Papà ieri mi ha portato a Roma. Mi ha detto “andiamo insieme, devi iniziare a capire anche tu come lottare per il tuo futuro, questa volta tocca a noi, sarà il corteo degli invisibili, degli ultimi!”. Non ho mica capito bene cosa diceva ma ci siamo fatti un sacco di strada per arrivare e poi faceva caldo perché qui al nord mica ci sono 30 gradi a ottobre ma a Roma si, cosi’ avevo i piedi bolliti che manco eravamo partiti. Papà era sempre al telefono, meno male che mamma gli ha regalato l’auricolare sennò non ci arrivavamo mica a Roma. S’è pure arrabbiato tanto e ha cominciato a bestemmiare, diceva “non doveva andare così, cazzo, abbiamo convocato una sollevazione e manco ci proviamo?”. Poi si ricordava che c’ero io allora faceva finta di sorridere ma non riusciva. Io lo conosco mio papà, lui ora non ha più il lavoro perché nella sua fabbrica ha lottato tanto pure per gli altri, poi a lui l’hanno lasciato a casa senza niente e gli altri c’hanno la cassa integrazione e non lottano più. Lui ora è incazzato con il mondo ed è sempre nervoso, pure con mamma litiga sempre e lei gli dice che è colpa sua e che si doveva fare gli affari suoi e pensare a suo figlio, che sono io, così oggi mangiavamo ancora e lei non ci doveva andare da quella snob a fare la servetta. Papà quando lo hanno licenziato è sempre arrabbiato però stiamo tanto insieme, allora io vado con lui alle riunioni e conosco i suoi amici, sono tutti arrabbiati come lui ma c’è sempre qualcuno che parla tanto e così non riescono a parlare tutti, ma questo tizio che parla tanto c’ha pure il lavoro e i soldi allora è lui che poi va alle riunioni e quando torna ricomincia di nuovo a parlare tanto.
Una volta ho chiesto a mio papà come faceva questo tizio ad andare in giro a parlare a nome loro se poi quando si trovavano questo non ascoltava mai nessuno se non la sua voce, e papà si è messo a ridere e m’ha detto “zitto che sei piccolo e non puoi capire”.
Io sono piccolo perché ho 9 anni, ma mica sono scemo. Lo so pure io chi è quello con il sigaro sulle magliette che mio papà mette sempre, il Che, lo so che era uno che faceva la rivoluzione e l’hanno ammazzato e pure mio papà voleva andare a Roma a fare la rivoluzione.
Pure quando ero piccolo piccolo metteva quella maglia, ma era meno arrabbiato, parlava sempre della rivoluzione ma c’aveva da lavorare e allora ogni tanto faceva le riunioni e poi allo sciopero si andava tutti a Roma che era pure una gita poi c’era anche il concertone e io mi divertivo tanto, pure la mamma era contenta e non doveva fare la servetta.
Ma la mamma non voleva mandarmi a Roma con papà, si era arrabbiata tanto che mi ha messo pure paura, ma poi quando siamo arrivati a Roma mamma ha chiamato e io le ho detto che c’era tanta gente in giro a passeggio per i negozi, e un sacco di bandiere della Roma appese ai balconi e secondo me mica si faceva così la rivoluzione e lei si è messa a ridere. Lei rideva e papà era sempre più arrabbiato. Per strada ci siamo fermati ed è salito un suo amico, Pino, pure lui era nervoso allora mi sono messo dietro e ho giocato al cellulare, che tanto non capivo cosa dicevano perché parlavano di cose difficili e io la politica non la capisco, ma erano arrabbiati che c’erano i servizi di sicurezza e io mi credevo che parlavano dei poliziotti invece papà quando siamo arrivati me li ha fatti vedere e non erano gli sbirri come credevo perché avevano manganelli in legno con intorno della stoffa rossa, allora mi sono messo a ridere e pure Pino s’è arrabbiato e m’ha detto “ridi, tu, che sei piccolo e non puoi capire”.
