sabato 3 novembre 2012

No al riordino delle province si a una riforma democratica degli enti pubblici

Luciano Granieri


A seguito del riordino  delle province deciso dal governo Monti,  dal primo gennaio prossimo le province di Frosinone e Latina verranno accorpate in un unico ente. Gli organi politici dovranno avere sede esclusivamente nella città capoluogo, che nel caso del nostro territorio, sarà Latina. Su richiesta dei comuni laziali, decisamente contrari al provvedimento,  la  regione Lazio, d’intesa con il   Consiglio autonomie locali ,  ha deciso di ricorrere alla Corte Costituzionale contro la decisione del governo. Il giudizio è atteso per il 6 novembre.  Nel nostro territorio  la protesta si diffonde  di ora in ora,  prima alimentata dagli esponenti del centro destra e oggi, con  vari distinguo, anche da alcuni rappresentanti del centro sinistra (Scalia, Schietroma). Giova ricordare che il decreto legge per il riordino delle province ha ottenuto  i voti favorevoli della maggioranza bulgara (Pd –Pdl-Udc)  che sostiene l’esecutivo Monti. Maggioranza  composta dai sodali di partito di coloro i quali ora  si stracciano le vesti per le conseguenze del provvedimento. La cittadinanza è in fermento.  Si pianificano azioni di protesta eclatanti, come il blocco della Casilina, o un sit - in davanti a Montecitorio.  Al di là delle  proteste più o meno dirompenti , dei dissensi più o meno articolati, bisogna dar ragione al Presidente Iannarilli quando sostiene che il decreto del governo è uno strappo alla democrazia. E’ vero. Non tanto perché si fa decadere per decreto un’assemblea democraticamente eletta, come sostiene Iannarilli, ma, aggiungiamo  noi, perché si elimina un presidio di prossimità di rappresentanza presso i cittadini. In relazione alla questione elettorale lo strappo democratico è relativo perché  il decreto prevede che nel novembre 2013 dovranno essere rieletti gli organi della nuova provincia Lazio sud.  Dunque l’assemblea che sarà chiamata ad operare avrà   legittimazione elettorale. Inoltre non crediamo che  la decadenza di una giunta come quella attuale, inetta e  inefficiente,   sia una iattura, vero è che un presidio istituzionale si  allontana da una parte del territorio.  E quando ciò avviene la possibilità che i cittadini possano direttamente interagire con esso diventa più difficile. Viene meno con questo decreto la possibilità di riformare “L’ISTITUZIONE  PROVINCIA” che oggi  è  strutturata in forme del tutto inappropriate.  L’amministrazione  provinciale è  mossa   da uno coacervo di interessi privati di pochi  che   sfruttano la carica pubblica  a loro vantaggio personale senza minimamente curarsi degli interessi dei cittadini.   Partendo da  questo aspetto  si poteva pianificare una  riforma veramente democratica dell’ente,  prevedendo    la formazione all’interno dell’amministrazione provinciale di strutture intermedie fra i rappresentati e i rappresentanti,  costituite da movimenti, associazione e singoli soggetti organizzati  in forum tematici con poteri propositivi, ma soprattutto di controllo sull’operato degli amministratori . Per fare un esempio concreto, se nell’organismo provinciale costituito come   controparte pubblica  di Acea,  ente privato a cui è demandato il servizio idrico,  oltre al presidente della Provincia e alla consulta dei sindaci fosse stato attivo un coordinamento di cittadini deputato alla verifica della qualità del servizio , probabilmente i disagi e i soprusi che il nostro territorio ha dovuto subire per la mancanza d’acqua e per  le bollette esose, non si sarebbero verificati . Fino a ieri questa  e altre iniziative di partecipazione diretta della cittadinanza, seppur  di difficile attuazione, al limite dell’utopico,  erano opzioni  praticabili e comunque si poteva lottare per esse.  Dall’entrata in vigore del nuovo decreto  l’aumentato numero di cittadini da amministrare  e l’ampiezza del territorio, renderanno definitivamente inapplicabile  qualsiasi forma di controllo dal basso dell’attività governativa della nuova Provincia.  Il che significherà una maggiore disinvoltura dei nuovi consigli nel gestire le attività, una proliferazione di magheggi e accordi sottobanco con l’abuso di  esternalizzazioni e   collaborazioni esterne,   senza la minima trasparenza  dell’esercizio amministrativo.  Altro che contenimento dei costi. Il vero obbiettivo di tale riforma non è il   risparmio di risorse pubbliche.  Per ottenere questo risultato sarebbe stato sufficiente stabilire retribuzioni più basse  per  consiglieri e   assessori, 2.000 euro mensili al massimo, limitare, se non abolire le consulenze esterne,  prevedendo un programma di erogazione dei servizi a carico di dipendenti direttamente assunti dalla Provincia. Limitare le partecipazioni in società miste risparmiando sui costi amministrativi, remunerazione dei manager e pagamento dell’Iva . Ciò che il governo Monti vuole ottenere con questa riforma è un ulteriore passo verso l’allontanamento della cittadinanza dal  processo decisionale. Nonché eliminare ogni struttura intermedia fra il territorio e il governo centrale in modo da limitare la  valorizzazione della specificità territoriale. Specificità che, consentendo direttamente ai cittadini di investire sulla terra che abitano  e godere dei frutti dell’ investimento,  difende il territorio dalla speculazione fondiaria e finanziaria   tipica della devastazione colonizzatrice del sistema neo liberista.  Dunque auspichiamo sinceramente che la Corte costituzionale lasciando la divisione delle Province così come era fino a ieri, impedisca l’ennesimo attacco  alla democrazia portato da un governo espressione diretta del potere del capitale finanziario. Ma, contemporaneamente,  riteniamo necessaria una profonda riorganizzazione interna degli enti locali. Una rivoluzione delle dinamiche gestionali che preveda la partecipazione diretta dei cittadini alla governance del territorio.  Un coinvolgimento che vada  oltre il semplice esercizio del voto e si estenda a processi propositivi e di controllo delle attività amministrativa. Solo così  gli enti locali potranno costituire un presidio di democrazia forte ed incisivo.

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