Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 7 dicembre 2018

Quando il profitto avvelena i cittadini

Potere al Popolo Frosinone



L’assemblea territoriale di Potere al Popolo di Frosinone effettuerà il prossimo 12 dicembre dalle 10,30 alle 12,30 un presidio con comizio a Ceccano presso il ponte sul fiume Sacco limitrofo alla ex fabbrica Annunziata (Via Ponte).
La puntuale imbiancata di schiuma che avvelena il fiume quando le piogge si fanno più insistenti ha suscitato l’ennesimo inconcludente interesse dei media sul dramma dell’inquinamento.
La piaga che affligge tutta la Valle del Sacco è strumentalizzata da parte di comitati elettorali ed oligarchie territoriali per raccogliere facile consenso, alimentando false aspettative ed ipocrite solidarizzazioni.
E’ convinzione dei militanti di Potere al Popolo di Frosinone che fino a quando gli investimenti per la strutturazione e ammodernamento degli impianti di depurazione delle acque, saranno considerati una distrazione indebita di denaro all’accumulazione del profitto, il degrado ambientale del Fiume Sacco e di tutta la Valle, non avrà mai soluzione.
Perché il depuratore di Anagni, costato milioni di euro alla comunità, spesso non funziona o funziona male?
Forse perché l’acqua che affluisce all’impianto deve passare per un processo di preliminare depurazione che le imprese non si curano di attivare a salvaguardia del loro profitto?
E’ fuorviante deviare il problema sul binario morto degli esami chimici, sulla più o meno letalità delle sostanze che avvelenano il fiume, con un fugace quanto effimero can can mediatico.
Noi di Potere al Popolo ribadiamo con forza che fino a quando non si rigetterà l’attuale sistema economico che antepone gli interessi del capitale alla salute e ai diritti inviolabili delle persone, il problema dell’inquinamento, del consumo indiscriminato di suolo e di bulimica cementificazione di spazi ecologicamente rilevanti , non avrà mai soluzione.
Per questo motivo invitiamo tutti i cittadini a Ceccano per manifestare con noi il rifiuto di una politica che salvaguardia gli interessi gli affari a discapito della vita delle persone.

PaP Frosinone
Evento Facebook:

mercoledì 5 dicembre 2018

IL LAVORO DI CITTADINANZA



Presentazione
Art. 4 Cost.: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

E’ giunto il momento di dare una lettura diversa di questo fondamentale principio costituzionale.

L’interpretazione tradizionale afferma che lo Stato deve limitarsi a favorire  condizioni  economiche generali che possano poi spontaneamente creare posti di lavoro.

La tesi di questa proposta è invece diversa, perché si basa sull’assunto per cui, se il mercato spontaneamente non crea sufficienti posti di lavoro, deve essere lo Stato ad intervenire in modo diretto.  Vi è una enorme disoccupazione, ormai  strutturale.

Negli anni 'Novanta, Jeremy Rifkin affrontava il tema nel suo "La fine del lavoro". Da allora il lavoro ha continuato a diminuire a moto crescente. L'introduzione delle nuove tecnologie ha radicalmente spazzato via una serie di lavori, ancora esistenti pochi anni fa.

Il processo è quello di desertificazione crescente, che interessa soprattutto i profili lavorativi meno qualificati. Secondo l'economista francese Thomas Piketty ("Il capitalismo del XXI secolo"), la ricchezza mondiale ed italiana si accumula sempre di più nelle fasce alte del reddito, schiacciando il ceto intermedio (in particolare quello a bassa qualificazione) e lasciando la fascia più povera della popolazione senza redditi e inesorabilmente senza lavoro.

Sul punto, come noto vi è da tempo la proposta di reddito di cittadinanza. Luciano Gallino: "La presente proposta vuole rappresentare una sintesi e un passo in avanti. Oltre al diritto al reddito va, infatti, riconosciuto un diritto al lavoro.

Sotto il profilo del diritto, il lavoro è un modo fondamentale di esplicazione della personalità. Il lavoro è il contributo dell'individuo alla costruzione della società in cui vive. È una fondamentale modalità relazionale. Nel lavoro l'individuo cresce, si forma, si organizza. Hegel afferma che «L'uomo è l'essere che nel costruire il mondo costruisce se stesso».

Il lavoro è però anche un dovere, nella misura in cui è contributo al bene comune.

La proposta
Si tratta di una proposta radicale, con forte valenza simbolica: lavoro per tutte e per tutti.

