Luciano Granieri
Maria Lucia ed io non possiamo negarlo, Siamo affascinati dal Parco Nazionale d’Abruzzo. Ci piace addentrarci in boschi da favola i cui colori, soprattutto d’autunno, diventano surreali e fanno volare la fantasia verso lidi fantastici, inimmaginabili. Ci piace anche camminare per le vie di Pescasseroli, un paese dove caratteristici vicoli tipici di un borgo, si connettono con un tessuto urbano discreto ma razionale.
LA RICERCA
Proprio all’ultima nostra visita nella capitale storica del Parco Nazionale d’Abruzzo si riferisce la storia che voglio raccontare. Dopo una mattinata passata fra i boschi di Forca d’Acero e della Val Fondillo decidiamo di mangiare un boccone proprio a Pescasseroli e aspettare la sera passeggiando per quei vicoli così belli e ordinati. Eravamo anche alla ricerca di un negozietto di saponi e creme cosmetiche, realizzati con latte di capra, che avevamo scoperto nella nostra ultima visita fatta nel borgo. Non ricordavamo dove fosse, e dopo aver piacevolmente cercato, girovagando in un atmosfera surreale fra silenzi d’altri tempi, balconi agghindati con i fiori, intravedendo tende intessute a tombolo far capolino dalle finestre, decidiamo che forse è meglio chiedere indicazioni circa la posizione del negozietto di saponi.
LA NOSTRA GUIDA PERSONALE
In un fresco e assolato primo pomeriggio d’autunno di un giorno feriale trovare qualcuno a cui chiedere non sembrava impresa semplice. In un vicolo ci appare una signora intenta a spazzare meticolosamente l’ingresso della stradina. Chiediamo con una certa timidezza, temendo di disturbare, se conoscesse l'ubicazione del negozio. La signora, riponendo la scopa, non mostrando alcun fastidio, con molta cortesia e giovialità ci indica la strada. A quel punto chiediamo anche se, per caso, conoscesse anche l’orario di apertura. La risposta è stata veramente inaspettata. Non lo sa esattamente, ma si offre di accompagnarci presso l’abitazione della padrona del negozio, che è li vicino, in modo da ottenere una giusta informazione. Sopraffatti da tanta gentilezza Maria Lucia ed io la seguiamo. Giunta sull’uscio la gentile signora prima suona il campanello, poi non ricevendo risposta, bussa in modo energico sul legno del portone.
CONSULTAZIONE DI QUARTIERE
Si avvicina un anziano, molto cortese, da cui apprendiamo che la padrona del negozio è fuori. Non c’è problema, la nostra gentile guida suona il campanello della porta accanto chiedendo alla vicina se ha il numero di cellulare della persona che stiamo cercando. La vicina, non solo ha il numero, ma si offre di chiamare lei stessa. Dall’altra parte del telefono la gestrice del negozio risponde confermando che aprirà di lì ad un’oretta. Io e Maria Lucia ci guardiamo stupiti perché non eravamo più abituati a vedere delle persone, mai conosciute, adoperarsi in modo così cortese e solerte con noi che, fra l’altro venivamo da fuori. Roba di altri tempi e di altri luoghi. Ringraziamo tutti per la loro cortesia e decidiamo di avviarci verso il negozio, che è anche il laboratorio dove vengono prodotti i saponi, per verificare esattamente dove sia, in modo di tornarci, all’ora indicata dopo aver passeggiato ancora un po’.
LA SIGNORA DEI SAPONI AL LATTE DI CAPRA
Arrivati davanti al laboratorio, la porta è aperta e la signora dei saponi era già li ad attenderci. Dopo averci illustrato le proprietà dei suoi prodotti ed averci consegnato ciò che avevamo chiesto, ci invita a rimanere ancora un po’ .”Tanto è presto” dice. Ci racconta quasi tutta la sua vita. Ci dice dei figli, del marito, di come è nata l’idea di produrre saponi e creme con il latte di capra. Rimaniamo a conversare amabilmente e piacevolmente di tanti argomenti almeno per un’altra oretta fino a quando fa capolino una cliente. A questo punto ci sembra corretto non rubare altro tempo alla gentile signora dei saponi. Lasciamo il negozio, diciamolo pure, contenti, sollevati di sapere che una diversa convivenza sociale è possibile.
MORALE
Spesso discettiamo sulla rovina a cui sta portando un’ acredine diffusa che rende le persone particolarmente astiose, diffidenti verso gli altri, quando non ostili. Assistiamo impotenti all’estremizzazione di un individualismo imposto dal vecchio adagio “divide et impera” , che obbliga ad una vita precaria, schiava di un tempo contratto e di un ansia per la difesa di non si sa bene cosa (forse un diritto scambiato per privilegio) e non si sa bene da chi, (l’immigrato, il vicino, chiunque sia “altro” da noi). Ebbene il prodigarsi senza scopi reconditi, l’attenzione regalata a persone sconosciute, che semplicemente necessitano di un’informazione, mostrate da quelle cittadine di Pescasseroli, ci restituisce la speranza che non tutto è perduto e che quando parliamo di condivisione sociale, abbiamo ancora qualche punto di riferimento preciso. Sta a noi non far deflagrare tutto, tenendo ben presente certi esempi virtuosi e porli alle fondamenta di una società fondata su condivisione e solidarietà sempre auspicata ma mai praticata.