lunedì 2 marzo 2015

Riforma della scuola. Quando imporre il crepuscolo fomenta l'alba

mai come ora scuola pubblica e democratica


“non temere il proprio tempo è un problema di spazio 
geniali dilettanti in selvaggia parata 
ragioni personali una questione privata 
la facoltà di non sentire 
la possibilità di non guardare 
il buon senso la logica i fatti le opinioni le raccomandazioni 
occorre essere attenti per essere padroni di se stessi

occorre essere attenti”

“Linea Gotica”
Consorzio Suonatori Indipendenti




Noi la scuola la facciamo tutti i giorni. Senza dichiarare riforme o assunzioni. Ogni giorno riformiamo il nostro agire in classe, adattiamo la programmazione alle esigenze dei ragazzi, riflettiamo e ci autovalutiamo, da soli e coi colleghi. Senza retorica alcuna.
Ogni giorno, prendiamo atto delle potenzialità e dei limiti che abbiamo come insegnanti singoli, come comunità, come scuola tutta. Perché valutare e auto-valutarci è parte del nostro “work in progress”. Solo questa considerazione sarebbe sufficiente a bloccare i progetti di “stigmatizzazione meritocratica” che il governo utilizza... al fine di differenziare i salari degli insegnanti e i finanziamenti alle scuole.
Siamo contrari al “sistema Invalsi” e alle sue emanazioni culturali quali il “rapporto di autovalutazione”. Consideriamo dannoso il sistema di premialità che il governo ha messo in cantiere per gli “innovatori naturali”, la formulazione e pubblicazione dei curricula dei “crediti professionali, didattici, formativi”, le procedure di “mobilità orizzontale dei docenti mediamente bravi”.

I primi a volere una scuola di qualità siamo noi. Pertanto, abbiamo il dovere di muovere critiche e costruire mobilitazioni al fine di tutelare e migliorare la scuola.
Il governo ha dichiarato di aver ascoltato il mondo della scuola attraverso la -fallita- consultazione on-line. Ha mostrato piena sordità verso le centinaia di mozioni critiche provenienti dai collegi dei docenti. E ha ostentato soggezione e mutismo verso le richieste di chiarezza piovutegli addosso dal mondo della scuola, dai sindacati, dall'opinione pubblica.
Ma il dado è tratto.
Temiamo un blitz sulla scuola analogo a quello -disastroso e autoritario- mosso per varare il “Jobs Act”. Sappiamo che il governo vuole incassare una riforma che stravolgerà il modo di “fare” e di “essere” scuola.
Tutto questo eleva la riforma della scuola a “questione” di carattere nazionale che deve stimolare il dibattito e mobilitare i cittadini.

Il paese ha bisogno di un dibattito che superi l'ormai celebre “annuncite” del governo e rimetta al centro le proposte provenienti dai cittadini. 
Pertanto, sosteniamo la Lip(ora Ddl 1583 al Senato e 2630 alla Camera) che, in contrasto radicale con la controriforma di Renzi: l’investimento nella scuola del 6% del Pil nazionale (in linea con quanto in media investono i paesi UE); l’obbligo scolastico a 18 anni; il ripristino del tempo pieno e del tempo prolungato classi di non più di 22 alunni (numero che diminuisce in presenza di alunni con disabilità); l'abrogazione della "riforma" Gelmini; una scuola finanziata interamente dallo Stato, per evitare la creazione di scuole di serie A e B, la garanzia della libertà di insegnamento.

La centralità della libertà dell'insegnamento e del dibattito a scuola va rispettata poiché la scuola è il luogo della formazione culturale e civile dei cittadini futuri.
L'ingresso di capitali, interessi e di discutibili pratiche di tirocinio in imprese private ci pare poco utile al processo educativo degli alunni e si delinea come potenzialmente dannoso agli equilibri di gestione interna delle scuole e, ancor più grave, alla libertà di insegnamento.

Abbiamo sempre denunciato i deficit di qualità della scuola provocati dalla spirale della precarietà che affligge la scuola e gli insegnanti. Consideriamo positivo l'intervento della Ue e le conseguenti dichiarazioni a favore dell'assunzione dei precari.
Ribadiamo la necessità di assumere tutti i precari sui posti che si verrebbero a creare con la restituzione dei fondi tagliati dalla Gelmini, con l'abrogazione della legge Fornero.
Dubitiamo fortemente che il governo assuma i 148 mila precari delle Gae. E sappiamo che non è in cantiere l'assunzione, necessaria e dovuta, di tutti i precari di II e III fascia che ogni giorno si spendono per mandare avanti la scuola italiana. Sappiamo che è giusto riconoscere -con l'assunzione- i saperi e la professionalità di migliaia di insegnanti che vivono una costante fase di specializzazione sul campo e che dobbiamo lasciare aperti i cancelli delle scuole a quegli studenti che hanno il desiderio di investire la loro vita nel mestiere dell'insegnamento.

Consideriamo fondamentale il rispetto della parte normativa del contratto collettivo nazionale di lavoro. A partire dai nuovi assunti.
Le nuove assunzioni non devono essere il cavallo di troia per un nuovo modello di sfruttamento del lavoro nella scuola e nel settore pubblico. Così come non devono essere soggette a tagli salariali di ogni tipo, va anzi riconosciuto a tutti i lavoratori un immediato aumento salariale di 200 euro e, soprattutto, va rilanciata immediatamente una fase di contrattazione che riconosca al mondo della scuola un nuovo contratto.

Siamo convinti che la scuola può essere il terreno su cui aggregare una moltitudine di soggetti interessati alla difesa della democrazia, della cultura, della dignità del lavoro in questo paese.




Per questo chiamiamo tutti alla mobilitazione

giovedì 12 marzo
ore 15.30

al Miur di Viale Trastevere e nelle piazze delle città italiane

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