martedì 3 giugno 2014

I "nuovi" scenari a sinistra dopo le europee

La sinistra di Rifondazione in un vicolo cieco Sulla polemica dei dirigenti di Falcemartello  contro il partito rivoluzionario



Francesco Ricci



Rifondazione Comunista è prossima all'esplosione. E l'esito delle elezioni europee non potrà che accelerare questa dinamica. Il superamento del quorum da parte della lista Tsipras, infatti, lungi dal facilitare il Prc lo condanna. Il risultato viene già capitalizzato dall'ala maggioritaria di Sel (Fratoianni) per ipotizzare su queste basi un nuovo partito, che di fatto ingloberà quanto resta di Rifondazione. A fare da eco, già l'area di Grassi in Rifondazione parla esplicitamente della lista Tsipras come di "un laboratorio" per la nascita di un nuovo soggetto politico.
E' questo quadro che spiega la tensione della sinistra di Rifondazione, che si prepara a dover nuotare in acque diverse da quelle che ha attraversato negli ultimi vent'anni.
Stiamo parlando in particolare di Falcemartello, il gruppo che ha raccolto attorno a sé una sinistra anti-riformista, dopo l'uscita nel 2006-2008 delle altre aree di sinistra (Progetto Comunista, che dividendosi in due sulla concezione del partito e dell'Internazionale ha dato vita al Pdac e al Pcl; e Sinistra Critica, poi rottasi in due parti).
 
La parabola di Falcemartello: dalla maggioranza con Ferrero all'opposizione nel Prc
Falcemartello (Fm) nel 2008 presentò al VII Congresso del Prc un proprio documento. In quel congresso la maggioranza si ruppe, con lo scontro tra Ferrero e Vendola che determinerà, dopo poco (inizi del 2009), la nascita di Sel.
Fm, decise di sostenere la nuova maggioranza e Claudio Bellotti fu ammesso nella segreteria nazionale del Prc. L'idea dei compagni di Fm era quella di "ancorare a sinistra" la presunta svolta di Rifondazione. Per questo si fecero cantori di questa "svolta" e pretesero di indirizzarla verso la definitiva rottura con le politiche governiste che Rifondazione aveva sostenuto per anni.
Memorabile rimane il numero di ottobre 2008 del giornale omonimo dell'area in cui, in una lunga intervista, Ferrero si ripresentava... come un critico da sinistra dello stesso Marx e spiegava come andasse realmente intesa la "rottura" con lo Stato borghese (una rottura "non solo sul terreno dello Stato ma in primo luogo nei rapporti di produzione"). Parole surreali in bocca a un ex ministro del governo imperialista di Prodi.
Come era prevedibile (ma non per i dirigenti di Fm) dopo poche settimane Ferrero riprese a tessere i rapporti col Pd, per rientrare nelle giunte del centrosinistra (regionali del 2010). Con quell'unico fine Ferrero lanciò la Federazione della Sinistra e finalmente Fm, dopo aver contribuito a rendere credibile la rinnovata verginità rivoluzionaria di Ferrero, ruppe con la maggioranza. Subito prima che Ferrero avanzasse l'idea di un "comitato di liberazione nazionale" composto dal Pd e da Casini, riproposizione ennesima degli accordi di governo a livello nazionale con la cosiddetta borghesia progressista.
Da allora Fm è rimasta all'opposizione nel Prc, presentando un proprio documento alla IV Conferenza dei Giovani Comunisti (dove raccolse circa un quarto dei voti) e al recente Congresso (l'VIII) raccogliendo sul proprio documento un modesto consenso.
Di fronte alla crisi sempre più profonda di Rifondazione (sedi che chiudono, militanti e voti in fuga, disastro finanziario, chiusura di Liberazione, disastro della lista con Ingroia), Fm ha accentuato il proprio profilo indipendente, affermando la volontà di costruirsi sempre più all'esterno del Prc, con solo un piede dentro il partito (1).
Oggi Falcemartello si trova di fronte a scelte difficili. Se non vuole affondare insieme a quanto resta del Prc, deve pensare a costruirsi una scialuppa di salvataggio.
 
