sabato 10 agosto 2013

Dittatura del bene comune

Luciano Granieri


L’interrogativo che maggiormente ricorre nei media in questo tormentato agosto è se sia democratico un paese che consente ad un parlamentare evasore fiscale fraudolento, condannato con sentenza  passata in giudicato, di reclamare la propria agibilità politica (leggi impunità) solo perché è stato votato dagli elettori.

Ci si chiede inoltre se è proprio di uno Stato democratico premettere ad un condannato per evasione fiscale fraudolenta con grande predisposizione a delinquere di rimanere in Parlamento,  muovendo le sue truppe di  sgherri leccaculo per bloccare ogni sacrosanta e doverosa procedura per espellerlo    dal Senato della Repubblica. 

Ma i dubbi sullo stato della democrazia nel nostro paese si estendono anche all’indegno comportamento   di quei partiti che orientano la propria azione politica in senso del tutto opposto a quanto promesso ai propri elettori quando hanno chiesto e ottenuto da loro il voto.  

A questo punto la domanda sorge spontanea. L’Italia è un paese democratico? Personalmente ritengo di no  anzi  aggiungerei che l’Italia un paese democratico non lo è mai stato. Democrazia,  è un termine    di derivazione greca ed è composta dalla parola “Demos” che significa popolo e “Cratos” potere. Ossia potere al popolo.  L’esercizio elettorale così come concepito oggi, non consente in alcun modo al popolo di esercitare il proprio potere.

 Potere al popolo significa attribuire al medesimo    la prerogativa di  decidere le regole di convivenza civile e sociale, rispettando la dignità di ogni singola persona e controllare che le norme   decise vengano fatte rispettare. E’ evidente che questo esercizio deve passare attraverso una qualche  forma di architettura istituzionale che preveda la scelta  dei rappresentanti delle diverse classi  portatrici  di  differenti  idee di società.  Rappresentanti  a cui è demandata la responsabilità di trovare regole condivise atte a mediare le  diverse aspirazioni degli attori in gioco,  il cui operato deve comunque essere sottoposto al controllo diretto della comunità.  

E’ in grado il popolo italiano di mettere in atto un così gravoso  processo democratico? Assolutamente no. Infatti un tale concetto di democrazia presuppone l’assunzione del  postulato  secondo cui  l’interesse della collettività arriva prima dell’interesse individuale, per il semplice motivo che i benefici collettivi  si trasformano nel tempo in benefici individuali garantiti e stabili. 

Storicamente la priorità del bene collettivo rispetto a quelli individuale è un valore che non è mai appartenuto al popolo italiano. Il quale ha sempre avuto bisogno di raccomandarsi al potente di turno, vero o presunto,  per ottenere privilegi  che spesso  mascherano  diritti sacrosanti. Il tutto nel completo disinteresse delle prerogative degli altri, considerati nemici piuttosto che poveri cristi con cui condividere una battaglia per una  vita dignitosa. 

Eppure lo shock della seconda guerra mondiale con il suo drammatico genocidio aveva offerto su un piatto d’ argento una prospettiva concreta di poter costruire uno Stato veramente democratico. Anche se il popolo italiano, quasi non se ne è accorto, la lotta partigiana e la seguente fase costituente  avevano posto le fondamenta per la costruzione di uno Stato dove il bene della comunità, trionfava sull’individualismo,  pur tenendo conto e rispettando le aspirazioni e la dignità di ogni singolo soggetto. Il tutto racchiuso nella Costituzione. 

Un documento che, sembra strano ma è in vigore ancora oggi, non presenta né divieti, né obblighi, ma promuove azioni finalizzate alla convivenza civile e democratica. Purtroppo  in quel frangente un popolo italiano completamente digiuno dei valori democratici, si è ritrovato per le mani un fine manuale di democrazia. 

  E’ come se a un gruppo di persone semi analfabete si trovasse per le mani la Divina Commedia di Dante. Per saper leggere e capire l’opera si sarebbe dovuto educare questa gente, insegnare loro a leggere e scrivere compiutamente, a elaborare pensieri complessi.  Dunque il popolo italiano aveva necessità di essere educato alla democrazia. 

Spesso i programmi di educazione, soprattutto quando si rivolgono a gente semi analfabeta,   non possono prescindere da pratiche coercitive anche violente. Infatti  uno dei più grandi errori commessi dalla resistenza partigiana fu quella di abbandonare il fucile dopo la liberazione.  Per dimostrare a tutti che il bene comune era  un valore fondamentale, sarebbe stato necessario sbarazzarsi di coloro i quali proprio professando un’idea del tutto contraria avevano portato l’Italia alla distruzione. 

Dunque pur  nella diffusione  pacifica dei principi iscritti nella costituzione era assolutamente  necessario estirpare completamente la mala pianta del fascismo.  Eliminare tutti i reduci di Salò definitivamente, passando se necessario qualcuno anche per le armi. 

In alcuni paesi il podestà  in carica durante il fascismo è diventato il sindaco a liberazione avvenuta e questo è stato un fatto altamente inqualificabile. I reduci di Salò sono ancora tra noi e hanno molto contribuito al blocco della diffusione dei principi democratici. E ancora era necessario  continuare nei raid partigiani verso tutta  quella classe imprenditoriale che ha continuato a fare affari con il potere nonostante questo non si presentasse più in camicia nera . 

Manganellare coloro i quali  trattavano con lo stato l’importo delle tasse da pagare mentre la popolazione dei lavoratori era costretta a ingenti salassi fiscali. Instaurare una vera e propri dittatura del bene comune. Aspettare prima di mettere in pratica i dettami della Carta Costituzionale fino a quando la comunità non ne avesse assimilato a pieno i principi, per amore o per forza. 

 Se per raggiungere la piena consapevolezza di voler vivere  in una comunità dove il bene collettivo  è valore imprescindibile  è necessario all’inizio percorrere qualche strada non propriamente democratica e violenta lo si faccia serenamente. Ciò  sarebbe dovuto accadere dopo la liberazione dal nazi fascismo e proseguire fino a che il popolo italiano non avesse portato a termine il suo programma di educazione.  

In una comunità così attrezzata gentaglia come Berlusconi , gli imprenditori come lui e il sottobosco melmoso di servi e lacchè non sarebbe mai esistita. Ormai è tardi. O forse no?  Cominciamo a costruire delle squadracce che vadano a purgare il professionista che non rilascia fattura, o gli imprenditori che fanno affari con gli enti locali e gli amministratori locali che fanno affari con gli imprenditori nel nome del loro esclusivo vantaggio personale. 

Di gente da  purgare ce n’è tanta da quello che non rispetta la fila al supermercato al senatore condannato  definitivamente per frode fiscale che non vuole lasciare il suo scranno occupato in modo fraudolento, passando per tutto lo stuolo di zerbini leccaculo che ostacolano il processo di educazione alla democrazia. Cominciano a scaldare i manganelli e preparare l’olio di ricino.


Nessun commento:

Posta un commento