martedì 5 novembre 2013

Fuori i ricchi dalle galere

Luciano Granieri


Una persona abituata ai privilegi e agli agi è particolarmente inadatta a sostenere l’esperienza carceraria. Giulia Ligresti soffriva di un disturbo di adattamento, che è un evento stressante in modo più evidente per chi sia alla prima detenzione e in particolar modo per chi sia abituato a una vita particolarmente agiata, nella quale abbia avuto poche possibilità di formarsi  in situazioni che possano, anche lontanamente, preparare alla condizione di restrizione della libertà e promiscuità correlata alla carcerazione”  Ciò è quanto riporta la perizia medica sulle basi della quale il tribunale di Torino ha deliberato la scarcerazione di Giulia Ligresti. 

Non molti hanno colto questo aspetto che secondo me è molto più grave della bagarre che si sta scatenando  per  le telefonate del ministro Cancellieri alle autorità penitenziarie per perorare la causa dell’amica Ligresti. Si continua a valutare la vicenda come uno dei tanti fatti alla base del quale c’è l’amico dell’amico da aiutare, oppure la classica situazione in cui uno dei tanti santi in paradiso che alcune privilegiate famiglie possono coinvolgere,  arriva in aiuto.  

Trovo invece insopportabile che, attraverso  un giudizio, inevitabilmente   destinato a fare giurisprudenza,  si sancisca  la maggiore e particolare attenzione dovuta dalle istituzioni carcerarie  alle paturnie dei ricchi che inavvertitamente dovessero essere arrestati.  I poveri cristi che invece non vengono da una vita agiata, dovrebbero essere agevolati da un maggior grado  di adattabilità alla durezza del carcere,  e dunque che non si lamentino.  

Se si suicidano, la detenzione non c’entra, la depressione deriva da tutt’altri fattori. Questo è quanto  stabilisce  il dispositivo messo in atto dal tribunale di Torino per scarcerare la Ligresti. E’ l’ennesimo e forse uno dei più gravi sintomi del fatto che la lotta di classe l’hanno vinta loro. 

Se sei precario nella vita, perché disoccupato, impoverito dai rovesci che la tirannia del mercato ti impone,  sei precario in carcere.  Così come se sei un numero ammassato nei pronto soccorso  in caso di malattia, o nella lista degli uffici per l’impiego, così sei un numero in carcere. 

 Al contrario l’appartenere ad un ceto privilegiato,  non importa quale sia l’origine della propria ricchezza, consente di  esercitare il proprio status anche in galera, dalla quale si riesce ad uscire con estrema facilità  e anzi spesso neanche vi si mette piede, anche in presenza dei reati più gravi. La telefonata salvifica, dunque non è più necessaria. Da oggi in poi, nessun presidente o ministro avrà  la necessità di farsi sentire per assicurare un privilegio che la decisione del Tribunale di Torino sulla scarcerazione di Giulia Ligresti, stabilisce  per legge.

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