L'entrismo come scelta strategica
Falcemartello, fin dalla sua nascita, ha sempre concepito (così come l'organizzazione internazionale di cui è parte, la Imt, International Marxist Tendency, fondata da Ted Grant e guidata ora da Alan Woods) l'entrismo in organizzazioni riformiste come il percorso obbligato verso la costruzione del partito rivoluzionario. Di più: concepisce le organizzazioni riformiste e i suoi dirigenti non come "agenti della borghesia in seno al movimento operaio" (secondo la celebre definizione di Lenin) ma come una espressione (certo deviata e riformista) del movimento operaio, in cui è indispensabile stare per alimentare una tendenza rivoluzionaria che solo all'interno potrà nascere per poi uscire e rendersi indipendente in fasi rivoluzionarie.
In questo modo, l'entrismo, che per Trotsky poteva essere solo un eccezionale e "corto episodio" di ingresso all'interno di organizzazioni non rivoluzionarie per raggrupparne l'ala sinistra sulla base di un programma rivoluzionario, e per poi rompere, costituendo organizzazioni indipendenti, provocando se possibile la distruzione politica dei partiti di cui si era stati frazione, diviene con Fm la via maestra: non eccezione ma norma.
 
La tendenza internazionale di Falcemartello (Imt)
La tendenza internazionale di Fm, la Imt, deriva da una scissione nei primi anni Novanta del cosiddetto Militant, corrente del Labour Party britannico. Militant si ruppe rispetto alla questione della caratterizzazione del Labour Party: un partito ormai definitivamente borghese a giudizio di una maggioranza dell'organizzazione, un partito socialdemocratico secondo la minoranza. La maggioranza diede vita al Cwi (Comitato per una Internazionale Operaia), guidata da Peter Taaffe, mentre la minoranza costituì l'Imt (guidata da Ted Grant e Alan Woods), di cui Fm è la sezione italiana, che continuò a praticare l'entrismo nel Labour britannico (così come in molte altre organizzazioni operaie-borghesi o ormai borghesi tout-court ma ritenute ancora riformiste: si pensi che considerano socialdemocratico persino il Labour Party sionista di Israele; così come per anni hanno considerato i Ds di D'Alema, già ormai forza liberale, un partito socialdemocratico). L'Imt ha proprie tendenze in Izquierda Unida in Spagna, nel Front de Gauche in Francia, ecc.
Alla fine del 2009 l'Imt ha iniziato a subire vari processi di rottura, perdendo la maggioranza delle sezioni di Spagna, Venezuela, Messico e Colombia (che hanno poi dato vita alla Corrente Marxista Rivoluzionaria). Poco dopo hanno scisso dall'Imt la maggioranza della sezione svedese, ampi settori di quella polacca e di quanto restava di quella britannica. Infine, nel 2011 ha rotto con l'Imt la sezione iraniana, in polemica con le posizioni di sostegno al regime di Assad da parte di Chavez, a sua volta punto di riferimento della Imt che del chavismo è sostenitrice acritica.
 
La revisione del nocciolo del marxismo: la cancellazione della teoria leninista dello Stato
Ma il vero fulcro, a nostro avviso, della deriva centrista di Fm (e della Imt) sta nella revisione profonda che ha fatto del concetto marxista dello Stato. E' a partire da questa revisione che Fm ha abbandonato il concetto cardine del marxismo della indipendenza di classe dai governi borghesi, riprendendo (inconsapevolmente) le vecchie teorie kautskiane sulla possibile "neutralità" di alcuni governi. Da qui deriva la posizione che, ad esempio, Fm ha sostenuto rispetto alla giunta borghese di De Magistris a Napoli, ritenuta a lungo oscillante tra gli interessi di classe contrapposti, e per questo in qualche modo "influenzabile".
Si tratta di una revisione di aspetti che costituiscono la quintessenza del marxismo: basti pensare che proprio per respingere posizioni simili Lenin ritenne necessario, nel corso del 1917, scrivere Stato e rivoluzione e "riarmare" il partito bolscevico con le famose Tesi di Aprile, battendo le posizioni di chi (anche nel partito bolscevico) pretendeva di offrire un sostegno ai governi borghesi nati nel corso della rivoluzione. E' interessante notare che applicando le posizioni di Fm i bolscevichi nel 1917 avrebbero dovuto sostenere il governo "delle sinistre" di Kerensky, invece di lavorare per rovesciarlo.
 
