venerdì 14 febbraio 2014

Democrazia e disuguaglianza

di Giuseppina Bonaviri

In Italia, dagli ultimi dati aggiornati CGIA, una famiglia su quattro versa in condizioni di disagio sociale. Nel 2012 1 famiglia su 4 ha presentato tre tra le difficoltà che si contemplano nell’indice sintetico di deprivazione - deprivation index- e che corrisponde alla misura dello svantaggio socio-economico, espressione dell’impossibilità al possesso di almeno una delle seguenti classi di risorse predittive dello stato di salute e dell’accesso ai beni di servizi: materiali, culturali, di potere, di sostegno sociale. Il 2,4% delle famiglie non si può permettere l’acquisto di una tv, di un telefono o di un’auto; il 50,5% non può permettersi una settima di vacanza fuori da casa; il 17,5% non accede ad un pasto adeguato se non solo ogni due giorni e il 22% non riesce a riscaldare la propria abitazione. Sono in condizioni di povertà assoluta il 6,8% dei nuclei familiari, meglio dire, più di 4,8 milioni di persone. Gli studi sull’origine delle disuguaglianze ci porta a decodificare la salute in termini di mortalità, morbilità e di bisogni sanitari che rientrano nelle misure della qualità di vita. Ciò ci lascia prevedere che se si continuasse con l’abdicazione dal pubblico necessiterebbero con urgenza nuove strategie di welfare del Paese. E paradossalmente, mentre con un decreto di qualche giorno fa la Casa Bianca riduce la diseguaglianza economica aumentando il salario minimo ed introducendo una sorta di scala mobile capace di indicizzare la cifra oraria pattuita all’inflazione, in Italia si intravede il furto persino sull’8% che non sarà destinato più ad azioni sociali ma utilizzato come salvadanaio dal governo.
La rappresentazione della società che, nei giorni scorsi, è emersa poi dai dati resi noti da Bankitalia conferma lo stato della diseguaglianza socio-economica che rallenta il passo all’economia e ai processi di democrazia e di inclusività. Crescita della diseguaglianza, povertà, restringimento della partecipazione elettorale, appaiono le regole del gioco perverso che “viaggia parallelo alla indifferenza verso la politica e alle sue attuali procedure verticistiche” scenario, quest’ultimo, che ben si coniuga con l’immagine di una società sempre più diseguale e divisa. I dati di Bankitalia confermano, anche, il “progressivo peggioramento del reddito familiare medio e di un allargamento della forbice tra chi può e chi non può come i poveri relativi, gli impoveriti e a rischio di povertà”.
Si assiste da un lato alla crescita della concentrazione dei redditi e dall’altro alla aumentata povertà di chi già non ha essendosi raddoppiata, negli ultimi quattro anni, la fascia di coloro che sono caduti in povertà. La ricchezza si è così concentrata nel 64% della popolazione: poco più di due terzi dentro, tutti  gli altri fuori. E’ evidente che l’andamento della forbice sociale abbia ricadute, allora, anche sulla politica. Avendo, così, la partecipazione subito un declino progressivo negli ultimi 20 anni alle ultime consultazioni politiche hanno votato circa il 75% alla Camera e 70% al Senato “cifre che rispecchiano quelle relative al numero delle persone nelle mani delle quali sta la ricchezza”. A conferma rimare un dato: la politica è praticata da chi meglio si posiziona nella società perché, non avere la propria voce rappresentata non comporta migliorie in termini di diritti e uguaglianza. “ Il divario che nasce tra classi sociali, elettori, cittadini e politici corrisponde ad una società sempre più divisa, con pesi sociali sempre meno proporzionati e sempre più ineguali”.
Per quanto ci riguarda, poi, il nostro entroterra sta anche facendo i conti con un alto tasso di dispersione scolastica –epifenomeno che stiamo studiando- mentre appare sempre più chiaro che non si può continuare a ragionare solo in termini di emergenza compromettendo servizi essenziali come scuola, sanità, lavoro. Restituire trama e protagonismo alla nostra Provincia ci pare l’atto più alto e generoso che si possa fare. Le nostre istituzioni locali possono lavorare meglio di quanto possa fare lo Stato centrale.
E, in questa direzione, va il Patto di Solidarietà Sociale istituito dalla Provincia di Frosinone. Si sta lavorando ad interrompere le accresciute disuguaglianze e l’indebolimento del tessuto sociale. Il nostro percorso intende favorire la valorizzazione dei talenti di ognuno, rilevarne le competenze mettendo a frutto progetti equi a garanzia di giovani, donne, aree svantaggiate, rilanciando in condizioni di pari opportunità coesione sociale, competenze aggiornate, capitale umano. Il lavoro provinciale che abbiamo avviato è a garanzia di quel benessere che, passando dall’istruzione, rappresenta il vero investimento per le giovani generazioni. Stiamo rimettendo in moto speranze individuali e collettive a vocazione territoriale.

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