Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 7 giugno 2014

Il governo contro il popolo

Mentre il forum regionale per l'acqua pubblica sta definendo le linee guida per l'applicazione della prima legge d'iniziativa popolare approvata dalla regione in merito alla gestione partecipata  sull'acqua, il paladino eletto come unto del signore dal popolo del Pd  Matteo Renzi,  gliela scippa. Il governo infatti  boccia la legge decisa dal popolo, nè più nè meno  di quanto fatto   da Monti e Berlusconi. Cambiare verso all'Italia è il mantra recitato dalle truppe renziane, già ma solo per alcuni aspetti. Le leggi per la precarizzazione del  lavoro e la volontà di gettare nel cesso quanto deliberato dal popolo, prima con il referendum e poi con la legge d'iniziativa popolare regionale sulla gestione partecipata dell'erogazione idrica,  mantengono drammaticamente lo stesso odioso verso sancito da decenni di potere degli interessi privati, del capitale finanziario,  sulla sovranità del popolo che, nel caso dell'acqua è stata esercitata,senza se e senza ma, nelle forme e nei limite della Costituzione. Ricordare come nel 2011 gli Ascari piddini cavalcarono alla stregua di   una loro vittoria quella ottenuta nei referendum organizzati dai comitati per l'acqua pubblica è ributtante e nauseabondo. VERGOGNATEVI!!!

Luciano Granieri

Il governo ferma la legge del Lazio sull’acqua “pubblica”


Il governo ferma la legge del Lazio sull’acqua ‘pubblica. E, lo fa impugnando il provvedimento che la Regione aveva approvato meno di tre mesi. Alla base della decisione di Palazzo Chigi il contrasto con la Costituzione. La ‘bocciaturà ha per molti un suono stridente rispetto ai risultati referendari, dal momento che la legge in questione (‘Tutela, governo e gestione pubblica delle acquè, la n.5 del 4 aprile 2014, approvata dal Consiglio regionale all’unanimità) era la prima che, di fatto, traduceva in disposizioni normative le proposte avanzate dal ‘popolò dell’acqua pubblica nel 2011, poi votati da 27 milioni di italiani. E c’è anche chi, come Forza Italia, spara la cartuccia dello scontro politico tra il premier Matteo Renzi e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Ora, su proposta del ministro per gli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta, il consiglio dei ministri decide di impugnare quella legge perchè «numerose disposizioni, riguardanti l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, contrastano con la legislazione statale in materia di tutela della concorrenza, dell’ambiente, e dell’ordinamento civile»; tali disposizioni infatti – afferma Palazzo Chigi – sono «in violazione» del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione. «È grave e non giustificabile – osserva subito Green Italia – l’impugnazione decisa dal governo che rappresenta la traduzione normativa della vittoria dei cittadini che hanno combattuto e poi votato al referendum perchè l’acqua restasse un bene di tutti. Impugnare una legge che chiaramente è in linea con l’esito referendario è uno schiaffo». Sulla stessa linea il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, che ‘pungè Palazzo Chigi: «La decisione del governo è forse il primo passo per una privatizzazione delle risorse idriche del nostro Paese. È incomprensibile che il governo abbia voluto impugnare uno dei pochi atti legislativi che ha seguito proprio a le indicazioni referendarie». Sposta il tavolo del confronto Giuseppe Simeone, consigliere regionale di Forza Italia, facendone una questione politica: «Avevamo mosso dei rilievi e siamo stati derisi. Oggi quei rilievi sono patrimonio dell’impugnativa del governo contro quella stessa legge. Non si può certo dire che il governo sia di un’altra parte politica. Zingaretti è stato bocciato da Renzi». A rincarare la dose ci pensa Ncd, con il capogruppo regionale Pietro Di Paolo: «Il governo Renzi boccia Zingaretti» dimostrando «l’approssimazione della giunta di centrosinistra» che lavorando con «superficialità» ha fatto «un lavoro in fretta in furia. Zingaretti ora faccia i compiti a casa e rimedi al pasticcio». La legge ‘fermatà dal Cdm stabilisce che «l’acqua è un bene naturale e un diritto umano universale». Un principio che apre alla definizione di assenza del mercato dalla gestione dell’acqua: «Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili». La gestione deve essere svolta «senza finalità lucrative e ha come obiettivo il pareggio di bilancio, persegue finalità di carattere sociale e ambientale». Tanto che prevede la costituzione di due fondi: il primo per la ‘ripubblicizzazionè (cioè gli enti locali che vogliono tornare a gestire il servizio), il secondo di «solidarietà internazionale» per «concorrere all’accesso all’acqua potabile a tutti gli abitanti del Pianeta» anche grazie a progetti di cooperazione.

Renzi      blocca   Zingaretti     sull'l'acqua 
Andrea Palladino, 6.6.2014 fonte : http://ilmanifesto.it/
Beni comuni. Per il governo la norma approvata dal consiglio del Lazio «viola la concorrenza»
Era la prima legge per la gestione — pub­blica e par­te­ci­pata — nata diret­ta­mente dai con­si­gli comu­nali, su spinta dei movi­menti. Riguarda il Lazio, dove opera Acea, il primo gestore di acque­dotti del paese, con milioni di cit­ta­dini ser­viti. Per Mat­teo Renzi, però, è da rifare.
Il con­si­glio dei mini­stri ha impu­gnato ieri la legge regio­nale appro­vata due mesi fa, «in quanto nume­rose dispo­si­zioni — si legge nel comu­ni­cato stampa del governo — riguar­danti l’organizzazione e la gestione del ser­vi­zio idrico inte­grato, con­tra­stano con le regole riser­vate alla legi­sla­zione sta­tale in mate­ria di tutela della con­cor­renza, dell’ambiente, e dell’ordinamento civile, in vio­la­zione dell’articolo 117, secondo comma, let­tere e ), l), e s), della Costituzione».
Tutela della con­cor­renza è l’espressione che ha con­sen­tito ai governi Monti e Ber­lu­sconi di aggi­rare il refe­ren­dum del 2011, man­te­nendo, nei fatti, un sistema di gestione pri­vata dell’acqua. Lo stesso pas­sag­gio della com­pe­tenza per le tariffe all’agenzia per l’energia ha avuto come esito la ripro­po­si­zione della remu­ne­ra­zione del capi­tale inve­stito — abro­gata dal voto popo­lare — sotto altra forma. La legge della regione Lazio intro­du­ceva il prin­ci­pio della gestione senza pro­fitto, con la pos­si­biltà di resti­tu­zione ai comuni della sovra­nità effet­tiva sul sistema idrico inte­grato. Da subito i gestori, con Acea in prima linea, hanno fatto sapere non aver gra­dito la nuova legge, evi­den­ziando pro­prio una pre­sunta vio­la­zione della con­cor­renza. La stessa osser­va­zione arri­vata dal con­si­glio dei mini­stri di ieri. Ora si pro­fila uno scon­tro tra la giunta Zin­ga­retti e il governo Renzi, sul tema deli­cato delle pri­va­tiz­za­zioni. A patto che il gover­na­tore voglia ancora difen­dere la nuova legge, votata dalla sua maggioranza.

venerdì 6 giugno 2014

Multiservizi: venerdì 6 giugno 2014 giorno, 61 di presidio

Comitato di Lotta Frosinone


Stasera ore 20 la Commissione Consiliare del Comune di Frosinone licenzia un documento unanime sulla fattibilità economica di un possibile piano d’impresa per una nuova società pubblica che vedrebbe impegnati circa 200 lavoratori della ex Frosinone Multiservizi.
Il piano si rivela differente da quello proposto dai lavoratori sia sulle proiezioni del CCNL ee.ll. riguardanti il costo del lavoro, sia sugli importi IVA. Così rimodulati i costi, ci sarebbe posto per meno lavoratori o per un salario a 18 ore. 
Rimane positivo il fatto che finalmente si tornerà in Regione con una posizione condivisa tra gli enti e tra le forze politiche. Ci sarà spazio in seguito per discutere degli importi.
Tutto questo però è subordinato alle precisazioni che l’Amministrazione di Frosinone ha preparato per le autorità competenti ministeriali alle quali si sarebbe rivolto per “districare” alcune posizioni, ma che per i lavoratori sono state ampiamente affrontate e risolte: 
a) Sulle norme che pongono vincoli sulle spese del personale delle società partecipate ai fini del computo della incidenza percentuale delle spese di personale con le spese correnti, il dirigente delle finanze del Comune di Frosinone Giannotti ai primi di dicembre u.s. in sede di riunione con Regione Lazio affermò che il costo del personale dell’ente a cui bisognerebbe aggiungere quello della società in house non avrebbe superato la soglia stabilita del 50%. Anzi non supera nemmeno il 40%.
b) La Corte dei Conti, che monitora semestralmente l’ente locale sul piano di riequilibrio economico finanziario, deve essere informata sul fatto che l’ente non procederebbe più all’esternalizzazione dei servizi ma alla costituzione di una società in house.
c) Sulle assunzioni il comune di Frosinone sostiene che il “passaggio del personale” dalla Multiservizi alla nuova società deve essere fatto attraverso un concorso pubblico. La Regione ha precisato che ciò non costituisce un ostacolo, in quanto le disposizioni vigenti non prevedono per il reclutamento del personale nelle società in house il concorso pubblico. Infatti, sebbene, l’art. 7 del d.P.R. n. 168 del 2010 imponga alle società destinatarie delle disposizioni l’adozione di “propri provvedimenti di individuazione di criteri e modalità per il reclutamento del personale”, ciò non deve indurre a ritenere sussistente una potestà autoritativa. Il termine “provvedimenti” non si associa necessariamente ad una funzione pubblicistica: ove il legislatore avesse inteso estendere le procedure concorsuali alle società partecipata da enti pubblici avrebbe dovuto espressamente affermarlo. 

