Salviamo il Cittadino Ciociaro. Sotto uno spesso strato di derisioni, villanie e vergogna per le proprie origini (ben manifesta in molti comportamenti nostrani), era rimasto sepolto per decenni il Cittadino Ciociaro. Spintonato dalla folata di scherno e insulti, egli sembrava essersi rintanato sotto una cupa coltre di silenzio e oscurità, di smemoratezza, per scansare i frizzi e i lazzi del pubblico ludibrio. Ma il Cittadino Volsco, risvegliato fortuitamente in queste settimane dal suo sonno millenario, sembra avergli ridato voce e memoria, riportando alla luce le radici ciociare nelle coscienze di tutti noi. Così noi oggi possiamo sentire la sua antichissima presenza suggerirci che forse questa terra nasconde in sé qualcosa di cui invece andar fieri; e che la causa della nostra scarsa considerazione di noi stessi potrebbe risiedere soltanto in quell'oblio in cui abbiamo segregato la memoria. Senza di essa, difatti, i peggiori istinti scavezzano dalla guida dell'esperienza e della tradizione, oltre che della scienza, continuando indisturbati a produrre strati e strati di modernissime nefandezze di cui vergognarsi davvero. Felici del nostro ritorno alla luce del nuovo giorno ciociaro, abbiamo dunque pensato di andare a trovare l'antico antenato, potenziale nostro salvatore, presso la nuova dimora della sua maestosa antichità: il Museo Archeologico Comunale di Frosinone.
Il Museo, come deve, è situato nel centro storico della città, a pochi passi dalla Cattedrale, in una delle anse architettoniche disegnate da Via XX Settembre, al civico 32. Non è difficile trovarlo, neanche per chi venisse da fuori e non conoscesse il borgo. Basterebbe chiedere al primo viandante e si avrebbe la giusta indicazione, come occorso a noi. Entrati nell'antico portone, ansimando un poco per la breve camminata in salita, ci ritroviamo in una situazione inaspettata: una pletora di bambini incuriositi che attorniano una ragazza intenta a spiegare questo e quello, mentre indica le teche che ha alle spalle e intorno. Ci facciamo annunciare da qualcuno che pare essere assiduo del luogo e, neanche il tempo di rammaricarci per la nostra involontaria intrusione, veniamo ricevuti da un'ospite d'eccezione: la dottoressa Maria Teresa Onorati, direttrice del Museo, che ci accoglie calorosamente e ci invita ad accomodarci nel suo ufficio al primo piano. Lì giunti, siamo gradevolmente travolti da un profluvio di narrazioni, su come il Museo sia riuscito ad attrarre l'attenzione di alunni e insegnanti delle scuole del territorio, delle numerose attività di laboratorio a cui partecipano quotidianamente bambini e adulti; su come siano sempre più frequenti i contatti con la città e quanto siano assidui gli appassionati che lo frequentano; su quanto siano importanti i ritrovamenti sparsi per il territorio cittadino e di quanto sia difficile farlo comprendere a chi ne avrebbe la responsabilità; e di quanto sia stato gratificante ottenere l'attenzione della studiosa americana Molly Lindner, che sull'annuario del museo ha pubblicato un approfondito studio su uno dei reperti lì custoditi. Poi riceviamo depliant, riviste e pubblicazioni varie, produzione del Museo stesso. Una gradevolissima ondata d'entusiasmo, senza alcun allarmismo.
Non vi racconteremo invece della bella vista ai reperti in mostra, di cui ci ha gratificato la stessa Direttrice Onorati, suscitandoci ad ogni passo curiosità e stupore; poiché non è cosa che si possa raccontare, senza amputarne gravemente il senso. Bisogna andar lì, vedere e ascoltare, con occhi e orecchie, per sentire compiutamente il possente flusso del passato che in un istante lì si fa presente; per cogliere in un sguardo il passare del tempo, e sentire i colpi dell'uomo che scolpisce la storia, trasformando un umile sasso in una meraviglia di freccia acuminata e tagliente; per scorgere l'indissolubile nesso che lega un vaso di terracotta rozzamente formato ad un iphone di ultima generazione; e sentirsi così parte vitale di quel prodigioso cammino che conduce fino a noi, ma su cui noi sembriamo non saper mantenere più l'ancestrale passo. Bisogna andar lì, per comprendere appieno il meritorio lavoro che, tra mille difficoltà e sottovalutazioni, ella e i suoi misconosciuti e giovani collaboratori e collaboratrici profondono per riportare alla luce, e mantenere e studiare, le espressioni antropiche dei nostri lontanissimi avi. Per tutto questo bisogna andar lì, senza indugio alcuno.
E il Cittadino Volsco, quello capace di suscitare cotanto risveglio in noi, dov'è? Al momento è custodito in un armadio, con tutte le precauzioni del caso, in attesa del restauro e degli studi. Poi verrà esposto opportunamente in una delle sale del Museo, per la fruizione di studiosi, appassionati e semplici curiosi. Ma il suo compito lo sta svolgendo già: ci sta indicando la strada per la salvezza del Cittadino Ciociaro.
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