“Andremo in Europa a battere
i pugni sul tavolo”, “E’ finito per l’Italia il tempo dei compiti a casa, siamo
noi a decidere e imporre la linea
all’Europa” “Le riforme sono necessarie, ma l’Europa deve concederci maggiore
flessibilità sul rispetto del rapporto deficit/pil” Erano più o meno questi gli spavaldi propositi che
il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha twittato, chattato, declamato, da
quando occupa Palazzo Chigi.
Si da il caso però
che è stato sufficiente un borbottio estivo del banchiere Draghi, emesso
dalla sua amena location vacanziera, e
qualche bacchettata arrivata dalla riunione informale dell’Ecofin tenutasi qualche
giorno fa a Milano, per spaventare il coniglio Matteo. Lo spavento è stato così
terrificante che prontamente ai signori della Ue e della Bce, è stato
sacrificato uno degli ultimi baluardi a difesa dei diritti dei lavoratori: il
reintegro di un dipendente licenziato senza giusta causa. Sarebbe l’art.18
dello statuto dei lavoratori.
La paura è stata così forte, da minacciare
l’approvazione per decreto di questa necessaria mannaia qualora opposizione,
fronde interne, gufi di varia natura, si fossero messi di traverso. L’inquietudine
del Premier è apparsa in tutta la sua drammaticità, nella illustrazione alla
Camera e al Senato del programma dei mille giorni. Qui è partito l’anatema: La testa dei lavoratori costi quel
che costi.
Poi però è emersa la scaltrezza del grande statista e i toni si sono
ridimensionati derubricati in presa per il culo. E’ riduttivo parlare di abolizione
dell’art.18. si sostiene dal Governo. L’emendamento all’art. 4 del Ddl lavoro, che la Commissione lavoro del Senato ha appena approvato, prevede un sistema
molto ben articolato.
Sarà una cuccagna per i lavoratori. Lavoro a
tempo indeterminato per tutti! Con tutele crescenti in proporzione
all’anzianità di servizio. Come al solito i gufi non hanno capito un fico
secco. Io però che sono gufo ma non sono scemo capisco che la crescita, in
questo caso delle tutele, è un concetto in divenire, si può evidentemente
applicare ad un'entità mutabile, come la determinazione di una somma di
denaro a indennizzo. Il reintegro per
licenziamento ingiusto né cresce, né decresce, c’è o non c’è. Dunque non rientrando nella la
categoria di una cosa crescente,
modificabile, nel decreto non c’è.
Ma
lasciamo stare quest’aspetto ormai desueto. La verità è che lo”statista” Renzi,
ha introdotto l’innovativa formula della “flexicurity”. Come accade nel nord
Europa. In queste fauste lande la flessibilità di licenziamento è massima -
anche se mai per causa ingiusta, (a un padrone che licenzia ingiustamente gli
fanno un mazzo tanto) - ma al povero disgraziato messo in mezzo alla strada ci
pensa lo Stato, con indennità di disoccupazione per tutti, salari minimi
garantiti e supporto a trovare nuova occupazione attraverso l’utilizzo di
efficienti centri per gli impieghi.
Bello! Ma
mi permetto di far notare che mentre la “flexi” è aggratis, licenziare
uno non costa nulla, per lo Stato, la “curity” costa un botto. Fra riorganizzazione dei centri per l’impiego,
stanziamento dei fondi per salari minimi e sussidi se ne andrebbero dai 20 ai 40 miliardi l’anno. Dove li troviamo i
soldi? Considerando che si fa fatica a reperire il miliardo e mezzo necessario
per gli attuali ammortizzatori sociali e aggiungendo che dal 2015 prossimo il fiscal compact ci
costerà 50 miliardi l’anno? E poi figurati gli strilli della Merkel di Draghi e
di tutta la compagnia. Morale: per intanto avanti con la “flexi” alla
“security” penseremo dopo.
Ma in fondo è
vero, oggi l’applicazione dell’art. 18 è estremamente limitata e in futuro si
estinguerà da sola. Infatti quale azienda è così sciocca da offrire contratti a
tempo indeterminato, quando può tranquillamente usufruire del regalo insito nel
decreto lavoro DL 34/2014 già in vigore. Che cuccagna. Un rapporto di lavoro a tempo determinato, senza l’obbligo della
causale, da poter adottare per tre anni con un massimo di 5 proroghe, così come
determinato dalla legge, significa che
si può assumere una tizia o un tizio tenerli
per 5 mesi e poi licenziarli senza particolari giustificazioni, se e senza ma, altro che art. 18!
E allora
perché darsi tanta pena per un dispositivo così fuori dal tempo? Intanto perché non serve
la sua abolizione per aumentare l’occupazione.
La norma non si applica alle imprese con meno di 15 dipendenti. Tali aziende costituiscono più dell’80% delle realtà produttive e non mi
pare che siano così solerti nell’assumere.
Poi perché l’art. 18 è il vessillo.
E’ il simbolo delle lotte per il diritto al lavoro. Per la classe capitalistico-finanziaria che
governa l’Europa impossessarsi del vessillo dell’avversario significa mostrare
al mondo il proprio trionfo e infliggere l’umiliazione alla classe avversa.
Infine,
l’abolizione del reintegro in caso di licenziamento ingiusto apre la strada a
quello che è il vero obbiettivo del potere finanziario, la distruzione di ogni
forma di contratto nazionale per il lavoro. Lasciare il lavoratore solo, disarmato e debole nella trattativa con i
padroni è la meta finale.
Comunque al di là delle elucubrazioni da
veterocomunisti, bisogna riconoscere che Renzi
sta riuscendo laddove l’iperliberista Berlusconi e il freddo banchiere
Monti non erano riusciti. Un bel risultato e un orgoglio per quei compagni del
Pd che si ritrovano un segretario in grado di fargli ingoiare tutti quei rospi
contro cui anni prima erano scesi in piazza. Complimenti compagni! Avere il
plauso degli odiati Brunetta, Sacconi e perfino del Fondo Monetario
Internazionale non è cosa da poco. Hasta la vergogna siempre!
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