sabato 6 aprile 2013

Il Presidente

Luciano Granieri


Il Presidente della Repubblica è una figura fondamentale per  il nostro Paese. E’  improprio affermare che egli rivesta solo funzioni di rappresentanza. Chi siede al “Colle” è il capo    delle forze armate e presiede il  Consiglio Superiore della Magistratura. Ha il potere di sciogliere le Camere e di nominare il Presidente del Consiglio, può rinviare alle Camere i provvedimenti licenziati dal Parlamento se questi non contengano i requisiti di costituzionalità. Rimane in carica per sette anni, ossia il tempo di almeno due legislature. Una tale figura quindi è talmente importante che deve essere scelta secondo criteri ferrei e non diventare scambio di bieche trattative fra le parti politiche. 

 In relazione al successore di Napolitano ogni giorno si leggono sui giornali  nomi diversi. Si va da alte personalità istituzionali , autorevoli esponenti della società civile, fino ad arrivare ai peggiori gaglioffi. Mai come in questa occasione la scelta del Presidente della Repubblica sarà  così difficile e fondamentale per il futuro del Paese. Anche io vorrei esprimermi sull’identità del prossimo Presidente, ma anziché proporre un nome vorrei costruire un identikit in base a ciò che dovrebbe o non dovrebbe fare il prossimo inquilino del Quirinale. 

Innanzitutto essendo il Capo dello Stato custode e garante della Costituzione, dovrebbe conoscerla in modo approfondito, non solo nel contenuto degli articoli, ma anche nello spirito e negli intenti che questi contengono. Il nuovo Presidente dunque dovrà garantire le tutele costituzionali, non ad una singola persona o ad un gruppo ristretto di persone, MA A TUTTI I CITTADINI in egual misura. Un presidente che fosse considerato di garanzia solo per una soggetto sarebbe un cattivo Presidente.  

Un efficiente Capo dello Stato  ha l’obbligo di  sciogliere le camere e indire nuove elezioni quando il governo non dispone più della maggioranza in Parlamento. Ciò che non dovrebbe assolutamente fare in questo caso è tergiversare  affinchè  la ex maggioranza ritrovi i numeri attraverso la compra vendita di Parlamentari e, in seguito,  incaricare un nuovo presidente del consiglio di formare un esecutivo , senza legittimazione elettorale, solo perché la soluzione è imposta dal potere  capitalistico finanziario. 

Un efficiente Capo dello Stato non dovrebbe intromettersi  in indagini scottanti, quali quelle in corso per l’accertamento di accordi fra pezzi delle istituzioni e la criminalità organizzata. Un Presidente che accoglie al Quirinale  come eroi  due invasati assaltatori della Marina Militare che, nell’esercizio della funzione di difendere interessi privati, non della collettività, uccidono in territorio estero due pescatori, scambiandoli per pirati, non è un capo dello Stato degno.  Un Presidente garante della Costituzione e capo de Consiglio Superiore della  Magistratura non dovrebbe ammonire dei giudici dall’inquisire  un senatore per Frode fiscale, concussione, prostituzione minorile, solo perché questi deve poter partecipare serenamente alla composizione del governo e addirittura cogliere l’opportunità di diventare esso stesso Presidente della Repubblica. Né dovrebbe tollerare che un manipolo di cortigiani parlamentari fedeli al suddetto senatore irrompa in segno di protesta nell’aula del tribunale dove  si sta tenendo il processo a carico del loro capo.  

Un Presidente della Repubblica che non riesce a distinguere un giornalista da un diffamatore, latore di notizie false e quindi, in nome della libertà di stampa, concede la grazia al citato mentitore, condannato per aver diffuso per mezzo del giornaletto da lui diretto falsità e infamità, non è un buon garante dei diritti di tutti i cittadini. Ed è un pessimo presidente quello che concede la grazia ad un ufficiale di un esercito straniero condannato a sette anni per aver agevolato, all’interno dei nostri confini,  il rapimento, e la deportazione in territorio estero di un rifugiato politico, che è stato anche  sottoposto a tortura, legittimando con la concessione della grazia un ingerenza straniera nelle nostre dinamiche istituzionali, e la grave  privazione  dei diritti umani e civili a un rifugiato politico. In sintesi un buon Presidente della Repubblica deve assolutamente evitare di replicare i comportamenti che ho appena citato. Purtroppo, questi atti  sono già stati commessi  dal Presidente uscente.

LIBERARE TUTTI E SUBITO!!!


Forum Palestina, Rete dei comunisti, Collettivo Militant, Capitolo italiano della Rete delle Reti in Difesa dell’Umanità

Libertà per i prigionieri politici palestinesi.
 
Libertà per tutti i rivoluzionari anticapitalisti e antimperialisti
 

Il 17 aprile è la giornata internazionale del prigioniero politico palestinese, sono 4812 i detenuti nelle carceri israeliane tra loro ci sono oltre 219 minorenni, dal 1967 in oltre 750.000 sono passati per le prigioni israeliane, una cifra equivalente al 20% del popolo della Palestina occupata.
Crediamo sia giusto ed importante rispondere all’appello lanciato dalle organizzazioni palestinesi organizzando manifestazioni e presidi in tutta Italia , dando forza e sostegno alla lotta che da oltre due anni portano avanti i prigionieri palestinesi contro un impianto di detenzione brutale, per il rispetto dei diritti umani e la fine del sistema di detenzione amministrativa e della tortura. Il 23 febbraio scorso, un giovane palestinese Arafat Jaradat è morto nel carcere di Megiddo in seguito alle sevizie inflittegli dall’esercito israeliano. Il diritto di resistenza, questo è ciò che il sionismo e l'imperialismo vogliono seppellire nelle carceri, israeliane di Megiddo, Nafha, Ofer, colpendo uomini e donne del popolo, militanti insieme a figure storiche e dirigenti politici come Ahmed Saa’dat Segretario Generale del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina o Marwan Barghouti Segretario Generale di Al Fatah in Cisgiordania. A questi prigionieri si aggiungono i detenuti di diverse nazionalità arabe fatti prigionieri, nel corso dei conflitti scatenati da Israele poi scomparsi nelle prigioni militari di massima sicurezza.
La lotta del popolo palestinese non è diversa e non può essere separata dalla lotta di quanti in tutto il mondo si battono per il progresso, l’indipendenza e l’autodeterminazione del proprio popolo; è lo stesso sistema di interessi economici e politici imperialisti che, in forme diverse da paese a paese, impone il suo brutale dominio a danno dei popoli.
All’interno dell’Europa e dell’ intera area mediterranea la repressione colpisce duramente i movimenti sociali e politici, che si oppongono alle poltiche antipopolari e reazionarie della Troika, mentre ancora più duramente vengono attaccate le organizzazioni della sinistra di classe che guidano i processi di autodeterminazione e di indipendenza. L’UE non accetta di essere messa in discussione e per questa ragione offre il pieno sostegno al governo spagnolo nella repressione della sinistra patriottica basca, e sostiene la Turchia nella repressione del movimento di liberazione curdo che vede il suo leader da oltre 15 anni sepolto vivo nel carcere di Imrali, grazie alla complicità del governo D’Alema.
La lotta antimperialista in America Latina sta vivendo il suo momento più alto, ma l’imperialismo non accetta di veder crescere il processo rivoluzionario e socialista messo in campo dai paesi dell’ALBA, a cui si affianca l’azione dei governi progressisti e antimperialisti. E’ un continente che sta costruendo la sua indipendenza su basi avanzate di democrazia reale partecipativa economica e politica ma contro il quale le oligarchie reazionarie attuano ogni forma di guerra economica, sociale e militare , uccidendo e imprigionando i dirigenti politici e sindacali (è ad esempio il caso, del Perù, del Cile o della martoriata Colombia).
L’imperialismo non accetta chi si ribella al suo dominio, chi resiste e costruisce processi socialisti consolidati, e per questa ragione si accanisce contro il percorso di indipendenza della rivoluzione socialista cubana. Non solo l’infame blocco economico-finanziario da oltre 50 anni, ma l’attività anticomunista a guida imperialista ha colpito Cuba con continui attacchi terroristici,che hanno provocato migliaia di morti ; è in tale violento contesto controrivoluzionario a guida USA-CIA che va collocata e interpretata politicamente l’ingiusta e assurda detenzione da 14 anni di 5 agenti antiterroristi cubani che sono ostaggi di Washington,con l’unica accusa di aver scoperto e denunciato e ostacolato la violenta attività eversiva di formazioni terroristiche anticubane molto attive , promosse e sostenute dai diversi governi statunitensi, repubblicani e democratici.
Invitiamo a partecipare e a costruire iniziative unitarie per il 17 Aprile rafforzando la giornata del prigioniero politico palestinese e rivendicando la libertà per tutti i combattenti anticapitalisti e antimperialisti detenuti .
L ’accusa contro questi uomini e donne, contro questi compagni rivoluzionari, è di resistere combattendo contro la violenza dell’occupazione imperialista e contro l’ingiustizia sociale. LIBERARE TUTTI E SUBITO!!!

