mercoledì 30 ottobre 2013

Discussione sulla crisi del pronto soccorso. Quale utilità?

Luciano Granieri


Di seguito riportiamo un ampia sintesi degli interventi dei partecipanti  al dibattito organizzato da 21 associazioni della provincia di Frosinone, sulla crisi del pronto soccorso del capoluogo e sulla sanità  ciociara in genere. L’incontro  si è tenuto il 28 ottobre scorso e ha visto la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni locali (regione, provincia,  comune di Frosinone) , esponenti del sindacato , medici, fra i quali il presidente dell’ordine Fabrizio Cristofari. 

Si è discusso sulle  possibili soluzioni  ,   da   cabine di regia istituite in Regione, a nuovi presidi di prossimità come le case della salute, a PROPOSTE PROGRAMMATICHE, come quelle messe a punto dalle associazioni organizzatrici del dibattito.  Ma nel succedersi degli interventi,  fra i quali quelli dei politici sono apparsi i più inconcludenti,  non è emersa la questione centrale causa  prima dello sfascio della sanità pubblica in Ciociaria e in Italia. 

Il servizio sanitario è considerato fonte di profitti   smisurati per le multinazionali, le lobby più o meno ramificate, i centri di investimenti finanziari.  E’ dunque del tutto evidente che la gallina dalle uova d’oro, per essere sfruttata al meglio deve  svincolarsi dal  controllo degli Stati. La sanità pubblica è quindi sotto attacco e non da oggi. Gli sprechi,  le gestioni allegre da parte dei manager pubblici, le liste d’attesa lunghissime, tutta la sequela di inefficienze che affliggono la sanità pubblica  sono necessarie, per rendere ingestibile il sistema e giustificare di conseguenza l’intervento del privato. 

Lo stesso stravolgimento degli attori del servizio alla salute è sintomatico. La salute non è più un diritto, diventa una merce come tante altre su cui realizzare profitti, gli ospedali si trasformano in aziende gestite da manager che  vendono servizi a clienti e non a pazienti. Questa terminologia è ormai diventata comune.  Di conseguenza la sensibilità degli operatori sanitari non è più rivolta alla cura del paziente, ma al guadagno economico . E’ dunque  degno della massima attenzione solo colui che può pagare,  gli altri che marciscano nelle lettighe buttate in pronti soccorso deposito di miseria umana.  

E chi deve assicurare lo smembramento della sanità pubblica per favorire la speculazione degli  interessi privati? E’ chiarissimo, quei politici, quella classe dirigente che rappresenta a vari livelli il potere finanziario, quei politici a cui le associazioni, forse erroneamente, si sono rivolte per invocare una soluzione che questi non possono e non vogliono trovare.  

Sindaci, consiglieri regionali presidenti di provincia, aderiscono con entusiasmo quando il mondo delle associazioni chiama, ma il loro coinvolgimento  ha due scopi ben precisi: strumentalizzare a  fini elettorali i  movimenti  , ma soprattutto,  controllare il dissenso, depistarlo, addormentarlo con promesse solenni quanto vane.  In realtà, la partecipazione e il controllo dei cittadini sulle dinamiche gestionali della sanità pubblica sono da evitare come la peste e devono essere sabotate, questo è il compito dei politici e durante il corso del dibattito del 28 ottobre tutto ciò è emerso con chiarezza.  

La lotta per una sanità pubblica efficiente   deve quindi  effettuare un salto di qualità ed inserirsi nel quadro più ampio di un contrasto duro contro la dittatura del capitalismo finanziario che attraverso le politiche europee di austerità, impone lo smembramento dei diritti, umani , civili  e la privatizzazione di ogni elemento utile alla sopravvivenza dei cittadini.  Tali argomentazioni  non sono emerse nel corso del dibattito,  per un attimo ho avuto la tentazione di  proporle io stesso, ma ho desistito temendo le  obiezioni che mi sarebbero arrivate,  sarei stato tacciato di ideologismo, di scarsa concretezza. Ma ho sbagliato ad avere paura. Perché se si vuole ottenere qualcosa in questa lotte è assolutamente vietato avere paura.

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