Una visita fra l’archeologico, lo storico, l’urbanistico e
il fantasioso quella che è stata organizzata sabato scorso, 9 agosto, dalle ricercatrici Natascia Zangrilli, Flavia Strano,
Brunilse Mazzoleni, impagabili vestali del museo archeologico di Frosinone. L’accostamento
fra il rigore della storia, dell’archeologia, con la fantasia è quantomeno
azzardato ma doveroso . Infatti il
volenteroso visitatore del tour, doveva
possedere notevoli doti immaginifiche. E’ irreale, ma di tutto quell’enorme
patrimonio costituito da reperti archeologici che vanno dall’VIII secolo avanti
Cristo, fino all’epoca repubblicana romana è rimasto poco o nulla.
Delle terme
romane, risalenti all’età imperiale, ai
posteri frusinati giunge il parcheggio, di una banca, una palazzaccio costruito
negli anni ’60, reso ancora più orrendo da una recente ristrutturazione, una zona incolta vicino alla
Villa Comunale di Frosinone. Ecco perché
le sale , le strutture dell’impianto, le canalizzazioni che portavano l’acqua calda
presso gli ambienti termali, sono rilevabili semplicemente da una piantina
cartacea ricavata con pazienza da valenti studiosi, e dalle doti di immaginazione del visitatore.
Degli insediamenti arcaici, protostorici , risalenti al III, IV secolo avanti
Cristo, rimane un ex parcheggio, oggetto di un blitz urbanistico da parte della
solita casta muratoriale frusinate, allo
scopo di costruire una lottizzazione di 35.000 metri cubi di cemento. Blitz per ora fallito grazie all’intervento
di poche associazioni e cittadini indignati. Anche in questo caso
dalle buche che contenevano i pali portanti delle capanne protostoriche,
ancora in parte visibili, grazie ad uno
sforzo di immaginazione, è possibile avere un quadro delle grandi civiltà del
passato che sono cresciute nella nostra città.
In realtà, al di là delle tracce
dei manufatti abitativi, nel corso degli
scavi sono emersi anche altri reperti: olle e utensili di epoca arcaica e protostorica venuti alla
luce in prossimità degli insediamenti
rustici e di una piccola necropoli volsca, monete risalenti all’epoca imperiale, ma anche
repubblicana romana. Logica vorrebbe che
questi reperti, studiati e catalogati, facessero bella mostra di se presso il museo
archeologico di Frosinone. Ma come detto i cittadini del Capoluogo devono
esercitare la fantasia. La logica non fa
parte di questa città. Per cui questo patrimonio risiede, o dovrebbe risiedere, presso la sovrintendenza ai beni archeologici di Roma, in attesa di essere analizzato.
Praticamente, secondo l’opinione dei più, tutto questo beni di Dio è interrato negli scantinati dei palazzi dell’
ente. Nonostante sia stata fatta
richiesta, affinchè tali tesori potessero
tornare ai legittimi proprietari, cioè i cittadini di Frosinone, nulla è ancora accaduto. L’obiezione
principale riguarda il museo archeologico di Frosinone, luogo deputato
all’esposizione dei reperti, ritenuto
troppo angusto , con spazi espositivi insufficienti. Inopinatamente , vedi la combinazione, le istituzioni cittadine ritengono ingiustificato un
ampliamento della struttura, per mancanza di materiale da esporre. Siamo alla
schizofrenia pura: Non arriva il
materiale archeologico perché non c’è spazio, e non si recupera spazio perché
non c'è il materiale archeologico. In
realtà, come da proposta avanzata da associazioni e studiosi, la
possibilità di ampliare le strutture museali esiste. Basterebbe acquisire, quasi
a costo zero, parte di uno stabile
vicino all’attuale sede. Un
suggerimento per ora ignorato.
Mancano i fondi? Sicuramente in regime di riequilibrio finanziario le risorse sono
asfittiche. Sembra però che i soldi per lo stadio siano venuti fuori. Vuoi mettere la valenza in termini elettorali
di uno stadio di calcio rispetto all’espansione del museo? Inoltre, ma questo è
un mio sospetto, rendendo agibile il
museo all’esposizione dei reperti rinvenuti nel sottosuolo della nostra città, si sconfesserebbero tutte le truppe cammellate,
gli sponsor politci, dei grandi costruttori frusinati i quali, per evitare che
la “storia della civiltà" disturbi il manovratore della speculazione immobiliare, continuano a sminuire la portata dei
ritrovamenti sostenendo che fino ad ora sono emersi solo cocci.
E se ci si rendesse conto, entrando nel museo
con tutti i ritrovamenti esposti , che i supposti cocci, non sono così
farlocchi, ma anzi esistono perfino oggetti
funerari preziosi , ritrovati in scavi del 2005 coperti da una nuova orrenda
struttura che circonda il distributore di benzina a Piazzale De Matthaeis? Non sarebbero più giustificabili ulteriori sfregi urbanistici su aeree di interesse archeologico sostenendo l’irrilevanza
del materiale presente nel sottosuolo . E
allora per non svegliare la coscienza civile, dormiente nella nostra città, è bene che i reperti restino a Roma. A dir la verità, non
tutto resta a Roma. Lo scambio non è
univoco. Noi mandiamo tesori archeologici e fondi della nostra Asl per risanare
la sanità della Capitale, da Roma veniamo ricambiati con la monnezza. Uno scambio alla pari.
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