Mercoledì 17 Aprile ore 17 Sit in davanti al Colosseo
per adesioni

venerdì 5 aprile 2013

Il nuovo Regolamento del Ministero dell’Ambiente sui CSS (Combustibili Solidi Secondari): garanzia dell’impunità per i trasgressori

Raggio Verde e Rete per la tutela della Valle del Sacco


Sulla G.U. n. 62 del 14.03.2013 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Ambiente che ha introdotto i Combustibili Solidi Secondari come la nuova fonte di energia termica e di energia elettrica “che concorre al raggiungimento degli obiettivi nazionali dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”.

Non è la prima volta, purtroppo, nel nostro paese, che si fa passare come uso di energia da fonti rinnovabili, fonti che nulla hanno di ecologico, anzi che hanno compromesso e danneggiato l’ambiente più dei combustibili fossili che vorrebbero sostituire.

Il caso dei Combustibili Solidi Secondari non fa eccezione.
Vi sono studi che evidenziano che le emissioni determinate dalla combustione dei CSS (che sono rifiuti urbani e speciali sottoposti ad un determinato trattamento regolato da norme UNI) da parte dei cementifici sono molto più pregiudizievoli per l’ambiente e per la salute umana rispetto alle emissioni determinate dalla combustione del pet-coke.
In considerazione di ciò, ci si attenderebbe da un Ministero dell’Ambiente, in ossequio al principio di precauzione, l’introduzione di controlli specifici sia nella fase di produzione del CSS che nella fase di utilizzo del CSS.

Invece nulla di ciò. Secondo l’art. 8 del Regolamento, è il produttore del CSS e non un ente terzo ad emettere – senza contraddittorio – la dichiarazione di conformità del CSS prodotto agli standard richiesti. Già questo rappresenta un’anomalia.
Ma non è tutto.
Il produttore del CSS, sempre ai sensi dell’art.8 del Regolamento, deve conservare la dichiarazione di conformità per un anno ai fini di eventuali controlli, ma, si badi bene, il campione relativo alla dichiarazione di conformità, assolutamente necessario al fine di operare un controllo in ordine alla correttezza della dichiarazione di conformità emessa, deve essere conservato dal produttore solo per un mese !!!

Da quanto sopra pare evidente che la possibilità di incastrare chi dovesse rilasciare una dichiarazione di conformità non corretta o falsa è pressoché nulla.
 
Evidentemente il Ministero nutre un’immensa fiducia nel senso di responsabilità dei produttori, degli utilizzatori e degli enti di certificazione.
Peccato che tale fiducia sia mal riposta, considerato che nel nostro paese hanno luogo processi per fatti che hanno visto dirigenti di imprese far bruciare negli inceneritori rifiuti di ogni genere falsamente qualificati come CDR, beneficiando anche degli incentivi da fonti rinnovabili. Peccato inoltre che vi siano imprese, che da quanto risultante dalla cronaca non possono essere certamente definite come gestite in maniera responsabile da un punto di vista ecologico nonostante siano state dotate di certificazioni ambientali.
Ci si domanda allora se il Ministero dell’Ambiente operi in Italia o su Marte.

SIT IN a Montecitorio per i diritti negati

Coordinamento Valle del Sacco


Il 9 Aprile 2013 il Coordinamento Valle del Sacco parteciperà con una sua delegazione al sit-in indetto da NOWAR e Peacelink dinanzi al palazzo di Montecitorio, a partire dalle ore 10.00 del mattino.
Dato che in quella data ci sarà il pronunciamento sull'incostituzionalità del cosiddetto “Decreto salva ILVA”, avverso il quale è doveroso precisare che “la Costituzione sancisce e garantisce il diritto alla salute dei cittadini", così come il lavoro,  che ora si trovano paradossalmente sui due piatti della bilancia giudiziaria. Questo è il prezzo che ha pagato negli anni anche la Valle del Sacco...così come Taranto e numerose altre situazioni territoriale nel nostro paese.
Il decreto inoltre mette in luce un inedito "scontro istituzionale" sulle tematiche ambientali. A Taranto un Ministro che esautora d'imperio le decisioni di un magistrato, nella Valle del Sacco un continuo di veti e scontri incrociati, in particolar modo sul tema rifiuti, tra Commissari, Ministro e rappresentanza elettiva.
L'adesione a tale iniziativa nasce da un ben più profondo legame che unisce i cittadini del Salento, avvelenati dai fumi dell'Ilva e degli altri impianti ivi presenti, a quelli della Valle del Sacco, anch'essa storico sito industriale, ora chiamati a confrontarsi con le scomode eredità ambientale lasciata dagli impianti che hanno, negli anni, abusato e stuprato questi territori.
Una connessione che questa partecipazione intende ribadire, rafforzando ancor più il fronte di coloro che chiedono giustizia ambientale, dopo anni di barbari sversamenti, pratiche illecite e pericolose, tanto per l'ecosistema che per i cittadini residenti.
Un messaggio ancor più importante da rilanciare oggi, a seguito dei nuovi e recenti attacchi che il dimissionario Governo Monti, nella triste figura del suo Ministro per l'Ambiente Corrado Clini, continua a perpetrare ai danni dei territori, a partire del declassamento di molte località, tra cui la Valle del Sacco, da Sito di Interesse Nazionale (SIN) a Sito di Interesse Regionale (SIR), per giungere alla parossistica gestione dell'emergenza rifiuti romana, senza dimenticare l'infame tentativo di autorizzare i cementifici all'incenerimento di rifiuti, classificati quali Combustibili Solidi Secondari (CSS).
Nonostante le motivazioni siano diverse e molteplici, la lotta che unisce Taranto e la Valle del Sacco è la stessa: la difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini, prima di ogni profitto, prima di ogni sfruttamento economico.
Il 9 Aprile, a Montecitorio, invocheremo a gran voce: GIUSTIZIA!

