Si svolgerà sabato 13 dicembre a Frosinone presso la sala
conferenze dell’Hotel La Trattoria l’iniziativa di presentazione dell’appello
per la Ricostruzione del Partito Comunista Italiano.
Alcune dichiarazioni dei relatori, svolte introducendo gli
argomenti in discussione.
Oreste Della Posta, Segretario Provinciale PdCI: “ E’
indispensabile che all’interno di una sinistra aggregata, che ci proponiamo di
unificare nella forma di un fronte ampio, strutturato e operante in modo
coerente, si ricostruisca e si consolidi una presenza comunista autonoma, che
si proponga la sua riorganizzazione in partito, che sappia unire in questo
processo tutte le forze comuniste con una cultura politica affine, che in vario
modo si richiamano, attualizzandolo, al miglior patrimonio politico e
ideologico dell’esperienza storica del PCI, della sinistra di classe italiana e
del movimento comunista internazionale e alla migliore tradizione marxista, a
partire dal contributo di Lenin e Gramsci. Con una chiara collocazione
internazionalista e antimperialista; consapevole che, a fronte di un
imperialismo che mira a scardinare la sovranità nazionale di molti paesi per
piegarne la resistenza, la difesa di tale sovranità assume nella nostra epoca
un grande rilievo ed è precondizione per l’affermazione del protagonismo dei
popoli. A ventitrè anni dalla fine del Pci e stante l’attuale insufficienza
delle esperienze che in modo diverso si sono richiamate a quella grande storia,
nasce l’esigenza di ripartire con l’obiettivo della costruzione di un partito
comunista che ne riprenda le migliori caratteristiche, ricollocandole nelle
attuali condizioni italiane e internazionali.”
Massimiliano Palombi, Segretario Provinciale del PRC: “Nella
consapevolezza che si tratterà di un processo graduale e di non breve periodo,
che metta capo a un’unica forza comunista rigenerata, capace di superare
l’attuale frammentazione e, con essa, una sempre più evidente irrilevanza
politica e sociale, ribadiamo l’indispensabilità di una forza politica
comunista unificata, non settaria né subalterna all’opportunismo delle mode
correnti, che si ponga in un rapporto di dialogo costruttivo (ma da un punto di
vista autonomo) nell’ambito della sinistra d’alternativa, senza cessioni di
sovranità sulle questioni di fondo, ma capace di trovare volta a volta la
sintesi strutturata e non occasionale dell’unità d’azione.”
Giacomo Marchioni del Comitato Politico Nazionale del PRC:
“Il superamento della soglia di sbarramento ottenuto di
misura dalla lista Tsipras nelle recenti elezioni europee – quale che sia il
giudizio che si vuol dare su questa esperienza elettorale e sulle divisioni
profonde emerse prima e dopo il voto – dimostra quantomeno che nonostante i
forti limiti soggettivi delle forze in campo esiste uno spazio anche
politico-elettorale, militante e d’opinione, a sinistra del Pd renziano. Ed
esiste anche uno spazio oggettivo per una sua espansione, in direzioni diverse:
nei confronti di vastissimi settori popolari che sempre più approdano
all’astensionismo come forma di protesta anti-sistemica; nei confronti di una
parte dall’elettorato popolare, operaio e di sinistra del Pd, non certo
entusiasta di una leadership liquidazionista della stessa identità
socialdemocratica; ma che si rivela (comprensibilmente) poco attratto dalle
diverse alternative a sinistra del PD; nei confronti di quella parte di popolo
di sinistra (a volte di estrema sinistra) che vota 5Stelle, attratto dal voto
“arrabbiato” e di protesta, anch’esso deluso dall’assenza di grandi alternative
credibili a sinistra."
Davide Parente, Segretario della FGCI di Frosinone: “Il voto
di gran parte dei Paesi europei dimostra che esiste e può espandersi anche in
tempi brevi uno spazio sociale e politico durevole, con basi di massa, per un
consenso ai comunisti e alle forze della sinistra anticapitalistica: ed è solo
per gravi responsabilità soggettive di tutti i gruppi dirigenti che tale spazio
in Italia – in questi ultimi trent’anni che ci separano dalla morte di
Berlinguer – non è stato costruito.