La ricerca di un sostegno teorico per praticare un entrismo strategico
Poche settimane fa, Fm ha organizzato a Bologna un seminario intitolato "Crisi, rivoluzione e controrivoluzione. Lezioni dagli anni Trenta".
Il tema sono state le posizioni sviluppate da Trotsky in quel periodo e la tattica che utilizzò per costruire partiti rivoluzionari.
Da quanto è possibile capire dai video finora pubblicati di questo seminario, il tentativo dei dirigenti di Fm è quello di convincere i militanti della propria organizzazione - ricorrendo all'autorità di Trotsky - che anche laddove la crisi di Rifondazione precipitasse, non è pensabile costruire una organizzazione indipendente ma si tratterebbe di trovare una nuova organizzazione riformista (magari il nuovo soggetto promosso dalla Sel di Fratoianni? o qualche ipotetico "partito del lavoro" che Fm spera Landini deciderà un giorno di varare?) in cui praticare l'entrismo, elevato da tattica contingente a metodo permanente e dunque a strategia.
Intanto dobbiamo sottolineare un fatto importante che, pur nelle differenze profonde, ci unisce ai compagni di Fm: il rispetto per la teoria. E' difficile incontrare oggi in Italia, con l'eccezione appunto del Pdac e di Fm, organizzazioni che ritengano utile studiare la storia del movimento rivoluzionario. Tanto più per questo è certamente positivo che Fm, di fronte alla necessità di compiere importanti scelte politiche, torni allo studio della teoria. Ma è proprio allorquando si attribuisce alla teoria marxista una grande importanza che non la si può stiracchiare a sostegno di posizioni che con quella teoria c'entrano poco o nulla.
E' infatti vero che Trotsky diede vita (con Cannon) a un proprio partito indipendente negli Usa (l'Swp) forgiandolo nel vivo degli scioperi e delle lotte degli anni Trenta. Ma non è per niente vero che Trotsky abbia mai pensato che il partito rivoluzionario indipendente potesse nascere solo sull'onda delle mobilitazioni. Tutta la storia del trotskismo è storia di costruzione contro-corrente, anche in fasi di profondo riflusso delle masse. La stessa Quarta Internazionale nasce nel 1938 allorquando mezza Europa stava sotto il tallone di ferro del fascismo e lo stalinismo imperava nel movimento operaio.
Altrettanto infondata è l'interpretazione che i dirigenti di Fm danno della linea, proposta in specifici casi da Trotsky, di costruire "partiti del lavoro". Trotsky riteneva che in casi particolari, nell'impossibilità di avviare nell'immediato la costruzione di partiti rivoluzionari, si potesse stare insieme a centristi e riformisti in "partiti del lavoro": ma non vedeva per niente simili partiti come una tappa obbligata e naturale sulla via della costruzione del partito rivoluzionario, bensì li indicava come un ostacolo da distruggere politicamente. Pensava che in determinate condizioni fosse utile entrarvi per usarli come un'arena in cui guadagnare settori attorno al programma rivoluzionario: prevedendo comunque dei tempi brevi entro cui o rompere quei partiti, reclutandone dei settori; o, nel caso improbabile si guadagnasse la maggioranza di quei partiti, espellerne i settori riformisti e centristi.