Venerdì 4 giugno si è svolta l’Assemblea dei Soci della ex Frosinone Multiservizi in liquidazione. L’ordine del giorno verteva su nuove cartelle di Equitalia che impegnano i liquidatori a pagare obbligatoriamente cifre sui €.250.000,00. Da quello che è trapelato sembra che gli enti abbiano accordato alla Frosinone Multiservizi l’incasso a breve degli ultimi crediti degli enti (€.100.000,00 la Provincia e ca €.500.000,00 il Comune di Frosinone). Rimane in alto mare la vicenda del ripianamento dei debiti, con una unitaria posizione degli enti locali di non porre mano al portafoglio anche davanti all’impegno regionale che per €.4 milioni è disposto a ripianare la propria parte debitoria. 
Sul TFR tutto in alto mare. I liquidatori starebbero ricontabilizzando l’anno 2007 poiché l’INPS non avrebbe allineato i dati e quindi non riuscirebbe a destinare correttamente il TFR. Ci vorrà tempo.

E io pago

a cura di Luciano Granieri.

Ecco la nuova tassa sulla monnezza. Il comune di Frosinone invierà a tutti i cittadini l'avviso di pagamento per la TARI, che insieme alla TASI e all'IMU fa parte della IUC....E CHE CAZZ. Siamo seri. la TARI è, per la precisione,  la TASSA CHE FINANZIA I COSTI DEL SERVIZIO DI RACCOLTA E SMALTIMENTO DELL'IMMONDIZIA. Dopo acerrime lotte e ripensamenti è stata esclusa la voce TANGENTI, ma chissà che in un prossimo futuro questo importante capitolo di spesa non venga ripristinato. Si sa la tangente è un atto d'amore. La TARI dicevamo. L'amministrazione comunale invierà, per posta semplice, avvisi di pagamento ai contribuenti, suddividendo l'importo complessivo in tre rate che scadranno rispettivamente nel mese di luglio, settembre e novembre. Ma se volete pagare subito al comune non gli fa schifo. Sporchi maledetti e subito da saldare  tutto entro luglio. Paga la TARI quel fortunato buontempone che possiede, occupa o detiene,  a qualsiasi titolo, anche di fatto,  locali o aeree scoperte a qualunque uso adibiti. Luoghi ameni cioè dove è possibile produrre monnezza. Ma quanto ci costa? Il calcolo è semplice. A seconda del numero di componenti del nucleo famigliare si individuano due quote  una fissa che va moltiplicata per la grandezza della superficie calpestabile,  a cui va aggiunta  quota variabile decisa alla come cazzo gli pare dal Comune il tutto rivalutato del 5% . Non avete ancora capito? E vva bbuo beccatevi la tabella fatevi i vostri conticini e non suicidatevi.... perchè solo alla morte non c'è rimedio.
SCHEMA DI CALCOLO DELLA TARI: TASSA SUI RIFIUTI
N.Componenti famiglia Quota Fissa x mq. Quota Variabile
1 1,23 66,89
2 1,34 156,08
3 1,46 200,68
4 1,57 245,27
5 1,68 323,31
6 o più componenti 1,76 379,06
il risultato va rivalutato del 5%

Senza cultura non c'è futuro

SALVIAMO  LE TERME ROMANE E I TESORI ARCHEOLOGICI DELLA NOSTRA CITTA
PER SALVARE LA NOSTRA STORIA, LA NOSTRA CULTURA E LA NOSTRA IDENTITA

                      SENZA CULTURA NON C’E’ FUTURO

Lunedì 9 giugno 2014, alle ore 20,30, presso la Casa del Volontariato (adiacente cinema ARCI), --
 in Via PierLuigi da Palestrina  - Frosinone Scalo, si terrà un

INCONTRO DI ASSOCIAZIONI E DI CITTADINI



Per decidere insieme tutte le iniziative da mettere in atto per impedire che 35.000 metri cubi di cemento seppelliscano per sempre le Terme Romane, i tesori archeologici, la qualità della vita del Capoluogo e la nostra volontà di rinascita e di progresso.

                                                                       

Programmazione POR-FESR 2014-2020. Tavolo provinciale

Luciano Granieri


Giovedì scorso 5 giugno ho partecipato come esponente del Comitato L.I.P. Legge d’Iniziativa Popolare per la Valle del Sacco,  al tavolo di partenariato provinciale, organizzato dalla Regione Lazio  per la programmazione dei fondi  POR-FESR  2014-2020. Il FESR   è un  fondo europeo di sviluppo regionale  che assieme ad altri fondi,  come  l’ FSE fondo europeo sociale, il FEASR  fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale  e il FEAMP fondo per gli affari marittimi e la pesca,  opera nell’ambito  di un quadro comune di investimenti europei  denominato SIE.  

Attraverso tale programma  settennale 2014-2020 ogni Stato membro può finanziare dei progetti presentati da partner quali,   istituzioni locali, istituti di istruzione superiore e di ricerca, parti sociali, camere di commercio ed associazioni imprenditoriali, organismi che rappresentano la società civile, associazioni ambientaliste,  associazioni non governative, organismi di promozione dell’inclusione sociale.  

I progetti  devono strutturarsi  al fine di ottenere diversi obbiettivi nel territorio  fra i quali la tutela dell’ambiente e delle risorse culturali, la creazione di buona occupazione, la programmazione di attività per l’inclusione sociale, la promozione di istruzione e formazione.  Il  progetto che il comitato L.I.P. sta mettendo a punto per la Valle del Sacco risponde a questi criteri. 

 E’  un sistema  integrato.  Un progetto  che passa per piani di bonifica e risanamento ambientale della Valle, prevede  la realizzazione di un modello di sviluppo orientato alla creazione di attività produttive dalle finalità ecosostenibili (green work), il   recupero delle attitudini agroalimentari del territorio  (green food),  la promozione del turismo attraverso la valorizzazione del panorama artistico, culturale (green touring)  e la formazione delle necessarie competenze per poter realizzare queste attività. 

Il programma di accesso ai fondi   FESR prevede  il coinvolgimento della Regione  quale coordinatrice  dei   partner portatori di interesse.  l'Ente regionale, però,  non può determinare la partecipazione dei vari soggetti che, in base alla  normativa europea (regolamento UE  n.240 del 07.01.2014), deve avvenire “secondo un criterio inclusivo nel rispetto del pluralismo coinvolgendo anche associazioni del volontariato, delle comunità locali, con la partecipazione di organizzazioni di varie dimensioni e tipologie e di piccoli soggetti innovativi”.  Il 6 maggio scorso  il comitato L.I.P. ha inviato alla Regione istanza di ammissione al Tavolo di Partenariato e l’inclusione nell’elenco dei partner  per la programmazione dei fondi POR-FESR  2014-2020,   forte di un progetto che, come prima accennato, risponde in pieno ai requisiti europei. Fra l’altro, prevedendo la trasformazione del piano  in legge d’iniziativa popolare,  alla cui redazione possono concorrere tutti i cittadini, sempre nel rispetto delle linee guida definite,  si soddisfa anche il principio stabilito dalla normativa  di ottenere la  massima partecipazione e coinvolgimento della cittadinanza nel progetto.  

A differenza di altri portatori di interesse già ammessi la tavolo di partenariato, con proposte meno specifiche  e strutturate della nostra, noi siamo ancora in attesa di una riposta, quando,  secondo i dettami europei  avremmo dovuto essere coinvolti sin dall’apertura del tavolo regionale.  Per chi come noi non è stato invitato a questa importante e decisiva fase , la Regione ha organizzato degli incontri territoriali nel corso dei quali raccogliere le proposte di movimenti e associazioni. 