Coscienza della disperazione

Luciano Granieri


"Fin tanto che i proletari potranno essere distratti dalla loro disperazione  dagli pseudo eventi creati da media i super ricchi non avranno nulla da  temere" .

La frase del filosofo americano in poche parole coglie magnificamente il nocciolo delle ragioni della grande devastazione sociale che sta flagellando le nostre comunità. Illustra  il motivo principale per cui oggi diventa arduo, se non impossibile,  ricostruire una vera coscienza di classe. E’ crudo ammetterlo, ma finchè non si coglierà la gravità della nostra disperazione, oggi ancora si arriva a negarla, il famoso 99%  di coloro che possiedono  il 20% delle risorse mondiali, rispetto a quell’1% che invece dispone del restante 80%, sarà destinato ad impoverirsi sempre più. Dunque in primis     sarebbe  saggio eliminare le distrazioni.
 Ma  in che cosa consistono queste distrazioni? Fondamentalmente possono essere divise in due categorie. Quelle create dai super ricchi e quelle messe in campo dagli stessi poveri o da chi pretenderebbe di rappresentarli. Nell’analisi del primo gruppo il discorso è complesso e parte da lontano. 

Alla fine degli anni ’70 il mondo occidentale usciva da due decenni di profonde lotte sociali. Conflitti in cui il consolidamento di una classe  proletaria   in senso lato, comprendente  lavoratori dipendenti,  studenti, ma anche pezzi di società discriminata come gli afroamericani dei ghetti statunitensi e  gli immigrati , era riuscita a strappare diritti civili importanti. Si stava realizzando un primo scacco al capitalismo post bellico, impegnato  ad imporre la propria egemonia. Tutto ciò mise in moto processi  controrivoluzionari i quali furono  caratterizzati, oltre che da fenomeni violenti  come la repressione e il terrorismo di stato, anche da strategie più subdole e tremendamente efficaci la cui accelerazione si ebbe nel corso delle  presidenza Reagan , negli Stati Uniti e della Thatcher in Inghilterra.

L’obbiettivo  non era soffocare il conflitto con la repressione, ma rimuoverne le ragioni, cercando di convincere il proletariato allargato  sulla possibilità  fallace di diventare ricco e acquisire gli stessi privilegi degli esponenti di quella classe che stava così strenuamente combattendo. L’operazione era complessa perché doveva rivolgersi ad ogni singolo individuo  rivoluzionandone i processi di determinazione della  propria autostima. Si  dovevano cambiare i valori in base ai quali una persona poteva sentirsi  soddisfatta.  L’ essere considerato per le proprie capacità di stabilire rapporti di amicizia, per la propria sensibilità e umanità, per la propensione di stare in mezzo agli altri, oltre che per le proprie disponibilità economiche, erano  valori da  rimuovere . La percezione del successo doveva unicamente derivare dalla capacità di soddisfare il proprio desiderio di possedere cose e oggetti.

Il concetto era il seguente:  Più un individuo ha la possibilità  di acquistare cose, di sostituirle con altre più recenti ed aggiornate,  più è considerata persona di successo. Per dirla  con  BAUMAN è l’oggetto che determina la felicità, attraverso il suo possesso e la frequenza della sua sostituzione e non un altro soggetto che apprezza e promuove i suoi simili  sulla base di comportamenti e azioni .  E’ più facile auto -misurare il proprio grado di successo attraverso la frequenza con cui si cambia il cellulare o si acquista la smart tv più performante sul mercato , piuttosto che accettare che siano gli altri soggetti a giudicare,  con il rischio che il giudizio possa risultare  negativo.  Una volta riuscito questo sovvertimento valoriale, i super ricchi non sono più considerati responsabili della condizione precaria della moltitudine  perchè usurpatori di diritti e ladri di risorse della comunità , ma vengono addirittura presi a modello. La povertà è causata da una propria inadeguatezza e incapacità , elementi che vanno a tutti i costi migliorati.

Un’ altra conseguenza  è che si innesca una gara fra poveri a chi riesce maggiormente ad avvicinarsi allo status di ricco, una condizione evidentemente irraggiungibile . “L’altro” non è un soggetto con cui condividere i propri problemi, ma è un competitore che rallenta il proprio processo di avvicinamento al benessere.  La capacità delle televisioni dei nuovi media di creare con la pubblicità  effimeri modelli di successo cui mirare  ha reso possibile la realizzazione di questo piano devastante.  Ad Harlem, nei quartieri neri più poveri, abbondano i cartelloni pubblicitari con le gigantografie di giocatori di basket che promuovono la scarpe Nike.  Potrebbe apparire  un contro senso promuovere scarpe che costano diverse centinaia di dollari in quartieri così poveri. Ma non lo è. Infatti è proprio la voglia repressa di riscatto che porta ragazzi e giovani non abbienti a desiderare quell’oggetto  che sfoggia chi ce l’ha fatta a diventare ricco ma solo per doti atletiche naturali.  Procurarsi i dollari necessari ad acquistare quell’icona di successo diventa fondamentale  e non importa se ciò avviene con atti violenti (rapine e aggressioni). In questa ottica si inquadra la sempre maggiore frequenza di ricorso al credito al consumo da parte delle persone meno abbienti e la conseguente crisi debitoria delle famiglie.

In Italia la storia è nota. Non è un caso che ci ha governato per vent’anni e ancora continua a condizionare la politica del Paese è un signore che possiede tre televisioni, diversi giornali  e gode del consenso costante di almeno dieci milioni di italiani, nonostante sia un delinquente conclamato.  Ma oggi con l’avanzare della crisi, inevitabile a fronte di un sistema che rende i ricchi sempre più ricchi, concentrati in una cerchia che tende a restringersi,  e i poveri sempre più poveri e numerosi,  che un tale oliato sistema presenti qualche cedimento. Infatti tornano a materializzarsi venti di lotta.  Ma qui entra in gioco la seconda categoria delle distrazioni, quelle determinate, consapevolmente o inconsapevolmente,  dalla stessa classe meno abbiente o da chi pretende di rappresentarla.

