domenica 2 marzo 2014

Il sindaco d'Italia alla conquista di Roma

Luciano Granieri

Si è detto molte  volte che Matteo Renzi, più che Presidente del Consiglio, è diventato sindaco d’Italia. E ciò corrisponde al vero. Infatti una delle prime mosse, reali e non frutto delle grandi e funamboliche promesse propinateci fino adesso,  è stata quella di conquistare Roma, esautorando di fatto il sindaco Ignazio Marino. Con la riproposizione del decreto Salvaroma 3.0 Il nuovo governo del fare ha restituito un po’ dei soldi sborsati dai cittadini romani (538 milioni  euro) alla Capitale, ma in cambio ha preteso il commissariamento dell’amministrazione Marino,   ponendo di fatto alla guida della città eterna il turbo Presidente del Consiglio, il quale ha già in serbo qualche regaluccio  per gli amici privati. 

Ad esempio all’ex sindaco di Firenze, neo sindaco di Roma, la gestione partecipata del teatro Valle non va giù neanche un po’. Non è così che si salvano i teatri del demanio, ha affermato qualche tempo fa, molto meglio affidarli a fondazioni pubblico-private,  associazioni spartitorie di poltrone e laute prebende, piuttosto che la asciarli ad una gestione partecipata   espressione della cultura come bene comune. 

Dopo l’uscita precipitosa e irriguardosa verso il segretario  del sindaco Marino, provocata dalla mancata conversione del Salvaroma 2.0, sembra che nell’entuorage renziano sia bell’e  pronto l’ hashtag  marinostaisereno.  Se si può defenestrare un presidente del consiglio del proprio partito, figuriamoci  un sindaco! A  Matteo Renzi, sodale dello squalo Serra, capobastone dell’associazione a delinquere Algebris,  non ha dato fastidio la reazione piccata di Marino, il quale,   pretendeva semplicemente che  i soldi  delle tasse pagate dai Romani si trasferissero,  dal gruzzolo destinato al pagamento di debiti contratti dalle passate amministrazioni, agli stanziamenti necessari per far funzionare la macchina amministrativa. (Stiano tranquilli gli evasori della lega e il sindaco Pisapia  in quella somma non ci sono soldi lombardi né di altre parti d’Italia). 

 In realtà  Matteo Renzi e la schiera di speculatori finanziari al seguito ,  non  hanno digerito  che il sindaco Marino abbia stigmatizzato  l’iperattività speculativa di Acea, quando, in veste di maggior azionista della società che assicura acqua e luce a Roma, oltre che l’acqua nel nostro territorio, ha preteso un impegno maggiore nella  fornitura dei servizi ai cittadini  invece di industriarsi nello scambio di  quote azionarie con la multinazionale Gdf Suez.  Ricordiamo l’operazione comunque accettata alla fine dal Comune di Roma.  Mentre i cittadini romani erano alle prese con le bollette pazze, i cittadini della provincia di Frosinone ormai da anni vengono truffati da Acea,  accade che  Gdf Suez azzera la sua partecipazione del  4,991% in  Acea . Cede questa quota alla sua consorella Suez Eniviroment, la quale attraverso l’Ondeo Italia Spa, rientra nei capitali di Acea con un impegno  ben più cospicuo  12,5%,  rendendo così  Gdf Suez una delle maggiori multinazionali private nel campo dei servizi idrici e nell’erogazione dell’energia.  

Non giova  inoltre  alle possibilità di rimanere  in Campidoglio l’iperattività del sindaco Marino nel voler cambiare i vertici dell’Ama e di Atac, ignorando  del tutto gli interessi delle lobby politico-affaristiche che girano intorno a questi enormi buchi neri i quali  inghiottiscono miliardi di soldi pubblici per regalarli agli amici degli amici. Il povero Marino  pretendeva  di  selezionare i dirigenti passando semplicemente attraverso l’analisi dei curricula. Eh no Ignazio così non si fa!. Tornatene a fare il chirurgo e lascia questi affari in mano a chi sa manovrare. 

Ecco dunque  che in cambio di quegli    sporchi 500milioni  e dispari, Marino dovrà presentare un piano di rientro direttamente agli uomini di Renzi, un piano che prevede la svendita ai privati di gran parte della Città, Ama e Atac comprese, una pesante riduzione del personale che sicuramente ricadrà sui poveri cristi. Coloro i quali  non hanno santi in paradiso, figuriamoci se vanno a toccare i raccomandati!   

In compenso dal governo assicurano che blitz come quelli tentati dalla Lanzilotta di inserire nei piani di rientro anche la privatizzazione di Acea,  saranno scongiurati. Ma  l’hashtag  marinostaisereno incombe. Il decreto Salvaroma 3.0 corre notevoli rischi. Potrebbe essere dichiarato incostituzionale in quanto ripropone temi di un dispositivo già ritirato, ma soprattutto, sotto la spada di Damocle di un’ulteriore decadenza, potrebbe rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta, cioè la privatizzazione di Acea, oltre che la definitiva defenestrazione del chirurgo impiccione Ignazio Marino.  Ecco dunque. Il  piano del sindaco di’Italia per la conquista di Roma è bello che pronto.

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