"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Sull’Ospedale F. Spaziani di Frosinone, già attraversato da una profonda crisi, sta per abbattersi un ciclone senza precedenti. Infatti l’ U.O.C. di ematologia rischia a breve la chiusura.
In questa unità vengono ricoverati annualmente circa 300 pazienti colpiti da patologie gravi del sangue come ad esempio la leucemia.
I pochi medici di cui dispone questa Unità debbono occuparsi di Day Hospital, in cui transitano 400 pazienti al mese, e dedicarsi alle visite ambulatoriali quotidiane che, mensilmente, interessano circa 700 persone.
Questa Unità è andata avanti fino ad oggi con le prestazioni aggiuntive (lavoro notturno e festivo) fornite da medici del centro trasfusionale e da qualche medico della U.O.C. di medicina; medici che da dicembre 2011 non ricevono alcun compenso per queste loro prestazioni.
La mancata retribuzione delle prestazioni aggiuntive e degli straordinari mette in agitazione i medici interessati che minacciano di non garantire più il servizio.
La Consulta delle Associazioni della città di Frosinone e l’A.I.P.A. (Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati e Cardiopatici) sono fortemente preoccupate per questa situazione che peggiorerebbe la qualità e l’efficienza dei servizi forniti dall’Ospedale F. Spaziani, costringendo migliaia di cittadini pazienti e i loro familiari a subire i disagi per dover trovare assistenza in strutture sanitarie lontane.
La situazione potrebbe essere normalizzata con l’assunzione di 4 medici il cui costo sarebbe irrisorio rispetto allo sperpero di denaro pubblico, della Regione Lazio, a cui stiamo assistendo in questi giorni.
L’A.I.P.A. e la Consulta delle Associazioni chiedono urgentemente un incontro con il Prefetto, con il Presidente della Provincia, con il Sindaco della città di Frosinone e con il direttore generale della A.S.L. per concordare gli interventi da attuare per ripristinare la funzionalità e l’efficienza di un reparto così importante.
Era ora! il Collettivo
Ciociaro Anticapitalista si schioda dalle tastiere dei computer e scende in
piazza. Domani sabato 29 settembre, dalle ore 17,00, ci troverete in via Aldo Moro con un banchetto
dai cui potrete ritirare il volantino
per la manifestazione di sabato prossimo 6 ottobre a Colleferro. La manifestazione di sabato prossimo, in
difesa della Valle del Sacco, è stata
organizzata dalle associazioni del coordinamento della Valle del Sacco fra cui la
Rete per la Tutela della Valle del Sacco (ReTuVaSa) , movimento con il quale
abbiamo stretto un rapporto di collaborazione .
Riteniamo infatti che le prime vittime
della cloaca capitalista siano proprio le risorse naturali, le quali, proprio perché naturali spettano a tutti noi dal momento che veniamo alla luce, e non possono essere oggetto di
mercimonio. La Valle del Sacco è uno
degli esempi più gravi di come lo sfruttamento implacabile del territorio e la voracità speculativa possano aver ridotto
un ambiente rigoglioso in una Valle inquinata dove l’incidenza delle malattie per contaminazione da Beta HCH
è elevatissima, dove le mamme non possono allattare i figli senza
contaminarli, dove insomma il diritto
alla salute è stato svenduto in nome del profitto di alcune grandi multi nazionali. Domani saremo in
via Aldo Moro non solo per distribuire volantini, ma anche per parlare con la
gente, capire che percezione ha della crisi, sapere se ha una vaga idea di cosa sia il Fiscal Compact,
o la spending review. Insomma domani pomeriggio v i aspettiamo, ci farà piacere
dialogare, porre e ricevere domane .Poi se qualcuno volesse dare una mano sarà
bene accetto.
Di seguito il volantino che distribuiremo domani.
IL 6 OTTOBRE IN PIAZZA PER LA VALLE DEL SACCO
PER NON DIMENTICARE, PER LA
DIGNITA’, PER UN FUTURO MIGLIORE
Per non
dimenticare i quattro inceneritori.
Per non
dimenticare la discarica di Colle Fagiolara.
Per non
dimenticare i fusti tossici interrati.
Per non
dimenticare i capi di bestiame abbattuti, le fattorie distrutte e gli
agricoltori rovinati.
per non dimenticare che l’aria, l’acqua e
la terra sono stati compromessi.
Per La dignità di un territorio
seviziato, stuprato ed abbandonato a sé stesso.
Per La dignità di quel 55% di
contaminati a vita da Beta-HCH, su un campione di 256 persone.
Per La dignità dei malati dei tumore,
di leucemia, di chi lotta per la vita e di chi invece la battaglia per la vita
l'ha già persa.
Per un futuro con una vera raccolta differenziata, porta a
porta.
Per un futuro
con una gestione che valorizzi il
rifiuto, quale materia prima secondaria, anziché promuoverne l'eliminazione per
incenerimento.
Un futuro rifiuti
zero
MANIFESTA CON NOI
E CON LE ASSOCIAZIONI DEL COORDINAMENTO PER LA VALLE DEL SACCO
Per ribadire l’inalienabilità del
diritto di vivere in luoghi dover terra, aria e acqua non siano contaminati e
inquinati.
Per ribadire che la terra l’aria e
l’acqua sono beni destinati a tutti per diritto naturale e dunque non
assoggettabili al degrado e allo sfruttamento del mercato.
Per ribadire che il diritto alla
salute non è negoziabile, neanche con il diritto al lavoro e che il diritto al
lavoro non è negoziabile con il diritto alla salute, entrambi devono essere
garantiti.
Per ribadire che Frosinone non ha alcun
bisogno di un aeroporto dall’impatto ambientale devastante per il territorio,
utile esclusivamente al profitto dei grandi imprenditori edili e nocivo per la
salute dei cittadini.
Per ribadire che è proprio dalla
difesa dei propri territori contro l’aggressione delle multinazionali della
grande distribuzione e dalla speculazione edilizia concertata, che si
costruisce il primo caposaldo contro la tirannia liberista.
(Colleferro - Piazzale dello Scalo - di fronte Stazione Ferroviaria)ORE 14.30
Kansas City 1927 1) Vista la brillante prestazione de
Cajari, bisognerebbe chiedese se sia davero er caso de scende sempre in
campo pe giocà le partite
2) Ammesso e non concesso che
tocca scendece, toccherebbe chiedese seriamente se giocà er secondo tempo
sia davero necessario
3) Se parla troppo dell''iter
parlamentare della legge sugli stadi e troppo poco der Lodo Osvaldo, legge
che je concederebbe de giocà sempre e comunque
4) C'è solo Un Capitano
5) Ciononostante, la Tevere brilla per
concentrazione de gente che Arcapitano je caca er cazzo qualunque cosa faccia
6) Il punto 5 è tanto vero quanto
incredibile
7) Ciò ribadito, se diceva, c'è solo Un
Capitano, ormai de na certa età, ma difficile da rottamà
8) Ne servirebbero nantra decina
9) Lobont ha denunciato Franco pe plagio
10) Franco al riguardo fa orecchie da
mercante
11) E però a Franco jabbiamo fatto puro
l'applauso de incoraggiamento
12) Invano
13) I motivi del pareggio vanno
ricercati nella scivolata der Castagna, che sennò dovevamo cercà i motivi dela
sconfitta
14) In dieci se joca mejo, diceva er
Barone, sapendo de dì na cazzata
15) Se jochi contro la Roma, in 10 de
norma jochi comunque mejo
16) Se poi jochi contro i pischelli, a
quelli se sa che come je fai bu se spaventano e tempo che se ripiano e
capiscono che so uno de più al'Olimpico contro na squadra blu e pure cerchiata,
la partita è bella che finita
16) Ferara era, Ferara resta, ma armeno
i capelli so i sua
17) E mo?
18) E mo gnente, c'è da annà dall'amici
der Santone, sapendo che lo ssadio loro è piccolo, a gente mormorano, quelli
coreno, e noi boh
19) E quindi come finisce juveRoma? Ma
soprattutto, finisce?
