giovedì 29 agosto 2013

La battaglia per la casa a Cassino

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Cassino, provincia di Frosinone, un’amministrazione “arancione” che si è affermata sull’onda delle grandi mobilitazioni degli operai della FIAT del periodo 2010/2011 (a Cassino c’è un grande stabilimento), un territorio storicamente caratterizzato dagli intrallazzi e dagli inciuci del Vaticano (con i suoi abati), dalle organizzazioni criminali (con i loro luogotenenti) e dalla famiglia Agnelli (ad oggi, Marchionne). Va in scena la famosa “prova del nove”, quella prova per cui la giunta del sindaco Petrarcone si trova spinta di fronte a un bivio: ossequiare i “soliti” poteri forti o sostenere le rivendicazioni delle masse popolari che si mobilitano?
L’“emergenza abitativa” a Cassino è uno stato di cose che si perpetua da decenni. Quello che c’è di nuovo oggi è che 18 famiglie e un pugno di sodali, su stimolo, proposta, dei compagni del P.CARC hanno formato il Comitato di Lotta per la Casa (CLC) e hanno promosso una mobilitazione “senza precedenti”: presidio permanentesotto il Comune, accampati con le tende.
Alla vecchia maniera (e in genere come fanno le giunte “arancioni”) il Sindaco ha avviato una selva di riunioni, tavoli, incontri, consigli comunali… per concludere che non c’era niente da fare. Chi era senza casa o in situazioni precarie, poteva rimanerci.
Non faremo qui la cronistoria di una mobilitazione che in poco più di 2 mesi ha fatto scrivere pagine e pagine su giornali locali e non, andiamo per sommi capi toccando le tappe salienti. Occupazione delle palazzine dell’esercito di via Vaglie: iniziativa di “rottura” che ha alimentato lo sviluppo e l’ampliamento della mobilitazione (partecipazione attiva dell’ASIA-USB che diventa in pianta stabile parte della mobilitazione) e, soprattutto, ha mostrato che i tentennamenti e le scuse dell’amministrazione comunale erano solo chiacchiere: le case ci sono, basta assegnarle!
Con l’occupazione inizia una fase nuova della mobilitazione, quella in cui la giunta arancione decide da che parte stare: quando e dove non bastano più le parole, le promesse, “gli impegni solenni” a tenere a bada le masse popolari, allora serve la forza. Entrano in campo con grande dispiegamento di mezzi, uomini, energie la Questura, la Prefettura, il Comando dei Carabinieri, la Digos e chi più ne ha più ne metta… Il livello della repressione sale vertiginosamente: i servizi sociali minacciano di togliere i figli alle famiglie occupanti e di disseminarli nelle case-famiglia sparse per la regione, nel frattempo accorrono 200 celerini da Napoli fatti accampare in un prato a qualche kilometro dalle palazzine occupate, Digos e Carabinieri provocano, filmano, mandano persino un drone a filmare gli occupanti barricati sul tetto e di quelle registrazioni ne fanno un video promozionale della loro efficienza… Le palazzine vengono sgomberate con la forza, le famiglie e i solidali tornano ad accamparsi al Comune, irrompono nel consiglio comunale per occuparlo, parapiglia si susseguono, ci sono carabinieri che ammanettano i compagni e ce ne sono altri che tirano fuori la pistola e minacciano di sparare…
Perché? Perché la giunta arancione di Cassino ha deciso da che parte stare, ha deciso che le case (che ci sono!) non devono essere assegnate, ha deciso che deve continuare il clientelismo dell’ATER, che deve continuare la speculazione, che certi interessi non devono essere toccati…
La mobilitazione si allarga, uscire da Cassino e allargare il fronte. Il presidio permanente sotto il Comune continua, arrivano i contributi dei Blocchi Precari Metropolitani da Roma, la lotta per il diritto alla casa a Cassino entra nella rete nazionale della lotta per la casa, si studiano le prossime mosse, arriva ferragosto. Le contraddizioni latenti emergono e il movimento si divide: la maggioranza rimane accampata sotto il Comune, una minoranza occupa la Colonia Solare, il sindaco continua a temporeggiare con chi sta sotto il Comune e firma l’ordinanza di sgombero per chi sta dentro la Colonia. Siamo ai giorni nostri, in un contesto in cui non si può scrivere la parola fine a questa mobilitazione, ma in un contesto in cui occorre fare il punto della situazione, per quanto parziale.
Il movimento è diviso. I due gruppi hanno ognuno una responsabilità politica nel mettere avanti e far valere l’esperienza che hanno condotto insieme e che ha fatto scuola a tutte le masse popolari: alzare la testa, combattere, rompere i vincoli della legalità perché quello che è legittimo è possibile e giusto. Contemporaneamente hanno acceso la miccia al barile di polvere su cui sono seduti abati e faccendieri, luogotenenti della criminalità e speculatori: hanno suonato la riscossa.
Chi in questa momentanea divisione vede la fine (o ci spera) di questa lotta, non ha calcolato che per quanto le contraddizioni ci siano, i protagonisti e i promotori della mobilitazione vogliono imparare a trattarle, a superarle e a risolvere. Perché la lotta per il diritto alla casa a Cassino non si può risolvere con qualche pacca sulla spalla e qualche frase paternalista, è già e diventerà di più, uno dei pilastri per la costruzione di un’amministrazione comunale di emergenza.
Il movimento è diviso ma può trovare una unità superiore. Se mira in alto per davvero, se la rivendicazione del diritto alla casa si fonde con la mobilitazione degli operai FIAT, se di questa battaglia viene fatta una scuola per quella parte di masse popolari che prima di tutto è rimasta sorpresa e sbalordita dalla determinazione di quelle 18 famiglie che hanno tenuto testa ai battaglioni di celerini e alle minacce dei servizi sociali. L’unità superiore si trova su un piano politico: fare del Comune di Cassino un’Amministrazione Locale di emergenza, fare del movimento di lotta per casa il motore per la mobilitazione del resto delle masse popolari, a partire dalla FIAT, per costruire il Comitato di Salvezza Nazionale. Se non sarà il sindaco Petrarcone ad assegnare le case, lo farà il CSN. Se non sarà il sindaco arancione a farsi promotore di una soluzione di rottura e alternativa al piano Marchionne per difendere i posti di lavoro e crearne di nuovi nello stabilimento FIAT di Cassino, lo faranno le masse popolari organizzate. Ecco, questa è la sfida per l’unità superiore.

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