Ma è bene ricordare che una tappa di consultazione territoriale provinciale  non è prevista nel regolamento per l’organizzazione dei tavolo del partenariato, per cui partecipare a questi incontri non consente di essere attori attivi, come chi è inserito nel programma regionale. In pratica è l’ajetto  con cui la Regione cerca di consolare gli esclusi.  Dunque assistere all’incontro di ieri, organizzato presso la Camera di Commercio di Frosinone,   è servito a poco. Se non altro mi sono reso conto del mondo che ci gira in torno, quali sono le proposte degli altri  stakeholder. 

  Il tavolo dei relatori era composto, oltre che dal padrone di  casa Marcello Pigliacelli, presidente della Camera di Commercio, da Paolo Orneli, responsabile  segreteria dell’assessorato alle attività produttive della Regione, Rosanna Bellotti, direttrice della  attività produttive della Regione Lazio, Giorgio Pugliese direttore regionale per la  programmazione economica.  Sono intervenuti  anche Daniela Bianchi, consigliere regionale e l’assessore regionale all’ambiente Paolo Refrigeri. 

Tralasciando gli interventi dei dirigenti regionali, basati sull’illustrazione delle modalità di presentazione dei progetti e su una certa prevedibile esaltazione dell'operato  dall’ente guidato da Zingaretti, mi sono concentrato sui rappresentanti delle associazioni partner,  o aspiranti tali. Unindustria,  associazione dei costruttori edili, Università degli studi di Cassino, associazioni ambientaliste e sindacati, fra gli altri, si sono alternati al tavolo delle proposte. Si è passati da indicazioni e suggerimenti  costruttivi e interessanti,  a questue vere e proprie della serie: “datece li sordi

Personalmente ho apprezzato una parte dell’intervento di Francesco Raffa nel quale il coordinatore provinciale di Legambiente auspicava che, a fronte di una conclamata  necessità di bonifica e riqualificazione ambientale della Valle del Sacco, si procedesse coerentemente a quest’obbiettivo evitando di pianificare la costruzione nel comprensorio di inceneritori o impianti di trattamento rifiuti TMB, strutture ad alto impatto ambientale che mal si conciliano con il programma di riqualificazione del territorio in questione.  

Forse sarò di parte, ma gli unici interventi veramente propositivi sono stati i nostri: quello di Severo Lutrario,  e Luisa Montoni, iscritti al comitato L.I.P.  ma presenti in rappresentanza della confederazione USB, il primo,   e del forum regionale acqua pubblica la seconda, e quello del sottoscritto che ha provato nei 5 minuti concessi a  descrivere il progetto L.I.P.  

In conclusione ho avuto la netta sensazione che ancora non sia chiara la portata del cambiamento normativo del programma POR-FESR 2014-2020 rispetto al programma precedente 2007-2013. Prima dall’Europa passava il seguente messaggio. Proponi qualche attività e ti darò un po’ di soldi. Oggi il messaggio è:  Cosa vuoi fare,perché lo vuoi fare, quali obbiettivi  e benefici per la comunità vuoi raggiungere, in quanto tempo li vuoi raggiungere,  come prevedi  di controllare  le varie fasi di progressione del progetto e correggere   le criticità.  Una bella differenza. Ma noi del comitato L.I.P.  legge di iniziativa popolare per la Valle del Sacco siamo pronti.




L'inchiostro è il sangue Palestinese: Erri De Luca e sostenitori

Samantha Comizzoli

Messaggio per Erri De Luca e suoi sostenitori dalla Palestina occupata dal mostro nazista israeliano.

giovedì 5 giugno 2014

Non firmiamo l'accordo vergogna sulla rappresentanza!

Coordinamento "No Austerity"

NO ALLA PRECARIETA' PERMANENTE!
I DIRITTI SINDACALI NON SI SVENDONO!
 
Appello:
ACCORDO VERGOGNA SULLA RAPPRESENTANZA
NON FIRMIAMOLO!
 
Aderisci anche tu alla campagna contro l'accordo vergogna sulla rappresentanza
 
Il 10 gennaio 2014 i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno firmato, insieme con i rappresentanti di Confindustria, un accordo ("Testo unico sulla rappresentanza") che azzera la democrazia sindacale nelle aziende private, estendendo il modello "Marchionne", già in vigore nel gruppo Fiat, a tutte le aziende private. Confindustria, Cgil, Cisl e Uil con questo testo hanno deciso che solo i sindacati che "accettino espressamente, formalmente e integralmente i contenuti del presente accordo" potranno partecipare alle elezioni rsu e nominare rsa. Ma i sindacati che sottoscrivono questo accordo perdono automaticamente il diritto di sciopero e di azione sindacale conflittuale! Infatti, laddove un contratto/accordo (aziendale o nazionale) fosse sottoscritto dal 50% + 1 delle rsu/rsa o sindacati di categoria, né i sindacati firmatari né le rsu potranno più organizzare iniziative di sciopero, di lotta o di contrasto sindacale in generale contro quel contratto/accordo. I sindacati firmatari che organizzeranno azioni contro un contratto/accordo che non hanno approvato potranno subire sanzioni economiche (multe) e la soppressione di importanti diritti sindacali. Non solo: non sarà nemmeno più possibile organizzare proteste o scioperi durante le trattative! 
Si tratta di un accordo liberticida, che cancella i più elementari diritti, come quello di scioperare contro accordi che non si condividono! 
Facciamo appello alle confederazioni sindacali nazionali, ai sindacati di categoria, ai delegati, ai collettivi aziendali e ai singoli lavoratori o attivisti di tutte le sigle sindacali a:
1. non accettare il ricatto non firmare questo accordo in nessuna istanza (nazionale, di categoria, aziendale).
2. sostenere una campagna di controinformazione in tutti i luoghi di lavoro.
3. organizzare iniziative di lotta ampie e unitarie in tutte le città, promuovendo momenti di protesta in tutte le città. 
4. Costruire una mobilitazione nazionale fino al ritiro dell'accordo stesso.
 
Prime adesioni all'appello:
Cub Toscana
Rsa Fiom Ferrari
Flmuniti Cub Ferrari
Rsu 47 Bordo Toscana
Licenziati politici Esselunga di Pioltello Si.Cobas
Coordinamento Migranti Verona
Resistenza Operaia - Fiat Irisbus
Usb Cremona
Rsu Cub Cobas Telecom Puglia
Si.Cobas Bergamo
Cobas Ostuni
Movimento Cassintegrati Telcom
Cub Sur Modena
Precari della scuola in lotta Modena
Cub Sanita' Cremona
Rsa Fisac Cgil Equitalia Nord (CR)
Rsu Fiom La Protec San Giovanni in Croce
Cobas Monopoli
Comitato No licenziamenti Eco Leather (BA)
Allca Cub Bolzano
Cub Vicenza
Flmu-Cub Telecom Italia (nazionale)
Usb Industria Lombardia
Il sindacato è un'altra cosa - opposizione Cgil Puglia
 

Manda la tua adesione a questo appello scrivendo a:info@coordinamentonoausterity.org 
Indicando: nome, cognome, organizzazione di appartenenza, città, eventuale sindacato o incarico sindacale.
E' particolarmente importante mandare adesioni di sindacati, rsu/rsa, collettivi, organizzazioni.
 
 

Rifiuti, la Valle del Sacco sotto assedio

Rete per la tutela della Valle del Sacco

“Siamo nella fase in cui è necessario mettere un freno a tutti i progetti vecchi e nuovi che si stanno proponendo sul nostro territorio, siamo stanchi di dover contrastare quotidianamente a suon di osservazioni e ricorsi al TAR, oltre che denunce alle autorità giudiziarie, ciò che i cittadini ritengono debba essere deciso in un piano territoriale concordato con la comunità” afferma Alberto Valleriani della Rete per la Tutela della Valle del Sacco (Retuvasa).

Ieri inceneritori, discariche e biomasse, oggi biogas e compostaggio, in una sorta di corsa alla soluzione di un problema indotto da una politica inerte e lontana dai bisogni territoriali.
Se facciamo un conto, anche approssimativo, delle proposte imprenditoriali ci rendiamo conto che la gran parte dei nuovi impianti presentati presso gli uffici autorizzativi della Regione Lazio, risulta di gran lunga superiore alle necessità, con la sensazione, se non certezza, che l’aspetto economico rappresenti l’unica spinta che muove i proponenti.