20) Perchè comunque se hai vinto a
tavolino na vorta, ce poi vince pure du vorte
Nuovo assedio al Parlamento, da parte degli 'indignados' madrileni. Che denunciano la repressione selvaggia, che chiedono democracia vera e di porre fine ai tagli. E che si prendono di nuovo le botte della Polizia...
Ieri sera, intorno alla Camera dei Deputati di Madrid, c’erano di nuovo alcune migliaia di persone. Scese in piazza contro i nuovi tagli in dirittura d’arrivo, contro un sistema e delle istituzioni delegittimate e impopolari, contro la repressione selvaggia della polizia contro i manifestanti inermi. E’ la seconda puntata di una manifestazione che il 25 settembre ha portato in piazza a Madrid alcune migliaia di persone, deciso a ‘circondare il Congresso’ per chiederne lo scioglimento, insieme alle dimissioni del governo Rajoy.
Ma intorno alle 23 alle centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa che blindano il centro della capitale arriva l’ordine: sgomberate le strade. E così si sono riviste le assurde scene di martedì che hanno fatto già il giro del mondo: manganellate, caccia all’uomo, manifestanti presi a pugni e a calci dagli agenti incappucciati, fuggi fuggi nei bar per evitare le botte.
Fino a quel momento la giornata era stata relativamente tranquilla. In mattinata i rappresentanti dei movimenti che hanno promosso l'iniziativa ‘Circonda il Congresso’ – i cosiddetti ‘indignados’ del 15M e quelli di ‘En piè’, insieme ai rappresentanti di forze politiche della sinistra radicale – avevano spiegato durante una conferenza stampa che le loro intenzioni erano pacifiche e ferme e che in serata sarebbero tornati in piazza. E che la violenta repressione del giorno prima contro i manifestanti – anziani e giovani senza differenze – era ingiustificata e criminale.
Dalla loro un video, che alcuni media e i social network hanno in poco tempo diffuso in ogni angolo del globo, che mostra gli energumeni in divisa picchiare selvaggiamente un ‘manifestante’ finché questi non urla ‘sono uno di voi cazzo!’. Il governo ha continuato a negare di aver infiltrato poliziotti provocatori all’interno del corteo e ha difeso l’operato delle forze di sicurezza contro gli ‘indignados’, ma le immagini parlano da sole, tant’è che il segretario del Sindacato di Polizia ha ammesso la circostanza (il che non dimostra che i movimenti sociali quando usano le maniere forti lo fanno perché sono manovrati dagli infiltrati, ma semplicemente che il governo teme la piazza e ha deciso di avere propri elementi all’interno delle mobilitazioni e non solo dall’altra parte della barricata…).
Dalle sette le strade e le piazze intorno al parlamento hanno di nuovo cominciato a riempirsi di gente di tutte le età, riunite dapprima in piccoli capannelli a commentare le ultime novità: i 40 miliardi di tagli e nuove tasse del governo, il video che ritrae l’agente infiltrato, le decine di arrestati e di feriti della sera precedente, il cameriere di un bar del centro che si frappone tra alcuni manifestanti che si erano rifugiati nel suo locale e alcuni poliziotti particolarmente vogliosi di menare qualcuno… Poi all’improvviso, a mezzanotte, i poliziotti prendono a pretesto le inoffensive intemperanze di qualche manifestante per scatenarsi. Varie cariche e le palle di gomma sparate ad altezza d’uomo obbligano la gente a tornarsene a casa, tranne tre manifestanti ammanettati e condotti in prigione. Poco prima la piazza aveva gridato ‘detenidos, libertad’ chiedendo la liberazione dei 35 manifestanti finiti in carcere qualche ora prima, alcuni con l’altisonante – e grave – accusa di ‘crimini contro lo stato’.
Tra i manifestanti sloggiati a forza dalle manganellate c’era anche Francisco Javier López, un lavoratore della metropolitana di Madrid. Davanti ai giornalisti si è messo a piangere, in ginocchio, pensando alle manganellate che il giorno prima avevano spaccato la testa a suo padre. “lo hanno buttato per terra, gli hanno aperta la testa e gli hanno rotto il naso” aveva detto annunciando una denuncia contro i poliziotti.
Teste rotte e repressione brutale difficilmente fermeranno le proteste. “Rodea el Congreso” chiama a scendere in piazza di nuovo sabato, con due concentramenti a Puerta del Sol e in piazza Cánovas del Castillo.
In molti chiedono ai sindacati spagnoli – Ugt e Ccoo - di non restare alla finestra di scendere in campo con uno sciopero generale. Il segretario del sindacato di classe Cgt legge un messaggio in piazza, davanti a migliaia di persone sedute a terra ad ascoltarlo, e denuncia la 'collaborazione dei sindacati concertativi con il governo". Critiche inequivocabili ieri anche dai movimenti sociali e dai sindacati di classe che hanno manifestato a Xixòn, nelle Asturie, mentre nei Paesi Baschi imprese pubbliche e private erano paralizzate dallo sciopero generale convocato dai sindacati di classe e nazionalisti e boicottato dalle sezioni locali dei sindacati spagnoli.
I video non sono tratti dal sito di Contropiano ma sono del canale You tube di Juan Robles Gonzalez
E DEI RIFIUTI INGOMBRANTI (RAEE COMPRESI) CHE SI SVOLGERA’ A FROSINONE
DOMENICA 30 SETTEMBRE 2012 DALLE ORE 9.00
Lungo Viale Roma (in prossimità della palestra dell’ITIS “A. Volta”)
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° “NON ASPETTARE CHE LO FACCIANO GLI ALTRI” – FAI QUALCOSA ANCHE TU
IGNORARE IL PROBLEMA DEI RIFIUTI ABBRUTTISCE IL MONDO
E TI FA REGREDIRE COME PERSONA
IL 30 SETTEMBRE UNISCITI A NOI E PARTECIPA A PULIAMO IL MONDO
SARA’ TRA L’ALTRO UNA OTTIMA OCCASIONE PER LIBERARTI DEI TUOI RIFIUTI INGOMBRANTI
E SOPRATTUTTO domenica 30 fino alle ore 13.00
oltre che partecipare alla raccolta dei RSU
POTRAI LIBERARTI (DALLE ORE 8.00) DEI
rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) COME:
Grandi elettrodomestici;
Piccoli elettrodomestici;
Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni;
Apparecchiature di consumo;
Apparecchiature di illuminazione;
Strumenti elettrici ed elettronici;
Giocattoli e apparecchiature per lo sport e per il tempo libero;
“Si è costituito il Comitato romano per i referendum sul lavoro, composto dalle organizzazioni romane delle forze politiche e sociali promotrici dei referendum per la abrogazione dell’art. 8 dell'ultima manovra Berlusconi, che abroga il contratto nazionale di lavoro, e per il ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori”. Lo rendono noto le forze promotrici romane: Federazione della Sinistra, Verdi, Italia dei Valori, Sinistra Ecologia e Libertà, Alba, Fiom, Lavoro e società Cgil.
“Il comitato è aperto all’adesione delle realtà politiche, sindacali e della società civile romana, organizzerà la raccolta delle firme per la promozione dei referendum nella città di Roma e promuoverà la costituzione di analoghi comitati nei municipi con il coinvolgimento delle realtà territoriali e sui luoghi di lavoro. Sarà allestito un profilo Facebook e il sito web per informare i cittadini sui luoghi ove poter firmare e raccogliere le adesioni individuali e collettive ai referendum”.
“La nostra è una battaglia di civiltà in difesa dei diritti fondamentali di tutti i lavoratori, a cominciare da quelli più deboli. La precarietà si combatte con più e non con meno diritti”, concludono
Oggi stamo stringati. Ma tanto non è che se dovemo dì troppo, qua er punto è uno solo: Lasan Doria se sta a riprende adesso dale drammatiche conseguenze de avecce fatto perde no scudo. Che da lì è iniziato tutto, o sapemo noi come o sanno loro. A st'ora potevano esse Ludinese daa situazione, na squadra sorpresa sempre competitiva co mber filotto de eliminazioni ai preliminari de Champions. Envece no. Andredero sì nell'Europa che conta co quei punti insanguinati de Nolimpico ammutolito, ma da lì furono solo lacrime e sangue e eliminazioni e cessioni e sconfitte e piaghe e cavallette e trenette scondite e Serie B. Questo succede, che lo sappiano tutti, che er soffrire blucerchiato, ma soprattuto er nostro, nsia stato invano, questo è il crudo insegnamento, questo è, se letto su no schermo particolarmente spigoloso, il severo monitor.
