martedì 22 aprile 2014

Abolizione delle Province o della Democrazia ?

Oreste Della Posta. Segretario Provinciale del PdCI di Frosinone


La legge appena approvata dal governo Renzi non abolisce le provincie, ma la democrazia. La facoltà di eleggere un Presidente di Giunta passa così dai cittadini, sempre meno coinvolti nella vita politica del proprio territorio, ai sindaci. Questi ultimi, riunendosi in consiglio, potranno eleggere un Presidente le cui competenze saranno successivamente stabilite dal Ministero dell’Interno, affermando in tal modo una politica sempre più autoritaria ed autocratica, a scapito del diritto che ogni cittadino dovrebbe vedersi riconosciuto, vale a dire il diritto di rappresentanza attraverso il voto democratico. Le motivazioni di questa scelta, come tutti ben sanno, hanno una natura economica. Tuttavia il risparmio che tanto viene pubblicizzato e che dovrebbe scaturire dal provvedimento risulta secondo la Corte dei Conti pressoché nullo. Non fa eccezione ovviamente la provincia di Frosinone, il cui costo rappresenta l’1.6% del costo totale delle provincie italiane, quindi pressappoco 11 miliardi annui dei circa 808 miliardi totali a carico delle casse dello stato. Viene da chiedersi dov’è il risparmio dal momento che l’istituzione delle cosiddette Aree Metropolitane potrebbe comportare costi ulteriori e vanificare il già esiguo risparmio di circa 100 milioni all’anno in gettoni di presenza e rimborsi vari. E ancora, dov’è il risparmio se si considera che ogni singolo dipendente provinciale dovrà necessariamente proseguire il proprio rapporto lavorativo in un ente dello stato, lasciando invariata la propria situazione retributiva. Non si può non convenire a questo punto che l’analisi sulla situazione delle provincie illustrato dal Commissario della Provincia di Frosinone Patrizi è condivisibile e, in egual misura, preoccupante. Le scelte di Renzi sono inefficaci se non del tutto contradditorie e mettono al centro del mirino, tra le altre, la Provincia di Frosinone, condizionando politicamente in tal modo la più industrializzata provincia del Lazio. Un organo che negli anni ha saputo operare per gli interessi dei cittadini, sostenendo le numerose istanze dei lavoratori della provincia specie in periodo di crisi come quello attuale. I Comunisti Italiani contestano la riforma sostenendo che quella che si vuol far passare come l’abolizione delle provincie, così com’è stata concepita, è un falso e rischia di provocare peggioramenti nel già difficile rapporto tra cittadino ed istituzioni. Noi non consideriamo necessario dover per forza abolire degli organi dello Stato, come nel caso ad esempio del Senato, per determinare un risparmio e contenere gli ormai famosi costi della politica. Basterebbe infatti ridurre i compensi di parlamentari e dirigenti pubblici. Una cosa che potrebbe essere realizzata tra l’oggi e il domani e senza sconvolgimenti istituzionali e danni alla vita democratica del paese. Pur conservando la nostra posizione critica, e nel timore di ulteriori scelte infelici del governo, proponiamo quantomeno un riordino razionale di quegli enti che attualmente fanno capo alla provincia e che dovranno quindi essere riassegnati. Importante è per esempio il destino dei vari centri per l’impiego, i quali, a nostro avviso, dovrebbero far riferimento all’INPS, fornendo così un funzionale e diretto supporto per tutto ciò che riguarda il mondo del lavoro.

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