Ci troviamo, come comunità, a dover contrastare impianti di natura simile, a parte le vecchie scelte programmatiche di discariche e inceneritori, a Ferentino, Supino, Anagni, Colleferro, Genazzano per una capacità di circa 170.000 tonnellate/anno. Se facciamo un conto approssimativo in relazione al rifiuto pro capite prodotto ogni anno con una percentuale del 25-30% di organico, ci rendiamo conto che l’impiantistica proposta dovrebbe servire un bacino di utenza di centinaia di migliaia di abitanti, senza tener conto che la Valle del Sacco ha una caratteristica rurale per cui gran parte del materiale viene smaltito autonomamente.
I numeri sono suscettibili di approfondimento, ma non crediamo si allontanino molto dalla realtà e rendono l’idea di come una nuova programmazione, ora più che mai, sia assolutamente indispensabile.

Per questo i cittadini della Valle del Sacco, oltre a contrastare a livello giuridico-amministrativo questo nuovo assalto al territorio, stanno promuovendo continue mobilitazioni al fine di innalzare nuovamente il livello di attenzione e far rendere conto ad amministrazioni locali, provinciali e regionali, che è sempre più urgente ascoltare e concordare, prima di prendere decisioni avventate.

Il prossimo appuntamento, rivolto a tutti, è di partecipare in massa alla manifestazione di sabato 7 giugno a Ferentino presso la rotatoria del casello autostradale alle ore 15,30, con la parola d’ordine che la Valle è presente e che non può più essere sottoposta  a continuo assedio.

Valle del Sacco, 5 giugno 2014


mercoledì 4 giugno 2014

Irpef, le 10 crepe del decreto

Giorgio Airaudo, Giulio Marcon. Fonte http://www.sbilanciamoci.info/

Tagli drastici agli enti locali e ai servizi, effetti redistributivi e macroeconomici quasi nulli, nessun effetto sul lavoro e sulla disoccupazione che continua a galoppare. In Italia si cerca di accreditare il decreto sugli 80 euro come una misura progressiva, keynesiana e di giustizia sociale. Ma è proprio così?

È segno del degrado della politica vedere utilizzato il decreto sugli 80 euro (n 66/2014) – in discussione al Senato e tra un po' alla Camera – per motivi pubblicitari e di posizionamento politico, senza entrare veramente nel merito del provvedimento. Che non riguarda solamente gli 80 euro in busta paga a 10 milioni di persone, ma molto altro. Bene dare 80 euro al 25 per cento dei contribuenti e alzare la tassazione delle rendite e alle banche per le quote rivalutate di Banca d'Italia. Ma c'è molto di più in quel provvedimento: drastici tagli agli enti locali e ai servizi sociali per i cittadini, aumento della tassazione ai piccoli risparmiatori, gabelle per i passaporti e altro, chiusura delle sedi regionali Rai e probabile licenziamento del personale e molto altro. 10 sono le crepe più preoccupanti di questo decreto.
1. Non per tutti: fuori incapienti, disoccupati, pensionati
Come è noto sono fuori, da questo beneficio, le categorie più povere e bisognose: circa 6 milioni di persone. Per ogni italiano contento, ce n'é almeno un altro (precario, pensionato, ecc.) inbufalito. Un provvedimento rivolto alle classi sociali più basse avrebbe combattuto la povertà estrema ed avuto effetti macroeconomici più significativi (pochi soldi in più a chi ne ha pochi vengono spesi subito, ma non è detto che succeda lo stesso a chi sta un po' meglio). Il governo ha promesso che lo farà nel 2015. Per il momento è un annuncio.
2. Una tantum (per ora) ma non per le imprese
Allo stato attuale l'impegno è solo per il 2014. Per il 2015, il governo ha detto che dovrà pensarci la legge di stabilità di ottobre. Però è da notare che nel decreto IRPEF, mentre il vantaggio per i lavoratori è una tantum, solo per il 2014, il vantaggio per le imprese (riduzione aliquota Irap) è contabilizzato – stabilizzandolo – non solo per il 2014, ma anche per il 2015 ed il 2016. Una tantum per i lavoratori, ma non per le imprese.
3. Effetti macroeconomici nulli
Il DEF, dice che l'effetto sul PIL di questa misura è dello +0,1%. Alcuni istituti indipendenti dicono che l'effetto è nullo mentre secondo altri ha un impatto negativo. Infatti l'effetto positivo del taglio delle tasse è compensato dal taglio della spesa, che ha un effetto negativo sul PIL. E – come ci dicono anche qui i manuali – il “moltiplicatore “ della spesa in investimenti è superiore a quello del taglio delle tasse.
4. Nessun effetto redistributivo
Maggiore reddito per la fascia individuata (lavoro dipendente e assimilato, ceto medio) non viene ottenuto grazie ad una distribuzione della ricchezza dai redditi più alti o dai grandi patrimoni, ma attraverso -in buona parte- una riduzione della spesa che sostanzialmente ha effetti su prestazioni e servizi (regioni ed enti locali) di cui la stessa fascia sociale beneficiaria del provvedimento è fruitrice. Questo sarà soprattutto vero dal 2015 in poi – se il provvedimento sarà stabilizzato – perché ottenuto, quasi sicuramente, tutto con la spending review.
5. Coperture traballanti e dannose
Quasi la metà delle coperture sono una tantum (rivalutazione quote Banca d'Italia, pagamento Iva delle imprese creditrici della Pubblica Amministrazione) e una parte (2miliardi e 100milioni) colpisce le spese di regioni, enti locali e ministeri. L'ufficio studi del Senato – come è noto – ha espresso profonde critiche sulle coperture individuate dal governo. Le entrate dell’IVA legate alla liquidazione dei debiti della Pubblica Amministrazione non rappresentano nuove risorse, ma solo un anticipo per i prossimi anni. C'è poi l’Irap: secondo i tecnici del Senato ci sarà un minor gettito rispetto ai due miliardi previsti. Difficili anche i due miliardi previsti come risultato del contrasto all’evasione per il 2015: “non è stata fornita alcuna informazione in merito a eventuali strumenti o metodologie che si ipotizza di utilizzare per il raggiungimento dell’obiettivo”, dicono i tecnici del Senato. Un po' come faceva Tremonti.
6. Tagli ai servizi dei cittadini: meno welfare
Com'è noto il decreto prevede 2,1 miliardi di tagli a enti locali, regioni e ministeri. Gravissimo. Questo significa tagli ai servizi e alle prestazioni e ai servizi dei cittadini. Ognuno si arrangerà come può: chi ridurrà l'illuminazione, chi abbasserà la temperatura dei riscaldamenti, chi taglierà i finanziamenti alle associazioni, chi ridurrà la manutenzione delle strade, chi farà meno iniziative culturali, chi ridurrà il finanziamento all'assistenza specialistica ai disabili e alla sanità. Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha dichiarato che gli 80 euro vanno bene “purchè non importino drastici tagli alla Pubblica Amministrazione”. Proprio di questo si tratta. La Regione Puglia, a causa di questo decreto, dovrà tagliare 46 milioni dal suo bilancio.
7. Tolte altre risorse ai comuni delle zone agricole e montane
L’esenzione dall’IMU per le piccole aziende agricole delle zone collinari e montane viene ridotta di 350 milioni di euro. Ma il gettito non va ai Comuni bensì all’erario. Così non solo si penalizzano le piccole aziende agricole delle zone interne la cui funzione di salvaguardia del territorio andrebbe valorizzata e sostenuta, ma si sottraggono le risorse dovute ai Comuni.
8. Tagli alla RAI e nuove tasse ai cittadini
Vengono tolti alla RAI 150milioni: che poi sia arrangi vendendo RaiWay, se ce la fa. Il problema non è la giusta lotta agli sprechi, ma il licenziamento dei lavoratori (a partire dai precari), con questi tagli probabile. Poi c'è la tassa sul rilascio dei passaporti che passa da 40 a 73 euro. Poi ce n'è una nuova: una tassa di 300 euro per chi ottiene “il riconoscimento della cittadinanza italiana”. Infine, altra sorpresa per 25milioni di piccoli risparmiatori e correntisti italiani: la tassa sugli utili dei conti correnti passa dal 20 al 26%.
9. Coperture future improbabili
La Banca d'Italia ci ha detto che per il 2015 servono oltre 14 miliardi per finanziare questa misura, includendo l'allargamento agli incapienti. A queste risorse aggiunte quelle che sicuramente dovremo reperire per gli “sforzi aggiuntivi” che ci chiede Bruxelles: tra gli 8 e i 10 miliardi. Poi, servono i soldi – che si mettono in legge di stabilità – per misure inderogabili, quali la CIG, il 5 per mille, le missioni militari all'estero, ecc. In tutto, a seconda delle stime, una somma superiore ai 25 miliardi di euro. Renzi prevede di trovare tutti questi soldi dalla spending review di Cottareli per il il 2015 (17 miliardi), ma anche con la crescita. Ma quale? Va ricordato che nel 2014, l'obiettivo di Cottarelli è stato già abbassato di circa il 25%. Se avvenisse lo stesso anche nel 2015, sarebbero disponibili poco più di 12 miliardi e ne mancherebbero molti altri. I 2miliardi da lotta all'evasione fiscale sono virtuali, dicono i tecnici del Senato.
10. Benefici degli 80 euro compensati da altre tasse
I benefici degli 80 euro sono compensati da nuove tasse. Aumento della tassazione sulla prima casa (+60% rispetto al 2013, secondo Banca d'Italia), aumento della tassazione sui conti correnti, aumento addizionali Irpef comunali e regionali (a causa dei tagli dei trasferimenti), mancati aumenti contrattuali per il pubblico impiego a causa del blocco degli ultimi cinque anni e dei prossimi tre comportano benefici dubbi dal complesso di questa misura. Il tutto potrebbe essere a somma zero, o addirittura con un segno negativo. Le nuove tasse – ha calcolato la UIL – si mangeranno nei prossimi otto mesi oltre il 40 per cento del bonus degli 80: dei 640 euro in più si dovranno sottrarre 278 euro (Tasi più addizionali comunali Irpef). Ciò significa la riduzione al 56% dei benefici. Se a tutto ciò si aggiungono gli effetti dei tagli agli enti locali, allora la beffa è certa.
Quindi bene gli 80 euro (per chi li prende) ma tutto il resto? È un po' un mezzo disastro: tagli drastici agli enti locali e ai servizi e tante imposte indirette, effetti redistributivi e macroeconomici quasi nulli. E nessun effetto sul lavoro e sulla disoccupazione che continua a galoppare: siamo al 13,6% e per i giovani al 46%. Teniamo conto che l'aumento del PIL previsto dal governo (+0,8%) – con il quale il governo spera di finanziare in futuro il provvedimento – è già nel libro dei sogni. Ce lo dicono l'Istat e l'OCSE e la Commissione europea lo ha già abbassato allo 0,6%. Per il primo trimestre 2014 (dati Istat) siamo già allo – 0,1%. A quel punto rimane la ricetta Cottarelli: privatizzazioni e altri tagli al pubblico impiego, al welfare e agli enti locali. E rimane quello che ha dichiarato Padoan al festival dell'economia di Trento: “sono a favore dell'aumento dell'età pensionabile”. Non proprio una mossa anti-austerità.

