Anche il governo Renzi, proseguendo l’iter già
avviato quando alla presidenza del consiglio sedeva Letta, sta a approntando un
decreto legge per assicurare impunità e anonimato a coloro i quali volessero, bontà loro, far rientrare in Patria
i capitali illegalmente allocati nei paradisi
fiscali. Si dice che quei soldi, di dubbia provenienza, visto l’anonimato
garantito a chi decide di farli rientrare, dovranno servire ad investire in
attività produttive. E’ questa l’ennesima
dimostrazione che Renzi può cambiare verso solo
se non disturba il manovratore, né più e né meno come i suoi
predecessori. Infatti per quanto concerne le questioni che interessano gli affari sporchi dell’intreccio
capitalistico-finanziario-criminale, nulla deve cambiare, e anzi si devono
implementare tutte quelle azioni finalizzate ad evitare che la collettività
ficchi troppo il naso nel torbido intreccio fra finanza e politica. L’azione a
tenaglia predisposta dal nuovo esecutivo
con la riforma del Senato e la nuova legge elettorale ne è fulgido
esempio. Per spiegare meglio questi concetti ci avvaliamo
di nuovo delle parole del Subcomandante Marcos.
Buona lettura.
-------------------------------------------------------------
"Secondo
l'Onu il reddito mondiale annuale delle organizzazioni criminali transnazionali
[Oct] si aggira
attorno al milione di milioni di dollari, un ammontare equivalente al Pil di
tutti i paesi a reddito
debole [secondo la classificazione della Banca mondiale] e dei loro tre
miliardi di abitanti.
Questa stima
tiene conto tanto del traffico di droghe, che delle vendite di armi, del
contrabbando di materiale
nucleare, ecc., oltre che i guadagni delle "imprese" controllate
dalle mafie [prostituzione, gioco,
mercato nero del denaro...]. In cambio, non diminuisce il volume degli
investimenti continuamente fatti dalle organizzazioni criminali nella sfera del
controllo degli affari legittimi, né tanto meno il dominio che esse esercitano
sui mezzi di produzione in numerosi settori dell'economia legale" [Michel
Chossudovsky, "La corruption mondialisée",in "Géopolitique du
Chaos"]. Le
organizzazioni criminali dei cinque continenti hanno fatto loro lo
"spirito di cooperazione mondiale" e, associate, partecipano alla
conquista e al riordino dei nuovi mercati. Non solo in attività criminali,
bensì anche negli affari legali. Il crimine organizzato investe in affari
legittimi non solo per "riciclare" il denaro sporco, ma anche per
costruire nuovi capitali per le sue attività illegali. Le imprese preferite per
questo scopo sono quelle immobiliari di lusso, l'industria dell'ozio, i mezzi
di comunicazione, l'industria, l'agricoltura, i servizi pubblici e... la banca!
Alì Babà e i quaranta banchieri? No, qualcosa di peggio. Il denaro sporco del
crimine organizzato è utilizzato dalle banche commerciali per le loro attività:
prestiti, investimenti nei mercati finanziari, acquisto di titoli del debito
estero, compravendita di oro e valuta. "In molti paesi, le organizzazioni
criminali si sono convertite in creditori dello Stato ed esercitano, agendo nei
mercati, un'influenza sulla politica macro-economica dei governi. Nelle borse
dei valori, esse investono anche nei mercati speculativi di prodotti derivati e
di materie prime" [M. Chossudovsky, op. cit.]. E, secondo un rapporto
delle Nazioni unite, "lo sviluppo dei sindacati del crimine è stato
facilitato dai programmi di aggiustamento strutturale che i paesi indebitati
hanno dovuto accettare per avere accesso ai prestiti del Fondo monetario internazionale"
["La globalizzazione del crimine", Nazioni unite].
Il crimine
organizzato conta anche sui cosiddetti paradisi fiscali. In tutto il mondo ci
sono, più o meno, 55 paradisi fiscali [uno di essi, nelle Isole Cayman, è al
quinto posto nel mondo come centro bancario e ha più banche e società
registrate che abitanti]. Le Bahamas, le Isole Vergini britanniche, le Bermude,
San Martín, Vanuatu, le Isole Cook, le isole Mauritius, il Lussemburgo, la
Svizzera, le Isole anglo-normanne, Dublino, Montecarlo, Gibilterra, Malta, sono
buoni posti perché il crimine organizzato entri in rapporto con le grandi
imprese finanziarie del mondo. Oltre a "riciclare" il denaro sporco,
i paradisi fiscali sono usati per evadere le tasse, ed è per questo che sono un
punto di contatto tra governanti, manager e capi del crimine organizzato. L'alta
tecnologia, applicata alla finanza, permette la circolazione rapida del denaro
e la sparizione dei guadagni illegali. "Gli affari legali e illegali sono
sempre più mescolati, introducono un cambiamento fondamentale nelle strutture
del capitalismo del dopoguerra. Le mafie investono in affari legali e,
all'inverso, incanalano risorse finanziarie verso l'economia criminale, grazie
al controllo di banche o imprese commerciali implicate con il riciclaggio del
denaro sporco o che hanno relazioni con le organizzazioni criminali. Le banche
pretendono che le transazioni sono effettuate in buona fede e che i loro
dirigenti ignorano l'origine dei fondi depositati. La consegna è non chiedere
nulla, è il segreto bancario e l'anonimato nelle transazioni, tutto è garantito
dagli interessi del crimine organizzato, che proteggono l'istituzione
bancaria dalle investigazioni pubbliche e dalle incriminazioni. Non solamente
le grandibanche
accettano di riciclare denaro, puntando alle abbondanti commissioni, ma
concedono ancheprestiti a
tassi elevati alle mafie, sottraendoli agli investimenti produttivi industriali
o agricoli" [M.Chossudovsky,
op. cit.]. La crisi del debito mondiale, negli anni ottanta, provocò il crollo
dei prezzi delle materie prime. Questo ridusse drasticamente il reddito dei
paesi sottosviluppati. Le misure economiche dettate dalla Banca mondiale e dal Fondo
monetario internazionale, presumibilmente per "recuperare" l'economia
di questi paesi, ha solo reso più acuta la crisi degli affari locali. Di
conseguenza, l'economia illegale si è sviluppata per riempire il vuoto creato
dalla caduta dei mercati nazionali.
Subcomandante Marcos
Nessun commento:
Posta un commento