L'idea di Fm che l'organizzazione indipendente, il partito, possa nascere solo in fasi di ascesa, mentre nelle altre bisognerebbe perpetuare obbligatoriamente l'attività entrista nelle organizzazioni che Fm ritiene "naturali" del movimento operaio, è in totale contraddizione non solo con quanto hanno scritto Lenin e Trotsky ma con la stessa esperienza bolscevica. I bolscevichi, estrema minoranza all'inizio dell'anno 1917, il più piccolo tra i tre partiti della sinistra russa, poterono guadagnare la maggioranza del proletariato politicamente attivo in pochi mesi non solo perché disponevano della giusta teoria (la teoria della rivoluzione permanente); ma anche perché si erano costruiti come frazione indipendente (di fatto come partito) già dalla rottura con l'ala menscevica del Posdr nel 1903. Di più: tutta la concezione del "partito d'avanguardia" di Lenin cosa altro significa se non che un partito con influenza di massa può essere costruito solo edificandosi a partire da alcune centinaia di militanti che nel corso delle successive lotte guadagneranno settori più ampi?
L'importante esperienza degli anni Trenta, che i compagni di Fm giustamente studiano, indica esattamente il contrario di quanto vorrebbero affermare Bellotti e Giardiello. E' vero che Trotsky ritenne utile, in alcuni Paesi e in determinate circostanze, far entrare i piccoli gruppi rivoluzionari nelle ben più grandi organizzazioni riformiste: ma solo perché riteneva (e così in parte fu, almeno negli Usa) che fosse possibile, attraverso una rapida manovra entrista, guadagnare le ali sinistre che si stavano sviluppando in quei partiti, distruggendoli per poi ricostruire partiti rivoluzionari e proseguire la costruzione anche in situazioni non rivoluzionarie.
Per Trotsky l'entrismo è sempre stato solo una tattica: cioè una politica che si applica in determinate circostanze. Pensare - come fanno i dirigenti di Fm - che organizzazioni rivoluzionarie possano costruirsi solo rimanendo per decenni in organizzazioni riformiste non ha nulla a che fare con gli insegnamenti dell'azione dei trotskisti negli anni Trenta.
Lo stesso Swp statunitense non sarebbe stato costruito nel 1938 se si fosse applicato l'entrismo come modalità permanente: Cannon e i suoi avrebbero dovuto cercare di rientrare nel ben più grande Pc staliniano. E lo stesso dicasi per la Quarta Internazionale: perché "fondarla" nel 1938 quando certo costituiva piccola cosa di fronte alla gigantesca Terza Internazionale stalinizzata? E lo stesso può dirsi per i piccoli partiti che componevano la Quarta Internazionale. Trotsky rispose in modo netto in innumerevoli testi (tutti testi scritti proprio in quegli anni Trenta che i dirigenti di Fm stanno studiando) a quei centristi che dicevano che non era il momento di "proclamare" né l'Internazionale né nuovi partiti, confutò con dovizia di argomenti coloro che sostenevano che fosse necessario aspettare di avere grandi numeri e situazioni rivoluzionarie per iniziare la costruzione indipendente del partito e dell'Internazionale.
 
