domenica 8 giugno 2014

L’ultima partita di Carlos Marighella. Tra lotte, pallottole, pallone e sorrisi

Solange Cavalcante. Fonte Alias del 70 giugno 2014



Questa è la storia di un ragazzo brasiliano combattente, un eroe meticcio, erede della fierezza di un immigrato anarchico italiano e della madre guerrigliera africana. La sua vita si spezzò nel ’69, in un agguato organizzato dalla polizia politica, proprio il giorno in cui avrebbe assistito ala trionfo del suo Corinthians.

Sono diventate famose le immagini del ragazzo brasiliano che balla davanti ai poliziotti, durante gli scontri  della cosiddetta  “revolta  do vinagre”  (la rivolta dell’aceto, che allieva i gas lacrimogeni), scoppiata nel 2013 per ottenere migliori condizioni di vita. Il nemico, armato e furibondo sparò e per poco il ragazzo non ci rimase secco. Non si sa perché danzasse  quel ragazzo . Non è sempre facile capire il comportamento del popolo brasiliano , che ride gioca anche quando ha paura. E ogni tanto ci sorprende con attitudini ancora più strane . In questi giorni che precedono l’attesissimo Mondiale di calcio, per esempio, la gente scende in piazza gridando a squarciagola : “Nao vai ter Copa!” (questa Coppa non s’ha da fare). Boicottano l’evento. Proprio loro, quelli che il calcio…. Da Casa e Catapecchie  di Gilberto Freyre ai Tristi tropici  di Levi-Strauss ci hanno provato in tanti e ci provano ancora a spiegare l’essenza brasiliana. Ma mettiamo il caso che quell’atteggiamento giocoso davanti al tragico possa essere spiegato a partire dalla storia di uno di loro, nato avventurosamente nel 1911 da una famiglia povera di Salvador di Bahia. Uno il cui padre era un immigrato emiliano, operaio e anarchico, e la mamma un fiera discendenti degli africani Houssà- tra coloro che dettero fuoco a Salvador nel 1853, per farla finita con la schiavitù. Si chiamava Carlos , il piccolo e pur di tenerlo buono, affinchè non scappasse a giocare a pallone, la mamma una volta dovette legare la gambetta scalciante  del ragazzino  alla gamba del tavolo. “Non farlo mai più, dona Rita”, qualcuno la rimproverò. “Se lo tiene legato, lui non sarà mai libero, per il resto della vita”.Alla mamma prese un colpo e lo slegò subito. Meglio il pallone, piuttosto che non esser libero. No. Carlos doveva studiare, diventare un dottore ed esser felice. Sembrava proprio nato per esserlo. Andava al mare, ballava a carnevale vestito da donna, scriveva poesie e giocava a calcio, innamorato pazzo della squadra del Corinthians, fondata da operai anarchici nella lontana San Paolo del Brasile . E più studiava, più andava al mare, più giocava a calcio, più Carlos diventava bello e ammirevole. Ma era anche diventato comunista. E questo certa gente non riusciva a capirlo. Carlos incominciò da leader studentesco: e fu messo in galera . Se ne fece così tanti di anni che finì col perdersi la gioventù –ma la sua storia era la stessa di tanti ragazzi neri in Basile. Poi, da quadro dell’allora  clandestino
Partito comunista , tornò  dentro un’altra volta , e subì una buona dose di tortura.  In carcere Carlos non si annoiava: insegnava inglese, giocava a calcio e… sorrideva. Finalmente fuori, nel 1964 fu eletto deputato per il Pc – non più clandestino – insieme al compagno  Jorge Amado, che  di Carlos scrisse: “ Denbtro di lui, la tenerezza e l’ira”. Ma l’ira se c’era, era solo quella di voler sconfiggere il capitalismo, tutto qua. Un giorno Carlos, negro cristiano e comunista, conobbe un’ebrea, bianca, di nome Clara. Appunto. Ma nel 1948 il Pc fu messo di nuovo al bando, e i promessi sposi dovettero rimanere promessi, poiché da latitanti, non sarebbe stato mai concesso loro di presentarsi in comune per sposarsi.  Dicono che Carlos pianse una sola volta nella vita, e fu quando Nikita Krushev denunciò i crimini di Stalin, era il 1956. Ma no, niente disperazione. Juscelino Kubitschek era diventato presidente del Brasile , e chissà, magari JK avrebbe fatto uscire il Pc  dalla clandestinità. Si ?No.  Poi arrivò Janio Quadros, e la sua rinuncia. E poi Joao Goulart e la crisi per il suo insediamento. Che emozione.  Si parlava si respirava un grande cambiamento sociale, nonostante la rabbia dei militari covasse sotto la cenere. Enorme era  la confusione sotto il cielo, e quindi… Niente. Non si fece in tempo ad organizzarsi . Il 31 marco del ’64 il golpe. Carlos e Clara erano diventati i primi nella lista dei ricercati dal regime militare. Latitanti e clandestini ricominciava tutto di nuovo. Ma ora nella lotta armata. Ogni tanto Carlos riappariva da qualche parente , di nascosto, tornato da un’azione di guerriglia. C’era stato il sequestro  dell’ambasciatore statunitense , qualche espropriazione nelle banche… Erano tempi duri: uccidere o morire. Nascosto a San Paolo con Clara, nonostante tutto, Caros continuava a sorridere a scrivere poesie. Quando poteva, giocava a pallone, facendo innamorare tutti, con la sua bella figura del colore marron-dorato. La sera del 4 novembre 1969, quella in cui finisce la storia, Carlos aveva pensato di andare  vedere il derby Corinthians vs Santos, allo stadio Pacaembu.Il Corinthians  non vinceva mai contro Pelè  e lui soffriva … Doveva anche incontrarsi in gran segreto con due frati domenicani, impegnati come lui nella lotta contro il regime . Carlos Marighella, il guerrigliero Marighella,  l’eroe meticcio, erede della fierezza di un immigrato anarchico italiano e della madre guerriera africana, fu crivellato di colpi dalla polizia politica che gli  aveva teso un’imboscata, proprio mentre la sua squadra, finalmente, vinceva per 4 a 1.  Quanto gli sarebbe piaciuto potersi godere quel risultato. Che peccato, Marighella , perdere così quella partita. E allora. Questi ragazzi che scendono in piazza in Brasile, alla vigilia  del Mundial?  Sembra strano che se la giochino perché non ci si la Coppa. Gridano che non ci sarà nessuna Coppa finchè non ci saranno diritti uguali per tutti. E mentre lottano, sorridono e ballano. Danzano davanti ai poliziotti armati. Son proprio strani questi brasiliani.



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