cittadinanza . Come dimostrano le vicende dell’AMT, gli unici
che possono tutelare i diritti della collettività sono proprio i cittadini e i lavoratori, ovviamente con il
supporto di sindacati non allineati. Nella nostra città, nel nostro territorio
esiste una solidarietà sociale coesa e
un movimento sindacale unito e attrezzato
per difendere i beni comuni ? Dalla
riposta a questo quesito è possibile capire, che possibilità hanno i lavoratori
della Multiservizi di mantenere il posto
di lavoro.
Luciano Granieri
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AMT. Non è bastata una
privatizzazione?
Di Simone Solari
AMT è l'azienda comunale che gestisce il trasporto
pubblico locale a Genova. Originariamente AMT significava Azienda
Municipalizzata dei Trasporti. Nel 2004 la
Giunta di centrosinistra con a capo il sindaco Giuseppe Pericu (allora DS oggi
PD) decide di privatizzare l'Azienda (primo caso a livello nazionale) 'per
evitarne il fallimento' a causa di un buco finanziario di 15 milioni di euro. Prima di effettuare la gara da AMT
(diventata Azienda Mobilità e Trasporti) viene scorporata AMI (meccanici e
amministrativi), una bad company al 100% del Comune di Genova, con in pancia il deficit
della vecchia società. I francesi di TRANSDEV (società al 100%" della
Cassa Depositi e Prestiti francese, dunque pubblica) pagano 22,5 milioni di euro per rilevare il 41% di AMT. Il primo intervento dei nuovi soci consiste nel tagliare le linee
'improduttive' (ad es.: ultima corsa della metropolitana alle 21 invece che
alle 24). Successivamente vengono aumentate le tariffe: biglietto a 1,5o euro,
all'epoca il biglietto più caro d'Italia, altro record nazionale).
Insomma il servizio peggiora ma costa di più. Non
soddisfatti del risultato passano alla fase successiva: I'attacco ai lavoratori.
L'Azienda propone un piano industriale che prevede 4oo-5oo esuberi gestiti
attraverso l'introduzione di ammortizzatori sociali e I'accompagnamento alla
pensione per una parte di loro e il taglio delle linee di 3,5 milioni di
chilometri. Significativa l'introduzione della cassa integrazione (mai
utilizzata nel settore e neanche prevista dal contratto nazionale,
anche in questo caso Genova è all'avanguardia...) in deroga, con la possibilità
che la Regione Liguria versi anche I'integrazione fino al 100% dello stipendio. AMT, l'allora sindaco Marta
Vincenzi e l'assessore regionale del PdCI Vesco (che non riesce a trovare i soldi per il
trasporto pubblico, ma li trova per la cassa in deroga e I'integrazione al 100%),
ci spiegano, ancora una volta, che questo è I'unico modo per'salvare
l'Azienda'. Il sindacato ( la FAISA CISAL è il primo per numero di iscritti,
seguono CGIL, CISL, UIL e UGL), dopo aver firmato un preaecordo, si trova di
fronte alla reazione dei lavoratori, che, appena gìunta nelle rimesse la
notizia della firma, lanciano un'assemblea autoconvocata chiedendo ai propri rappresentanti
sindacali di venire a spiegare le ragioni per cui lo hanno sottoscritto. D li nasce
un comitato per il NO all'accordo (prontamente ribattezzato'i falchi di AMT'
dalla
stampa cittadina), i cui esponenti intervengono
nelle assemblee per spiegare ai colleghi per quale motivo bisogna respingere
I'intesa.
La Federazione PRC di Genova, gestita all'epoca da una
maggioranza di sinistra produce volantini e un pieghevole a 4 pagine per spiegare nel dettaglio l’accordo, i
suoi punti deboli e le sue incongruenze,
facendo delle proposte alternative per
intervenire su AMT senza tagliare il servizio e le retribuzioni dei dipendenti.