La probabile legittima perplessità dei militanti di Falcemartello
Non ci è dato conoscere il dibattito interno a Fm. Ma appare verosimile che il tentativo dei dirigenti di quell'organizzazione sia quello di convincere i militanti che bisogna aspettare, attendere, rinviare. Che non si può costruire ora un partito rivoluzionario; che nel caso muoia il Prc si tratterà di iniziare a fare entrismo in qualche nuova organizzazione; che il partito rivoluzionario potrà iniziare a costruirsi solo con l'ascesa rivoluzionaria e passando attraverso il precedente entrismo decennale nel riformismo. Ai militanti di Fm stanchi di entrismo, viene proposto come consolazione un proclamato cambio di attività di Fm: non più semplice tendenza del Prc ma ora "movimento politico". Chissà se queste parole potranno soddisfare qualcuno. Ne dubitiamo.
E' a compagni di Fm evidentemente poco convinti di questa prospettiva di altri decenni di entrismo, supponiamo, che sono indirizzati i seminari sugli anni Trenta in cui si pretende di trovare in Trotsky conferme teoriche a una linea che Trotsky non avrebbe mai sostenuto. Allo stesso scopo si scrivono articoli, come uno apparso di recente, in cui si polemizza con il Pdac perché avrebbe la pretesa di costruire una organizzazione indipendente, di iniziare la costruzione del partito fuori dalle organizzazioni riformiste, in assenza di un'ascesa rivoluzionaria. Scrivono i dirigenti di FM: "La differenza di metodo tra la proposta politica che avanziamo e quella del Pcl, del Pdac o di altri gruppi dell’estrema sinistra è ben spiegata in queste osservazioni [si tratta di scritti di Trotsky nel dibattito con l'Swp americano rispetto al tema del partito del lavoro, ndr], dove Trotsky, con una brillante applicazione del metodo dialettico, invitava i compagni dell’epoca a non cadere nel formalismo e a non confondere il livello di comprensione delle masse con quello degli attivisti coscienti." (2)
In realtà è proprio perché Trotsky e Lenin distinguevano tra attivisti coscienti e masse che sostenevano la costruzione del partito a partire dall'organizzazione del "cerchio più stretto", a partire appunto da quella che Trotsky definiva "l'avangurdia dell'avanguardia" e che, in fasi ordinarie, normalmente si riduce a numeri relativamente piccoli, non di massa.
In ogni caso abbiamo l'impressione che questa ricerca di argomenti teorici contro la costruzione oggi del partito d'avanguardia non sia indirizzata a polemizzare con noi quanto piuttosto a convincere militanti di Fm che, dopo vent'anni di entrismo nel Prc, con esiti non certo esaltanti, si chiedono se non sia arrivato finalmente il momento di costruire il partito rivoluzionario.
Tanto più in una situazione mondiale caratterizzata dall'ascesa delle lotte e dall'esplodere simultaneo di rivoluzioni in mezzo mondo: dall'Egitto alla Siria, dal Brasile, alla Grecia, ecc.
Anche laddove fosse vero (e, come abbiamo cercato di dimostrare, non lo è) l'argomento per cui il partito indipendente si può costruire solo nelle fasi rivoluzionarie, oggi è difficile dire che la situazione mondiale non sia rivoluzionaria. Il fatto che in Italia ancora ci troviamo in una fase non-rivoluzionaria è una anomalia che non può durare. L'Italia non è isolata nel mondo ed è prevedibile che la capacità delle burocrazie (sindacali e politiche) di soffocare la risposta operaia non durerà ancora a lungo.
In ogni caso, il compito dei rivoluzionari non è quello di aspettare gli eventi, ma di contribuire, nella misura delle loro forze, a determinarli. In assenza di un partito rivoluzionario con influenza di massa (che oggi non c'è: certo non pensiamo di esserlo noi del Pdac; lasciamo ad altri, privi del senso del ridicolo, autodefinirsi tali) sarà molto difficile infrangere la cappa imposta dalle burocrazie e persino laddove ciò diventasse possibile, per la pressione della lotta di classe, l'assenza di un partito impedirebbe comunque uno sviluppo rivoluzionario conseguente. Basti guardare a quanto succede in Grecia, dove da qualche anno certo non mancano le lotte di massa mentre quello che manca per condurre queste lotte alla vittoria è proprio il partito rivoluzionario.
In altre parole, non è vero, a differenza di quanto scrive Fm, che "il partito di classe può formarsi solo nel calore delle mobilitazioni" (2). E' vero che solo nel calore delle mobilitazioni può crescere: ma le basi formative vanno gettate ben prima, viceversa si rischia di arrivare agli appuntamenti storici impreparati, così come è successo purtroppo innumerevoli volte nella storia. Non è forse questo il principale insegnamento della sconfitta della rivoluzione tedesca, dovuta anche al ritardo con cui Rosa Luxemburg si staccò dal centrismo, costituendo il proprio partito indipendente solo nel dicembre del 1918, a rivoluzione già iniziata? E, al contrario, non ci hanno forse insegnato con tutta la loro attività Lenin e Trotsky che il partito bisogna iniziare a costruirlo in forma indipendente anche a partire da poche decine o centinaia di quadri ben prima che arrivi la situazione rivoluzionaria?
Sono temi su cui invitiamo i compagni di Falcemartello a riflettere. Per parte nostra, come Pdac e come Lit-Quarta Internazionale, siamo sempre disponibili al confronto laddove si discuta di come costruire quel partito rivoluzionario (nazionale e internazionale) che ancora manca. Ma, insistiamo, quel partito dobbiamo iniziare a costruirlo oggi, sulla base di un coerente programma marxista. Non nascerà da solo dagli eventi futuri: è un compito che si devono porre oggi tutti i rivoluzionari.
 
