mercoledì 17 luglio 2013

Declassamento Italia, "ripresina" e Fiscal Compact




Rivista Indipendenza


Standard & Poor's ha declassato l'Italia da BBB+ a BBB, una valutazione  pressoché a ridosso di quella cosiddetta "spazzatura". Molto negativa l'economia italiana, altrettanto le sue prospettive ("outlook"). L'agenzia USA di rating, per quest'anno, parla infatti di un'ulteriore contrazione dell’economia italiana dell'1,9%, con una stima del debito pubblico in ascesa al 129% del Pil, nuovo massimo storico.


In parallelo, la Commissione Europea sta lanciando ripetuti segnali di insofferenza verso il governo Letta. Motivo? Politiche economiche addirittura troppo "lassiste". L'ultimo a scudisciare l'Italia è Simon O’Connor, portavoce del commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Tra le ultime "raccomandazioni", varate durante l'ultimo Ecofin di giugno, è richiesto all'Italia di "trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando la neutralità di bilancio". Sospensione dell'IMU e stop dell'aumento dell'IVA non sono insomma graditi. Ai primi di luglio, da Washington, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha tuonato sull'IMU sulla prima casa: appellandosi a "ragioni di equità ed efficienza" vuole che la tassa sulla prima casa sia mantenuta e che vada di fatto al rialzo attraverso una revisione dei valori catastali.
Ma il pur atlantico governo Letta che, politicamente instabile e frammentato, è scaturito dalle elezioni di febbraio, deve far quadrare conti anche di piazza. Pertanto, ad ulteriori immediate spoliazioni, ha interposto una fase di (molto) relativo respiro, non ottemperando così facendo alle ulteriori, continue, richieste (di fatto recessive e da ristagno economico) dell'asse euroatlantico UE-BCE-FMI. 

Solo pochi giorni fa, a fine giugno, dopo il consiglio europeo, l'ineffabile Letta e tutto il trasversale ceto politico/massmediatico atlantico avevano strombazzato ottimismo in virtù della concessione di Bruxelles ad operare “scarti temporanei dalla traiettoria del deficit strutturale” (Barroso docet), ma senza discostamenti dal disavanzo del 3%. Strettissimi margini operativi di bilancio (la carota), comunque vincolati al bastone di programmi di spesa solo se decisi e supervisionati a livello europeo (ad esempio l'inutile, costosa, dannosa TAV). A ben vedere, quindi, un accorto modo per indirizzare e accentuare il controllo della troika UE-BCE-FMI sulle politiche di investimento. 
Sullo sfondo, incombe il trattato europeo (Fiscal Compact), che si attiverà nel 2014, con le sue norme sul vincolo del pareggio di bilancio inserito in Costituzione e, nel 2015, relativamente all'obbligo della restituzione del debito in 20 anni (in soldoni manovre da 40-50 miliardi di euro all'anno lievitanti con il peggiorare del rapporto debito-PIL). L'incubo dell'Unione Europea ha ancora tanto di sé da far vedere.


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