Romero
Capirai, giá noi amo preso diversi Zombi Awards pe avé riportato in vita portieri dei quali giá c'è se contendeva l'ereditá, figurate co questo. A Romé parlamose chiaro, non é questa l'occasione pe acchittá La notte dei morti viventi, e nte pensá che co quei Due occhi diabolici ce metti paura. L'urtima volta che avete vinto qua, dopo, se sa quello che v'é successo ner giro de pochi mesi. A sto giro nve se concederebbe manco er lusso dell'attesa. Se cacate er cazzo nfate manco in tempo a rivedella Genova, voo dimo: La cittá verrá distrutta all'alba.
Pozzi
Questo é uno de quelli che come dici che é na mezza sega te fa na tripletta, dunque non c'é bisogno de affrettasse in giudizi sommari. Diciamo che nonostante l'occhio azzurro e cristallino, nonostante se veda a occhio nudo che sto fio é pulito e limpido ar punto de esse inodore pure a fine partita, l'augurio é che se renda protagonista de na prova incolore. Nicò, sei un ragazzo cosí profondo, nte se deve spiegá niente se te dimo che stasera preferiremmo abbeverasse artrove.
Soriano
A chi non è mai capitato, improvvisandose portiere e azzeccando na parata, de sentisse dì "Aò ma sei un gatto!". Ecco, questo è gatto de stirpe e dna, mo, non essendo portiere nse capisce se sta cosa sia un bene o un male, ma non avendo ulteriori elementi sur curiculum de sto ragazzo se limiteremo a na dichiarazione de intenti. Vedemo de non fa la fine der sorcio: triste, solitario y final.
Estigarríbia:
l'anno scorso, per perimetrare senza possibilitá di equivoci l'entitá del nostro interesse nei suoi confronti, lo chiamavano amichevolmente Esticazzíria. Se scherzava Esti, ntaa devi piá, o sai che noi semo guasconi, dai Cazzi, nfa cosí, stai a fa il regazzino, vabbé Ria, fa come te pare allora, ma fallo lontano dalla porta nostra se te riesce. Mamma mia peró oh.
Eder:
questo ha cacato er cazzo/2.
Poulsen:
non è quello, è nantro. Ma è nattimo a fa scopa, vedesse che deve fa.
Maxi Lopez:
mannaggia, evabbé dai, sará pe la prossima. Noi comunque c'avemo Taxi e Lopez, é mpo come se stessi tra noi. Ciao eh, stai bene.
Dal concorso truffa alle rappresaglie contro i precari ricorsisti alle condizioni disperate delle scuole terremotate. Ma riprende la mobilitazione nel mondo della scuola.
Quest'estate, in un'intervista rilasciata a "Tuttolibri", inserto della Stampa, il ministro dell'istruzione Profumo suggeriva agli studenti delle scuole superiori una serie di romanzi da leggere durante le vacanze estive. Tra i libri suggeriti dal ministro, anche I fratelli Karamazov di... Tolstoj. Più di uno studente (e, soprattutto, più di un insegnante...) sarà rimasto stupito nel vedere attribuito a Tolstoj il celebre capolavoro di Dostoevskij. Una svista, dirà qualcuno. Se non fosse che di errori di tal fatta si sono rivelati zeppi i test di selezione per accedere ai cosiddetti tfa (per chi è al di fuori del complicato mondo degli astrusi regolamenti scolastici, si tratta di corsi destinati ai docenti che da anni insegnano come supplenti nelle scuole senza possibilità, nemmeno formale, di essere assunti perché "privi di abilitazione"). E' lecito prevedere che anche i test selettivi dell'annunciato concorso - giustamente definito "concorso-truffa" dai comitati di lotta dei precari della scuola - saranno pieni di erroracci, imprecisioni, banalità.
La presa in giro del concorso
Udite udite. Il neoministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, già rettore del Politecnico di Torino, ha varato un bando per un nuovo concorso nella scuola. I posti messi a bando sono circa 11.500. A detta del ministro, una "buona notizia" per i precari della scuola, addirittura un "modo per normalizzare il Paese". Una buona notizia? Forse sì, più o meno come nei lager nazisti era per i deportati affamati una buona notizia l'arrivo della zuppa quotidiana, cioè una brodaglia nella quale galleggiavano vermi e pezzi di carne decomposta. "Arriva la zuppa per i precari affamati", grida oggi il ministro dalle prime pagine dei giornali. Peccato che dimentichi di ricordare quali sono le condizioni odierne in cui si trovano i precari della scuola.
I precari della scuola che da anni o decenni sono in attesa dell'assunzione sono almeno 350 mila (più di 300 mila inseriti nelle graduatorie ministeriali, altre migliaia di precari non abilitati che lavorano su chiamata delle singole scuole). Su di loro è caduta la mannaia dei tagli. Prima è stata la volta dei tagli del ministro Fioroni, titolare del dicastero nell'ultimo governo Prodi. Fioroni, in cambio della promessa vaga di un piano di assunzioni triennale (piano mai approvato realmente, perché doveva annualmente essere sottoposto al giudizio dell'allora ministro dell'economia Padoa Schioppa - quello, per chi non lo ricordasse, che citava ad esempio il modello coreano delle classi pollaio di 40 alunni), ha dato la prima grande mazzata ai precari della scuola: taglio di 40 mila posti di lavoro, grazie all'aumento del numero di alunni per classe. E' bene ricordare ai tanti precari che oggi guardano con favore alle dichiarazioni "a difesa della scuola pubblica" di Italia dei valori, Sel e Rifondazione che proprio i parlamentari e ministri di quei partiti, quando erano al governo, quei tagli avevano approvato e votato. Dopo Fioroni, è arrivata la Gelmini, il cui operato è noto ai più: 8 miliardi di tagli all'istruzione pubblica, trasformati nel licenziamento di 180 mila precari della scuola. Giustamente, è stato definito il più grande licenziamento di massa della storia della repubblica italiana. Peccato che, a definirlo tale, allora, ci fossero anche i parlamentari del Pd, i quali oggi sostengono un governo - il governo Monti - che quei tagli non ha la minima intenzione di mettere in discussione.
I tagli non sono solo cifre, ma sono tragica quotidianità per i precari della scuola. Negli ultimi anni le assunzioni a tempo indeterminato sono avvenute col contagocce, soprattutto decine di migliaia di precari che fino a qualche anno fa lavoravano regolarmente con supplenze, hanno perso il posto di lavoro, hanno visto ridotte le ore di lavoro (e di conseguenza lo stipendio) e peggiorate le condizioni di lavoro. Non che prima la vita del supplente fosse cosa facile, anzi: due mesi di disoccupazione come minimo tutti gli anni, cambi continui di posti di lavoro, incertezza lavorativa perenne. Ma almeno uno stipendio era, più o meno, garantito. Dopo i tagli l'unica cosa garantita è la disoccupazione. Gli ammortizzatori sociali varati dal governo precedente - il cosiddetto "salvaprecari", una sorta di cassa integrazione - hanno riguardato una fascia ristretta di precari e per un periodo molto limitato. Oggi Monti taglia anche quelli. Non solo: il ministero dell'economia ha anche bloccato, nello spirito della spending review (cioè lo spirito del "rubo ai poveri per risarcire i debiti dei ricchi"), la "monetizzazione delle ferie non godute". I precari della scuola che rinunciavano ai pochi giorni di ferie potevano contare su qualche soldo in più in busta paga l'anno successivo (soldi che potevano dare un po' di sollievo, dopo due mesi di disoccupazione). Monti ha tagliato anche quelli: i sacrifici come sempre richiesti a chi ha di meno.