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Post Scriptum
Avevamo già chiuso questo articolo (per la sua pubblicazione sul prossimo numero del nostro periodico, Progetto Comunista) quando sul sito di Falcemartello è stato pubblicato l'articolo di Claudio Bellotti: "Sinistra. C'è il quorum, manca tutto il resto" (30/05/14).
L'analisi che Bellotti fa degli effetti delle elezioni europee sulla sinistra è del tutto simile alla nostra. Prospetta uno scenario di scomposizione e ricomposizione della sinistra riformista, preludio alla nascita di un nuovo partito egemonizzato dall'attuale ala maggioritaria di Sel (Fratoianni) che finirà con l'assorbire quanto resta di Rifondazione.
Secondo Bellotti si tratterà di un partito che (così come la lista Tsipras) sarà imbevuto di illusioni su impossibili riforme dell'Europa imperialista, basato su politiche keynesiane, su posizioni interclassiste, su obiettivi meramente elettoralistici.
Quest'analisi non fa una grinza e la sottoscriviamo pienamente. Quello che non possiamo sottoscrivere sono invece le conclusioni di Bellotti che confermano pienamente quanto abbiamo scritto in questo articolo.
"(...) continueremo anche in questo ambito la nostra battaglia politica e programmatica" scrive Bellotti. Laddove per "questo ambito" si intende la nuova costituente riformista che sta promuovendo Fratoianni e che assorbirà Rifondazione. Secondo il dirigente di Fm, infatti, non si dà altra possibilità almeno fino a quando "milioni di lavoratori e di giovani (...) saranno costretti a cessare la delega e a scendere in campo".
Ancora una volta si confonde il momento del salto di qualità di un partito rivoluzionario che chiaramente non può avvenire a freddo, in assenza di lotte di massa con il momento di gettare le fondamenta di quel partito momento che deve invece necessariamente avvenire prima dell'ascesa della lotta di classe (di cui il partito stesso, crescendo, sarà in parte agente) e a partire dalle poche centinaia di quadri oggi disponibili. E' questo tutto l'insegnamento teorico e pratico che ci hanno lasciato Lenin e Trotsky. E' quanto ha confermato clamorosamente tutta la storia dell'ultimo secolo: un partito non si improvvisa alla vigilia della rivoluzione. Bisogna iniziare a costruirlo molto prima. Ma per farlo è necessario demarcarsi programmaticamente e organizzativamente dal riformismo e dal centrismo: ed è quanto Bellotti e il gruppo dirigente di Falcemartello non sono disponibili a fare.
 

Note
(1) Si veda "Il partito che non c'è", editoriale del numero di maggio di Falcemartello
(2) v. "La svolta necessaria. Sinistra, Classe, Rivoluzione verso il movimento politico" (22 aprile 2014) sul sito di Falcemartello.
 

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