Il parcheggio scomparso

Al Procuratore regionale della Corte dei Conti della Regione Lazio
Via A.Baiamonti, 25 00195 Roma
Al Comando provinciale della Guardia di Finanza
Via Cavour 55 03100 Frosinone
Al Sindaco del Comune di Frosinone
Piazza VI Dicembre 03100 Frosinone 


Oggetto: Richiesta di intervento a tutela degli interessi dei cittadini e delle Finanze del Comune di Frosinone per lo smantellamento del parcheggio sito fra Via De Matthaeis e via Del Casone

Come  è noto, il Comune di Frosinone aveva realizzato fra il 2000 e il 2001 un parcheggio fra via Del Casone e via De Matthaeis per circa 50 posti auto, spendendo 200 milioni di lire. Fra il 2003 e il 2006 l’Amministrazione fa cadere nel vuoto senza mai rispondere le ripetute offerte di vendita dell’area, comunicate per iscritto da parte della Fintecna Spa, nell’ambito delle operazioni disposte dal Governo nel 2003 per le dismissioni immobiliari delle proprietà dei Monopoli di Stato. Il 25 settembre 2008 con atto privato l’area diventa di proprietà della Nuova Immobiliare srl, ma il Comune mantiene un diritto di possesso sull’area stessa e incassa introiti derivanti dalle soste a pagamento. Dal 24 maggio 2011 i sondaggi archeologici iniziati nell’area adiacente , sempre di proprietà della Nuova Immobiliare srl, si allargano all’area del  parcheggio, che viene interdetto al pubblico. In una nota ufficiale dell’allora sindaco Michele Marini si affermava che “tale intervento è stato effettuato senza alcuna preventiva richiesta o comunicazione al Comune: risulta inviata a mezzo fax una stringata comunicazione solo il giorno stesso dell’inizio dei lavori di smantellamento. Per tale vicenda il Comune sta valutando le azioni legali da intraprendere a tutela del proprio diritto di possesso dell’area”. Nella stessa giornata il sindaco inviava una nuova nota ufficiale rettificando parzialmente quanto dichiarato: “Solo ora sono venuto a conoscenza della nota dell’11 marzo 2011, da parte della Nuova immobiliare srl, presentata al solo ufficio urbanistico, in cui si comunicava l’inizio dei lavori degli scavi archeologici sull’intera area di proprietà della Nuova Immobiliare srl , ivi compresa quella del parcheggio”. Nella nota del 23 maggio 2011 la Nuova Immobiliare srl precisa che l’area in questione era stata smantellata tenendo conto “delle richieste ufficiali della Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio pervenute con nota prot. MBAC-SBA.LAZ n.4983 del 18-04-2011, circa la necessità di estendere la campagna di sondaggi  e splateamento sull’intera area di proprietà della Nuova Immobiliare srl”. Così la Nuova Immobiliare specifica che l’area in questione sarebbe stata interessata “per circa gg.90 dalla necessaria attività di escavazione, incompatibili con la prosecuzione della sosta delle autovetture in atto”. Nonostante la campagna di scavi sia terminata da tempo, l’area non è stata mai ripristinata, risulta tuttora inaccessibile al pubblico e non è più usufruibile per la sosta da parte dei cittadini.  Non ci risulta, al momento, che il Comune abbia in questi tre anni intrapreso alcun procedimento a tutela del diritto di possesso sull’area per rivendicare il ripristino dei posti auto e i mancati introiti per la soste a pagamento. Si richiede pertanto un autorevole intervento delle Autorità in indirizzo a tutela degli interessi dei cittadini e delle Finanze del Comune di Frosinone. 


Frosinone, 03 giugno 2014


Francesco Notarcola –Presidente della Consulta delle associazioni della città di Frosinone. Cell. 339 7507504

martedì 3 giugno 2014

I "nuovi" scenari a sinistra dopo le europee

La sinistra di Rifondazione in un vicolo cieco Sulla polemica dei dirigenti di Falcemartello  contro il partito rivoluzionario



Francesco Ricci



Rifondazione Comunista è prossima all'esplosione. E l'esito delle elezioni europee non potrà che accelerare questa dinamica. Il superamento del quorum da parte della lista Tsipras, infatti, lungi dal facilitare il Prc lo condanna. Il risultato viene già capitalizzato dall'ala maggioritaria di Sel (Fratoianni) per ipotizzare su queste basi un nuovo partito, che di fatto ingloberà quanto resta di Rifondazione. A fare da eco, già l'area di Grassi in Rifondazione parla esplicitamente della lista Tsipras come di "un laboratorio" per la nascita di un nuovo soggetto politico.
E' questo quadro che spiega la tensione della sinistra di Rifondazione, che si prepara a dover nuotare in acque diverse da quelle che ha attraversato negli ultimi vent'anni.
Stiamo parlando in particolare di Falcemartello, il gruppo che ha raccolto attorno a sé una sinistra anti-riformista, dopo l'uscita nel 2006-2008 delle altre aree di sinistra (Progetto Comunista, che dividendosi in due sulla concezione del partito e dell'Internazionale ha dato vita al Pdac e al Pcl; e Sinistra Critica, poi rottasi in due parti).
 