E' in questo contesto che cade l'annuncio del "concorso" del ministro Profumo. 11 mila posti per un esercito di 350 mila. Il che significa che in una regione (se va bene) ci saranno poche decine di posti per centinaia e centinaia di aspiranti. Per molti insegnamenti non ci saranno nemmeno posti a disposizione. Una presa in giro bella e buona, soprattutto perché rivolta a un personale che ha già fatto corsi e concorsi, che ha conseguito lauree e specializzazioni, ha svolto tirocini in scuole di specializzazione e da anni ha conseguito competenze nei luoghi di lavoro. E' un'operazione di facciata, che non ha però tratto in inganno i precari della scuola, che sono proprio in questi giorni tornati in piazza per protestare contro questa ennesima truffa.
Il grottesco caso dei precari di Mantova
Le lotte contro i tagli, negli scorsi anni, non sono mancate. In tutta Italia sono sorti comitati di lotta dei precari della scuola, sono stati organizzati presidi, sit-in, manifestazioni. Ciò che è mancata, tuttavia, è un'azione di lotta e sciopero prolungati (come è avvenuto in altri Paesi, da ultimo negli Usa, a Chicago) in grado di strappare risultati. Anche in questo ambito, si è sentito il peso degli apparati sindacali burocratici, che hanno in passato sottoscritto accordi che hanno trasformato in reato lo sciopero prolungato nel pubblico impiego (da questo punto di vista l'apparato Cgil ha le responsabilità maggiori, per il peso che ha nel settore pubblico), privando in questo modo i lavoratori pubblici di un prezioso strumento di lotta. Più in generale, l'atteggiamento della burocrazia della Cgil è stato di timido appoggio alle mobilitazioni dei lavoratori della scuola, con la proclamazione di scioperi simbolici e di routine, senza alzare il livello dello scontro quanto sarebbe stato necessario. Parallelamente, il sindacalismo conflittuale e alternativo ha mostrato, anche sul terreno della scuola, tutte le sue debolezze, rivelandosi incapace - anche per settarismo e autoreferenzialità - di contrastare l'operato delle burocrazie.
E' così che la battaglia contro i tagli è stata persa e questo ha indebolito il fronte di lotta, favorendo fenomeni di riflusso e, in alcuni casi, la lotta tra poveri (basta pensare alle diatribe tra precari del nord e precari del sud in occasione della riapertura delle graduatorie, o alle contese tra precari abilitati e non abilitati: diatribe e contese spesso fomentate dalle burocrazie sindacali). In questo quadro, a molti precari è apparsa come unica possibilità di salvezza la strada dei ricorsi giuridici. Sono decine di migliaia i precari che hanno deciso di intraprendere questa strada, nella speranza di ottenere almeno qualche migliaia di euro come risarcimento danni della mancata assunzione in ruolo. Ed è qui che l'attacco ai precari della scuola ha mostrato il suo volto più feroce e, al contempo, grottesco. A Mantova i precari della scuola vincitori di ricorso - cioè quei precari che avevano visto riconosciuto dal giudice il diritto a un risarcimento economico - sono stati, per indicazione dell'Ufficio scolastico regionale, depennati dalle graduatorie! Si è trattato di una vendetta degna, per ritornare all'errore del ministro, dei più perfidi personaggi di Dostoevskij: ai precari che alzano la testa va inflitta una sonora punizione, cioè la perdita definitiva del posto di lavoro! E' una vicenda che, se da un lato ci mostra il carattere illusorio dello strumento dei ricorsi legali per difendere le ragioni della lotta (come dimostra anche la vicenda degli operai Fiat, padroni e governanti trovano sempre il modo di aggirare le sentenze dei giudici a loro poco gradite), dall'altro ci indica chiaramente che in questa fase né il governo né i padroni hanno intenzione di concedere nulla, nemmeno le briciole. Il "modello Pomigliano" è il modello di riferimento, anche per i ministri dell'Istruzione: e il principale mezzo che abbiamo a disposizione per respingerlo sono la lotta unitaria dei lavoratori, lo sciopero prolungato, l'azione di massa e permanente.
Scuole terremotate: tutto va ben madama la Marchesa
Per avere un'idea di qual è l'effetto dei tagli sulla scuola pubblica consigliamo un viaggio tra le scuole terremotate dell'Emilia. Consigliamo di fare un giro a Finale Emilia e Mirandola, perché chi ha visto i telegiornali che, trionfanti, hanno annunciato "l'avvio regolare dell'anno scolastico anche nelle scuole terremotate" - con studenti e genitori sorridenti e insegnanti altrettanto contenti di tornare al lavoro - ha un'immagine totalmente distorta della realtà dei fatti. Ciò che non si dice, prima di tutto, è che decine (!) di scuole e asili sono crollati dopo le due grandi scosse della scorsa primavera: se si è evitata una strage di bambini è solo perché la prima scossa è avvenuta di notte, la seconda quando le scuole erano chiuse. Le scuole che sono rimaste più o meno in piedi andranno abbattute, perché inagibili. Soprattutto, mentre centinaia di famiglie ancora alloggiano nelle tende in un territorio militarizzato (nelle zone terremotate sono più le macchine della polizia che i "volontari", dato che ogni azione concreta di supporto e aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto è vietata, se non rientra nei canali istituzionali) e i container non saranno pronti fino a metà ottobre (se escludiamo i costosissimi container delle scuole private cattoliche che invece sono già arrivati). Molte lezioni si svolgono sotto tendoni (dove si muore dal caldo, o dal freddo, a seconda del clima), con due o tre classi accorpate, in condizioni di sicurezza piuttosto dubbie (non ci sono estintori né vie di fuga in caso di incendio, giusto per fare un esempio), senza impianti idonei a fare una lezione degna di questo nome.
Alcune scuole avevano deciso di rinviare l'inizio delle lezioni a metà ottobre (vista la mancanza dei container) ma, dopo probabili pressioni politiche, a pochi giorni dall'avvio delle lezioni, si è deciso di anticipare al 17 settembre l'avvio dell'anno scolastico. Perché? Semplice, per poter fingere che tutto va bene, che tutto è a posto nelle scuole terremotate. La conseguenza è il caos sia per gli studenti che per gli insegnanti, con lezioni-farsa fino a tardo pomeriggio (a Finale Emilia si va a scuola il sabato pomeriggio!): insegnanti di latino che fanno lezioni a classi che non hanno il latino nel piano di studi; insegnanti di matematica messi in assistenza in palestra durante l'ora di educazione fisica (sempre che la palestra resti in piedi...); insegnanti che vagano da un tendone all'altro per recuperare una classe dispersa; insegnanti che devono mettere a disposizione un'ora alla scuola aspettando sotto una tettoia con la pioggia che scroscia tutt'attorno; persino insegnanti costretti a fare lezione nel tendone della chiesa, sotto le statue della madonna e di Gesù cristo... Ma lo scopo è stato raggiunto: il ministro Profumo e il governatore Errani il 17 settembre hanno potuto emettere un comunicato stampa in cui proclamano che "seppur con qualche difficoltà, l'anno scolastico ha avuto inizio regolarmente nelle scuole terremotate". E intanto gli insegnanti e gli studenti delle scuole terremotate si preparano domani a una nuova giornata di lezioni sotto un tendone da circo, con tre classi tutte insieme. Una bella fotografia dello stato della scuola pubblica italiana dopo i tagli dei governi di centrodestra, centrosinistra e tecnici.
Dunque, vediamo: dopo un paio di settimane di tira e molla minacce e tentativi di scappatoie salvafaccia contrattate nei sottoscala del palazzone romano, Renata Frangetta Nera Polverini si dimette. Dopo aver introdotto prepotentemente i vitalizi anche per i poveri assessori non eletti, sorda a qualsiasi pur sommessa lamentazione di qualche giornalista o consigliere d'opposizione, scopre che girano troppi interessi e si scandalizza: meglio tardi che mai, ma sempre tardi è. Intanto i gerarchi della destra del terzo millennio si sbranano ovunque gli sia possibile, rivendicando ciascuno la propria innocenza data non dal non aver commesso gli abusi che gli si addebitano, ma dall'essere vittime di un sistema più grande di loro, che hanno ereditato e al quale o ti omologhi o esci dal gioco. Un bel gioco, peraltro, per cui uscirne il più tardi possibile è senz'altro desiderabile, soprattutto se della politica si ha un'idea che si limita al potere ed al privilegio personale.
