Il sequestro, ora convalidato dal GIP, dell’impianto di scarico delle acque reflue di prima pioggia ed industriali dell’inceneritore di pneumatici fuori uso Marangoni spa di Anagni, utilizzato in assenza di autorizzazione, a seguito di indagini operate dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale del Corpo Forestale dello Stato congiuntamente al Nucleo di Polizia Ambientale della Polizia Provinciale, rappresenta l’ennesima conferma della delicatezza della situazione ambientale, passata e presente, dell’area che circonda lo stabilimento della Marangoni spa ad Anagni, situazione che permane a nostro avviso di estrema gravità, nonostante il notevole e meritorio impegno pregresso delle forze dell’ordine preposte alla tutela dell’ambiente e la serietà di alcuni amministratori comunali e provinciali.
Condividiamo alcune delle considerazioni avanzate qualche giorno fa dal Presidente della Provincia: autorizzazioni come quella in oggetto «servono non solo a garantire l’idoneità e la conformità dell’impianto di trattamento degli scarichi industriali, ma anche a tutelare l’ecosistema circostante, dunque la salute dei cittadini». E ancora: «Quanto all’intervento degli agenti della Polizia provinciale, la cui meritoria attività di difesa e controllo dell’ambiente e del territorio va evidenziata, sottolineata ed elogiata, senza entrare nel merito dell’indagine in corso, hanno agito nel pieno rispetto delle competenze e delle procedure da adottare stabilite e tassativamente indicate dalla legge». Tale riconoscimento va esteso al Corpo Forestale dello Stato impegnato nell’indagine. Va sottolineato che il passo citato è stato espunto, da un quotidiano nazionale e provinciale, nel riportare la notizia.
L’autodifesa del dirigente della Marangoni spa responsabile dell’impianto di Anagni, pubblicata con ampio spazio sulla stampa alcuni giorni fa, in alcuni casi con l’aura della verità oggettiva, ha a nostro avviso dell’incredibile, e in questo invece il Presidente della Provincia ci è sembrato troppo indulgente. In pratica, il dirigente dell’azienda afferma: visto che la Provincia tardava ad autorizzarci, ci siamo autorizzati da soli. Sembra non sfiorare il dirigente il sospetto che, posto che lo scarico delle acque reflue era ancora privo di autorizzazione definitiva da parte del competente Settore della Provincia, nonché da parte dell’ASTRAL, nulla autorizzava la Marangoni spa a utilizzarlo per le proprie necessità aziendali.
Non è inoltre del tutto chiaro perché l’allaccio dell’impianto di scarico al collettore di via Riserva Primo Tronco sia stato inizialmente concesso dal Comune di Anagni, che forse è stato piuttosto superficiale nel rilascio dell’autorizzazione. Quello che è certo, è che dopo un nostro esposto relativo ad allagamenti prodotti con ogni probabilità dallo scarico del collettore in questione sulla SS Casilina e alla richiesta se tale scarico fosse provvisto delle dovute autorizzazioni provinciali e comunali, il nulla osta propedeutico ai lavori, ormai già eseguiti, è stato opportunamente e celermente revocato dall’ente, qualche giorno fa.
È intollerabile che la Marangoni spa nei propri comunicati stampa di fatto adotti la linea comunicativa del vittimismo, proclamandosi oggetto di particolari attenzioni rispetto ad altre fabbriche del territorio (e quali, vorremmo sapere, di grazia? Siamo pronti ad occuparcene, se non sono tra quelle che teniamo d’occhio), nonché una sorta di benefattrice dell’umanità per i posti di lavoro offerti al territorio. Rispettiamo ed esprimiamo solidarietà ai 16 lavoratori che ancora operano nell’inceneritore, augurando loro, tra l’altro, che le norme di sicurezza aziendale e soprattutto di tutela della salute che li riguardano siano pienamente rispettate. 16 lavoratori grazie ai quali la Marangoni spa ha ancora facoltà di agitare lo spettro del ricatto occupazionale. Peccato però che per altre centinaia di lavoratori prima occupate presso l’impianto produttivo di pneumatici, come intuibile, il destino della presenza della Marangoni nel territorio comunale si stia ormai consumando. Resta solo l’inceneritore di pneumatici. Grazie agli incentivi statali destinati a fonti energetiche, incredibilmente incluse nel novero delle rinnovabili come la termovalorizzazione, attuale fonte di lucro per un’azienda che non sembra aver mai dimostrato veramente rispetto per la salute delle migliaia di abitanti che gravitano intorno al suo sito produttivo. Ricordiamo solo che dal 2009, dopo la fuga di enormi quantità di particolato carbonioso (carbon black) dall’impianto produttivo di pneumatici, è in vigore un’ordinanza comunale che vieta produzione e consumo di prodotti agricoli e razzolamento di animali da cortile nel raggio di 500 metri dall’impianto Marangoni, in seguito al rinvenimento di quantità molto elevate di PCB e diossine in campioni biologici e alimentari. Chi abita in località Quattro Strade e Osteria della Fontana ben ricorda nubi levatesi in più occasioni dai camini dell’azienda, ora solo quello dell’inceneritore, senza entrare nei dettagli di gravi irregolarità riscontrate anche nell’ultimo biennio per cui l’iter istruttorio non è del tutto concluso, e di tante altre cose che si potrebbero aggiungere.
Peraltro non è superfluo ricordare che l’inceneritore di pneumatici opera ancora con autorizzazione all’esercizio rilasciata dal Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel Territorio della Regione Lazio nel 2006, per un periodo decennale, a titolo di rinnovo dell’autorizzazione iniziale (2001). Sarebbe opportuno che la Regione Lazio includesse l’inceneritore tra gli impianti da sottoporre ad Autorizzazione Integrata Ambientale, riducendo nel caso specifico i limiti per le emissioni in atmosfera, considerata la già marcata compromissione della qualità dell’aria in area vasta.
Crediamo che la Marangoni, nel 2014, dovrebbe aver chiaro qual è il bilancio per il territorio tra l’apporto occupazionale di qualche posto di lavoro e la presenza di una potenziale fonte inquinante di prima grandezza come un inceneritore di pneumatici, che non può non produrre peraltro un notevole danno economico in termini di immagine del territorio e di mercato immobiliare locale. Bilancio che è diventato ulteriormente insostenibile considerando il reiterato mancato rispetto della legge, che la Marangoni deve imputare a se stessa, non certo agli enti amministrativi e alle forze dell’ordine.
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