giovedì 30 maggio 2013

Nostalgia canaglia

Tiziano Antonelli: fonte http://www.umanitanova.org/


Sabato 18 maggio è stata la giornata della FIOM.

Il più importante sindacato dei metalmeccanici ha portato in piazza, secondo gli organizzatori, oltre cinquantamila persone.
La manifestazione era stata indetta dal Comitato Centrale della FIOM del 25 marzo, con lo scopo “di offrire un terreno di unificazione delle lotte per la difesa del lavoro, del reddito, dell’occupazione, del diritto allo studio, per una vera democrazia nei luoghi di lavoro, una nuova politica industriale e per la riconquista di un vero Contratto nazionale”.
A quasi due mesi di distanza, la manifestazione ha assunto un significato diverso, vista la rielezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica, la costituzione del governo delle larghe intese, il riavvicinamento di CGIL a CISL e UIL che ha portato all’accordo sulla rappresentatività, siglato il 30 aprile.
Inevitabilmente l’intervento di Landini, così come la partecipazione di personaggi come Stefano Rodotà, l’adesione del Movimento 5 Stelle e l’assenza di personalità del PD, ha favorito la lettura della manifestazione in un’ottica politica, che forse non è stata sgradita nemmeno agli organizzatori.
Da un punto di vista politico, l’intervento del segretario della FIOM, Maurizio Landini, ha posto al centro la difesa della Costituzione. Riferendosi ai progetti di riforma costituzionale discussi nella maggioranza di governo, Landini ha sostenuto che non basta battersi per difendere la costituzione, ma bisogna battersi per applicarla, sostenendo addirittura che oggi compito dei rivoluzionari è battersi per applicarla.
L’impressione che dà questa manifestazione, per come è stata preparata, per i contenuti su cui è stata indetta, per come si è svolta e per gli interventi conclusivi, è quella di una FIOM e di una dirigenza sindacale rivolta al passato, ad un periodo in cui il governo e i capitalisti avevano bisogno dell’appoggio del sindacato concertativo per tenere a freno gli operai. Ora CGIL, CISL e UIL, e la FIOM nel suo specifico comparto, hanno portato a termine la loro missione, con la delazione e l’espulsione dei lavoratori rivoluzionari, con l’acquiescenza nei confronti dei tagli ai salari e ai diritti, con l’accettazione della riforma delle pensioni, del mercato del lavoro, della rappresentanza e della contrattazione, vengono messi alla porta da chi fino a pochi anni fa ne certificava la rappresentatività.
Lo stato d’animo di Landini e soci è la nostalgia, nostalgia della costituzione, nostalgia della politica industriale, nostalgia della concertazione e della solidarietà nazionale: tutte cose di cui le classi privilegiate e il governo che le rappresenta non hanno più bisogno. E’ lo stato d’animo di chi ha accettato la collaborazione di classe, di chi ha fatto della collaborazione di classe l’orizzonte della propria azione politica e sindacale, di chi non riesce a concepire una società senza lavoratori salariati, senza capitalisti, senza governi. E’ possibile che un sindacato guidato da dirigenti di questo tipo, un sindacato imbevuto nel più profondo da questa ideologia sia in grado di difendere gli interessi di classe?
La lotta economica, e il sindacato che ne è lo strumento, possono ottenere i loro risultati solo sulla base di un’intransigente contrapposizione agli interessi dei capitalisti. Il salario, la lunghezza della giornata lavorativa, i diritti, le pensioni e tutte le altre condizioni in cui l’operaio vende la sua forza lavoro sono altrettanti terreni di scontro con l’interesse del datore di lavoro, l’interesse del capitalista. E poiché i capitalisti sono parte fondamentale della classe dominante, i loro interessi sono quelli dominanti, difesi dall’ordinamento giuridico e dal Governo; gli operai possono quindi combattere su questo terreno solo organizzandosi, e da qui la necessità del sindacato, e solo contrapponendo il loro interesse particolare, l’interesse dei dominati, degli sfruttati e degli oppressi, la stragrande maggioranza della popolazione, all’interesse generale, l’interesse di quella piccola parte della società che costituisce la classe dominante.
Pensare che questi terreni non siano terreni di lotta, ma terreni di collaborazione di classe, di concertazione, in cui deve prevalere l’interesse della politica industriale, dell’economia, della solidarietà nazionale significa disarmare i lavoratori e abbandonarli alle pretese dei capitalisti. Questa è la situazione della classe operaia, queste le ragioni della debolezza del movimento operaio, in questa contraddizione sta il fallimento della politica della FIOM e delle confederazioni ancor più scopertamente succubi dei governi, dei partiti e dei capitalisti.
La manifestazione di sabato celebra un rosario di sconfitte, costellato da licenziamenti, cassa integrazione, perdita di diritti, che si cerca di far digerire in qualche modo agli iscritti, magari arruolando qualche nome dello spettacolo o della politica, o cercando sul terreno della lotta elettorale, e quindi ancora una volta sul terreno della subordinazione del movimento operaio, a questo o quel partito.
Il movimento anarchico è convinto che il sindacato possa essere un utile strumento di lotta: attraverso la quotidiana difesa dei lavoratori, ne rafforza la solidarietà e la contrapposizione ai capitalisti, prepara quegli organismi che permetteranno ai lavoratori la gestione della produzione e della società, e combatte nei fatti il governo e i suoi strumenti: il militarismo e i preti. Attraverso l’azione diretta e l’autorganizzazione il sindacato unisce i lavoratori senza distinzioni di fede religiosa, di orientamento politico, di nazionalità, di genere ecc. e, basandosi sul principio che l’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi, li abitua a non avere fiducia nelle istituzioni, nei partiti, nelle chiese.
Ma è possibile oggi un sindacato di questo tipo?
Nonostante i numeri portati in piazza, la FIOM testimonia il proprio stesso fallimento: la vicenda FIAT ne è solo l’ultimo esempio.
Senza il contorno di nomi altisonanti, senza le prime pagine dei media, i lavoratori dell’Ospedale San Raffaele di Milano, soli contro tutti, sono riusciti ad ottenere un importante risultato.
Sono riusciti ad ottenerlo grazie all’unità, alla ricostruita solidarietà fra lavoratori, grazie all’azione diretta.
Sono riusciti ad ottenere il ritiro dei licenziamenti grazie all’appoggio dei sindacati di base, in primo luogo dell’Unione Sindacale Italiana che ha un notevole seguito nell’azienda ospedaliera.
Generalizzare esperienze di questo tipo può facilitare la nascita di un nuovo movimento dei lavoratori, che porterà anche con sé il tramonto di quelle strutture burocratiche che hanno portato al fallimento quello vecchio.



Nessun commento:

Posta un commento