Non come promessa generica. Come diritto soggettivo. Chiunque deve potersi presentare e dire: «Io domani voglio lavorare». E lo Stato, per legge, deve dare un lavoro.

Come detto, l'articolo 4 della Costituzione afferma: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto».

Si è discusso a lungo se questa affermazione costituisse un diritto soggettivo del cittadino. Questa proposta afferma che debba esserlo.

Occorre poi superare la contrapposizione tra lavoro e  reddito.

Il reddito è temporaneo  nel tempo necessario per la riqualificazione e la ricerca del nuovo lavoro. E’ quindi una soluzione di passaggio, ma non appare una risposta al cambiamento epocale che abbiamo vissuto.

Certamente, se il Pubblico non può dare un lavoro, nel frattempo deve garantire un reddito.

Ma il centro della proposta è il diritto al lavoro.

Occorre quindi superare  la posizione tradizionale, che non vede nel diritto al lavoro attribuito dalla  Costituzione  un diritto “perfetto”, ossia, uno di quelli azionabili in sede giudiziaria. Secondo questa lettura,  il diritto al lavoro, come gli altri diritti sociali è “azionabile in sede politica attraverso il processo democratico.

Lo Stato rimuove, si dà da fare, fa quel che può, si impegna ('poi getta la spugna con gran dignità'... cantava De Andrè).

Oppure quello che è il passo avanti decisivo.

Il lavoro è (diventa) un diritto soggettivo pieno - perfetto- azionabile in ogni sede. Debitore è lo Stato, creditore chi non lavora. 

Fondamento giuridico, peraltro, rinvenibile nella stessa Costituzione, non solo nel primo comma dell'art.4, ma soprattutto nel secondo, laddove è scritto 
"Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società"

Se come cittadino  ho anche il dovere di svolgere una 'attività o funzione' , vuol dire che lo Stato mi deve mettere in condizione di adempiere. 
  
Altro punto essenziale:  il lavoro cessa di essere solo un mezzo per produrre altri beni sociali, ma è esso stesso bene sociale che deve essere prodotto dalla collettività.  

Occorre infatti comprendere che il sistema capitalista, senza intervento pubblico, non produce spontaneamente sufficiente lavoro per tutte/i.

Lo Stato, quindi non si deve limitare ad usare lavoro, ma deve intraprendere iniziative volte , semplicemente, a crearlo. E’ questo il cambio di prospettiva.  Garantire ai cittadini il benessere attraverso la possibilità di esplicare le loro potenzialità attraverso attività di contribuzione al bene pubblico.

Come conseguenza di questo processo lo Stato otterrà anche altri beni pubblici come effetto del lavoro 

È il cuore della proposta. Il lavoro di cittadinanza è un lavoro di (almeno)  5/6 ore al giorno, pagato con una somma tale da permettere la sopravvivenza (si veda oltre per gli importi, comunque non inferiori a quelli da CCNL).

Appena fa richiesta, il lavoratore viene indirizzato a un lavoro, sulla base di aspirazioni, competenze e necessità. Le competenze possono essere acquisite anche nel percorso formativo di cui sopra.

Questo significa che occorrerà tenere conto delle inclinazioni di ciascuno. L'ingegnere potrà tenere ripetizioni e assistenza allo studio agli studenti di Ingegneria, il pianista farà lezioni di musica, l'avvocato collaborerà all'ufficio sanzioni del comune. 

Il nodo essenziale deve però essere uno: le prestazioni di lavoro non devono sostituire lavori o servizi esistenti, ma creare una nuova utilità sociale, che prima non esisteva. Questa utilità andrà a beneficio di cittadini e imprese. A questo punto, il lavoratore chiamato potrà rimanere nella condizione quanto vuole, anche per tutta la vita se trova un equilibrio. Lui restituisce alla società più di quello che riceve.

Sia in fase iniziale, sia in fase successiva, il singolo lavoratore o un gruppo di soggetti può presentare progetti, in cui si individuano bisogni sociali irrisolti, in cui impiegare le proprie energie lavorative.

In sostanza, i singoli o i gruppi di lavoratori, potrebbero redigere delle proposte (o delle controproposte) di lavoro.

Ad esempio: un gruppo di lavoratori sviluppa un progetto di recupero e visite guidate al parco della Marcigliana, fino a quel momento abbandonato a se stesso. O un progetto di apertura giornaliera delle case romane di S. Paolo alla Regola, fino a quel momento rimaste chiuse. O un progetto per rappresentazioni teatrali nelle scuole, o per recitare poesie sulla spiaggia di Ostia nelle notti d'estate.