Intanto, si scopre che chi doveva vigilare non lo ha fatto, si è distratto ed ha anche partecipato alla rapina, salvo poi - a quanto dicono - avero usato il bottino a fini non personali ma per la nobile causa del partito. Vedremo cosa tireranno fuori i magistrati, sul piano penale.
I partiti invece avrebbero, se fossero tali, il dovere di svolgere loro indagini all'interno (esistono ancora i collegi dei probiviri, magari sotto falso nome tipo "collegio dei garanti" e altre raffinatezze?) e ripulire il verminaio che cova, se è vera la loro buona fede.
Se così fosse, saremmo a posto? Avremmo cioè risolto il problema che volta per volta assume il volto dei Bossi Jr. (Trota, per gli amici), dei Lusi, dei Belsito, dei Penati, dei Formigoni, dei Fiorito? Certo che no. Perché sebbene il reato sia imputabile solo al reo, qui non si tratta più di deviazioni patologiche di un sistema o di episodi straordinari legati a qualche malfattore intrufolatosi nei gangli della virtuosa architettura democratica. Siamo di fronte ad un sitema che si fonda su questo tipo di idea della politica, ossia l'idea aziendalista, fondata sul profitto dei gruppi dirigenti, utilizzando militanti ed elettori solo come manodopera e consumatori, non come parte in causa in un concetto democratico di rappresentanza.
Come da tempo sosteniamo, con la trasformazione del modo di produzione capitalistico da industriale-produttivo a finanziario-speculativo, raggiunta ormai la fase di cui Marx parla con chiarezza sconvolgente, fase in cui i soldi fanno i soldi ed il lavoro cessa di avere la centralità (assieme ed in conflitto col capitale) nella creazione del plusvalore e del profitto, ecco che la democrazia si trasforma anch'essa, assume cioè l'aspetto di una struttura manageriale che non riconosce più il conflitto di classe per la costruzione del consenso (partecipazione, rappresentanza) ma si limita a definire la catena di comando. Si deteriora il ruolo della delega, non consentendo neppure di indicare chi si vorrebbe eleggere, le coalizioni si fanno "prima" ma la trasmigrazione dei nominati da uno schieramento all'altro è ammessa e anzi favorita dalla necessità della "stabilità" a tutti i costi, non importa più quale governo purché che ne sia uno, tanto le decisioni si prendono in borsa e nelle centrali finanziarie extranazionali per cui poco o pchissimo cambia. Lo si è sperimentato già, con i programmi fotocopia presentati alle elezioni da coalizioni che dichiarano di essere alternative: tutti ricordano che Belusconi e Prodi si rinfacciarono apertamente in campagna elettorale di essersi copiati il programma a vicenda, cosa ovviamente impossibile se fossero stati programmi sostanzialmente diversi.
Se un sistema politico smette allora di essere rappresentativo, non si capisce perché dovrebbe comportarsi come se lo fosse, cioè farsi rappresentante e garante delle esigenze della società e dei territori, anziché lavorare per mantenere in piedi l'azienda in un regime di concorrenza e non di confronto democratico (ossia di conflitto di classe).
E' giusto e anche abbastanza banale, quindi che quando costoro vengono presi col malloppo in mano (Fiorito forse direbbe "col sorcio in bocca"), non solo si dimettano, ma siano processati a norma di legge. Ma non è sufficiente. Perché se il sistema rimane quello che è, al loro posto si siederanno altri personaggi che lastricheranno di ottime intenzioni le vie di nuovi inferni, ed ogni volta ci si scandalizzerà, sempre a posteriori e troppo tardi, per le immani risorse divorate da questo o da quello senza dire chiaramente che invece tutto questo è, se non progettato ed auspicato, quanto meno inevitabile, perdurando questo sistema.
Qualche spunto: perché, ad esempio, di fronte a tale sfacelo, bisogna aspettare che siano i malfattori a decidere se dimettersi? Perché gli elettori, se sono tali davvero, non hanno il diritto di revocare i loro rappresentanti? Sulle forme si può e si deve discutere, ma il principio merita attenzione. Secondo: essere investiti della responsabilità di governare un paese o un territorio presupporrebbe, a rigor di logica elementare, una adeguata preparazione. Oggi l'elezione è legata esclusivamente al potere di spesa del candidato, il che determina mostruose situazioni di incapacità che poco ci mette a produrre ulteriori forme di deterioramento dell'amministrazione. Chi forma gli amministratori? Come si selezionano i quadri nei partiti e anche nelle istituzioni (assessori, ministri, consulenti)? Un limite serio alle spese elettoriali, con il divieto di utilizzare fondi propri o reperiti chissà come dal singolo candidato, sarebbe una svolta di un certo peso. Terzo: la rappresentanza è da un paio di decenni considerata come un impaccio, una rete di trappole e di legacci che impedirebbero a chi governa di farlo in autonomia, salvo poi risponderne agli elettori, sempre più confusi, male informati e lontani dalla politica, aiutati in quetso dalla cancellazione dei partiti di massa, partecipativi. Essa è stata sostituita, con intenzione dichiarata e propagandata come innovativa, dalla governabilità, ossia dalla stabilità dei gruppi di comando in una visione aziendalista della pubblica amministrazione. Ciò vuol dire senza ombra di dubbio che la società viene espulsa dalle decisioni e al suo posto decide la "tecnica", intesa come professionismo della politica (contarriamente a quanto si vorrebbe far credere). Per inciso, tale scelta era stata propagandata come unica in grado di attirare gli investimenti esteri in Italia, cosa che, come ognun vede, non è avvenuta, al contrario sono i capitali italiani ad essere massicciamente espatriati (i depositi italiani in banche svizzere sono stati decuplicati nel'ultimo anno e mezzo). Quarto: l'attribuzione di fatto del potere legislativo all'esecutivo, oltre a rappresentare un obbrobio giuridico che manda a gambe all'aria tutta l'elaborazione da Montesquieu in poi sulla tripartizione dei poteri e dei contrappesi istituzionali ad evitare abusi di potere, rappresenta l'invalidamento effettivo delle assemblee elettive a vantaggio delle Giunte nominate dall'alto e dai vincitori, in assoluta contraddizione con lo spirito e il dettato costituzionale ed anche con l'interesse pubblico. si sancisce cioè il potere dell'oligarchia in luogo del confronto e del conflitto rappresentativo anche dove il sistema elettorale sia proporzionale (il caso della Regione è emblematico). Quinto: i partiti sono necessari, ma nella loro funzione democratica e pedagogica, così come previsto dalla Costituzione, e non come comitati elettorali al servizio degli azionisti dei CdA cui sono ridotte le istituzioni. Sesto: Perché è così scandaloso parlare del vincolo di mandato? gli eletti (o nominati) possono tranquillamente trasmigrare in altre e perfino opposte formazioni cambiando il senso del voto loro consegnato, ossia in sostanza inficiando la volontà dell'elettore. Dove sarebbe, qui, la sovranità popolare? Settimo: La retribuzione degli amministratori non può essere eliminata perché garantirebbe, se potessero essere eletti, anche ai meno abbienti di esercitare un diritto costituzionale. tuttavia essa non può avere dimensioni tali da far gola perfino ai già ricchi, non deve cioè essere obiettivo dei concorrenti alle cariche elettive. Intanto allontanerebbe la tentazione e rimetterebbe a disposizione della società ingentissime risorse da utilizzare per dare risposte concrete ai mille e uno problemi che abbiamo. Né vale l'obiezione che se fossero meno pagati sarebbero più inclini alla mazzetta, visto quello che succede oggi con gli stipendi milionari. Il problema è dei controlli, ed è un altro capitolo. Ottavo: dopo aver sperimentato i meccanismi infernali di quella che hanno venduto per decenni come "Seconda Repubblica", come superamento cioè della partitocrazia e del sistema democristiano, ed averne subìto gli effetti devastanti, non sarebbe il caso di rivedere questa scelta scellerata e trovare qualcosa che assomigli di più ad un sistema che garantisca il protagonismo dei cittadini? Intanto, sarebbe già molto se le rare occasioni di democrazia diretta come i referenda venissero rispettate ed i loro pronunciamenti applicati.