Lo scopo è quello di indirizzare la protesta verso altri obbiettivi che non siano finalizzati al sovvertimento del sistema. La denuncia delle corruzione dei politici con l’utilizzo di linguaggi violenti ed eclatanti, il rifiuto dell’euro e delle politiche dell’Unione Europea,  sono in parte condivisibili  e sono reali. Ma corruzione, Unione Europea, oltre che al Fondo Monetario internazionale e la Bce non sono altro  che  l’apparato esecutivo  della trappola ordita dai super ricchi  attraverso la lauta remunerazione dei propri  solerti burocrati. Nella schiera di tale burocrazia inserisco a pieno titolo alcune forze  sindacali e riformiste la cui funzione è quella di addormentare la protesta, deviarla su binari morti. Combattere queste forme può essere utile ma è insufficiente e addirittura fuorviante nell’identificazione del vero  nemico. L’unica processo vero per tornare a sperare in una possibilità di riscatto è quindi, RIMUOVERE LE DISTRAZIONI, concentrarsi sulla propria disperazione che inevitabilmente ci restituirà la lucidità per capire che  l’arricchimento smodato non è il risultato di particolari abilità, ma è il frutto dell’appropriazione indebita di risorse destinate a tutta la comunità.

I ricchi non sono i  più illuminati  per cui è necessario seguirne le gesta, sono semplicemente più ladri e usurpatori e vanno combattuti senza pietà. Questa presa di coscienza però necessita del profondo  ripensamento dei rapporti sociali così  come si sono determinati fino ad oggi. E’ un processo lungo e forse irrealizzabile, ma l’acuirsi di una crisi che genera terribili privazioni e disperazione può forse provocare quello shock necessario a riacquistare la propria coscienza di classe. Sarebbero necessari però aggregazioni di cittadini, movimenti che si incarichino di indirizzare le conseguenze dello shock verso gli obbiettivi giusti. Il movimento alter mondista, i social forum erano sulla buona strada , fino a che una parte di essi si è rivelata permeabile alle infiltrazioni del capitalismo finanziario. Forse bisognerebbe ripartire da lì. Ma una cosa è certa “URGE RIMUOVERE LE DISTRAZIONI”.

giovedì 4 aprile 2013

Torna la Corrida Pontecorvese. Con molte novità


LIBERA "Associazioni, nomi e numeri contro le mafie"
Coordinamento Provinciale di Frosinone

Torna la Corrida Pontecorvese e rafforza il suo impegno per la legalità. All’edizione di quest’anno – la terza ormai, per quella che è diventata una tradizione del territorio pontecorvese – sarà presente anche l'associazione Libera, rinnovando in maniera visibile la collaborazione con l’associazione fondata da don Luigi Ciotti iniziata lo scorso anno. L’appuntamento, dunque, è per il prossimo 07 Aprile.
L’obiettivo, per l’Asd ACSI Pontecorvo Atletica 2009, è di bissare il successo della scorsa edizione, e magari di proseguire il trend positivo che ha visto ogni anno raddoppiare il numero dei partecipanti. “La prima edizione – spiega Raffaele Tomei, presidente della Pontecorvo Atletica 2009 – ha visto la partecipazione di 130 podisti, la seconda di 250… Quest’anno puntiamo ad averne almeno 400”.
Quest’anno, la corsa partirà da piazzale Giovanni Paolo II e per lunghi tratti percorrerà le strade di Pontecorvo, spostando la manifestazione direttamente all’interno della cittadina di Pontecorvo. Dodici chilometri e mezzo di corsa, nel nome della legalità e della sinergia tra le associazioni del territorio.
L’impegno per la legalità è segnalato dalla partecipazione, per il secondo anno consecutivo, dell’associazione Libera. Fondata da don Luigi Ciotti, l’associazione si impegna a coordinare e sollecitare l’impegno della società civile contro tutte le Mafie. Quest’anno, ci sarà uno stand di Libera. “Abbiamo voluto con forza – sostiene Raffaele Tomei – rinnovare questa collaborazione con Libera. Crediamo infatti che i valori dello sport (la lealtà sportiva, la correttezza, la sana competizione) aiutino alla cultura della legalità. Dall’essere corretti nella competizione sportiva all’essere rispettosi della legge nella vita, il passo è breve”.  
L’Asd ACSI Pontecorvo Atletica 2009 ha anche invitato a partecipare diverse realtà locali, in nome di una sinergia tra le attività nel territorio dell’antica Alta Terra di Lavoro che potrebbe in futuro portare all’organizzazione di manifestazioni congiunte per valorizzare il territorio. Diverse le Pro-Loco che sono state invitate. Saranno presenti anche l’Avis e la Croce Rossa. E nel piazzale di partenza e arrivo della gara ci sarà anche uno stand dell’Animabike e dei carristi di Pontecorvo. A Pontecorvo, infatti, c’è una lunga tradizione di costruzione dei carri di Carnevale, che vuole essere valorizzata.
Una menzione a parte merita il Centro Ricreativo Culturale, con il quale l’Asd Acsi Pontecorvo Atletica 2009 ha stabilito da quest’anno una collaborazione fattiva. I corsi del Centro Ricreativo Culturale – ne organizza moltissimi, e sulle materie più svariate: dalla fotografia ad Autocad, dall’inglese allo spagnolo – sono ormai un punto di riferimento per la realtà di Pontecorvo. “Con questa collaborazione – afferma Raffaele Tomei - sport e cultura si sono incontrati, e hanno reso concreto il detto mens sana in corpore sano”.

mercoledì 3 aprile 2013

Vent'anni fa un ordine salvò Berlusconi

Andrea Fabozzi. fonte http://www.ilmanifesto.it/


 Intervista a Luigi Saraceni: ecco come andò il voto in giunta nel '94, dal Pds-Progressisti l'input a ignorare la legge. Il verbale integrale della seduta decisiva è ancora off-limits. Appello alla presidente Boldrini: lo renda pubblico


Una legge già vecchia, all'epoca, di quasi quarant'anni, scritta nell'anno di nascita di Carosello quando la Rai tv aveva un solo programma, nemmeno diffuso su tutto il territorio nazionale. Ma pur sempre una legge valida e in vigore - il Dpr 30 marzo 1957 n° 361 - che i deputati di centrosinistra e centrodestra decisero consapevolmente di ignorare quel famoso 20 luglio 1994 quando per la prima volta alla camera ratificarono l'elezione di Silvio Berlusconi. Imprenditore proprietario di tre televisioni e dunque certamente «vincolato con lo stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica» cioè nella condizione prevista dalla legge per essere dichiarato ineleggibile. Salvare Berlusconi, racconta oggi Luigi Saraceni che nel '94 era capogruppo dei Progressisti (Pds e alleati) nella Giunta per le elezioni, fu una decisione politica presa contro il dettato della legge. Una decisione che il centrosinistra condivise con Forza Italia malgrado non ci potessero essere dubbi che l'effettivo titolare della concessione pubblica, e dunque l'ineleggibile, fosse proprio Berlusconi. E non solo, come invece si stabilì, Fedele Confalonieri.

