martedì 12 agosto 2014

Elementi di archeologia visionaria.

Luciano Granieri



























Una visita fra l’archeologico, lo storico, l’urbanistico e il fantasioso quella che è stata organizzata sabato scorso, 9 agosto, dalle ricercatrici  Natascia  Zangrilli, Flavia Strano, Brunilse Mazzoleni,  impagabili vestali  del museo  archeologico di Frosinone. L’accostamento fra  il rigore della storia,  dell’archeologia, con la fantasia è quantomeno azzardato ma doveroso . Infatti  il volenteroso visitatore del  tour, doveva possedere notevoli doti immaginifiche. E’ irreale, ma di tutto quell’enorme patrimonio costituito da reperti archeologici che vanno dall’VIII secolo avanti Cristo, fino all’epoca repubblicana romana è rimasto poco o nulla. 

Delle terme romane, risalenti all’età imperiale,  ai posteri frusinati giunge il parcheggio, di una banca, una palazzaccio costruito negli anni ’60,   reso  ancora più orrendo da una recente  ristrutturazione, una zona incolta vicino alla Villa Comunale di Frosinone.  Ecco perché le sale , le strutture  dell’impianto,  le canalizzazioni che portavano l’acqua calda presso gli ambienti termali, sono rilevabili semplicemente da una piantina cartacea ricavata con pazienza da valenti studiosi,  e dalle doti di immaginazione del visitatore. 

Degli insediamenti  arcaici, protostorici ,  risalenti al III, IV secolo avanti Cristo, rimane un ex parcheggio, oggetto di un blitz urbanistico da parte della solita casta muratoriale frusinate,  allo scopo di costruire una lottizzazione di 35.000 metri cubi di cemento.  Blitz per ora fallito grazie all’intervento di poche associazioni e cittadini indignati. Anche  in questo caso  dalle buche che contenevano i pali portanti delle capanne protostoriche,  ancora in parte visibili, grazie ad uno sforzo di immaginazione, è possibile avere un quadro delle grandi civiltà del passato che sono cresciute nella nostra città. 

In realtà, al di là delle tracce dei manufatti  abitativi, nel corso degli scavi sono emersi anche altri reperti: olle e utensili di  epoca arcaica e protostorica venuti alla luce  in prossimità degli insediamenti rustici e di una piccola necropoli volsca,  monete risalenti all’epoca imperiale, ma anche repubblicana romana.  Logica vorrebbe che questi reperti, studiati e catalogati,  facessero bella mostra di se presso il museo archeologico di Frosinone. Ma come detto i cittadini del Capoluogo devono esercitare la fantasia.  La logica non fa parte di questa città. Per cui questo patrimonio risiede, o dovrebbe risiedere,  presso la sovrintendenza  ai beni archeologici  di  Roma, in attesa di essere analizzato. 

Praticamente, secondo l’opinione dei più, tutto questo beni di Dio è  interrato  negli scantinati dei palazzi dell’ ente.  Nonostante sia stata fatta richiesta, affinchè tali  tesori potessero tornare ai legittimi proprietari, cioè i cittadini di Frosinone,  nulla è ancora accaduto. L’obiezione principale riguarda il museo archeologico di Frosinone, luogo deputato all’esposizione dei reperti,  ritenuto troppo angusto , con   spazi espositivi insufficienti.  Inopinatamente , vedi la combinazione,  le istituzioni  cittadine ritengono ingiustificato un ampliamento della struttura, per mancanza di materiale da esporre. Siamo alla schizofrenia pura:  Non arriva il materiale archeologico perché non c’è spazio,  e non si recupera   spazio perché non c'è il materiale archeologico. In realtà, come da proposta  avanzata da  associazioni e studiosi, la possibilità di ampliare le strutture museali esiste. Basterebbe acquisire, quasi a costo zero,  parte di uno stabile vicino all’attuale sede.  Un suggerimento  per  ora ignorato. 

Mancano i fondi?  Sicuramente in regime di  riequilibrio finanziario  le risorse sono asfittiche. Sembra  però  che i soldi per lo stadio siano venuti fuori.  Vuoi mettere la valenza in termini elettorali di uno stadio di calcio rispetto all’espansione del museo? Inoltre, ma questo è un mio sospetto, rendendo agibile  il museo all’esposizione dei reperti rinvenuti nel sottosuolo della nostra città,  si sconfesserebbero tutte le truppe cammellate, gli sponsor politci, dei grandi costruttori frusinati i quali, per evitare che la “storia della civiltà" disturbi il manovratore  della speculazione immobiliare,  continuano a sminuire la portata dei ritrovamenti sostenendo che fino ad ora sono emersi solo cocci.  

E se ci si rendesse conto, entrando nel museo con tutti i ritrovamenti esposti , che i supposti cocci, non sono così farlocchi, ma anzi  esistono perfino oggetti funerari preziosi , ritrovati in scavi del 2005 coperti da una nuova orrenda struttura che circonda il distributore di benzina a Piazzale De Matthaeis?   Non sarebbero più giustificabili ulteriori sfregi urbanistici su aeree di interesse archeologico sostenendo l’irrilevanza del materiale presente nel sottosuolo . E  allora per non svegliare la  coscienza civile, dormiente nella nostra città,  è bene che i reperti restino a Roma. A dir la verità, non tutto resta a Roma.  Lo scambio non è univoco. Noi mandiamo tesori archeologici e fondi della nostra Asl per risanare la sanità della Capitale, da Roma veniamo ricambiati con la monnezza.  Uno scambio alla pari.








Nessun commento:

Posta un commento