martedì 20 novembre 2012

A chi conviene privatizzare la Mutliservizi?

A cura di Luciano Granieri


Casi di privatizzazione dei servizi pubblici oggi sono all’ordine del giorno. L’ultima pagina che ci si  appresta a scrivere sulla cessione a ditte private dei servizi svolti dai lavoratori della Mutiservizi di Frosinone e di Alatri - dopo che l’altro socio (la Provincia),  ha provveduto alla privatizzazione disfacendosi  dei suoi 84 addetti - va a costituire uno dei tanti episodi di cessione al mercato di attività  sui quali un recente referendum ha vietato la realizzazione di profitto e speculazione. La voracità delle oligarchie composte dal capitale finanziario, multinazionali,  lobby del mattone, grazie alla sponda politica pagata a suon di prebende e privilegi, è riuscita a mettere le mani su una merce( i  servizi pubblici) estremamente remunerativa , la cui gestione consente di realizzare profitti enormi, socializzando le perdite. Un'altra consuetudine che accompagna il processo delle privatizzazioni e delle esternalizzazioni è il puntuale parare negativo che la Corte dei Conti esprime su queste operazioni. In tutti i casi esaminati i giudici contabili hanno messo in risalto le enormi perdite economiche ai danni degli enti locali provocate da privatizzazioni ed esternalizzazioni. Nel nostro territorio eclatanti, in questo senso, sono i casi della “Aeroporto di Frosinone Spa” e della società “Interporto di Frosinone spa”, per le quali la Corte dei Conti ne ha raccomandato la messa in  liquidazione  per dissesto economico. Nel recente caso degli appalti affidati  a privati   dalla Provincia di Frosinone per la manutenzione delle strade, si è calcolato che incaricando di  quei lavori gli addetti della ex Multiservizi si sarebbe speso un terzo di quanto stanziato. Ma la logica dell’accumulazione e della speculazione che guidano il potere  del capitale finanziario mirano elusivamente all’arricchimento privato anche e soprattutto a scapito dell’utilità pubblica. La vicenda  della “Azienda Mobilità Trasporti” (AMT), l’ente che assicura il trasporto pubblico a Genova,  è un caso paradigmatico delle dinamiche  tese sempre e comunque alla privatizzazione.  L’azienda dopo due sciagurati passaggi a società privata (anche se gestite da capitale pubblico francese) è riuscita a tornare pubblica grazie alla caparbietà dei lavoratori, dei cittadini e dei sindacati (quelli veri, non quelli dalla firma facile) . Oggi  il sindaco Marco Doria, un “arancione” di sinistra, non uno spietato ultraliberista,  sta tentando  di scippare nuovamente alla gestione pubblica l’AMT per restituirla ai privati. Di seguito pubblichiamo un documento  inviatoci da Marco Veruggio (portavoce dell’associazione  “ControCorrente”  , già  responsabile economia, lavoro del Prc di Genova),  che ringraziamo , nel quale  è descritta  in modo chiaro ed emblematico l’odissea che ha interessato i lavoratori AMT e le conseguenze che questa ha avuto sulla  qualità del servizio reso alla collettività  . Un contributo che, se da un lato mostra la caparbietà con cui i privati vogliono fare affari con i bisogni dei cittadini, da l’altro indica come  con la lotta condivisa di lavoratori, cittadini, sindacati degni di questo nome,  e movimenti, è possibile difendersi e riprendersi la gestione della propria città e dei servizi ad essa connessi. Con questo contributo vogliamo mettere in risalto come la difesa dei beni comuni, non è interesse dei sindaci, salvo qualche rara eccezione.  Dunque    Ottaviani, così come i sindaci che lo hanno preceduto Marini e Marzi, essendo uno strumento nella mani dell’oligarchia finanziaria, delle multinazionali  e della casta imprenditoriale edilizia, non potrà mai agire, rispetto a questo problema negli interessi della cittadinanza . Come dimostrano le vicende dell’AMT, gli unici che possono tutelare i diritti della collettività  sono  proprio i  cittadini e i lavoratori, ovviamente con il supporto di sindacati non allineati. Nella nostra città, nel nostro territorio esiste una  solidarietà sociale  coesa  e un movimento sindacale unito e  attrezzato per difendere i beni comuni ?  Dalla riposta a questo quesito è possibile capire, che possibilità hanno i lavoratori della Multiservizi di mantenere il  posto di lavoro. 