Saraceni lei come votò, e perché?
Ho votato per l'ineleggibilità di Berlusconi sulla base di un elementare insegnamento giuridico, secondo il quale la legge va interpretata in base non solo al suo tenore letterale, ma anche al suo scopo. Che nel caso della legge del 1957 era evitare che il beneficiario di una concessione statale di «notevole entità economica» si avvantaggiasse della sua posizione nella campagna elettorale e poi, dopo l'elezione, sovrapponesse la cura dei suoi interessi economici all'esercizio della funzione parlamentare.

Invece il presidente della giunta, Antonio Mazzone di An, e con lui la maggioranza dei componenti compresi alcuni di centrosinistra, decisero che il «concessionario» era solo Confalonieri.
Tutti sapevano che l'effettivo beneficiario della concessione era Berlusconi. Ritenere ineleggibile l'amministratore delegato della Fininvest e non il suo azionista di riferimento era contrario al più elementare buonsenso. Tanto più che qualche anno prima era stata approvata la legge Mammì che imponeva (art. 17) che la maggioranza delle azioni di società concessionarie del servizio radiotelevisivo dovessero essere intestate a persone fisiche o a società in cui fossero individuabili le persone fisiche che controllavano la maggioranza delle azioni. Si trattava di una vera e propria identificazione, per bocca della legge, del «concessionario» di reti televisive con l'azionista di controllo della società beneficiaria della concessione. Ma questa «interpretazione autentica» della legge del 1957, fu indebitamente ignorata dalla maggioranza della Giunta, in cui prevalse una interpretazione cavillosa e formalistica, secondo la quale Berlusconi non poteva essere dichiarato ineleggibile perché non era intestatario «in proprio» della concessione governativa.

Lei condivise queste opinioni con qualche collega? Ricorda il dibattito in Giunta?
Ci sono due anomalie in questa vicenda. La prima anomalia è che a presiedere la Giunta per le elezioni era stato designato un esponente della maggioranza di centrodestra che aveva vinto le elezioni, in contrasto con la prassi consolidata di affidare la presidenza all'opposizione. La seconda anomalia, che incredibilmente fa sentire i suoi effetti ancora oggi, è la segretazione del verbale di quella seduta del 20 luglio '94, di cui è pubblico e conoscibile solo uno stringato resoconto, dove si dice che l'unico a votare per l'ineleggibilità sarei stato io, che ero il capogruppo dei Progressisti. Ma non sono certo, in base ai miei ricordi, che anche altri del gruppo non votarono contro l'eleggibilità (un resoconto Ansa, ripreso dai quotidiani il giorno dopo, dava conto di 4 voti contrari su 19 presenti e 11 assenti, ndr). Quello che è certo è che come responsabile del centrosinistra nella Giunta fui scavalcato da una direttiva dall'alto del gruppo parlamentare e che qualcuno dei nostri si attenne a questa direttiva.

Uno scambio con Berlusconi? In cambio di che?
È sbagliato leggere tutto in chiave di «inciucio». Secondo me - e la cosa mi pare addirittura più grave - era l'effetto di un malinteso primato della politica, di una concezione, dura a morire anche a sinistra, secondo cui il consenso popolare deve prevalere anche sulla legalità. È un indirizzo che in questi anni si è manifestato in tante altre occasioni, in cui non si è voluto capire che politica e legalità si potevano ben coniugare e confluire nelle giuste scelte. Comunque, quel giorno del '94 anche se il nostro gruppo avesse votato compatto per l'ineleggibilità sarebbe prevalsa la tesi contraria, perché eravamo minoranza.

Fino a un certo punto, perché se tutti i 13 componenti del centrosinistra fossero stati presenti avrebbero potuto sfruttare le assenze del centrodestra. E comunque due anni più tardi, nel '96, il centrosinistra confermò la scelta in favore di Berlusconi, e a quel punto aveva la maggioranza.
Io non ero stato più designato a far parte della nuova Giunta e non posso quindi neppure fare ricorso ai miei ricordi, ma credo che anche allora il gruppo si divise e non tutti avallarono l'eleggibilità di Berlusconi. Oggi leggo però, con rispetto ma con meraviglia, che anche studiosi autorevoli e insospettabili come Valerio Onida ritengono che, dopo due deliberazioni del parlamento che hanno sancito l'eleggibilità di Berlusconi, la questione non è più proponibile. Si può obbiettare che, per fortuna, le giurisprudenze di tutti gli organi giurisdizionali cambiano nel tempo. Su molte questioni la giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte costituzionale non è più quella di vent'anni fa. Ed è auspicabile che anche il parlamento non rimanga sclerotizzato nelle procedure e nel merito dei suoi precedenti, ove riconosca che erano sbagliati.

Per farlo però i nuovi senatori - perché Berlusconi si è trasferito a palazzo Madama - dovrebbero poter conoscere nel dettaglio come andarono le cose vent'anni fa.
È così, stiamo parlando di due decisioni, quella del '94 e quella del '96, consumate negli interna corporis che opacizzano le decisioni della camera. La questione della eleggibilità di Berlusconi non è mai approdata nelle aule parlamentari, è stata decisa nelle fasi preliminari e segrete del procedimento davanti alla Giunta. È questa un'anomalia su cui si dovrebbe intervenire, modificando il vetusto Regolamento, secondo il quale se la maggioranza della Giunta vota per l'eleggibilità, la cosa finisce lì, mentre si va in aula solo se la Giunta vota la ineleggibilità. Sarebbe ora che su una questione di tale rilevanza potesse finalmente discutere pubblicamente un'aula del parlamento. E spero che nel contesto del «cambiamento» la nuova presidente della Camera Laura Boldrini faccia saltare questi arcaici segreti, per consentire a tutti di sapere come andarono effettivamente le cose e trarne appropriate conseguenze politiche.

Spioni e guardoni non fermeranno la nostra lotta: sulle attenzione delle forze dell'ordine verso i compagni del P-CARC e della carovana del (n)PCI.


