giovedì 18 dicembre 2014

Jobless at an exhibition

Luciano Granieri

Art. 41 della Costituzione italiana: “ L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata  e coordinata a fini sociali”  


Dall’inizio  di questa settimana, in piena Via Aldo Moro - la Via Montenapoleone frusinate - in un piazzale antistante un’importante gioielleria, in  un posto dove solitamente le concessionarie d’auto mettono in mostra i loro ultimi modelli, è in corso l’esibizione del lavoro negato e del mancato rispetto, non solo dell’art.41 , ma anche dell’art. 4 della Carta. 

Che efficacia ha  avuto il  controllo legislativo sull’indirizzo a fini sociali dell’impresa privata nel nostro territorio, in particolare  nelle storie di Maria Concetta, operaia Tekna, o di Augusto operaio Videocon o degli operai dell’Area o della Siap, o della Marangoni pneumatici? Zero. Infatti se il legislatore avesse svolto efficacemente i suoi compiti, nel  rispetto dell’art. 41 della Costituzione, i padroni della Tekna non avrebbero potuto chiudere, da un giorno all’altro, una fabbrica impegnata nella produzione di cristalli per  autovetture  pienamente in attivo, con una marea di commesse  da evadere, per il solo capriccio di godersi le proprie ricchezze, mettendo per strada 41 famiglie. 

Così come i padroni della Siap, un’azienda che produce rivestimenti per i sedili dei treni, non avrebbero potuto   affidare la produzione a mano d’opera cinese per il misero risparmio di 50 centesimi a pezzo, lasciando per strada altre centinaia di famiglie. Neanche l’Area un’azienda produttrice di tegole fotovoltaiche, avrebbe potuto esternalizzare,  se fosse stato imposto il rispetto della Costituzione, così non sarebbe stato possibile agli indiani di Videocon, prima realizzare profitti finanziari con l’acquisizione dello stabilimento anagnino da Thomson, poi incassare contributi pubblici per la riqualificazione dell’azienda ed infine, smontare e trasferire in altro sito i macchinari della fabbrica, lasciando nella disperazione della disoccupazione operai e addetti.  E alla  Marangoni sarebbe stato impedito il ricatto  sul licenziamento dei propri operai per le mancate  autorizzazioni necessarie all’apertura di un’impianto di incenerimento del car fluff, letale in termini di inquinamento per tutta la Valle del Sacco. 

La storia di queste vite tradite dalla legge del profitto finanziario e dall’incapacità della politica di applicare la Costituzione è in esibizione in Via Aldo Moro. I dipendenti di queste imprese hanno deciso di mostrare ai cittadini il frutto del proprio lavoro, che ora non sono più in grado di svolgere. Nei gazebo installati nella piazza, tutti i cittadini possono entrare in contatto con uno spaccato di vite vissute private della dignità del lavoro. 

Non sono in mostra gli ultimi modelli di autovetture, o  i più recenti ritrovati della tecnologia di consumo. Sono in mostra coloro i quali erano artefici della progettazione e costruzione  di  alcuni di questi beni, professionalità eccelse ora messe ai margini da una logica perversa , ingiusta e per giunta incostituzionale. 

Si astengano  Senatori, Deputati e membri istituzionali del territorio dal  promettere solidarietà e impegno con tanto di selfie accanto ai lavoratori licenziati, si diano da fare piuttosto a far rispettare la Costituzione, e magari imporre nel  job’s act - che è  ancora una delega in bianco alla mercè del  Governo nella quale è indicata solo l’intenzione di modificare l’art.18 - di riconoscere i diritti alla reintegra a tutti i dipendenti, compresi quelli assunti in imprese con meno di 15 addetti. In ciò dovrebbero essere impegnati i politici del territorio se veramente volessero salvare la Ciociaria  e tutta la Nazione dalla piaga della disoccupazione. Ogni altra azione differente da questa sarebbe solo fuffa.



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