La parabola di Falcemartello: dalla maggioranza con Ferrero all'opposizione nel Prc
Falcemartello (Fm) nel 2008 presentò al VII Congresso del Prc un proprio documento. In quel congresso la maggioranza si ruppe, con lo scontro tra Ferrero e Vendola che determinerà, dopo poco (inizi del 2009), la nascita di Sel.
Fm, decise di sostenere la nuova maggioranza e Claudio Bellotti fu ammesso nella segreteria nazionale del Prc. L'idea dei compagni di Fm era quella di "ancorare a sinistra" la presunta svolta di Rifondazione. Per questo si fecero cantori di questa "svolta" e pretesero di indirizzarla verso la definitiva rottura con le politiche governiste che Rifondazione aveva sostenuto per anni.
Memorabile rimane il numero di ottobre 2008 del giornale omonimo dell'area in cui, in una lunga intervista, Ferrero si ripresentava... come un critico da sinistra dello stesso Marx e spiegava come andasse realmente intesa la "rottura" con lo Stato borghese (una rottura "non solo sul terreno dello Stato ma in primo luogo nei rapporti di produzione"). Parole surreali in bocca a un ex ministro del governo imperialista di Prodi.
Come era prevedibile (ma non per i dirigenti di Fm) dopo poche settimane Ferrero riprese a tessere i rapporti col Pd, per rientrare nelle giunte del centrosinistra (regionali del 2010). Con quell'unico fine Ferrero lanciò la Federazione della Sinistra e finalmente Fm, dopo aver contribuito a rendere credibile la rinnovata verginità rivoluzionaria di Ferrero, ruppe con la maggioranza. Subito prima che Ferrero avanzasse l'idea di un "comitato di liberazione nazionale" composto dal Pd e da Casini, riproposizione ennesima degli accordi di governo a livello nazionale con la cosiddetta borghesia progressista.
Da allora Fm è rimasta all'opposizione nel Prc, presentando un proprio documento alla IV Conferenza dei Giovani Comunisti (dove raccolse circa un quarto dei voti) e al recente Congresso (l'VIII) raccogliendo sul proprio documento un modesto consenso.
Di fronte alla crisi sempre più profonda di Rifondazione (sedi che chiudono, militanti e voti in fuga, disastro finanziario, chiusura di Liberazione, disastro della lista con Ingroia), Fm ha accentuato il proprio profilo indipendente, affermando la volontà di costruirsi sempre più all'esterno del Prc, con solo un piede dentro il partito (1).
Oggi Falcemartello si trova di fronte a scelte difficili. Se non vuole affondare insieme a quanto resta del Prc, deve pensare a costruirsi una scialuppa di salvataggio.
 
L'entrismo come scelta strategica
Falcemartello, fin dalla sua nascita, ha sempre concepito (così come l'organizzazione internazionale di cui è parte, la Imt, International Marxist Tendency, fondata da Ted Grant e guidata ora da Alan Woods) l'entrismo in organizzazioni riformiste come il percorso obbligato verso la costruzione del partito rivoluzionario. Di più: concepisce le organizzazioni riformiste e i suoi dirigenti non come "agenti della borghesia in seno al movimento operaio" (secondo la celebre definizione di Lenin) ma come una espressione (certo deviata e riformista) del movimento operaio, in cui è indispensabile stare per alimentare una tendenza rivoluzionaria che solo all'interno potrà nascere per poi uscire e rendersi indipendente in fasi rivoluzionarie.
In questo modo, l'entrismo, che per Trotsky poteva essere solo un eccezionale e "corto episodio" di ingresso all'interno di organizzazioni non rivoluzionarie per raggrupparne l'ala sinistra sulla base di un programma rivoluzionario, e per poi rompere, costituendo organizzazioni indipendenti, provocando se possibile la distruzione politica dei partiti di cui si era stati frazione, diviene con Fm la via maestra: non eccezione ma norma.
 
La tendenza internazionale di Falcemartello (Imt)
La tendenza internazionale di Fm, la Imt, deriva da una scissione nei primi anni Novanta del cosiddetto Militant, corrente del Labour Party britannico. Militant si ruppe rispetto alla questione della caratterizzazione del Labour Party: un partito ormai definitivamente borghese a giudizio di una maggioranza dell'organizzazione, un partito socialdemocratico secondo la minoranza. La maggioranza diede vita al Cwi (Comitato per una Internazionale Operaia), guidata da Peter Taaffe, mentre la minoranza costituì l'Imt (guidata da Ted Grant e Alan Woods), di cui Fm è la sezione italiana, che continuò a praticare l'entrismo nel Labour britannico (così come in molte altre organizzazioni operaie-borghesi o ormai borghesi tout-court ma ritenute ancora riformiste: si pensi che considerano socialdemocratico persino il Labour Party sionista di Israele; così come per anni hanno considerato i Ds di D'Alema, già ormai forza liberale, un partito socialdemocratico). L'Imt ha proprie tendenze in Izquierda Unida in Spagna, nel Front de Gauche in Francia, ecc.
Alla fine del 2009 l'Imt ha iniziato a subire vari processi di rottura, perdendo la maggioranza delle sezioni di Spagna, Venezuela, Messico e Colombia (che hanno poi dato vita alla Corrente Marxista Rivoluzionaria). Poco dopo hanno scisso dall'Imt la maggioranza della sezione svedese, ampi settori di quella polacca e di quanto restava di quella britannica. Infine, nel 2011 ha rotto con l'Imt la sezione iraniana, in polemica con le posizioni di sostegno al regime di Assad da parte di Chavez, a sua volta punto di riferimento della Imt che del chavismo è sostenitrice acritica.
 
La revisione del nocciolo del marxismo: la cancellazione della teoria leninista dello Stato
Ma il vero fulcro, a nostro avviso, della deriva centrista di Fm (e della Imt) sta nella revisione profonda che ha fatto del concetto marxista dello Stato. E' a partire da questa revisione che Fm ha abbandonato il concetto cardine del marxismo della indipendenza di classe dai governi borghesi, riprendendo (inconsapevolmente) le vecchie teorie kautskiane sulla possibile "neutralità" di alcuni governi. Da qui deriva la posizione che, ad esempio, Fm ha sostenuto rispetto alla giunta borghese di De Magistris a Napoli, ritenuta a lungo oscillante tra gli interessi di classe contrapposti, e per questo in qualche modo "influenzabile".
Si tratta di una revisione di aspetti che costituiscono la quintessenza del marxismo: basti pensare che proprio per respingere posizioni simili Lenin ritenne necessario, nel corso del 1917, scrivere Stato e rivoluzione e "riarmare" il partito bolscevico con le famose Tesi di Aprile, battendo le posizioni di chi (anche nel partito bolscevico) pretendeva di offrire un sostegno ai governi borghesi nati nel corso della rivoluzione. E' interessante notare che applicando le posizioni di Fm i bolscevichi nel 1917 avrebbero dovuto sostenere il governo "delle sinistre" di Kerensky, invece di lavorare per rovesciarlo.
 