Partito dei Comitati d’Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (P-CARC)
Federazione Lazio – Umbria



Alcuni giorni fa nell’abitazione di alcuni compagni romani del P-CARC è stata rinvenuta una microspia, di quelle che si usano per le intercettazioni ambientali (basta digitare microspia su google per poterle riconoscere). Scivolata via dal posto in cui era stata piazzata (infilata nei piedi del letto, ndr) è apparsa “a bella vista” agli occhi dei compagni.
Non è la prima volta che ci troviamo a “ipotizzare” la presenza silenziosa degli sbirri nelle nostre case: “fantomatici ladri” che rubano un vecchio pc ma lasciano i soldi, oppure serrature manomesse, oggetti spostati e fili tagliati. Oggi, in seguito al ritrovamento della microspia, non abbiamo più dubbi sul fatto che non siamo gli unici a frequentare le nostre abitazioni e le nostre sedi. Ma non per questo faremo un passo indietro!  Del resto, niente di nuovo sotto al sole! Sappiamo bene che questo è uno dei modi con cui le forze dell’ordine assolvono al loro compito repressivo e intimidatorio: ce li ritroviamo alle assemblee, infiltrati nelle manifestazioni, a spiarci, osservarci, riprenderci e fotografarci! Spiano le nostre vite, nel pubblico e nel privato, ascoltano le nostre conversazioni, entrano nelle nostre case (e a volte lasciando appositamente tracce del loro passaggio) a sottolineare che siamo sotto controllo e che in definitiva, possono fare quello che vogliono. Pensano forse, che siamo fatti della stessa loro vile pasta e che a forza di bastonate, intimidazioni e repressione piegheremo la testa ai (loro) padroni di turno!

“Se il nemico ci teme vuol dire che ha paura”: il ritrovamento della microspia ci conferma che siamo sulla strada giusta, la strada che intralcia la loro e quella dei loro padroni e mandanti! Le azioni di questo tipo sono il lato “occulto e silenzioso” delle manganellate che riservano in piazza ai lavoratori, ai disoccupati, ai precari, ai movimenti di lotta per i beni comuni (casa, ambiente, sanità, istruzione), dei processi, del carcere e delle condanne esemplari per chi si ribella (dai fatti di Genova agli inquisiti per i fatti del 15 ottobre 2011 ai processi per i No Tav) e della persecuzione quotidiana per chi si oppone alla miseria, allo sfruttamento, alla precarietà dello stato attuale delle cose e si impegna per costruire un’alternativa politica e sociale alla miseria in cui ci stanno trascinando.

I vertici della Repubblica Pontificia, ormai allo sbando, continuano imperterriti la loro opera repressiva e  con l’aiuto dei loro fidi cani da guardia, mentre da una parte distribuiscono “a pioggia” sui compagni reati associativi, di devastazione e saccheggio e ogni giorno ingabbiano proletari per reati comuni, continuano a coprire e difendere cardinali, politicanti, mafiosi, affaristi di ogni sorta, poliziotti assassini,  corrotti e loro amici. Sono gli stessi che permettono agli amici degli assassini di Aldrovandi di manifestare sotto casa della madre di Federico, che difendono chi massacra nelle carceri, gli stessi che si accaniscono contro Davide Rosci e gli inquisiti  per il 15 ottobre, e la lista è lunga! Mentre si affannano a “riportare nei ranghi” chi non ci sta più al loro gioco e nel tentativo di governare un paese sempre più “ingovernabile” perché è un focolaio di lotte che esplodono nelle strade, nelle piazze  e nelle fabbriche, continueremo a denunciare ogni abuso, ogni provocazione, ogni atto repressivo!

Non è un caso che l’attenzione degli sbirri si manifesti a Roma, la città che è il cuore del potere politico del nostro paese in cui cardinali e mafiosi si spartiscono i guadagni, la città dove si concentra ed è più forte il protagonismo dei movimenti, dei comitati e delle organizzazioni popolari che vogliono rompere questo potere.
Il P-CARC e la carovana del (n) PCI, verso cui le autorità e le forze dell’ordine da anni esercitano una ordinaria persecuzione, hanno sempre fatto della repressione uno strumento per ritorcerla contro i suoi mandanti: estendendo la solidarietà verso chi lotta, denunciando e smascherando chi vorrebbe distruggerci, senza riuscirci! Questo spiega la fine - “perché il fatto non sussiste” - del lungo procedimento giudiziario per “associazione sovversiva con finalità di terrorismo (art. 270 bis)”-  aperto nel 2003 contro il (n)PCI, il P.CARC e l’ASP. e l’assoluzione per i compagni inquisiti nel processo per il sito “Caccia allo Sbirro”. Sono entrambe una vittoria di tutte quelle organizzazioni e associazioni che protestano contro le violenze, gli arbitri e i crimini delle forze dell’ordine  e dei loro mandanti.

martedì 2 aprile 2013

Il Forum dei Giovani di Giffoni festeggia la Liberazione con “25 Aprile: liberi di ricordare”

Forum dei giovani di Giffoni

In occasione del 25 Aprile, il Forum dei Giovani di Giffoni Valle Piana (con il patrocinio del Comune e del Giffoni Film Festival) organizza un bando di concorso per un video sul tema della Liberazione, in onore di tutti coloro che quasi settant’anni fa si opposero coraggiosamente alle feroci oppressioni del regime nazifascista. I video inviati saranno visualizzati da una commissione esaminatrice, che eleggerà il migliore in base alla forza del messaggio, il senso dell’idea, la creatività espressa e il livello qualitativo del video. All’autore del video migliore sarà consegnata una targa e sarà garantita la messa in onda dell’elaborato sul sito del Comune di Giffoni, sul canale Youtube del Forum e la proiezione durante la prossima edizione del Giffoni Experience.

I filmati non dovranno superare i 3 minuti di durata, potranno essere presentati da partecipanti di età compresa tra 18 e 35 anni, e dovranno essere inviati entro le ore 15.00 del 19 Aprile all’indirizzo mail: youforumgiffoni@hotmail.it oppure in posta privata sulla pagina Facebook di Forum Giovani Giffoni.

Per le scuole, invece, i video dovranno essere in duplice copia DVD e consegnati presso la segreteria del proprio istituto sempre entro il 19 Aprile. I partecipanti incontreranno la giuria e il Forum dei Giovani il 22 aprile alle 10.00 (presso l’Informagiovani) e presenteranno i propri elaborati dibattendo del tema. Lo scopo principale dell’evento è sensibilizzare il ricordo della Liberazione in maniera creativa ed originale, onorando chi si è battuto per la nostra libertà. La partecipazione al concorso è completamente gratuita.

Workcamp: “Diritti dell’infanzia a Nahr al-Bared”

Agenzia stampa Infopal  



Durata: dal 25
Agosto all’8 Settembre 2013

Luogo: Nahr al Bared – Libano

numero volontari: minimo 6, massimo 10 persone

(il workcamp verrà organizzato esclusivamente al raggiungimento della quota minima di 6
partcipanti)


termine ultimo invio candidatura: 20 Maggio

Il Campo Estivo avrà luogo nel campo profughi palestinese di Nahr el Bared nel nord del Libano, che è stato raso al suolo nel 2007 dall’Esercito Libanese.


L’attivismo internazionale in solidarietà e supporto del popolo palestinese non può non rivolgersi anche ai palestinesi della Diaspora e a situazioni tanto drammatiche come quella degli abitanti di
Nahr al Bared, dimenticati in un cumulo di macerie.

Noi non abbiamo dimenticato questi profughi, li abbiamo conosciuti e abbiamo deciso di tornare tra loro per partecipare attivamente al loro dramma e sostenerli.

