giovedì 18 settembre 2014

Fear's act

Luciano Granieri


“Andremo in Europa a battere i pugni sul tavolo”, “E’ finito per l’Italia il tempo dei compiti a casa, siamo noi a decidere e  imporre la linea all’Europa” “Le riforme sono necessarie, ma l’Europa deve concederci maggiore flessibilità sul rispetto del rapporto deficit/pil” Erano più o meno questi gli spavaldi propositi che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha twittato, chattato, declamato, da quando occupa Palazzo Chigi. 
Si da il caso però  che è stato sufficiente un borbottio estivo del banchiere Draghi, emesso  dalla sua amena location vacanziera, e qualche bacchettata arrivata dalla riunione informale dell’Ecofin tenutasi qualche giorno fa a Milano, per spaventare il coniglio Matteo. Lo spavento è stato così terrificante che prontamente ai signori della Ue e della Bce, è stato sacrificato uno degli ultimi baluardi a difesa dei diritti dei lavoratori: il reintegro di un dipendente licenziato senza giusta causa. Sarebbe l’art.18 dello statuto dei lavoratori. 
La paura è stata così forte, da minacciare l’approvazione per decreto di questa necessaria mannaia qualora opposizione, fronde interne, gufi di varia natura, si fossero messi di traverso. L’inquietudine del Premier è apparsa in tutta la sua drammaticità, nella illustrazione alla Camera e al Senato del programma dei mille giorni.  Qui   è partito  l’anatema: La testa dei lavoratori costi quel che costi. 
Poi però è emersa la scaltrezza del grande statista e i toni si sono ridimensionati derubricati in presa per il culo.  E’ riduttivo parlare di abolizione dell’art.18. si sostiene dal Governo. L’emendamento all’art. 4 del Ddl lavoro, che la Commissione lavoro del Senato ha appena approvato, prevede un sistema molto ben articolato.  
 Sarà una cuccagna per i lavoratori. Lavoro a tempo indeterminato per tutti! Con tutele crescenti in proporzione all’anzianità di servizio. Come al solito i gufi non hanno capito un fico secco. Io però che sono gufo ma non sono scemo capisco che la crescita, in questo caso delle tutele, è un concetto in divenire, si può evidentemente applicare ad un'entità mutabile, come la determinazione di una somma di denaro  a indennizzo. Il reintegro per licenziamento ingiusto né cresce, né decresce,  c’è o non c’è. Dunque non rientrando nella  la categoria di una cosa  crescente, modificabile, nel decreto  non c’è. 
Ma lasciamo stare quest’aspetto ormai desueto. La verità è che lo”statista” Renzi, ha introdotto l’innovativa formula della “flexicurity”. Come accade nel nord Europa. In queste fauste lande la flessibilità di licenziamento è massima - anche se mai per causa ingiusta, (a un padrone che licenzia ingiustamente gli fanno un mazzo tanto) - ma al povero disgraziato messo in mezzo alla strada ci pensa lo Stato, con indennità di disoccupazione per tutti, salari minimi garantiti e supporto a trovare nuova occupazione attraverso l’utilizzo di efficienti centri per gli impieghi. 
Bello! Ma  mi permetto di far notare che mentre la “flexi” è aggratis, licenziare uno non costa nulla, per lo Stato, la “curity” costa un botto.  Fra riorganizzazione dei centri per l’impiego, stanziamento dei fondi per salari minimi e sussidi se ne andrebbero dai  20 ai 40 miliardi l’anno. Dove li troviamo i soldi? Considerando che si fa fatica a reperire il miliardo e mezzo necessario per gli attuali ammortizzatori sociali e aggiungendo  che dal 2015 prossimo il fiscal compact ci costerà 50 miliardi l’anno? E poi figurati gli strilli della Merkel di Draghi e di tutta la compagnia. Morale: per intanto avanti con la “flexi” alla “security” penseremo dopo.  
Ma in fondo è vero, oggi l’applicazione dell’art. 18 è estremamente limitata e in futuro si estinguerà da sola. Infatti quale azienda è così sciocca da offrire contratti a tempo indeterminato, quando può tranquillamente usufruire del regalo insito nel decreto lavoro DL 34/2014 già in vigore. Che cuccagna. Un rapporto di lavoro  a tempo determinato, senza l’obbligo della causale, da poter adottare per tre anni con un massimo di 5 proroghe, così come determinato dalla legge,  significa che si può assumere una tizia o un tizio tenerli  per 5 mesi e poi licenziarli senza particolari giustificazioni,   se e senza ma, altro che art. 18! 
E allora perché darsi tanta pena per un dispositivo  così fuori dal tempo? Intanto perché non serve la sua abolizione per  aumentare l’occupazione. La norma non si applica alle imprese con meno di 15 dipendenti. Tali aziende costituiscono  più dell’80% delle realtà produttive e non mi pare che siano così solerti nell’assumere. 
Poi perché l’art. 18 è il vessillo. E’ il simbolo delle lotte per il diritto al lavoro. Per  la classe capitalistico-finanziaria che governa l’Europa impossessarsi del vessillo dell’avversario significa mostrare al mondo il proprio trionfo e infliggere  l’umiliazione alla  classe avversa. 
Infine, l’abolizione del reintegro in caso di licenziamento ingiusto apre la strada a quello che è il vero obbiettivo del potere finanziario, la distruzione di ogni forma di contratto nazionale per il lavoro. Lasciare il lavoratore solo,  disarmato e debole nella trattativa con i padroni è la meta finale. 
Comunque al di là delle elucubrazioni da veterocomunisti, bisogna riconoscere che Renzi  sta riuscendo laddove l’iperliberista Berlusconi e il freddo banchiere Monti non erano riusciti. Un bel risultato e un orgoglio per quei compagni del Pd che si ritrovano un segretario in grado di fargli ingoiare tutti quei rospi contro cui anni prima erano scesi in piazza. Complimenti compagni! Avere il plauso degli odiati Brunetta, Sacconi e perfino del Fondo Monetario Internazionale non è cosa da poco. Hasta la vergogna siempre!



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