Art. 41 della Costituzione italiana: “ L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza alla
libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni
perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”
Dall’inizio di questa settimana, in piena Via Aldo Moro - la
Via Montenapoleone frusinate - in un piazzale antistante un’importante
gioielleria, in un posto dove
solitamente le concessionarie d’auto mettono in mostra i loro ultimi modelli, è
in corso l’esibizione del lavoro negato e del mancato rispetto, non solo
dell’art.41 , ma anche dell’art. 4 della Carta.
Che efficacia ha avuto il controllo legislativo sull’indirizzo a fini
sociali dell’impresa privata nel nostro territorio, in particolare nelle storie di Maria
Concetta, operaia Tekna, o di Augusto operaio Videocon o degli operai dell’Area
o della Siap, o della Marangoni pneumatici? Zero. Infatti se il legislatore
avesse svolto efficacemente i suoi compiti, nel
rispetto dell’art. 41 della Costituzione, i padroni della Tekna non
avrebbero potuto chiudere, da un giorno all’altro, una fabbrica impegnata nella
produzione di cristalli per
autovetture pienamente in attivo,
con una marea di commesse da evadere,
per il solo capriccio di godersi le proprie ricchezze, mettendo per strada 41
famiglie.
Così come i padroni della
Siap, un’azienda che produce rivestimenti per i sedili dei treni, non avrebbero
potuto affidare la produzione a mano d’opera cinese
per il misero risparmio di 50 centesimi a pezzo, lasciando per strada altre
centinaia di famiglie. Neanche l’Area un’azienda produttrice di tegole fotovoltaiche,
avrebbe potuto esternalizzare, se fosse
stato imposto il rispetto della Costituzione, così non sarebbe stato possibile
agli indiani di Videocon, prima realizzare profitti finanziari con
l’acquisizione dello stabilimento anagnino da Thomson, poi incassare contributi
pubblici per la riqualificazione dell’azienda ed infine, smontare e trasferire
in altro sito i macchinari della fabbrica, lasciando nella disperazione della
disoccupazione operai e addetti. E alla Marangoni sarebbe stato impedito il ricatto sul licenziamento dei propri operai per le
mancate autorizzazioni necessarie
all’apertura di un’impianto di incenerimento del car fluff, letale in termini
di inquinamento per tutta la Valle del Sacco.
La storia di queste vite tradite
dalla legge del profitto finanziario e dall’incapacità della politica di
applicare la Costituzione è in esibizione in Via Aldo Moro. I dipendenti di
queste imprese hanno deciso di mostrare ai cittadini il frutto del proprio
lavoro, che ora non sono più in grado di svolgere. Nei gazebo installati nella
piazza, tutti i cittadini possono entrare in contatto con uno spaccato di vite
vissute private della dignità del lavoro.
Non sono in mostra gli ultimi
modelli di autovetture, o i più recenti
ritrovati della tecnologia di consumo. Sono in mostra coloro i quali erano
artefici della progettazione e costruzione di alcuni di questi beni, professionalità eccelse ora
messe ai margini da una logica perversa , ingiusta e per giunta
incostituzionale.
Si astengano Senatori,
Deputati e membri istituzionali del territorio dal promettere solidarietà e impegno con tanto di selfie accanto
ai lavoratori licenziati, si diano da fare piuttosto a far rispettare la Costituzione,
e magari imporre nel job’s act - che
è ancora una delega in bianco alla mercè
del Governo nella quale è indicata solo
l’intenzione di modificare l’art.18 - di riconoscere i diritti alla reintegra a
tutti i dipendenti, compresi quelli assunti in imprese con meno di 15 addetti.
In ciò dovrebbero essere impegnati i politici del territorio se veramente
volessero salvare la Ciociaria e tutta
la Nazione dalla piaga della disoccupazione. Ogni altra azione differente da
questa sarebbe solo fuffa.
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