Luciano Granieri
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AMT. Non è bastata una privatizzazione?

Di Simone Solari

AMT è l'azienda comunale che gestisce il trasporto pubblico locale a Genova. Originariamente AMT significava Azienda Municipalizzata dei Trasporti.  Nel 2004 la Giunta di centrosinistra con a capo il sindaco Giuseppe Pericu (allora DS oggi PD) decide di privatizzare l'Azienda (primo caso a livello nazionale) 'per evitarne il fallimento' a causa di un buco finanziario di 15 milioni  di euro. Prima di effettuare la gara da AMT (diventata Azienda Mobilità e Trasporti) viene scorporata AMI (meccanici e amministrativi), una bad company al 100%  del Comune di Genova, con in pancia il deficit della vecchia società. I francesi di TRANSDEV (società al 100%" della Cassa Depositi e Prestiti francese, dunque pubblica)  pagano 22,5 milioni di euro per rilevare  il 41% di AMT. Il primo intervento dei nuovi  soci consiste nel tagliare le linee 'improduttive' (ad es.: ultima corsa della metropolitana alle 21 invece che alle 24). Successivamente vengono aumentate le tariffe: biglietto a 1,5o euro, all'epoca il biglietto più caro d'Italia, altro record nazionale).
Insomma il servizio peggiora ma costa di più. Non soddisfatti del risultato passano alla fase successiva: I'attacco ai lavoratori. L'Azienda propone un piano industriale che prevede 4oo-5oo esuberi gestiti attraverso l'introduzione di ammortizzatori sociali e I'accompagnamento alla pensione per una parte di loro e il taglio delle linee di 3,5 milioni di chilometri. Significativa l'introduzione della cassa integrazione (mai utilizzata nel settore e neanche prevista dal contratto nazionale, anche in questo caso Genova è all'avanguardia...) in deroga, con la possibilità che la Regione Liguria versi anche I'integrazione fino al 100%  dello stipendio. AMT, l'allora sindaco Marta Vincenzi e l'assessore regionale del PdCI  Vesco (che non riesce a trovare i soldi per il trasporto pubblico, ma li trova per la cassa in deroga e I'integrazione al 100%), ci spiegano, ancora una volta, che questo è I'unico modo per'salvare l'Azienda'. Il sindacato ( la FAISA CISAL è il primo per numero di iscritti, seguono CGIL, CISL, UIL e UGL), dopo aver firmato un preaecordo, si trova di fronte alla reazione dei lavoratori, che, appena gìunta nelle rimesse la notizia della firma, lanciano un'assemblea autoconvocata chiedendo ai propri rappresentanti sindacali di venire a spiegare le ragioni per cui lo hanno sottoscritto. D li nasce un comitato per il NO all'accordo (prontamente ribattezzato'i falchi di AMT' dalla
stampa cittadina), i cui esponenti intervengono nelle assemblee per spiegare ai colleghi per quale motivo bisogna respingere I'intesa.