Io sono piccolo, gli ho detto, ma non sono mica scemo. Questi non sono poliziotti, sono come te e mica possono fare i poliziotti con te, se tu sei arrabbiato loro sono dalla tua parte, no? Ma lui dice no, questi non sono arrabbiati come me e tuo papà, questi devono fare andare tutto bene. E gli dico “ma se dobbiamo fare una rivoluzione mica può andare tutto bene!” e lui dice “Ma guardati intorno, non lo vedi come siamo? Altro che rivoluzione, qui faremo un’altra scampagnata, con qualche botto qua e là ma solo dove abbiamo già detto che colpiremo e le rivoluzioni non si annunciano, si fanno e basta!”.
Ci siamo messi sul prato e faceva troppo caldo, mi sono tolto le scarpe perché mi sudavano i piedi, poi arrivava la gente, c’erano tante bandiere rosse e io mi credevo che papà era contento di vedere falce e martello ma anche Pino diceva che questi non c’entravano niente e che il corteo era fatto da gente che non si sente rappresentata da nessuno, ma io sono piccolo e queste cose non le capisco.
Poi sono arrivati tanti gruppi e tutti cantavano e urlavano slogan ma solo quando c’erano le telecamere che erano tante, c’erano pure tantissimi di colore con bambini anche piccoli e io ho detto a papà che mica si potevano fare le rivoluzioni portando i bambini sui passeggini e lui m’ha detto che se mi ha portato è perché non si fa nessuna rivoluzione, io mica lo capisco, sarà che sono piccolo forse ha ragione lui.
Vabbè, io sono piccolo, ma se voglio fare una rivoluzione magari a scuola per fare due intervalli al posto di uno, mica avviso prima il preside per dirgli che tra due settimane manderò in tilt la macchinetta delle merendine, altrimenti quello mi mette i soliti secchioni davanti alla macchinetta e poi se cerco di avvicinarmi son mazzate, insomma se voglio fare la rivoluzione e non la posso fare da solo magari chiedo pure agli altri se la vogliono fare pure loro e poi se vedo che siamo in tanti allora ci proviamo ma mica lo diciamo prima al preside perché se abbiamo deciso di fare la rivoluzione è perché al preside l’abbiamo già chiesto e quello c’ha detto che non si possono fare due intervalli e allora ci arrabbiamo tutti, ma se gli altri non si arrabbiano io da solo non la posso fare la rivoluzione allora faccio come tutti e mentre le maestre spiegano mi schiaccio un pisolino o mangio le patatine, insomma me la cavo. Ma papà come se la cava da solo? Lui il lavoro mica ce l’ha, e non è che può comprarmi le patatine, perché ora abbiamo pure lo sfratto, e allora anche se sono piccolo io lo so perché papà è arrabbiato perché lui da solo non se la può cavare perché ora è troppo vecchio e un lavoro non lo trova più e la mamma è sempre più arrabbiata, allora papà credeva che se tanti come lui si mettevano insieme davvero potevano cambiare le cose e lui ha sempre fatto le lotte per gli altri ma oggi non c’è nessuno che le fa per lui e allora lui voleva comunque provarci, ma non glielo lasciano fare.
Alla fine qualche petardo, botti pure forti, corriamo via e Pino dice a papà che dicono che sono stati i fascisti ma papà gli dice che non è vero! Quando siamo tornati poi siamo passati alla stazione e papà si è fermato e si è messo a piangere. Si è seduto vicino a dei barboni, mica erano immigrati, erano come lui e si stavano mettendo i cartoni ed erano per terra, la gente passava e faceva finta di non vederli ma papà e Pino si sono fermati e papà quando ha finito di piangere mi ha detto “siediti qui, è per questo che ti ho portato a Roma oggi, per gli ultimi, gli invisibili. E non erano quelli che sfilavano in quel corteo, gli ultimi sono qua e ora noi stiamo con loro.”
E ora tra gli ultimi ci siamo anche noi, papà. Forse quando saremo di più la faremo insieme la rivoluzione, io sarò grande e potrò capire. Anzi, ho già capito. Perché sono piccolo, ma mica scemo. E la rivoluzione la farò anche per te.
Nessun commento:
Posta un commento