Nel progetto vanno indicati anche costi, tariffe ed utili per il pubblico (biglietto che si può richiedere).

L'attività di organizzazione dei lavori, di approvazione e controllo dei progetti è rimessa ad altri lavoratori di pubblica utilità. Questi stessi lavoratori potrebbero aiutare gli altri a sviluppare progetti di lavoro.

Il campo di lavoro
Si è detto come si debba trattare della valorizzazione di beni e servizi attualmente improduttivi o sotto-utilizzati.

L'obiettivo è quello di generare utilità in attesa di realizzazione e concretizzazione. I beni pubblici "improduttivi" sono, evidentemente, la prima risorsa da sfruttare.
Alcuni esempi: 

Ci sono moltissimi beni culturali in attesa di valorizzazione e che necessitano di manutenzione. Beni ambientali: parchi, riserve naturali, spesso rimangono chiuse perché possono essere fruite solo con visite guidate. 

Piano per la formazione ed istruzione, di supporto alle famiglie. Le famiglie sono chiamate sempre più al supporto dei figli che studiano.  Assistenza ad anziani e invalidi; servizi per l'infanzia. Si pensi a un pulmino che prelevi bambine e bambini da casa, conducendoli a scuola e/o viceversa: riduce il traffico e l'inquinamento, aiuta le famiglie. O il classico servizio di "autobus a piedi". Ancora, un servizio di baby sitting collettivo, serale (sempre nelle scuole).  

Istruzione a domicilio. Grande piano di alfabetizzazione informatica. Formazione nel settore informatico. Realizzazione di Pec, per tutti i cittadini (promessa, ma mai attuata dallo Stato). 

Valorizzazione dell'usato. Grande servizio nazionale di ritiro e recupero di beni non più utili:  piano per i trasporti alternativi, per le biciclette (vigilanza e riparazione) e per la diffusione di ulteriori mezzi di trasporto sostenibili. Es.: istituzione presso ogni fermata metro e ferroviaria di servizio di custodia (di bici private) ed affitto biciclette. 

Settore turistico: utile impiegare lavoratori nel settore dell'accoglienza turistica. Informazioni, indicazioni, vigilanza sulle eventuali truffe ai turisti.  

Settore agricolo e del biologico: alcuni lavoratori potrebbero essere impiegati nel settore. 

Settore delle energie rinnovabili: il settore tradizionale dell'energia solare è ben coperto dall'offerta privata. 

Piano per la residenzialità alternativa. Assistenza aiuto all’inserimento, formazione  per gli immigrati.

 È l’intera gestione del sistema che può essere affidata agli stessi lavoratori d.c.
I campi di intervento sono comunque moltissimi. Sarà poi lo stesso sistema a selezionare ed immaginare altri campi di intervento.

Il lavoro non può più rimanere un fatto esclusivamente privato, di cui lo Stato si disinteressa, ma bensì un diritto oltre che un dovere del cittadino.

(Umberto Terracini, La Costituzione e i diritti del lavoro, in Costituzione della Repubblica, Roma, 1948, da Dalla monarchia alla repubblica. 1943-1946, la nascita della Costituzione italiana a cura di Enzo Santarelli, L'Unità-Editori Riuniti.)

domenica 2 dicembre 2018

UNA LETTERA APERTA A TUTTI I DOCENTI UNIVERSITARI DI DIRITTO COSTITUZIONALE

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo



Chiarissimi professori,vi preghiamo di voler rivolgere, col valore della vostra competenza accademica, della vostra sapienza giuridica, della vostra umana saggezza, una corale richiesta al Presidente della Repubblica affinche' difenda la Costituzione e non promulghi l'incostituzionale "decreto sicurezza" che - subendo il diktat del Governo della disumanita' - una obnubilata maggioranza parlamentare di protervi e di insipienti ha scandalosamente avallato e convertito in legge.
A nessuna persona pensante sfugge che il cosiddetto "decreto sicurezza" reca misure razziste palesemente incostituzionali.
La prestigiosa "Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione" ha evidenziato numerosi e fin sesquipedali profili di incostituzionalita'.
L'autorevole Presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia ha stigmatizzato quelle misure razziste ed incostituzionali con la lapidaria definizione di "apartheid giuridico".
Le voci piu' stimate della riflessione morale e dell'impegno civile nel nostro paese hanno evidenziato l'anomia, l'insensatezza e la disumanita' di misure persecutrici che violano fondamentali diritti umani.
*
Chiarissimi professori,
riteniamo che un vostro autorevole appello sarebbe ascoltato con estrema attenzione dal Capo dello Stato.
Vi preghiamo pertanto di rivolgerglielo con la massima tempestivita'.
E' questo il momento di esprimervi e farvi ascoltare in pro del bene comune, di essere per cosi' dire portavoce non solo della cultura giuridica ma anche della civilta' tout court, del sentire comune di ogni persona sollecita del pubblico bene.
*
Chiarissimi professori,
chiedete al Presidente della Repubblica di respingere una scellerata follia; chiedete al Presidente della Repubblica di difendere la legalita' costituzionale; chiedete al Presidente della Repubblica di difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Chiedete al Presidente della Repubblica di non promulgare e di rinviare alle Camere quel testo affinche' ne siano cassate tutte le abominevoli misure razziste ed incostituzionali.