Obiettivo principale del campo è la rottura dell’isolamento a cui i palestinesi sono sottoposti, attraverso l’incontro e il confronto tra i volontari italiani e i membri della comunità locale, la condivisione della condizione di profughi in esilio ed il sostegno della causa del loro diritto al ritorno.

Il programma del workcamp prevede un’ampia parte di attività con i bambini durante la mattina, ma
anche momenti di coinvolgimento generale delle famiglie e di tutta la popolazione del campo durante le ore pomeridiane. Poiché il proposito è quello di far vivere ai giovani un’esperienza di distensione emotiva e arricchimento culturale rispetto alle quotidiane difficoltà psicologiche della vita nel campo profughi, si lavorerà soprattutto attraverso laboratori di tipo artistico (arte, attività teatrali, composizioni di brevi video, danze) e workshop mirati allo sviluppo di conoscenze specifiche legate ai diritti dell’infanzia. Saranno inoltre probabili visite e gite esterne al campo.

Requisiti per presentare la
propria candidatura:

Età minima 20 anni
Buona conoscenza della lingua inglese
Compilare l’APPLICATION FORM in inglese e inviarlo in formato . doc via mail a: zaatar@inventati.org  (non verranno accettati moduli compilati parzialmente, in italiano, o in formato diverso da quanto richiesto) entro e non oltre il 20 Maggio.

Un volta accettata la candidatura occorre:

- Versare la quota di 55 € che comprendono l’iscrizione a Zaatar e le spese organizzative del training (inclusi pasti e pernottamento). La quota va versata tramite bonifico bancario sul conto corrente di Zaatar (vedi fondo pagina). Perché l’iscrizione sia valida il volontario deve inviare scansione della ricevuta di versamento all’indirizzo di posta elettronica zaatar@inventati.org
entro 3 giorni lavorativi dall’accettazione della candidatura per il training.

- Frequentare la formazione Zaatar della durata di due giorni che si svolgerà a Genova in un week end del mese di giugno (il training non è necessario per chi ha già frequentato uno di quelli passati).

Scopo della formazione è introdurre i partecipanti al contesto nel quale si troveranno ad operare, con particolare attenzione alla realtà specifica dei campi profughi in Libano, che alle più generali dinamiche interculturali e di gruppo, ai fini di un contributo attivo attraverso l’esperienza di volontariato e l’intervento non violento.


I temi chiave che verranno affrontati durante l’incontro saranno:
- l’associazione Zaatar
- elementi del conflitto israelo/palestinese
- interculturalità
- comunità locale ed interazione attiva
- gestione delle paure
- gestione pacifica dei conflitti
-prendere decisioni e agire in gruppo col metodo del consenso

Spese di
partecipazione al workcamp:

- La quota di partecipazione al campo, da versare in contanti sul posto  all’associazione partner, è di 250€. La quota comprende i pasti e l’ospitalità, i trasporti locali e le spese amministrative.  Le spese di viaggio sono invece a carico dei volontari, i quali provvederanno autonomamente all’organizzazione dello stesso a training concluso.

- A questa cifra, chi partirà dovrà aggiungere 40 € per una copertura assicurativa superiore ai 15 gg. Fino ad un mese di missione. L’assicurazione è obbligatoria.


Informazioni importanti per i volontari in partenza:

 Passaporto: non deve contenere visti e timbri di Israele.
Cosa portare: Sacco a pelo, abbigliamento comodo, scarpe da ginnastica, sandali, crema protettiva e un cappello per il sole. I partecipanti al viaggio sono tenuti al rispetto della cultura, religione e tradizioni locali. Per quanto riguarda l’abbigliamento occorre dunque portare pantaloni lunghi, magliette abbondanti (non attillate né scollate, devono coprire adeguatamente pancia e schiena). Non è invece necessario coprirsi il capo a meno che non sia espressamente richiesto dai volontari locali in casi particolari. Un foulard in valigia può essere utile all’evenienza.

Coordinate bancarie per il versamento della quota di partecipazione:

Banca Monte dei Paschi di Siena
causale: iscrizione training 2013


Coordinate per l’Italia (from Italy):
C/C n°: 320203
ABI: 01030
CAB:
01405
IBAN:IT 81 K 01030 01405 000000320203

Coordinate dall’estero
(from abroad)
IT 81 K 01030 01405 000000320203
codice BIC: PASCITM1GE4


L’eterno ritorno di Berlusconi. E chi lo rende possibile

Rossana Rossanda. fonte http://www.sbilanciamoci.info/


L’attacco a Bersani perché non si presentasse alle Camere, il “piano B” con Berlusconi tornato protagonista, secondo il copione del Quirinale. Tra una sinistra subalterna e la storica mancanza, in Italia, di una destra almeno formalmente democratica, scivoliamo lungo una deriva mortale per la nostra fragile democrazia
Né Hollande né Bersani sono due rivoluzionari, ma non ricordo di aver assistito a una guerra più violenta di quella in atto contro di loro. Proprio guerra di classe, ha ragione Gallino: la destra proprietaria all’attacco contro chiunque non sia un liberista puro. In Francia, la sconfitta di Sarkozy è stata seguita da un’offensiva padronale durissima, chiusure, licenziamenti e delocalizzazioni che hanno aumentato di colpo la già forte disoccupazione dovuta alla crisi – oltre tre milioni di disoccupati, senza contare altri due milioni di persone che sono costrette a lavoretti senza continuità né diritti. La gente comune, il cui potere d’acquisto è decimato mese per mese , rimprovera sempre più aspramente al governo socialista di non aver tenuto le promesse. Insomma è aperto il fuoco da destra e da sinistra.
In Italia, Pier Luigi Bersani è stato oggetto di una distruzione sistematica, dal Quirinale e dalla stampa, per aver osato proporre di far verificare alle camere una proposta di programma certo modesta ma nella non infondata speranza di ottenere qualche voto dall’esercito dei deputati grillini, che sono un’armata Brancaleone senza programma, nei quali si potevano trovare una dozzina di voti come sono stati trovati per la presidenza del Senato. Il Quirinale non glielo ha permesso, come se fossimo già una repubblica presidenziale. Bersani non ha accettato, ma neppure si è ribellato alla volontà del capo dello stato. Così sta avanzando il cosiddetto “piano B”, che punta alla reintroduzione al governo di un Berlusconi più sfacciato che mai: “voglio questo, voglio quello” inossidabile, persuaso di poter proporre per il governo una maggioranza di cui lui sarebbe parte fondamentale e al Quirinale un suo uomo (“Letta o, perché no, io stesso”).
Non saprei quanto sarebbe durato un governo come quello proposto da Bersani, anche se gli fosse stato permesso di strapparlo alle Camere, ma quel che è sicuro è che il senso del divieto presidenziale è riaprire la strada a una unità nazionale di cui Berlusconi deve essere una parte determinante. In qualche modo, il fatto che Napolitano l’abbia ricevuto al Quirinale dopo che il Cavaliere aveva vomitato le sue insolenze due giorni prima in Piazza del Popolo l’ha, politicamente parlando, legittimato. E in tutta l’Italia sembra aver tirato un respiro di sollievo, basta con le interdizioni, chi propone e decide è il voto popolare – tesi che nel Novecento ha dato il potere alle dittature fasciste. Perché l’Italia non ha voluto assolutamente Bersani? Non certo, ripeto, perché avesse un programma sovversivo né estremista, e neppure antieuropeo; ma assai vagamente riformista, perché aveva dei rapporti con Vendola e la Fiom, perché aveva permesso che nel suo partito si annidassero pericolosi soggetti come Orfini e Fassina. Questo andava impedito.
È venuto il momento di smettere di domandarsi com’è che Berlusconi rispunta sempre sulla scena politica. Bisogna riconoscere che quando sembra del tutto abbattuto, c’è sempre una mano di destra o di sinistra che lo risolleva dal pantano in cui si trova. Bisogna chiedersi invece perché per la quinta volta questo scenario si ripete e se non ci sia nel paese un guasto assai profondo che ne consente la disposizione. Pare evidente la responsabilità di una sinistra – specificamente il Pci, che era stato dopo la guerra il più rilevante e interessante di tutto l’occidente – nel non aver esaminato le ragioni del crollo dell’89, quando i figli di Berlinguer si sono convertiti di colpo a Fukuyama (“la storia è finita”) con la stessa impermeabilità che avevano opposto a chi, fino a un mese prima, aveva avanzato qualche critica al sistema sovietico.
Ma, una volta ammessa questa debolezza della sinistra e dei comunisti italiani in particolare, è impossibile non chiedersi perché l’Italia sembri incapace, ormai storicamente, di darsi una destra almeno formalmente democratica, non sull’orlo dell’incriminazione in nome del codice penale. È questa una maledizione che ci perseguita fin dall’unità del paese e non sembrano certo i dieci “saggi” proposti dal Colle in grado di affrontarne le ragioni e estirparne le radici. Destra e sinistra sembrano ammalate nel loro stesso fondamento culturale e morale; la ragione di fondo per cui ci troviamo nella bruttissima situazione odierna sta, evidentemente, qui, finché questa diagnosi non viene seriamente fatta, non ne usciremo, neppure quando non mancano, come oggi, ragionevoli proposte per bloccare una deriva che appare mortale per la nostra giovane e fragile democrazia.