Resta una consideraizone, al momento: la nostra classe dirigente è inadeguata, ma essa rappresenta fedelmente (questo sì) alcuni caratteri della nostra società: corruzione, trasgressione, malaffare non appartengono solo alla sedicente politica. Queste metastasi invadono la società, per nulla innocente, a tutti i suoi livelli, schiacciando e mortificando gli sforzi delle sue parti sane, che ancora esistono e resistono malgrado tutto, ma sono sempre più deboli e precarie in assenza di cure idonee. Se non si riparte dalla rigenerazione della società attraverso il potenziamento dell'idea di responsabilità e di civiltà, sarà inutile ed impossibile qualsiasi tentativo di ripristinare forme civili e responsabili di pratica politica ed amministrativa. Questo è il mondo della deregulation, voluto e osannato dai neoliberisti e non contrastato dai cosiddetti riformisti.
Scusate se insisto, ma è fondamentale approfondire la funzione che hanno i partiti nella promozione e nel consolidamento del pensiero unico neoliberista in Europa, e soprattutto in Italia. Ho già diffusamente scritto in merito al fondamentale compito di anestetizzazione del conflitto sociale svolto dai partiti, in particolare da quelli riformisti. Voglio solo aggiungere rispetto a questa tematica che soprattutto in Italia proprio il successo dell’azione del partito riformista per eccellenza, il Pd, e dei movimenti sindacali di regime, ha limitato se non quasi annullato, il conflitto sociale che si è espresso in modo scoordinato, mosso da singole vertenze, incapace di costituirsi come fronte unitario. Voglio ora analizzare un altro aspetto importante sulla funzione dei partiti nella salvaguardia del regime neoliberista. Mi riferisco al vasto sistema di corruzione che investe le odierne organizzazione partitiche. Il fenomeno, contrariamente a quanto si possa pensare, non è il prodotto di una degenerazione morale derivante dallo svuotamento dei contenuti ideologici e della personalizzazione leaderistica della forma partito , ma è un elemento costituente il sistema di salvaguardia e promozione del pensiero unico . E’ un gioco delle parti in cui alla ostentata e sistematica sottrazione di denaro pubblico, si contrappone la rabbia e l’indignazione popolare che vien presa in carico e gestita dai movimenti costituenti la cosiddetta antipolitica, i quali, nel denunciare anche con invettive la pochezza e la corruzione morale dei partiti, legittimano le azioni di èlite tecniche, diretta emanazione del capitalismo ultraliberista. Governance che ammantate di sobrietà e finta competenza, possono mettere in atto indisturbate le peggiori nefandezze ai danni della collettività . Questa azione si rivolge in particolar modo a quella massa di persone meno acculturate e consapevoli, gente che per lo più non si occupa di politica. Il gioco funziona così. Non solo la corruttele e le ruberie devono essere eclatanti, riguardare ingenti somme di denaro, ma devono avere come attori principali personaggi volgari, ladri di polli arricchiti. Cene luculliane, vacanze in esclusivi resort, vetture di lusso, festini in costume , devono costituire il frutto di queste ruberie, che messe a confronto con la povertà diffusa che pervade la società , suscita la rabbia più sorda. Personaggi come Nicole Minetti, Franco Fiorito, sono figuranti perfetti per aizzare la pubblica indignazione , gente grossolana senza alcuna competenza amministrativa, di poco o nullo spessore politico e umano che usa le ingenti somme di denaro pubblico indebitamente accumulate per ostentare volgarità . Tutto ciò legittima la voglia popolare di acclamare un governo di sobri tecnici. Funzionali a questa dinamica sono organizzazioni tipo il movimento 5 stelle di Grillo, partiti come l'Idv e la squadra dei giornalisti alla Travaglio, alla Rizzo, i quali aizzano le masse contro la casta, lasciando mano libera ai banchieri di governo, i quali, indisturbati fanno strage di diritti e protezioni sociali. Tutto ciò si esplica in un pericolosissimo combinato antipolitica-tecnocrzia . L’una denuncia la vergogna ignobile di personaggi alla Fiorito, l'altra trae dalla pubblica indignazione legittimità per la macelleria sociale e per la protezione del sistema ultraliberista. La conclusione è sempre la stessa. Prima si comprenderà che è l’intero sistema capitalista neoliberista a dover essere rovesciato, prima si riuscirà a mettere in campo delle azioni di contrasto efficaci. In altri paesi come negli Stati Uniti il contesto è chiaro, infatti movimenti quali Occupy Wall Street combattono il sistema capitalistico nel suo complesso. Purtroppo In Italia la mancanza di organizzazioni anticapitaliste strutturate rende la lotta assai più difficile.
Il video che segue è un esempio del combinato antipolitica-tecnocrazia.
Paolo Berdini. fonte "il manifesto" del 25 settembre
Lo scandalo della regione Lazio non può essere derubricato all’ennesimo caso di ruberie guidate da un comodo mariolo. E’ anche questo, ma il motore vero che provoca l’ascesa dei tanti Franco Fiorito sta nell’assenza di regole cui sono state abbandonate le città. Egli inizia infatti il suo percorso come sindaco di Anagni e trae evidentemente profitto (27 mila voti di preferenza alle recenti elezioni regionali sono un consenso enorme) dall’immensa opacità con cui -senza violare alcuna legge- si possono governare le città d’Italia.
La prima causa del crollo della pubblica moralità sta nella cancellazione di qualsiasi norma urbanistica. Da due decenni vige come noto una zona franca sconosciuta nell’Europa civile in cui un sindaco può variare a proprio piacimento le destinazioni urbanistiche senza essere ostacolato da nessuno. Per realizzare una lottizzazione in una zona agricola occorre andare dal sindaco: sarà lui a portare a buon fine l’affare. E di grandi affari si tratta: dieci ettari di terreno agricolo valgono poco sul mercato immobiliare: se diventano edificabili salgono anche a centinaia di milioni. Senza pensare che non avvengono dazioni di denaro (e a leggere le cronache di questi giorni si fa fatica) i sindaci stringono legami economici e controllano posti di lavoro.
La seconda causa sta nella legislazione degli appalti pubblici. Le ultime norme imposte dal duo Berlusconi-Tremonti e lasciate in vita dagli attuali “tecnici”, hanno portato a 500 mila euro il limite con cui si può procedere all’affidamento mediante trattativa privata. Anche in un periodo di ristrettezze economiche, un sindaco appalta molti lavori pubblici: consentirgli di affidarli a proprio piacimento è indegno di un paese civile. E in questo modo il legame con il mondo economico si rafforza ulteriormente e si continua a disporre di posti di lavoro.
La terza causa sta nella cultura dell’esternalizzazione dei servizi urbani. Affermatosi negli anni in cui sono state privatizzate alcune importanti aziende pubbliche, il morbo riguarda ormai tutti i servizi: dal ciclo dei rifiuti alla gestione dei depuratori. Invece di rimuovere le cause delle inefficienze che esistevano è stata percorsa una comoda scorciatoia: i sindaci possono affidare a imprese amiche la gestione di servizi pubblici, tanto le procedure di controllo sono inesistenti e pressoché impossibile per la magistratura contabile risalire ai bilanci.
E non si pensi che si tratta di un fenomeno che riguarda esclusivamente i comuni piccoli o le piccole imprese. Nelle maggiori città, si pensi al caso da antologia di Parma, la mala politica aveva creato 35 società di settore per gestire i servizi. Altri posti di lavoro e altro vertiginoso debito pubblico. Nelle grandi opere sono state allentate o cancellate le regole ambientali e paesaggistiche. Insomma, il caso Fiorito è il frutto del ventennio del liberismo selvaggio che ha cancellato ogni regola.