Il progetto Rodotà diventa legge di iniziativa popolare

Alberto Lucarelli, 30.11.2018



Beni comuni. Ripartiamo da quel testo perché le leggi sul demanio, sulla proprietà pubblica non sono state in grado di tutelare i beni ed i diritti dei cittadini, contribuendo piuttosto al depauperamento e al saccheggio delle risorse naturali, delle infrastrutture, dei servizi pubblici, dei diritti sociali senza benefici per la collettività.

 Oggi, all’Accademia dei Lincei, nell’ambito di un Convegno su Quale futuro per i beni pubblici, verrà rilanciato il disegno di legge Rodotà, elaborato 10 anni fa per tutelare i beni ed i servizi pubblici. 

Lo strumento per riproporre quel testo, boicottato da tutte le maggioranze parlamentari, ostaggio del mito delle privatizzazioni, sarà la legge di iniziativa popolare. È un istituto previsto dalla Costituzione, di democrazia partecipativa, che dà senso al concetto di sovranità popolare e di democrazia sostanziale. Il testo Rodotà, seppur boicottato dalle maggioranze che si sono succedute, ha vissuto in questi anni attraverso i cittadini, i giudici, gli amministratori locali, realizzando un vero e proprio “diritto dal basso”. 

Introdurre nel nostro ordinamento giuridico le categorie dei beni comuni (risorse naturali), dei beni sociali (istruzione, ricerca, lavoro, salute) e dei beni sovrani (infrastrutture strategiche, servizi pubblici essenziali), significa dare attuazione alla Costituzione e dare risposte al neoliberismo e al capitalismo finanziario. 

Siamo convinti che possa aprirsi, proprio attraverso la legge di iniziativa popolare, un forte dibattito politico nel paese, in grado di evidenziare come i processi di privatizzazione abbiano privato lo Stato di importanti entrate di cassa, nonché di assetti industriali che rappresentavano la spina dorsale dell’economia pubblica e del sistema di welfare che, in parte, si reggeva su di essa.

Si è di fatto realizzata, senza che la normativa sui beni pubblici fosse in grado di porre ostacoli, la consegna a monopoli privati di attività e servizi gestiti precedentemente dal pubblico. In presenza di monopoli naturali, privi di situazioni di concorrenza, attraverso le privatizzazioni si è realizzato il trasferimento di ciò che prima era in mano pubblica dunque di proprietà dei cittadini attraverso lo Stato a poche mani private, che hanno potuto realizzare profitti senza rischio industriale. 

Emblematico il caso delle autostrade: un regalo al gruppo Benetton, una rendita garantita con un rischio imprenditoriale nullo, con il contribuente che ha continuato a farsi carico delle spese per la rete. 

Ci voleva purtroppo la tragedia del ponte Morandi per attirare l’attenzione sul ruolo nefasto che le concessioni hanno giocato nel nostro Paese. 

Nel 2007, in Commissione Rodotà, avevamo ben individuato come il sistema normativo dei beni pubblici non fosse in grado di fronteggiare le privatizzazioni selvagge e come la legislazione speciale
post Maastricht avesse accelerato tale processo di impoverimento dello Stato e di negazione dei diritti dei cittadini. 

Siamo ben consapevoli che l’istituto dell’iniziativa popolare sia considerato uno strumento debole, ma siamo anche certi che possa consentire l ‘apertura di un importante dibattito. Penso in particolare alla legge di iniziativa popolare sull’acqua del 2006 che raccolse mezzo milione di firme aprendo un dibattito ed una mobilitazione politico-sociale molto rilevante. Al punto da trasformarsi, come aveva già in Costituente ventilato Mortati, in una proposta referendaria che portò alle urne 27 milioni di cittadini contro il saccheggio predatorio dei servizi pubblici voluto dal decreto Ronchi (2008).