La ricerca di un sostegno teorico per praticare un entrismo strategico
Poche settimane fa, Fm ha organizzato a Bologna un seminario intitolato "Crisi, rivoluzione e controrivoluzione. Lezioni dagli anni Trenta".
Il tema sono state le posizioni sviluppate da Trotsky in quel periodo e la tattica che utilizzò per costruire partiti rivoluzionari.
Da quanto è possibile capire dai video finora pubblicati di questo seminario, il tentativo dei dirigenti di Fm è quello di convincere i militanti della propria organizzazione - ricorrendo all'autorità di Trotsky - che anche laddove la crisi di Rifondazione precipitasse, non è pensabile costruire una organizzazione indipendente ma si tratterebbe di trovare una nuova organizzazione riformista (magari il nuovo soggetto promosso dalla Sel di Fratoianni? o qualche ipotetico "partito del lavoro" che Fm spera Landini deciderà un giorno di varare?) in cui praticare l'entrismo, elevato da tattica contingente a metodo permanente e dunque a strategia.
Intanto dobbiamo sottolineare un fatto importante che, pur nelle differenze profonde, ci unisce ai compagni di Fm: il rispetto per la teoria. E' difficile incontrare oggi in Italia, con l'eccezione appunto del Pdac e di Fm, organizzazioni che ritengano utile studiare la storia del movimento rivoluzionario. Tanto più per questo è certamente positivo che Fm, di fronte alla necessità di compiere importanti scelte politiche, torni allo studio della teoria. Ma è proprio allorquando si attribuisce alla teoria marxista una grande importanza che non la si può stiracchiare a sostegno di posizioni che con quella teoria c'entrano poco o nulla.
E' infatti vero che Trotsky diede vita (con Cannon) a un proprio partito indipendente negli Usa (l'Swp) forgiandolo nel vivo degli scioperi e delle lotte degli anni Trenta. Ma non è per niente vero che Trotsky abbia mai pensato che il partito rivoluzionario indipendente potesse nascere solo sull'onda delle mobilitazioni. Tutta la storia del trotskismo è storia di costruzione contro-corrente, anche in fasi di profondo riflusso delle masse. La stessa Quarta Internazionale nasce nel 1938 allorquando mezza Europa stava sotto il tallone di ferro del fascismo e lo stalinismo imperava nel movimento operaio.
Altrettanto infondata è l'interpretazione che i dirigenti di Fm danno della linea, proposta in specifici casi da Trotsky, di costruire "partiti del lavoro". Trotsky riteneva che in casi particolari, nell'impossibilità di avviare nell'immediato la costruzione di partiti rivoluzionari, si potesse stare insieme a centristi e riformisti in "partiti del lavoro": ma non vedeva per niente simili partiti come una tappa obbligata e naturale sulla via della costruzione del partito rivoluzionario, bensì li indicava come un ostacolo da distruggere politicamente. Pensava che in determinate condizioni fosse utile entrarvi per usarli come un'arena in cui guadagnare settori attorno al programma rivoluzionario: prevedendo comunque dei tempi brevi entro cui o rompere quei partiti, reclutandone dei settori; o, nel caso improbabile si guadagnasse la maggioranza di quei partiti, espellerne i settori riformisti e centristi.
L'idea di Fm che l'organizzazione indipendente, il partito, possa nascere solo in fasi di ascesa, mentre nelle altre bisognerebbe perpetuare obbligatoriamente l'attività entrista nelle organizzazioni che Fm ritiene "naturali" del movimento operaio, è in totale contraddizione non solo con quanto hanno scritto Lenin e Trotsky ma con la stessa esperienza bolscevica. I bolscevichi, estrema minoranza all'inizio dell'anno 1917, il più piccolo tra i tre partiti della sinistra russa, poterono guadagnare la maggioranza del proletariato politicamente attivo in pochi mesi non solo perché disponevano della giusta teoria (la teoria della rivoluzione permanente); ma anche perché si erano costruiti come frazione indipendente (di fatto come partito) già dalla rottura con l'ala menscevica del Posdr nel 1903. Di più: tutta la concezione del "partito d'avanguardia" di Lenin cosa altro significa se non che un partito con influenza di massa può essere costruito solo edificandosi a partire da alcune centinaia di militanti che nel corso delle successive lotte guadagneranno settori più ampi?
L'importante esperienza degli anni Trenta, che i compagni di Fm giustamente studiano, indica esattamente il contrario di quanto vorrebbero affermare Bellotti e Giardiello. E' vero che Trotsky ritenne utile, in alcuni Paesi e in determinate circostanze, far entrare i piccoli gruppi rivoluzionari nelle ben più grandi organizzazioni riformiste: ma solo perché riteneva (e così in parte fu, almeno negli Usa) che fosse possibile, attraverso una rapida manovra entrista, guadagnare le ali sinistre che si stavano sviluppando in quei partiti, distruggendoli per poi ricostruire partiti rivoluzionari e proseguire la costruzione anche in situazioni non rivoluzionarie.
Per Trotsky l'entrismo è sempre stato solo una tattica: cioè una politica che si applica in determinate circostanze. Pensare - come fanno i dirigenti di Fm - che organizzazioni rivoluzionarie possano costruirsi solo rimanendo per decenni in organizzazioni riformiste non ha nulla a che fare con gli insegnamenti dell'azione dei trotskisti negli anni Trenta.
Lo stesso Swp statunitense non sarebbe stato costruito nel 1938 se si fosse applicato l'entrismo come modalità permanente: Cannon e i suoi avrebbero dovuto cercare di rientrare nel ben più grande Pc staliniano. E lo stesso dicasi per la Quarta Internazionale: perché "fondarla" nel 1938 quando certo costituiva piccola cosa di fronte alla gigantesca Terza Internazionale stalinizzata? E lo stesso può dirsi per i piccoli partiti che componevano la Quarta Internazionale. Trotsky rispose in modo netto in innumerevoli testi (tutti testi scritti proprio in quegli anni Trenta che i dirigenti di Fm stanno studiando) a quei centristi che dicevano che non era il momento di "proclamare" né l'Internazionale né nuovi partiti, confutò con dovizia di argomenti coloro che sostenevano che fosse necessario aspettare di avere grandi numeri e situazioni rivoluzionarie per iniziare la costruzione indipendente del partito e dell'Internazionale.
 
La probabile legittima perplessità dei militanti di Falcemartello
Non ci è dato conoscere il dibattito interno a Fm. Ma appare verosimile che il tentativo dei dirigenti di quell'organizzazione sia quello di convincere i militanti che bisogna aspettare, attendere, rinviare. Che non si può costruire ora un partito rivoluzionario; che nel caso muoia il Prc si tratterà di iniziare a fare entrismo in qualche nuova organizzazione; che il partito rivoluzionario potrà iniziare a costruirsi solo con l'ascesa rivoluzionaria e passando attraverso il precedente entrismo decennale nel riformismo. Ai militanti di Fm stanchi di entrismo, viene proposto come consolazione un proclamato cambio di attività di Fm: non più semplice tendenza del Prc ma ora "movimento politico". Chissà se queste parole potranno soddisfare qualcuno. Ne dubitiamo.
E' a compagni di Fm evidentemente poco convinti di questa prospettiva di altri decenni di entrismo, supponiamo, che sono indirizzati i seminari sugli anni Trenta in cui si pretende di trovare in Trotsky conferme teoriche a una linea che Trotsky non avrebbe mai sostenuto. Allo stesso scopo si scrivono articoli, come uno apparso di recente, in cui si polemizza con il Pdac perché avrebbe la pretesa di costruire una organizzazione indipendente, di iniziare la costruzione del partito fuori dalle organizzazioni riformiste, in assenza di un'ascesa rivoluzionaria. Scrivono i dirigenti di FM: "La differenza di metodo tra la proposta politica che avanziamo e quella del Pcl, del Pdac o di altri gruppi dell’estrema sinistra è ben spiegata in queste osservazioni [si tratta di scritti di Trotsky nel dibattito con l'Swp americano rispetto al tema del partito del lavoro, ndr], dove Trotsky, con una brillante applicazione del metodo dialettico, invitava i compagni dell’epoca a non cadere nel formalismo e a non confondere il livello di comprensione delle masse con quello degli attivisti coscienti." (2)
In realtà è proprio perché Trotsky e Lenin distinguevano tra attivisti coscienti e masse che sostenevano la costruzione del partito a partire dall'organizzazione del "cerchio più stretto", a partire appunto da quella che Trotsky definiva "l'avangurdia dell'avanguardia" e che, in fasi ordinarie, normalmente si riduce a numeri relativamente piccoli, non di massa.
In ogni caso abbiamo l'impressione che questa ricerca di argomenti teorici contro la costruzione oggi del partito d'avanguardia non sia indirizzata a polemizzare con noi quanto piuttosto a convincere militanti di Fm che, dopo vent'anni di entrismo nel Prc, con esiti non certo esaltanti, si chiedono se non sia arrivato finalmente il momento di costruire il partito rivoluzionario.
Tanto più in una situazione mondiale caratterizzata dall'ascesa delle lotte e dall'esplodere simultaneo di rivoluzioni in mezzo mondo: dall'Egitto alla Siria, dal Brasile, alla Grecia, ecc.
Anche laddove fosse vero (e, come abbiamo cercato di dimostrare, non lo è) l'argomento per cui il partito indipendente si può costruire solo nelle fasi rivoluzionarie, oggi è difficile dire che la situazione mondiale non sia rivoluzionaria. Il fatto che in Italia ancora ci troviamo in una fase non-rivoluzionaria è una anomalia che non può durare. L'Italia non è isolata nel mondo ed è prevedibile che la capacità delle burocrazie (sindacali e politiche) di soffocare la risposta operaia non durerà ancora a lungo.
In ogni caso, il compito dei rivoluzionari non è quello di aspettare gli eventi, ma di contribuire, nella misura delle loro forze, a determinarli. In assenza di un partito rivoluzionario con influenza di massa (che oggi non c'è: certo non pensiamo di esserlo noi del Pdac; lasciamo ad altri, privi del senso del ridicolo, autodefinirsi tali) sarà molto difficile infrangere la cappa imposta dalle burocrazie e persino laddove ciò diventasse possibile, per la pressione della lotta di classe, l'assenza di un partito impedirebbe comunque uno sviluppo rivoluzionario conseguente. Basti guardare a quanto succede in Grecia, dove da qualche anno certo non mancano le lotte di massa mentre quello che manca per condurre queste lotte alla vittoria è proprio il partito rivoluzionario.
In altre parole, non è vero, a differenza di quanto scrive Fm, che "il partito di classe può formarsi solo nel calore delle mobilitazioni" (2). E' vero che solo nel calore delle mobilitazioni può crescere: ma le basi formative vanno gettate ben prima, viceversa si rischia di arrivare agli appuntamenti storici impreparati, così come è successo purtroppo innumerevoli volte nella storia. Non è forse questo il principale insegnamento della sconfitta della rivoluzione tedesca, dovuta anche al ritardo con cui Rosa Luxemburg si staccò dal centrismo, costituendo il proprio partito indipendente solo nel dicembre del 1918, a rivoluzione già iniziata? E, al contrario, non ci hanno forse insegnato con tutta la loro attività Lenin e Trotsky che il partito bisogna iniziare a costruirlo in forma indipendente anche a partire da poche decine o centinaia di quadri ben prima che arrivi la situazione rivoluzionaria?
Sono temi su cui invitiamo i compagni di Falcemartello a riflettere. Per parte nostra, come Pdac e come Lit-Quarta Internazionale, siamo sempre disponibili al confronto laddove si discuta di come costruire quel partito rivoluzionario (nazionale e internazionale) che ancora manca. Ma, insistiamo, quel partito dobbiamo iniziare a costruirlo oggi, sulla base di un coerente programma marxista. Non nascerà da solo dagli eventi futuri: è un compito che si devono porre oggi tutti i rivoluzionari.
 