Le città non sono più i luoghi del governo della cosa pubblica. Sono le palestre per costruirsi un consenso elettorale ed economico da utilizzare nella scalata verso i vertici dello Stato. Il più urgente compito di chiunque vuole salvare il paese dalla sfiducia è dunque quello di ricostruire regole semplici quanto inflessibili. Guido Rossi (tra i firmatari dell’appello “ FURTO D'INFORMAZIONE” apparso su queste pagine il 30 luglio scorso) notava nel suo editoriale di domenica sul Sole 24 Ore che a parole non c’è nessuno che non si definisca “liberale” e fautore di regole. Salvo scorrazzare a piacere nelle praterie di un paese senza leggi che ha svenduto le sue città.
il suo articolo sul quotidiano “la Repubblica” del 24 settembre dal titolo " IL PESO DEI FONDI USA NEL LINGOTTO" è molto esaustivo e puntuale. Lei mette bene in evidenza come L’Ad Fiat Sergio Marchionne, nonostante le promesse e le dichiarazioni sulla volontà di rimanere ed investire in Italia, abbia già messo in atto tutt’altra strategia. La sempre maggiore presenza azionaria nel capitale Fiat di fondi d’investimento americani, indica quale siano le reali volontà del Lingotto. Ovvero, finanziarsi in America con la speculazione finanziaria, vendere le auto in Brasile e nell’Europa dell’est, dove una clientela di bocca buona non pretende dei modelli troppo sofisticati, e lasciare al loro destino i siti italiani. O, quanto meno, lasciarli ad un destino che prevede ulteriori sovvenzioni da parte dello Stato. Lei ha ragione, la promessa di Fiat di rimanere in Italia è scritta sull’acqua e ha altresì ragione quando sostiene che il menzognero e faraonico “Piano Fabbrica Italia” fu fatto bere al governo Berlusconi che era in altre faccene affaccendato e ai sindacati compiacenti Cisl e Uil senza che questi si accorgessero della bufala. Ricordo però che il suo giornale, quando la Fiom denunciò la truffa all’epoca del referendum di Pomigliano sosteneva una tesi diversa. Facendo cassa di risonanza alle sirene del centrosinistra, si schierava con Marchionne allora definito non spietato ultra liberista, ma manager impegnato a portare lavoro e crescita in Italia. Il suo giornale, facendo seguito agli inviti di Fassino auspicava la vittoria dei si al referendum truffa- lavoro in cambio di diritti - nella fabbrica di Mirafiori stigmatizzando le resistenze della FIOM . Come mai “la Repubblica” si accorge solo ora della bufala costituita dal Piano Fabbrica Italia, se come Lei sostiene la natura truffaldina del progetto era già palese al momento della sua presentazione? Devo associare la miope lungimiranza del suo giornale a quella del governo Berlusconi e ai sindacati consenzienti, o c’è dell’altro? E’ vero, il governo Berlusconi ha assunto un atteggiamento del tutto supino nei riguardi di Fiat, ma non è che la posizione di Monti sia molto diversa, anzi il Presidente del Consiglio ha già fatto sapere che studierà piani per agevolare la Fiat, non elargendo soldi (e meno male), ma magari studiando agevolazioni fiscali o altri artifici. Ho il sospetto che quando Marchionne si misurava con Berlusconi era da voi considerato come l’efficienza fatta persona, capace di esaltare ancora di più l’insipienza del cavaliere, ma quando il confronto si svolge, come oggi, con il governo amico di Monti, l’Ad Fiat si trasforma in uno spietato ultraliberista ricattatore di esecutivi impegnati nel risanamento, affamatore di operai e società civile. Magari secondo Lei quanto scritto non corrisponderà al vero, ma io l’impressione che sia così ce l’ho, e molto forte anche. Sperando che vorrà porre attenzione a questa mia, porgo
Distinti Saluti
Luciano Granieri.
N.B La lettera è stata inviate al vice direttore a mezzo E.Mail
Renata Polverini ha annunciato le sue dimissione irrevocabili da governatrice della Regione Lazio. Casini, così come Mastella fece per l'ultimo governo Prodi (potenza degli ex democristiani) , ha staccato la spina all'assise regionale convincendo i suoi recalcitranti consiglieri laziali ad abbandonare la governatrice al suo destino . In una concitata conferenza stampa, Renatina ha rovescaito contumelie sui suoi consiglieri definiti malfattori, e colpevoli di aver interrotto una azione di governo, che aveva portato alla chiusura di moti ospedali,e aveva partorito un piano casa che aveva fatto inorridire il minitsro per i beni e le attività culturali Ornaghi.... Beh non ha detto proprio così la Polverini, ma in effeti questo è il risultato del suo operato per cui avrebbe dovuto dimettersi non solo per le porcate, ma per il disastro amministrativo provocato. "Con il blocco della mia azione riformatrice - avverte poi la governatrice - ci saranno gravi ripercussioni sul paese: ". Facendo gli scongiuri, salutiamo Renatina "A' BELLAA!!! CIAO!"
Morì in Florida, 25 anni fa, dopo una rissa e una vita complicata: una playlist della sua breve e grande carriera.
Il 21 settembre del 1987, venticinque anni e un giorno fa, John Francis Pastorius III, per gli amici Jaco, il più grande bassista della storia, si spense in un letto del Broward General Medical Center di Fort Lauderdale, in Florida, dov’era giunto in coma, con fratture multiple a cranio e braccio sinistro, e con l’occhio sinistro quasi del tutto fuori dall’orbita, nove giorni prima. Nonostante qualche piccolo progresso nel quadro clinico – il musicista, senza mai riprendere pienamente conoscenza, sembrava reagire a stimoli elementari –, due giorni dopo gli effetti di una terribile emorragia spinsero i medici a dichiararlo cerebralmente morto. La mattina del 21 settembre i familiari decisero di staccarlo dalle apparecchiature che lo tenevano artificialmente in vita. Il cuore smise di battere tre ore dopo. Jaco aveva appena trentacinque anni.
A ridurlo in coma, e col volto sfigurato, non fu una caduta accidentale, o un grave incidente d’auto, ma lo scontro col proprietario di un locale, il Midnight Bottle Bar, nel quale Jaco tentò di entrare sfidando la ferma opposizione del gestore; Luc Havan, all’epoca venticinquenne esperto di arti marziali, dichiarò di aver provato ad allontanare il bassista, palesemente su di giri e incontrollabile, con le buone, ma vistosi costretto colpì alla tempia sinistra l’esuberante scocciatore: l’impatto fece crollare Jaco al suolo, e nella caduta il capo batté violentemente sull’asfalto. Una versione dei fatti che però non trovò nessuna conferma: né dalle testimonianze, che raccontavano di un pestaggio in piena regola, né dai referti medici, ma che bastò a Havan per spuntare, nel secondo dibattimento, una condanna per omicidio preterintenzionale. Dopo appena quattro mesi di detenzione, il brutale picchiatore fu scarcerato per buona condotta. Oggi fa l’agente immobiliare a Palm Beach, e chissà gli affari come gli vanno.
A Jaco, quell’undici settembre, gli affari, e non solo quelli, andavano malissimo. Quella stessa sera, ultimo episodio di una ghirlanda di comportamenti folli e sconclusionati, era andato a Fort Lauderdale ad ascoltare il concerto di Carlos Santana, ma fu allontanato dalla sicurezza perché all’improvviso era schizzato sul palco: voleva alzare il braccio, come fanno gli arbitri di un incontro di pugilato per decretare il vincitore, ad Alphonse Johnson, il bassista della band. Frustrato, imbestialito – nonostante Santana l’avesse poi salutato alla fine del concerto – Jaco si diresse verso il Midnight Bottle Bar, aperto tutta la notte, senza sapere che sarebbe stata la sua ultima mattana.
Da anni, ormai, era una specie di vagabondo: a New York, prima, e in Florida, nelle ultime settimane di vita, viveva come un barbone; spesso dormiva letteralmente per strada, chiedendo l’elemosina o offrendo lezioni di basso per pochi dollari, o un autografo per qualche spicciolo. L’alcol e l’uso di droghe non fecero che peggiorare il suo disturbo psichico: sindrome bipolare, recitava la diagnosi, quindi l’alternarsi di periodi di eccitazione maniacale seguiti da profonde depressioni. I primi sintomi si erano presentati almeno dieci anni prima, ma nessuno ci aveva fatto caso: Pastorius era un genio, un «Monet con molto più ritmo», come fu battezzato da un suo amico. Era davvero il più grande bassista del mondo, e l’aveva ampiamente dimostrato; dapprima, una gavetta spossante, fatta di studio matto e disperatissimo e tournée massacranti in tutti gli States, poi col suo primo disco, omonimo, un miracolo di purezza e perfezione. Infine, con i Weather Report, il supergruppo fusion, capitanato da Joe Zawinul e Wayne Shorter, col quale Jaco allargò, prima, e consolidò, poi, la sua inarrivabile levatura artistica.