lunedì 1 aprile 2013

Il blasone fascista della città di Balbo


Giuseppe Aragno fonte: http://www.ilmanifesto.it 

Ras di Ferrara fu Italo Balbo, un modello dell'«uomo nuovo fascista». S'era fatto il cursus honorum del gerarca sanguinolento: scampoli di gloria feroce tra i volontari della carneficina nella «grande guerra», capo delle «squadracce» al soldo degli agrari, quando bastonature e omicidi di avversari politici mostravano il «senso dello Stato» del primo fascismo, comandante generale della milizia. Implicato nell'assassinio di Don Minzoni, arrivò in Parlamento e presto giunse al governo.
A Ferrara il 26 sono ritornati gli squadristi. Balbo mancava, è vero, ma s'è trovato un sostituto degno. Rivendicavano il diritto d'ammazzare impunemente e non a caso il colpo vibrato in piazza era assassino: mirato al cuore d'un madre - l'immensa Patrizia Aldovrandi - per fermarne il palpito di dignità, la passione e l'indomito coraggio. Chi ha voluto vederla, l'ha vista bene l'Italia di questi tempi bui: un Paese nel quale l'umanità spesso è donna, ma molto più spesso si perde in una divisa che mostra i distintivi della guerra. La guerra, sì, che la Costituzione ripudia ma offre la leva per la polizia della repubblica antifascista: Medio Oriente, Balcani e Afghanistan. Un'Italia in cui la Caporetto dei valori della Resistenza- di questo ormai si tratta, non di altro - non si spiega semplicemente col berlusconismo, ma chiama alla mente - ed è un morire di dolore - Piero Gobetti e la sua terribile sentenza: il fascismo malattia congenita della nostra storia, la natura elitaria del Risorgimento, un potere mai saldo in mano al "popolo sovrano" e sempre molto lontano dai cittadini. Chiama alla mente lontani maestri, appena tornati in armi dai monti partigiani e subito impegnati a scrivere una Carta Costituzionale tesa a colmare lo storico deficit di partecipazione. Quella Costituzione che ormai non conta più.
La crisi economica procede di pari passo con lo smantellamento della democrazia. Si sono visti chiari i segnali d'asfissia d'una politica priva di respiro ideale e s'è misurato l'abisso che ci attende, se non sapremo restituire al dibattito sullo stato dell'economia, il contributo decisivo di storici e filosofi. In un Paese che dopo la Liberazione non mandò a casa sciarpe littorie, sansepolcristi, scienziati della razza, questori, prefetti e magistrati mussoliniani e chiamò a presiedere la Corte Costituzione quell'Azzariti già capo del "tribunale della razza", sono vent'anni ormai che, a parlare d'antifascismo, si disturba il manovratore. Vent'anni che si batte la grancassa su una inesistente ferocia partigiana e si trova la sinistra consenziente. Mentre Veltroni e i suoi cancellavano dalle rare sedi del «partito liquido» persino il ricordo dei partigiani - si fa un gran parlare di donne, ma a Napoli il Pd ha eliminato dalla sua sede la partigiana Maddalena Cerasuolo - l'accademia s'è adeguata.
In questo clima, dopo le acrobazie dei lacrimogeni sui tetti del ministero di Grazie e Giustizia, le violenze di Napoli e Genova e gli indiscriminati attestati di stima agli immancabili servitori dello Stato, più che la resurrezione di Balbo a Ferrara, stupisce lo stupore sbigottito di chi solo oggi intuisce l'esito fatale di un vergognoso revisionismo. Perché meravigliarsi della polizia, dopo che s'è voluto ridurre l'antifascismo a una questione privata tra veterocomunisti e neosquadristi, dopo l'armadio della vergogna e l'inascoltato allarme di Mimmo Franzinelli, che ci ha ammonito sul significato profondo d'una amnistia che fu colpo di spugna e sancì la continuità con lo Stato fascista? Rinnegata la propria storia, attestata a difesa di un'Europa che Spinelli ripudierebbe, collocato in soffitta Marx per far le fusa al liberismo targato Monti, era fatale che la polizia tornasse alla tradizione dell'Italia liberalfascista e si facessero nuovamente i conti con Frezzi massacrato di botte, Acciarito torturato e Bresci suicidato.
Qui non si tratta di solidarietà di corpo. Emilio Gentile l'ha spiegato chiaramente: la mistica fascista del cameratismo fu il fulcro di una identità nuova che, nel cuore d'una crisi, fuse in anima collettiva l'individualismo solitario dell'eroe, sicché i "rigenerati della guerra" pretesero di essere "rigeneratori della politica". Quand'è che il Parlamento pretenderà che si accenda la luce sui meccanismi di reclutamento delle forze dell'ordine e sulla loro formazione culturale e politica?