sabato 24 novembre 2012

Senza paura la scuola in piazza.

Luciano Granieri
foto:Fausta Dumano
musiche: Banda Bassotti


Va in archivio  un’altra giornata di protesta. Il macrocosmo scuola  pubblica con professori, studenti e genitori, non si rassegna a scomparire.  Ed è vitale che la lotta  continui  perché ne va del futuro non solo di studenti e docenti , ma della sopravvivenza stessa di tutta la collettività. Nel corso di queste giornate in piazza un  blocco conflittuale sempre più granitico e deciso  sta aggregando gli altri mondi di  esclusi, dai lavoratori precari ai disoccupati, dai  “diversi” per genere, provenienza etnica e costumi sessuali, a chi vuole difendere i diritti dei palestinesi.  Ma in una sfolgorante giornata di lotta come quella di ieri  si creano situazioni, per cui è necessario chiedere scusa. Voglio chiedere scusa ai partigiani che hanno sacrificato la vita  per donarci la possibilità di  vivere in  una nazione libera e solidale  , voglio chiedere scusa ai padri costituenti, che hanno avuto la sensibilità democratica di redigere un testo straordinario. Nella Costituzione italiana si disegnano i connotati di una società  in cui i diritti  ad una vita dignitosa, alla partecipazione politica di massa,  all’accoglienza, alla possibilità di istruirsi e di crescere intellettualmente sono intangibili. Voglio chiedere scusa perché i loro sacrifici umani non sono serviti. La loro dedizione alla  costruzione di un Paese migliore è stata infangata dal corteo nero che nel pomeriggio ha insozzato Roma da P.zza Mazzini a Ponte Milvio. I fascisti del terzo millennio, tutti in fila, inquadrati militarmente, vestiti di nero e con la  bandierina d’ordinanza in mano,   hanno inscenato il loro corteo funebre. Una sfilata funerea  in cui poveri ragazzetti, anche loro precari  (nel cervello però) comandati  da  beceri capi bastone, hanno messo in mostra tutta la loro miseria culturale e politica. Negli occhi di quegli sprovveduti si percepiva la drammatica  preoccupazione di leggere male gli  slogan che i suddetti capobastone avevano scritto loro. Il malcapitato che ha dovuto ripetere davanti alle telecamere il suo grido di battaglia ha sbagliato a leggere confondendosi e balbettando malamente. E’ vero la scuola pubblica è necessaria soprattutto a  loro, ma  a cominciare dalle elementari. E che dire della  vigliaccheria di un signore, il quale, intervistato da un giornalista, prima ha descritto la teppaglia del terzo millennio come una benefica associazione - meglio dei boy scout altro che aggressioni e violenze, ha iscritto perfino il figlio!  - poi alla precisa domanda se fosse fascista, il signore in questione, piccato, non ha riposto. Si è vergognato di dichiararsi  fascista forse? Ha sostenuto che questa questione avrebbe meritato un approfondimento storico. “Insomma bello sei fascista o no?” Cosi avrei incalzato se fossi stato al posto del giornalista, e invece il cronista inviato del “TG Alemanno” ha soprasseduto. A proposito di giornalisti è necessario chiedere scusa ai padri partigiani anche per la sguaiatezza della  TV pubblica, pagata dai soldi di una comunità che dovrebbe essere antifascista. Il TGR Lazio (TG Alemanno appunto) ha aperto l’edizione serale con un ampio servizio dedicato al corteo nero. Interviste ai capobastone e anche ai militanti i quali hanno sfoggiato la loro imperizia nel leggere quelle quattro parole messe in croce scritte loro sui foglietti. Devo scusarmi anche con Ponte Milvio, perché oltre ai lucchetti di Moccia ha dovuto sopportare  anche a quest’altra iattura. Devo chiedere scusa, perché facendo parte di una comunità che elegge presidenti della camera di sinistra - i quali mettono sullo stesso piano i giovani partigiani e i ragazzi di Salò - che elegge sindaci, anche di sinistra che concedono la piazza ai fascisti violando il dettato costituzionale, sono anch’io colpevole.  “Per quanto ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti” così cantava Fabrizio De Anrdrè. L’unica speranza è che da questa lotta degli studenti possa rinascere una sensibilità civile tale da rigettare ogni ulteriore tentativo di prevaricazione fascista. 

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