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Post Scriptum
Avevamo già chiuso questo articolo (per la sua pubblicazione sul prossimo numero del nostro periodico, Progetto Comunista) quando sul sito di Falcemartello è stato pubblicato l'articolo di Claudio Bellotti: "Sinistra. C'è il quorum, manca tutto il resto" (30/05/14).
L'analisi che Bellotti fa degli effetti delle elezioni europee sulla sinistra è del tutto simile alla nostra. Prospetta uno scenario di scomposizione e ricomposizione della sinistra riformista, preludio alla nascita di un nuovo partito egemonizzato dall'attuale ala maggioritaria di Sel (Fratoianni) che finirà con l'assorbire quanto resta di Rifondazione.
Secondo Bellotti si tratterà di un partito che (così come la lista Tsipras) sarà imbevuto di illusioni su impossibili riforme dell'Europa imperialista, basato su politiche keynesiane, su posizioni interclassiste, su obiettivi meramente elettoralistici.
Quest'analisi non fa una grinza e la sottoscriviamo pienamente. Quello che non possiamo sottoscrivere sono invece le conclusioni di Bellotti che confermano pienamente quanto abbiamo scritto in questo articolo.
"(...) continueremo anche in questo ambito la nostra battaglia politica e programmatica" scrive Bellotti. Laddove per "questo ambito" si intende la nuova costituente riformista che sta promuovendo Fratoianni e che assorbirà Rifondazione. Secondo il dirigente di Fm, infatti, non si dà altra possibilità almeno fino a quando "milioni di lavoratori e di giovani (...) saranno costretti a cessare la delega e a scendere in campo".
Ancora una volta si confonde il momento del salto di qualità di un partito rivoluzionario che chiaramente non può avvenire a freddo, in assenza di lotte di massa con il momento di gettare le fondamenta di quel partito momento che deve invece necessariamente avvenire prima dell'ascesa della lotta di classe (di cui il partito stesso, crescendo, sarà in parte agente) e a partire dalle poche centinaia di quadri oggi disponibili. E' questo tutto l'insegnamento teorico e pratico che ci hanno lasciato Lenin e Trotsky. E' quanto ha confermato clamorosamente tutta la storia dell'ultimo secolo: un partito non si improvvisa alla vigilia della rivoluzione. Bisogna iniziare a costruirlo molto prima. Ma per farlo è necessario demarcarsi programmaticamente e organizzativamente dal riformismo e dal centrismo: ed è quanto Bellotti e il gruppo dirigente di Falcemartello non sono disponibili a fare.
 

Note
(1) Si veda "Il partito che non c'è", editoriale del numero di maggio di Falcemartello
(2) v. "La svolta necessaria. Sinistra, Classe, Rivoluzione verso il movimento politico" (22 aprile 2014) sul sito di Falcemartello.
 

Seminario sugli enti locali


“I Comunisti Italiani organizzano un programma di seminari aperto a tutti sul tema del bilancio degli enti locali”


E’ fuor di dubbio che uno dei principali motivi dell’inadeguatezza dell’attuale classe dirigente è sicuramente la mancanza di preparazione di molti avventori della politica. Bisogna anche rendere atto pero che, al di là delle responsabilità personali, molte normative sono mutate negli anni.  Quelle che riguardano ad esempio il tema dei bilanci comunali non fanno eccezione, e questo rende la tematica, già molto tecnica e complessa di suo, ancor più confusa. Ma se tale appare agli addetti ai lavori, il semplice cittadino si trova dinanzi ad un muro invalicabile fatto di indecifrabili tecnicismi. Eppure mai come oggi le questioni riguardanti la finanza, mondiale certamente, ma locale in primo luogo, assumono uno spessore di primo rilievo nella vita di ogni cittadino. Per questi motivi i Comunisti Italiani di Aquino hanno organizzato un primo “seminario sui bilanci comunali e le nuove normative” che si terrà in data 6 giugno alle ore 18 presso la sede del partito sita nella centrale Piazzetta Conti d’Aquino. Al seminario, aperto a tutti e gratuito, è prevista la gradita presenza del dottor Adriano Marini, Segretario Comunale presso il Comune di Anzio (RM), il quale illustrerà il tema dei bilanci dal punto di vista tecnico e le ripercussioni che le scelte dei vari governi centrali hanno avuto sugli enti locali in questi ultimi anni. Enti ormai in condizioni sempre più difficili e quindi costretti ad intervenire con un inasprimento delle tasse locali. Gli interessati possono aderire all’iniziativa o semplicemente chiedere informazioni al numero 328.2839807.

lunedì 2 giugno 2014

Due giugno. Comica finale

a cura di Luciano Granieri



Nuovo assalto al parco archeologico vicino alla Villa Comunale

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni della Città di Frosinone

Con sorpresa e indignazione le associazioni e i cittadini hanno appreso dalla stampa locale la notizia del rilascio del permesso a costruire del Comune di Frosinone sull’area adiacente alla Villa comunale, per una colata di cemento da 35mila metri cubi in una città che non cresce e che evidenzia in ogni strada la presenza di cartelli di vendesi e affittasi. Come dovrebbe essere noto al sindaco, ai dirigenti del Comune e agli enti di tutela archeologica e paesaggistica, la Consulta delle associazioni con lettera del 13 giugno 2012 aveva richiesto l’inserimento nel procedimento e l’accesso agli atti in merito a qualsiasi atto autorizzatorio relativo all’intervento edilizio denominato “I Portici”. Nella stessa data la Consulta delle associazioni scrisse al sindaco Ottaviani appena insediato, per chiedere un incontro finalizzato a esaminare un percorso comune con le associazioni per garantire alla città legalità, trasparenza e crescita culturale, ripartendo dalla delibera comunale di iniziativa popolare votata all’unanimità il 14 settembre 2011, voluta da 1200 cittadini e 60 associazioni per la valorizzazione e la tutela del patrimonio archeologico dell’area attigua alla villa. Malgrado ciò la Consulta delle Associazioni non ha ricevuto alcuna comunicazione.
Alla luce di quanto sopra, il sindaco e la maggioranza tradiscono clamorosamente l’impegno assunto con gli elettori e tutti i cittadini del capoluogo. Infatti  al capitolo “Urbanistica e lavori pubblici”  del programma elettorale si sottolineava che  “La discussione sul nuovo assetto di città dovrà coinvolgere i cittadini, che saranno chiamati ad esprimersi in prima persona esponendo ragioni e aspettative, e i tecnici, soprattutto locali” (pag.15 del programma). Si fa appello a tutte le associazioni e ai cittadini affinché si mobilitino e si impegnino per salvaguardare l’area attigua alla villa comunale, già destinata a Parco archeologico, i resti delle Terme Romane seppellite sotto un parcheggio e tutti i reperti archeologici rinvenuti. Questo patrimonio deve essere sottratto alla speculazione edilizia per restituire alla città crescita e qualità della vita.  
Dal programma del sindaco Ottaviani: “la memoria storica della nostra città è stata oggetto negli anni di umiliazione continua, tanto da aver portato alla distruzione di quelle poche vestigia del glorioso passato” (pag. 55 del programma relativa a “Parco dei Volsci e ampliamento del museo”) e ancora “E’ ferma intenzione della nuova amministrazione valorizzare il patrimonio archeologico di Frosinone, restaurando i monumenti esistenti e dando, poi, vita al Parco dei Volsci, nel luogo di ritrovamento di alcune importanti tracce di insediamenti nei pressi della villa comunale, considerato anche che nella zona insiste una necropoli di imponenti dimensioni” (pag.56).
Le colate di cemento che hanno aggredito e stuprato il territorio in questi anni non hanno portato alcun progresso economico, culturale e civile ma hanno distrutto valori e ricchezze enormi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se si cambia, Frosinone cambia.

Video di Luciano Granieri