In tale contesto regressivo, le gravi contraddizioni in cui si è avvolta la
lista Tsipras, prima e dopo il voto, mostrano che la strada per un’aggregazione
della sinistra di classe è lunga e tortuosa. E che essa richiede non
improvvisate alchimie elettoralistiche, ma la costruzione di fondamenta solide
nel mondo del lavoro e nel conflitto di classe nonché un pensiero forte
verificato nel tempo: è questo il solo terreno su cui possono crescere gruppi
dirigenti uniti e solidali, tenuti insieme non da occasionali e contingenti
convenienze politiciste.
Bruno Steri del Comitato Politico Nazionale del PRC: “ Un credibile processo
unitario che includa la sinistra partitica va costruito sulle basi solide dei
rapporti con le forze sindacali, associative e di movimento, anche nella
competizione elettorale: la quale deve tornare ad essere – se si vuol
conseguire un consenso non effimero – un momento unitario del percorso
politico, non il suo presupposto o il suo punto d’arrivo. Entro tale processo –
in modo inseparabile da esso, e nel quadro di una fase che, a sinistra, appare
caratterizzata da un alto tasso di mobilità politica – riteniamo fondamentale
il lavoro di ricostruzione in Italia di un partito comunista degno di questo
nome: di una forza organizzata non settaria, attenta agli sviluppi della
dinamica politica, legata organicamente al mondo del lavoro e non opportunista,
che si ponga in grado di orientare e condizionare da un punto di vista di
classe il processo di aggregazione della sinistra.
Siamo consapevoli dei limiti pesanti che hanno caratterizzato l’esperienza di
questi ultimi venti anni, in particolare dell’insuccesso e delle debolezze
originarie di una “rifondazione comunista” pur intrapresa con passione e
dedizione all’indomani della liquidazione del PCI.”
Ugo Moro, appena eletto nella Segreteria Nazionale del PdCI:
“ La crescente frammentazione e il moltiplicarsi delle divisioni hanno
dissipato un patrimonio militante che ha complessivamente interessato qualcosa
come un mezzo milione di iscritti e dilapidato un’influenza elettorale che
aveva raggiunto nella seconda metà degli anni Novanta i 3 milioni e 200 mila
voti, proiettata verso il 10%. A riprova di quanto sia facile dissipare in
pochi anni un grande patrimonio elettorale, quando esso non riposi su solide
fondamenta. Oggi abbiamo cognizione delle cause principali (nonché degli errori
dei gruppi dirigenti) che sono state alla base di questo insuccesso: a
cominciare da una debolezza ideologica e un eclettismo delle provenienze, che
hanno impedito una sintesi graduale, il formarsi di una cultura politica
comune, capace di tenere unito il partito anche nei momenti di forte dibattito
politico interno, come avviene invece nella più parte degli altri partiti
comunisti al mondo.
A ciò si è sommata, come concausa dell’insuccesso, la delusione
progressivamente indotta dalla partecipazione dei comunisti al governo del
Paese, che non ha conseguito alcun risultato sostanziale a favore dei nostri soggetti
sociali di riferimento, accentuata da forme di carrierismo politico, da lotte
interne e dalla formazione di ceti politici separati dalla più genuina
militanza di base, che hanno seminato sfiducia e distorto la gestione interna
delle stesse organizzazioni comuniste, la sua trasparenza, il suo costume, la
sua moralità. C’è dunque la necessità di una rilegittimazione dei comunisti,
compito tanto più urgente in quanto la crisi sistemica in cui siamo a tutt’oggi
immersi continua a colpire in primo luogo lavoratrici e lavoratori, privi di
una rappresentanza anticapitalistica adeguata.”
Sui comunisti grava quindi una grande responsabilità nella promozione di
un’analisi all’altezza delle innovazioni del capitalismo e nell’esplicitazione
di proposte per il suo superamento, nell’individuazione della nuova
composizione di classe e delle forme organizzative efficaci per far fronte alle
nuove contraddizioni. In particolare ai comunisti, organizzati in partito, è
ancora affidato il compito di portare nello scontro sociale e nella dialettica
politica una visione generale delle contraddizioni dello sviluppo
capitalistico, nonché una percezione matura delle dinamiche internazionali e
della prospettiva mondiale.
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