sabato 11 maggio 2013

Non lo sai perché (Roma-Chievo 0-1)

Kansas City 1927


Ok, quella cosa del campionato unico col Chievo nse deve fa, amo capito.

Ma noi siamo chiusi a ogni dialogo e rilanciamo co una nuova proposta: un torneo senza squadre venete. Sarebbe proprio utile dai, a questa nse po dì de no.

Sta mancata rivalità tra territori lontani, sto sconto scarico de secoli de storia, sto brand forte contro debole, sta cosa che le vincono tutte loro, so elementi sui quali un calcio in crisi come quello italiano deve riflette se non se vuole piegà alle nuove superpotenze.

Noi diciamo NO agli sceicchi e SI ar Chievo cancellato dalla geografia del calcio.

E dì che sta partita se presentava co auspici che aiutame a dì buoni.

Na vittoria sculata fori casa, loro che erano venuti a Roma co lo spirito de chi se compra er biglietto dell’autobus scoperto City Sightseeing, era quasi regalata.

Certo lo sai che quarcosa può andà sempre storto, che er calcio è na giostra è i carcinculo so na lotteria. Però questo lo sai dopo l’estrazione, è chiaro.

Envece.

Envece se comincia e pare na partita normale, aperta, co na specie de equilibrio e anzi co noi che famo più de loro, anche perchè a fa meno de loro ce sarebbero du squadre aroccate davanti alla porta loro e 50 metri de vuoto in mezzo ar campo, ma vedi che mo se ingegnamo.

Però ecco nse capisce bene chi se deve ingengà, co sto traffico de attaccanti che c’avemo. Che Destro oggi sta mpo giù perchè non è riuscito a passà dar parucchiere e senza no schema der Sudoku rasato sulla capoccia nse sente mai a suo agio. Che Osvardo s’è scordato de mettese la canotta “Las chicas mas fina pregunta er Pandoro Paluani” e mo nsaprebbe che fa se segna. Che Pjanic aveva visto la notifica su Twitter “Ercapitano ha iniziato a seguirti” e s’era allenato tutto contento pe na settimana, poi quando durante il riscaldamento j’ha detto “Grazie che me segui Ercapitano” lui j’ha tirato no scarpino e ha capito che quello era un fake. Dodò invece porello sta settimana je so stati diagnosticati alluce valgo, ernia iatale, labbro leporino, onicomicosi, inestetismi della pelle diffusi e ha svolto allenamento differenziato, esattamente come dal primo giorno che è arivato.

Ai Corinzi allenati da Corini gne pare vero de aspettà, noi, da par nostro, se trovamo benissimo nei panni de Godot. Peccato solo pe quella sgradevole formalità che richiede che pe vince na partita devi segnà. Guarda che certe volte veramente te ce perdi dentro a sta burocrazia, vojo dì, se sa che la vincemo noi sta partita, ancora stamo co sti codici ottocenteschi che tocca segnà? Guarda certe volte veramente boh.

Ed è così, co un grande boh, che se ritrovamo in quel limbo dove un tempo è finito e un altro tempo ancora non è cominciato, un tempo in più per amare, per sognare, per vincere, un tempo nel quale farsi un domanda e possibilmente darsi una risposta.

L’intervallo ha la faccia di Marzullo. Il che dovrebbe fa intuì tutta na serie de cose. Ma noi no, noi figurate, noi ada vede, noi “mo se svejano”. Eppure qualche dubbio ce dovrebbe venì financo a noi.

Anche perché er copione non cambia, noi provamo a attaccà, loro s’aroccheno senza stile e dignità, ma del resto quelli che devono vince semo noi, e loro ce provano in tutti i modi a facce vince, perchè tu o devi capì da te che se te schierano contro Papp è chiaramente un test pe vedè se je la fai.

E si va avanti e si subentra a chi nun je la fa più, co Florenzi che manda Poropiris a preparà le docce pe tutti, co Bradley che je ricorda a Destro che deve annà a spostà la Polo anche se pe loro non c’è lo sconto e lui non è scozzese, cor Coco che je rende Pjanic er favore de Firenze e stavorta rientra lui ar posto suo. Comincia a venicce come il sentore che potrebbe non esse l’unica cosa uguale e contraria co quella partita là.

Se rumina calcio brutto, se ciancicano azioni, se mastica mpo amarognolo, se digerisce bolo de pallone ma de fatto sta partita non va né su né giù, e rischia de rimané indigesta come un pandoro fori stagione.

Coi minuti che sgocciolano e cor novantesimo che comincia a fa capoccetta ce s’attacca a tutto, e se prova a interpretà come segnale positivo l’uscita dar campo dell’unico ex della tenzone, ma il fatto che a datte sollievo sia er cambio de Stoian è la foto de quanto poco te stai a fidà dei tuoi.

Mo è ora de forzà, mo è ora de annà a chiude, er tempo nce sta più, la musica sta pe finì e l’amici te stanno pe dì ciaone, mo sarebbe proprio er caso de non perdela quella palla a centrocampo, che vedi, capace che poi loro la piano e ripartono, capace che poi quello che è ripartito è pure veloce, capace che poi la mette in mezzo pe quello che ariva, capace che poi quello ariva, ce mette la zampa e, pensa, capace che poi te segnano ar novantesimo.  

Capace che poi Theraude. Ma proprio che te rode tanto.

Ce stanno attimi che te ripagano de tutto: momenti magici che premiano lo sforzo, la fatica, la costanza, l’abnegazione, in una parola: il merito. Poi ce stanno altri attimi tipo questo: nei quali te meriteresti almeno er punticino, ma semplicemente te fanno gò. E’ il calcio bellezza: live it or leave it. Da ste parti se lo semo imparato a forza de cicatrici, oggi ridono loro e ce rode a noi, e ce rode dopo la partita che forse più c’ha fatto ride nell’ultimi mesi, perchè sto periodo va così, tutto al contrario.

Te chiedi come sia possibile perde na partita come questa, te rovini er fegato a infilzà sto pezzo de marcio nello spiedo che già tiene Palermo e Pescara, te chiedi perché ogni volta ce ricascamo: non lo sai perché. E quando perdi così, pe na sera, non vuoi sapé niente.

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