venerdì 26 aprile 2013

Il bue che dice cornuto all'asino

Luciano Granieri



Ancora una volta Beppe Grillo ha suscitato le vibrate  proteste del mondo radical chic riformista. Esponenti del Pd e stampa ammaestrata al seguito,  hanno tuonato contro il comico genovese che si era permesso dare   il 25 aprile per  morto.

Messa così l’affermazione è forte e degna di tutto il risentimento possibile, ma questa si inserisce in un post in cui Grillo riadattando le parole del brano di Guccini “Dio è morto”  argomenta che il “25 aprile è morto” dopo l’inciucio fra Letta, Berlusconi e Napolitano,  dopo tutta una serie di eventi che hanno contraddistinto le ultime vicende politiche, non ultimo la rielezione a presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano,  in luogo del giurista costituzionalista Stefano Rodotà. 

Di conseguenza  i riti di celebrazione che hanno animato le piazze di molte città nella giornata di giovedì  sono  stati definiti falsi e ruffiani. In questa ottica il discorso cambia notevolmente. Beppe Grillo denuncia nel suo intervento il fango che i politicanti hanno gettato con il loro comportamento sul profondo significato del 25 aprile. Grillo non è contro la celebrazione della liberazione, ma anzi  denuncia lo scempio che gli inciucisti  hanno inferto sullo spirito e sul significato dell’evento. 

Resta da capire  come mai al comico genovese interessi tanto difendere la memoria di un accadimento che ha segnato la sconfitta dei fascisti del primo millennio, progenitori di quei  fascisti del terzo millennio da lui così apprezzati. Rimangono altresì poco chiare le ragioni per cui prima si bolla l’antifascismo come vecchio  ciarpame fuori moda e poi si difende la celebrazione  del giorno in cui questo ha trionfato sul fascismo. Ma tutto ciò, è noto, fa parte della pochezza culturale e della completa mancanza di un progetto politico ancorato saldamente a radici storiche definite. Tutte peculiarità tipiche  del Movimento 5 Stelle. Non è questo aspetto  però che   mi interessa. 

Voglio invece sottolineare come i riformisti difensori della libertà hanno immediatamente   bacchettato Grillo bollandolo come fascista  indegno,  incapace di capire il profondo significato del 25 aprile, travisando completamente il senso di quanto scritto dal capo dei 5 stelle. E poi siamo sicuri che i sedicenti radical chic riformisti siano nella posizione di accusare qualcuno di aver tradito lo spirito del 25 aprile? Siamo sicuri che i radical chic riformisti non si trovino nella ben nota posizione di quel bue che dice cornuto all’asino? 

 In una intervista rilasciata ieri a Repubblica, Stefano Rodotà identifica  il 25 aprile come  la data che segna la conclusione di un processo ampiamente sentito e condiviso  in base al quale  il popolo italiano ha conquistato la libertà . Tale processo si è dispiegato unendo  lotta armata,  coscienza culturale e istituzionale ed ha condotto alla definizione dell’identità democratica del Paese,  identità antifascista  inscritta nella Costituzione . Dunque il 25 aprile segna la  data di nascita della nostra identità democratica certificata dalla Costituzione. Denigrando il 25 aprile automaticamente si nega valore alla   Costituzione . Il ragionamento sacrosanto di Rodotà  può essere tranquillamente rovesciato, per cui attentando ai valori costituzionali automaticamente si delegittima il significato del 25 aprile.  

Quanto accaduto   nel corso del romanzo Quirinale che ha portato Giorgio Napolitano al secondo mandato di Presidente della Repubblica è stata una sequela di atti profondamente anticostituzionali. Il presidente della Repubblica ha in primo luogo il compito di garantire il rispetto della Costituzione. Sappiamo benissimo quanti strappi  Napolitano abbia inferto alla Costituzione nel suo primo mandato.  

Ne ricordo solo alcuni: il  mancato scioglimento delle camere in presenza di una maggioranza dissolta , la formazione arbitraria di un governo privo di  legittimazione elettorale,  per non parlare del sordido tentativo di rallentare indagini delicate relative alla trattativa fra Stato e mafia , la firma di tante altre leggi palesemente incostituzionali volte a garantire l’immunità del solito noto, la benevola stigmatizzazione di un atto gravissimo quale l’occupazione da parte di un movimento politico  del tribunale di Milano mentre erano in corso  procedimenti a carico  del  proprio  capo e il contemporaneo richiamo ai giudici affinchè  sospendessero i processi per concedere al suddetto leader, concussore, puttaniere ed evasore,  inquisito in tali procedimenti, di concorrere alla formazione del governo,  la concessione della grazia ad un membro di servizi segreti stranieri macchiatosi del grave reato di concorso in rapimento di un rifugiato politico entro i confini nazionali, quindi in territorio straniero.

 E’ perciò del tutto evidente che chi ha votato per  un candidato il quale già aveva dato prova  di insipienza nel tutelare la Carta costituzionale ha commesso un atto palesemente contrario alla costituzione stessa  e per di più ciò è avvenuto in una delle funzioni istituzionali più importanti quale le elezioni del Presidente della Repubblica. Inoltre non è stata fornita una spiegazione esauriente sulle ragioni del rifiuto ad eleggere Stefano Rodotà. Una personalità che invece aveva dato prove inconfutabili di essere profondo conoscitore della Costituzione e dello spirito che aveva mosso i padri costituenti.  Dunque i vari Errani, Zoggia, Fiano ed altri grandi elettori dei Pd  prima di accusare Grillo  riflettano  se il loro operato palesemente contrario al dispositivo costituzionale , decisivo per l’elezione di Giorgio Napolitano,   non sia stato  profondamente lesivo dello  spirito del 25 aprile.  Hanno fatto più danni questi signori alla ricorrenza della liberazione che non le quattro cazzate sparate da Grillo.

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