Anarchico e, a suo modo, punk, Pastorius visse velocemente; come una schioppettata – fulminea, fragorosa, rapidissima – attraversò, rivoluzionandolo, il mondo della musica: dettò nuove leggi, sovversivi punti di vista, inediti scenari tecnici, amplificando i paesaggi interiori di un’arte, la sua, sempre alla ricerca di se stessa. Se è vero, come scrisse il grande Leo Ferré, che “l’anarchia è la formulazione poetica della disperazione”, allora Jaco fu poeta sommo, e sommamente disperato.
Ma fu anche, e soprattutto, un lucidissimo architetto, pronto a sfidare le leggi della fisica e della gravitazione per svincolare il basso elettrico dal ruolo in cui, per decenni, era stato confinato. Per lui – che guardava oltre – fu semplice: da ragazzo non si limitava a replicare le linee di basso degli hits che ascoltava alla radio, ma ne suonava la melodia, trasformando, cioè, il basso elettrico da strumento di mero accompagnamento a strumento solista. A partire da quel piccolo gesto riuscì a edificare un nuovo sapere tecnico, moltiplicando – come in un vorticoso gioco di specchi – le possibilità di uno strumento ancora giovane e già vecchio.
La playlist che segue è una piccolissima lista della spesa, un breve viaggio organizzato dentro le meraviglie che incise nella sua brevissima carriera.
Gli esordi
L’inizio, sebbene sia possibile reperire molto materiale precedente in diverse antologie, è Continuum, contenuta in “Jaco Pastorius” (Epic/Sony), il formidabile album d’esordio. Rivoluzionario nell’intenzione e nella realizzazione, un brano in cui il basso elettrico espone la melodia accompagnato dagli altri strumenti, Continuum segna il compimento definitivo della rivoluzione copernicana cui Pastorius sottopose il ruolo e la funzione del basso elettrico, diventato, nelle sue mani, uno strumento in grado di cantare una melodia e improvvisare, ricorrendo ad aspetti tecnici totalmente inediti (come l’uso degli armonici e quello intensivo dei bicordi). In quell’album, va ricordato, è contenuto un altro caposaldo dell’arte di Jaco, ovvero la versione mozzafiato della parkeriana Donna Lee.
Weather Report
Sarebbe opportuno ascoltare tutti i dischi incisi dai Weather Report con Jaco (pubblicati dalla Columbia/Sony): “Black Market”, in cui Pastorius suona solo in due brani (Barbary Coast e Cannonball); il già citato “Heavy Weather”; l’eccezionale “Night Passage”; il doppio live “8:30” (nel quale è contenuto Slang, un solo portentoso); il controverso “Mr. Gone”; e il conclusivo “Weather Report”. Esiste però una buona compilazione, “Weather Report-The Jaco Years”, in grado di offrire le pagine più significative di quell’irripetibile band. Qualche anno fa, inoltre, la Sony ha pubblicato un bel doppio di inediti dal vivo della band (“Live and Unreleased”), che contiene Portrait Of Tracy, un imperdibile, meraviglioso esercizio di poesia.
Dovendo limitarsi a un paio di brani, allora Teen Town, diventato, nel corso degli anni, banco di prova per tutti i bassisti del mondo (nel quale Jaco suona anche la batteria, il suo primo strumento), e Havona, scritta dallo stesso Pastorius, e nobilitata da un assolo prodigioso.
Joni Mitchell
Pastorius iniziò a collaborare con la musicista canadese nel 1976, anno in cui appare il formidabile “Hejira” (Asylum, come i successivi), al quale sarebbero seguiti “Don Juan’s Reckless Daughter” (’77), “Mingus” (’79) e il doppio live “Shadows And Light” (pubblicato nell’80, ma inciso l’anno precedente). Il Jaco telepatico e raffinatissimo accompagnatore emerge in due tracce su tutte: Hejira e Coyote, ed è interessante confrontare le versioni in studio (“Hejira”) con quelle dal vivo, per coglierne il respiro pulsante, la solidissima pulsazione, le differenze di impostazione e l’inesauribile genialità. Se c’è ancora spazio nel vostro lettore, allora aggiungete Goodbye Porky Pie Hat (tratto da “Mingus”,) e The Dry Cleaner From Des Moines (nella versione dal vivo). Il contributo di Pastorius è determinante, soprattutto nel secondo, in cui dà prova del suo walking cubista e di una creatività spinta all’eccesso.
Altre collaborazioni
Nel periodo in cui fu impegnato con i Weather Report e Joni Mitchell, Pastorius incise diversi dischi da sideman. Non possono mancare nella playlist Nativity (contenuta nell’album di Airto Moreira “I’m Fine, How Are You?”, Warner Bros., 1977), così come 4 A.M., una delle più strabilianti performance del bassista, tratta da “Mr. Hands”, di Herbie Hancock (1980, Columbia). Interessante anche la collaborazione di Jaco con l’ex Weather Report Manolo Badrena: nel primo disco solista del percussionista (“Manolo”, A&M, 1979), Jaco è presente nel brano The One Thing.
Word Of Mouth
Il geniale progetto orchestrale di Pastorius (chi, se non lui, poteva immaginare una big band con due suonatori di steel drum?), al quale il bassista iniziò a lavorare mentre era ancora membro effettivo dei Weather Report, è ben rappresentato dal suo disco d’esordio, “Word of Mouth” (Warner Bros., 1981): un vero capolavoro, che contiene alcune tra le gemme più preziose dell’intero repertorio inciso dal bassista: Three Views of a Secret, Liberty City, John and Mary.
Il capitolo successivo è un doppio live, pubblicato originariamente in Giappone (“Twins”, voll. 1 e 2, 1982), che la Warner Bros. riassunse in un disco celeberrimo (“Invitation”, 1983). Da questa brillante esibizione si possono estrapolare l’inossidabile Invitation, il classico di Pee Wee Ellis The Chicken, e la meravigliosa Amerika.
Non va però dimenticato Good Morning Anya, pubblicato per la prima volta in edizione ufficiale nell’antologia “Punk Jazz” (Rhyno/Warner, 2003, che contiene anche molti dei brani della nostra playlist). Il brano faceva parte di “Holiday For Pans”, l’album mai pubblicato che avrebbe dovuto essere il secondo previsto dal contratto che legava Jaco alla Warner Bros. La storia è nota: il master – sebbene incompleto – fu rifiutato dall’etichetta, perché non adatto a ripetere il successo di “Invitation”, e restituito a Pastorius. Il nastro fu, in seguito, rubato, completato e pubblicato in maniera fraudolenta, senza la partecipazione del bassista, e senza che Jaco ne ricevesse un solo centesimo di diritti d’autore. Sebbene il materiale sia, ormai, di dominio pubblico da anni, la freschezza di quel brano lascia stupefatti e ammirati. Pastorius era convinto che quello sarebbe stato il suo capolavoro. Forse aveva ragione.
L’ultimo periodo
Finita l’esperienza della big band, Jaco incise poco o nulla. Alcune tracce le registrò con degli amici, musicisti di secondo piano che cercavano di tenerlo lontano da droga, alcol e dai demoni della sua anima.
Mood Swings, invece, registrato nella primavera di quell’anno, è tra le cose migliori che il bassista ci lasciato. Compreso in “Upside Downside” di Mike Stern (Atlantic, 1986), ci restituisce l’immagine più precisa e perfetta di cosa volesse dire “accompagnare” per Pastorius. All’interno di una struttura a scatole cinesi, che però si apre in un blues minore quando ospita i soli di Stern e Bob Berg, Jaco riesce a stare sempre “dentro” il pezzo, respirando all’unisono con gli altri musicisti. L’attenzione a quanto gli succede intorno è totale, e sconfina con la telepatia: ascoltate come riesce ad avvertire in anticipo la frase di Berg (l’episodio inizia quando il timer del vostro lettore segna 4:25).
L’arte dell’ascolto: uno dei grandi segreti di John Francis Pastorius III, per gli amici Jaco, il più grande bassista della storia.