Si è detto molte volte che Matteo Renzi, più che Presidente del
Consiglio, è diventato sindaco d’Italia. E ciò corrisponde al vero. Infatti una
delle prime mosse, reali e non frutto delle grandi e funamboliche promesse
propinateci fino adesso, è stata quella
di conquistare Roma, esautorando di fatto il sindaco Ignazio Marino. Con la
riproposizione del decreto Salvaroma 3.0 Il nuovo governo del fare ha
restituito un po’ dei soldi sborsati dai cittadini romani (538 milioni euro) alla Capitale, ma in cambio ha preteso
il commissariamento dell’amministrazione Marino, ponendo di fatto alla guida
della città eterna il turbo Presidente del Consiglio, il quale ha già in serbo
qualche regaluccio per gli amici
privati.
Ad esempio all’ex sindaco di Firenze, neo sindaco di Roma, la gestione
partecipata del teatro Valle non va giù neanche un po’. Non è così che si
salvano i teatri del demanio, ha affermato qualche tempo fa, molto meglio
affidarli a fondazioni pubblico-private,
associazioni spartitorie di poltrone e laute prebende, piuttosto che la asciarli
ad una gestione partecipata espressione della cultura come bene comune.
Dopo l’uscita precipitosa e irriguardosa
verso il segretario del sindaco Marino, provocata dalla mancata conversione del Salvaroma
2.0, sembra che nell’entuorage renziano sia bell’e pronto l’ hashtag marinostaisereno. Se si può defenestrare un presidente del
consiglio del proprio partito, figuriamoci un sindaco! A Matteo Renzi, sodale dello squalo Serra,
capobastone dell’associazione a delinquere Algebris, non ha dato fastidio la reazione piccata di
Marino, il quale, pretendeva semplicemente che i soldi delle tasse pagate dai Romani si trasferissero, dal gruzzolo destinato al pagamento di
debiti contratti dalle passate amministrazioni, agli stanziamenti necessari per
far funzionare la macchina amministrativa. (Stiano tranquilli gli evasori della
lega e il sindaco Pisapia in quella
somma non ci sono soldi lombardi né di altre parti d’Italia).
In realtà Matteo Renzi e la schiera di speculatori
finanziari al seguito , non hanno digerito che il sindaco Marino abbia stigmatizzato l’iperattività speculativa di Acea, quando,
in veste di maggior azionista della società che assicura acqua e luce a Roma,
oltre che l’acqua nel nostro territorio, ha preteso un impegno maggiore
nella fornitura dei servizi ai
cittadini invece di industriarsi nello
scambio di quote azionarie con la
multinazionale Gdf Suez. Ricordiamo l’operazione
comunque accettata alla fine dal Comune di Roma. Mentre i cittadini romani erano alle prese con
le bollette pazze, i cittadini della provincia di Frosinone ormai da anni
vengono truffati da Acea, accade
che Gdf Suez azzera la sua
partecipazione del 4,991% in Acea . Cede questa quota alla sua consorella
Suez Eniviroment, la quale attraverso l’Ondeo Italia Spa, rientra nei capitali
di Acea con un impegno ben più cospicuo 12,5%, rendendo così Gdf Suez una delle maggiori multinazionali
private nel campo dei servizi idrici e nell’erogazione dell’energia.
Non giova inoltre alle possibilità di rimanere in Campidoglio l’iperattività del sindaco
Marino nel voler cambiare i vertici dell’Ama e di Atac, ignorando del tutto gli interessi delle lobby politico-affaristiche
che girano intorno a questi enormi buchi neri i quali inghiottiscono miliardi di soldi pubblici per regalarli
agli amici degli amici. Il povero Marino pretendeva di selezionare i dirigenti passando semplicemente
attraverso l’analisi dei curricula. Eh no Ignazio così non si fa!. Tornatene a
fare il chirurgo e lascia questi affari in mano a chi sa manovrare.
Ecco dunque che in cambio di quegli sporchi 500milioni e dispari, Marino dovrà presentare un piano di
rientro direttamente agli uomini di Renzi, un piano che prevede la svendita ai
privati di gran parte della Città, Ama e Atac comprese, una pesante riduzione
del personale che sicuramente ricadrà sui poveri cristi. Coloro i quali non hanno santi in paradiso, figuriamoci se
vanno a toccare i raccomandati!
In
compenso dal governo assicurano che blitz come quelli tentati dalla Lanzilotta
di inserire nei piani di rientro anche la privatizzazione di Acea, saranno scongiurati. Ma l’hashtag
marinostaisereno incombe. Il decreto Salvaroma 3.0 corre notevoli
rischi. Potrebbe essere dichiarato incostituzionale in quanto ripropone temi di
un dispositivo già ritirato, ma soprattutto, sotto la spada di Damocle di un’ulteriore
decadenza, potrebbe rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta, cioè
la privatizzazione di Acea, oltre che la definitiva defenestrazione del
chirurgo impiccione Ignazio Marino. Ecco
dunque. Il piano del sindaco di’Italia
per la conquista di Roma è bello che pronto.
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