La Federazione PRC  di Genova, gestita all'epoca da una maggioranza di sinistra produce volantini e un pieghevole  a 4   pagine per spiegare nel dettaglio l’accordo, i suoi punti  deboli e le sue incongruenze, facendo delle  proposte alternative per intervenire su AMT senza tagliare il servizio e le retribuzioni dei dipendenti. Il materiale viene distribuito in tutte le rimesse e ai principali capolinea, suscitando la reazione dei sindacalisti, che criticano aspramente le posizioni di Rifondazione nel corso delle assemblee preparatorie del referendum. Ma alla fine la FAISA fiuta il clima, capisce che l'accordo rischia  di essere bocciato e ritira la firma, seguita a ruota dagli altri sindacati. A seguito di una nuova trattativa viene varata una nuova intesa, anch'essa pesante, ma in cui i numeri si riducono significativamente: 220 lavoratori in cassa  e 1,5  milioni di chilometri i tagli alle linee. Il sindacato ottiene 5mila ore  di permessi sindacali per due anni e un più che vantaggioso accordo sulla ricostruzione di carriera per i sindacalisti che rientrano in AMT (in azienda non c'è una RSU, ma ci sono una quindicina di esentati). Il passaggio successivo è l'arrivo di RATP (società che gestisce il trasporto pubblico a Parigi) al posto   di TRANSDEV. Nel frattempo - come ho scritto - era cambiato anche il sindaco (da Pericu a Vincenzi) ma l'azienda continua comunque a denunciare buchi di bilancio. Dopo pochi mesi, RATP, scottata dalla bocciatura del piano industriale originario e dalle continue difficoltà create dalla resistenza dei lavoratori e dei cittadini (infatti si erano costituiti diversi comitati spontanei contro i tagli alle linee nei quartieri periferici) abbandona Genova. Possiamo dire quindi che AMT è stata ripubblicizzata dalla resistenza dei lavoratori e degli utenti. Alla fine anche la Corte dei Conti trae un bilancio della privatízzazione, riconoscendo  che essa ha provocato una perdita di 70milioni  di euro al Comune, mentre la magistratura ordinaria condanna I'ex sindaco Pericu a pagare 450mila euro di danni. Inoltre vengono scoperte irregolarità nella redazione dei bilanci 2006 -2009 e il Comune infligge a RATP una multa di 85mila euro per la 'cattiva gestione' dei mesi a suo carico e rifiuta di pagare 2,5 milioni di euro, che avrebbe dovuto versarle a titolo di'consulenze .   Ma, secondo le clausole dell'appalto del 2oo4, entro gennaio il Comune dovrà versare comunque a RATP 22,5 milioni versati da TRANSDEV all'atto della gara. Dunque per i privati AMT è stato un investimento a rischio zero e a profitto garantito (3 milioni all'anno incassati appunto come'consulenza'...).

Quando i francesi si ritirano da AMT Genova è, di fatto, già in campagna elettorale. Il trasporto pubblico è un tema portante della campagna dei candidati sindaci. Marta Vincenzi, sindaco uscente, viene sconfitta alle primarie da un candidato 'arancione' presentatosi come 'innovativo' e che, ancora un mese dopo la sua elezione a sindaco, dichiarava: 'AMT è un'azienda malata, ma non'credo possa dare risultati I'approccio che potrebbe avere un privato: dobbiamo puntare all'efficienza e al controllo dei costi, ma nella logica del servizio pubblico!  Tuttavia il primo atto di Marco Doria, sindaco di sinistra', sul trasporto pubblico è la presentazione di una delibera che prevede riduzione del costo del lavoro e una nuova privatizzazione di AMT, per 'salvarla dal fallimento' (le stesse e identiche parole di Pericu). Per 20 anni ci è stato detto che privatizzazioni e liberalizzazioni avrebbero determinato un miglioramento della qualità dei servizi pubblici  e una diminuzione delle tariffe. Oggi possiamo dire che non c'è un solo caso  in cui questa previsione si è verificata. Non c'è maggiore concorrenza, ma grandi monopoli che controllano quote di mercato assistito incamerando milioni di euro di risorse pubbliche ed esercitando uno strapotere assoluto nei confronti degli enti locali. Le privatizzazioni  sono state un fallimento. AMT 1o dimostra ed è per questo che non smetteremo di lottare a difesa del servizio pubblico: fuori i privati e dentro lavoratori e cittadini

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