mercoledì 4 febbraio 2015

Frosinone Multiservizi. L'epilogo....ma non tutto è perduto

Luciano Granieri


Questa è una storia di ordinaria disperazione.  Alla fine degli anni ’90 il lungo e devastante percorso della grande industrializzazione nel nostro territorio si avviava all’epilogo.  Grandi aziende e multinazionali, facevano incetta dei contributi pubblici, messi a disposizione della cassa del mezzogiorno, per colonizzare la nostra Provincia. Una volta sfruttati, fino all’ultimo centesimo ingenti quantità di denaro pubblico, la grande industria, così invocata e idolatrata, toglieva le tende per cercare altrove altri polli pubblici da spennare.  

L’abbandono  pianificato da questi squali, con le tasche piene del denaro dei contribuenti, lasciava sul terreno la disperazione dei lavoratori licenziati e il deserto di un territorio defraudato della sua  originaria vocazione agricola, sacrificata sull’altare della grande speculazione fondiaria e finanziaria. 

Colpiti da sindrome di Keynes, ci si inventava la formula dei lavoratori socialmente utili (LSU). I lavoratori spremuti e abbandonati dalle aziende private, venivano  riutilizzati per svolgere attività in favore delle città e delle Province. A loro erano demandati i servizi di pubblica utilità fra i quali, la manutenzione dell’arredo  urbano, delle strade, dei parchi, i servizi cimiteriali, la mobilità scolastica e la cura dei disabili. Attività importanti molte vote di grande responsabilità e pagati con un piatto di lenticchie. 

Gli enti  locali, i Comuni e le Province in particolare, hanno avuto nella loro disponibilità mano d’opera gratuita per svolgere una serie infinita di servizi risparmiando ragguardevoli somme di denaro. Infatti  per un lungo periodo questi  lavoratori sono stati retribuiti  per metà dallo Stato, attraverso il fondo nazionale per la disoccupazione, per metà dalla Regione. Nello specifico, dal 1997 al 2007 una buona parte degli operali lasciati per strada dalla voracità delle multinazionali sbarcate a bivaccare in  Provincia, hanno messo a disposizione le proprie professionalità a favore dei cittadini di Frosinone, Alatri, e della Provincia di Frosinone, senza che questi  enti sborsassero una lira  per il  loro salario . 

Nel 2007,  secondo il programma  dedicato ai lavoratori socialmente utili, gli enti  beneficiari hanno  dovuto costituire una società  in-house per stabilizzare questi operai  e accollarsi il relativo onere contributivo sollevando lo Stato e la Regione.  E’ nata così la Multiservizi Spa i cui soci (Comune di Frosinone, Provincia di Frosinone, Comune di Alatri) avrebbero dovuto pagare quegli stessi addetti che per dieci anni avevano contribuito al benessere dei proprio concittadini. 

C’è da rimarcare, inoltre, che fra sgravi contributivi e agevolazioni fiscali gli azionisti  della Multiservizi hanno continuato ad usufruire  quasi gratuitamente dell’opera di questi la lavoratori. A partire dal 2010, quando l’onere è definitivamente passato agli enti soci questi si sono trovati in una   posizione   economicamente invidiabile.  La  società riceveva commesse  esclusivamente dei suoi azionisti,  con la perpetua assicurazione del lavoro, senza concorrenza alcuna e zero possibilità di fallimento.  

Ma si sa  la longa manus dei comitati elettorali che gestiscono le amministrazioni locali è più spietata delle multinazionali private. Immediatamente la Multiservizi spa diventava il verdeggiante campo  dove pascolare le mandrie clientelari.   La dirigenza della società diventava ipertrofica con un consiglio di amministrazione funzionale  a pagare laute cambiali elettorali. Crebbe un conglomerato di manager e amministratori dallo stipendio iperbolico, (250mila euro annui per presidente e consiglio di amministrazione),  la cui  retribuzione era pari alla loro incapacità. 

Non è un caso che una parte del debito della Multiservizi  (156mila euro)  si sia determinato per le cantonate  amministrative prese  da lor signori.  E mentre i costi di gestione aumentavano vertiginosamente per alimentare le  clientele,  gli enti soci (Provincia e Comune di Frosinone, Comune di Alatri)  pensavano bene di sotto pagare i servizi, di corrispondere il corrispettivo dovuto in enorme ritardo, producendo così un debito  pari al 40%  di una somma complessiva stimata in 9.319.000 euro.  Un salasso così ripartito:  1 milione800 mila euro per la Provincia di Frosinone, più o meno altrettanto per il Comune capoluogo, 1 milione per il Comune di Alatri, 4 milioni e mezzo per la Regione.

 In questo perverso meccanismo, sono rimasti incastrati proprio quei lavoratori  per la  cui salvaguardia del posto di lavoro tutto il progetto  era stato pensato. 306  addetti  venivano messi in cassa integrazione e quindi licenziati fino all’epilogo del fallimento della società decretato dal tribunale fallimentare  il 27 gennaio del 2015.  

Nel frattempo gli enti hanno provveduto a foraggiare ulteriormente il proprio bestiame elettorale attraverso l’affidamento dei servizi,  precedentemente svolti dai lavoratori licenziati, a cooperative amiche, amiche degli amici, secondo una modalità, poco trasparente,   più onerosa per la comunità. L’altra ha riguardato  la forma  del fallimento, parametrato, su una tipologia di società, non rispondente alle caratteristiche della Multiservizi, ma utile a sollevare gli enti, primi responsabili dello sfascio, da ogni addebito. E soprattutto funzionale  a non pagare i risarcimenti e le indennità ai lavoratori licenziati. 

Un epilogo drammatico ma che apre un’opportunità.  L’attuale situazione di crisi del mercato basato sulla compravendita delle merci, ha reso fortemente appetibili le opportunità di profitto fornite dalla gestione dei servizi. Ecco perché la speculazione privata sta investendo sempre maggiori risorse sull’acquisizione di queste attività. 

Quindi una società di servizi   che un fallimento pilotato ha reso pulita da debiti, può tornare appetibile per il profitto privato. Pare che una società privata si sia proposta per la compartecipazione del 50% al capitale di una new company che possa assorbire gli addetti licenziati. Le mire di una tale compartecipazione privata sono tristemente note e non propriamente favorevoli ai  lavoratori, ma intanto uno spiraglio si è aperto, e se ciò è avvenuto lo si deve alla caparbia lotta di donne e uomini  che da più di 300 giorni resistono per protesta sotto una tenda davanti al Comune.  La lotta paga? Forse si ma è necessario tenere alta la guardia affinchè  non vada in scena l’ennesima triste storia di speculazione costruita sulla pelle dei lavoratori.





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