Il materiale viene distribuito in tutte le rimesse e ai principali capolinea,
suscitando la reazione dei sindacalisti, che criticano aspramente le posizioni
di Rifondazione nel corso delle assemblee preparatorie del referendum. Ma alla
fine la FAISA fiuta il clima, capisce che l'accordo rischia di essere bocciato e ritira la firma, seguita
a ruota dagli altri sindacati. A seguito di una nuova trattativa viene varata
una nuova intesa, anch'essa pesante, ma in cui i numeri si riducono significativamente:
220 lavoratori in cassa e 1,5 milioni di chilometri i tagli alle linee. Il sindacato
ottiene 5mila ore di permessi sindacali
per due anni e un più che vantaggioso accordo sulla ricostruzione di carriera
per i sindacalisti che rientrano in AMT (in azienda non c'è una RSU, ma ci sono una quindicina di
esentati). Il passaggio successivo è l'arrivo di RATP (società che gestisce il
trasporto pubblico a Parigi) al posto di TRANSDEV. Nel frattempo - come ho scritto -
era cambiato anche il sindaco (da Pericu a Vincenzi) ma l'azienda continua
comunque a denunciare buchi di bilancio. Dopo pochi mesi, RATP, scottata dalla
bocciatura del piano industriale originario e dalle continue difficoltà create dalla
resistenza dei lavoratori e dei cittadini (infatti si erano costituiti diversi
comitati spontanei contro i tagli alle linee nei quartieri
periferici) abbandona Genova. Possiamo dire quindi che AMT è stata
ripubblicizzata dalla resistenza dei lavoratori e degli utenti. Alla fine anche
la Corte dei Conti trae un bilancio della privatízzazione, riconoscendo che essa ha provocato una perdita di 70milioni di euro al Comune, mentre la magistratura ordinaria
condanna I'ex sindaco Pericu a pagare 450mila euro di danni. Inoltre vengono scoperte
irregolarità nella redazione dei bilanci 2006 -2009 e il Comune infligge a RATP una multa di 85mila euro per la 'cattiva gestione'
dei mesi a suo carico e rifiuta di pagare 2,5 milioni di euro, che avrebbe
dovuto versarle a titolo di'consulenze .
Ma, secondo le clausole
dell'appalto del 2oo4, entro gennaio il Comune dovrà versare comunque a RATP 22,5
milioni versati da TRANSDEV all'atto della gara. Dunque per i privati AMT è
stato un investimento a rischio zero e a profitto garantito (3 milioni all'anno
incassati appunto come'consulenza'...).
Quando i francesi si ritirano da AMT Genova è, di
fatto, già in campagna elettorale. Il trasporto pubblico è un tema portante
della campagna dei candidati sindaci. Marta Vincenzi, sindaco uscente, viene
sconfitta alle primarie da un candidato 'arancione' presentatosi come
'innovativo' e che, ancora un mese dopo la sua elezione a sindaco, dichiarava:
'AMT è un'azienda malata, ma non'credo possa dare risultati I'approccio che potrebbe avere un
privato: dobbiamo puntare all'efficienza e al controllo dei costi, ma nella logica
del servizio pubblico! Tuttavia il primo
atto di Marco Doria, sindaco di sinistra', sul trasporto pubblico è la
presentazione di una delibera che prevede riduzione del costo del lavoro e una
nuova privatizzazione di AMT, per 'salvarla dal fallimento' (le stesse e identiche
parole di Pericu). Per 20 anni ci è stato detto che privatizzazioni e
liberalizzazioni avrebbero determinato un miglioramento della qualità dei
servizi pubblici e una diminuzione delle
tariffe. Oggi possiamo dire che non c'è un solo caso in cui questa previsione si è verificata. Non
c'è maggiore concorrenza, ma grandi monopoli che controllano quote di mercato
assistito incamerando milioni di euro di risorse pubbliche ed esercitando uno
strapotere assoluto nei confronti degli enti locali. Le privatizzazioni sono state un fallimento. AMT 1o dimostra ed è
per questo che non smetteremo di lottare a difesa del servizio pubblico: fuori
i privati e dentro lavoratori e cittadini
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