L’unione europea ha stanziato 2 miliardi e
600 milioni per la nostra regione, di questi 567 milioni saranno destinati alla riqualificazione
ambientale del territorio. Quanto di tali finanziamenti e come le risorse saranno utilizzate per la bonifica e
il rilancio della Valle del Sacco era uno dei temi sui quali Legambiente Lazio
ha invitato a ragionare cittadini e movimenti, in un convegno che si è tenuto
ieri a Frosinone presso la sala convegni della CIA .
Oltre ai dirigenti di
Legambiente: Giorgio Zampetti
responsabile scientifico, Roberto Scacchi direttore per il Lazio, Marioadolores
Furlanetto presidente del Centro di Azione Giuridica e Francesco Raffa
coordinatore provinciale, hanno partecipato l’assessore all’ambiente della
Regione Lazio Fabio Refrigeri, la consigliera regionale Cristiana Avenali e il
presidente della Rete per la tutela
della Valle del Sacco, Alberto Valleriani.
Come è noto La Valle del
Sacco da sito di bonifica di interesse nazionale è stato dequalificato a sito
di bonifica di interesse regionale. Il tutto con un blitz operato dal ministero
dell’ambiente del governo Monti, guidato allora dal ministro Clini, il quale ha
concesso alla Regione destinataria del provvedimento solo 15 giorni per
produrre delle osservazioni ed eventualmente opporsi.
La giunta Polverini, a quel tempo in altre faccende affaccendata, non si è
neanche accorta della patata bollente che il governo centrale gli stava
rifilando. La questione della Valle del
Sacco quindi è stata ereditata dalla giunta Zingaretti, la quale, non ritenendo
la decisione dell’ex ministro Clini, in linea con le direttive della legge, per
cui i siti inquinati da agenti chimici,
così come la Valle del Sacco, dovevano
necessariamente rimanere di interesse nazionale, ha presentato ricorso al Tar
insieme a Legambiente e l’intervento ad adiuvandum di Retuvasa.
Si è, ad oggi
in attesa, di un pronunciamento. Giova ricordare che all’udienza di qualche giorno fa l’avvocatura dello Stato
in difesa del Governo non è intervenuta. E’ bene ricordare, altresì, che l’ente regionale non ha gli strumenti
normativi per gestire la bonifica dei siti inquinati, per cui la sua azione
dovrebbe semplicemente consistere nel trasferire il tutto ai Comuni. Ciò dà l’idea di come il provvedimento emanato dall’ex ministro Clini fosse mirato
esclusivamente a risparmiare risorse sulla bonifica di questi siti, non curante
delle conseguenze nefaste che tale decisione avrebbe avuto sui cittadini delle
aree interessate.
Tornando ai fondi messi a disposizione dall’Unione europea, c’è da
rilevare che probabilmente 30 milioni costituiranno le risorse destinate alla
bonifica della Valle del Sacco, somma da aggiungere ai circa 9 milioni di euro in dotazione
dell’ufficio commissariale. Risorse del tutto insufficienti perché le stime che
vennero fatte dal ministero dell’ambiente per il risanamento della Valle del
Sacco, quando questo era sito di interesse nazionale, ammontavano a 660 milioni
di euro almeno. Un altro grave impedimento all’avanzamento dei progetti di
bonifica risiede nel fatto che, a
seguito dell’ordinanza di protezione civile n. 0061 del 14 marzo 2013, è stato incaricato di continuare la bonifica
il Dott. Luca Fegatelli ex direttore del Dipartimento Istituzione e Territorio.
Ogni stanziamento di fondi deve presentare
l’autorizzazione di questo dirigente il
quale per attualmente si trova agli
arresti domiciliari perché coinvolto nello scandalo della gestione dei rifiuti
per Roma e dintorni e dunque impossibilitato ad autorizzare alcunché. Nessun altro
dirigente ha sostituito Fegatelli alla guida dell’Ufficio commissariale
incaricato, per cui si rischia di non poter neanche utilizzare i pochi fondi stanziati.
Come si vede un intricato coacervo di procedure, nate
per velocizzare i piani di bonifica, sta ottenendo il risultato opposto cioè
bloccarle. L’assessore all’ambiente della Regione Fabio Refrigeri, insieme alla
consigliera Cristina Avenali, hanno assicurato, il loro impegno nel seguire il
ricorso al Tar in modo da ottenere la riqualificazione della Valle del Sacco a
sito di bonifica nazionale, e di
coinvolgere i movimenti e i cittadini nell’individuare i provvedimenti più adatti per la
riqualificazione di un sito di primaria importanza per il nostro territorio.
Dal dibattito le proposte avanzate sono state quelle che chi segue il nostro sito consce
bene. La moratoria sulla costruzione di ogni insediamento che preveda
combustione, dagli inceneritori di biomasse agli impianti di trattamento di car
fluff, una riconversione dell’area in chiave turistico agricola, e soprattutto il
controllo diretto dei cittadini su ogni tipo di intervento.
Come sottolinea
Valleriani nella nostra intervista, spesso sono le associazioni a possedere i
dati sul territorio, ad avere un quadro preciso sullo stato dell’inquinamento,
elementi che il ministero, e le regioni non possiedono. Un controllo diretto
dei cittadini è auspicabile anche per scongiurare l’utilizzo di procedure poco
trasparenti e illegali a carico, sia di chi deve occuparsi delle azioni sul territorio, sia degli organi preposti al controllo.
L’istituzione da parte delle Asl di un registro dei tumori per mettere in relazione i danni alla salute con le zone d'’inquinamento della Valle del Sacco , è stata un’altra proposta fortemente sostenuta dalle
associazioni, da Legambiente in particolare.
In verità dall’incontro di ieri
non sono emerse delle grandi novità rispetto a quanto già noto , a parte
l’erogazione dei fondi europei che, come abbiamo visto, sono insufficienti. La
situazione della Valle del Sacco è, e rimane critica, si discute di bonifica, ma
ancora esistono fonti di inquinamento nel fiume Sacco da identificare, ancora
non si sono individuati i colpevoli del disastro ambientale, per cui diventa
impossibile richiedere i risarcimenti.
Ancora non si ha ben chiaro in mente come sia
necessario rivoluzionare il modo di rapportarsi, con la devastazione di
questi territori. Riqualificazione e riconversione, queste sono le parole
d’ordine. L’intervento del Presidente della Camera di Commercio di Frosinone Pigliacelli - il quale di fatto ne ha
approfittato per battere cassa nei confronti della Regione allo scopo di finanziare un progetto di smart city che
dovrebbe aiutare lo sviluppo del territorio, la difesa della categoria che costui ha operato indicando una limitata
responsabilità delle imprese nel disastro ambientale , la pretesa avanzata con
il piglio dell’imprenditore tutto d’un
pezzo, orgogliosamente ignorante delle procedure di gestione ambientale del
territorio, di operare non per
evitare ulteriore inquinamento ma per limitarlo nei limiti del
possibile, -forniscono l’inconfondibile segno che la mentalità sulla gestione
del territorio non è mutata. E in mancanza di un radicale cambiamento di
prospettiva sarà dura difendere la Valle
del Sacco anche disponendo di risorse illimitate.
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