giovedì 28 maggio 2015

L'irresistibile fascino universale dell'entropia

Luciano Granieri



Martedì scorso, 26 maggio, ha avuto luogo, presso l’aula magna del Liceo Classico Norberto Turriziani la presentazione del volume “dell’entropia ancora”   ultimo libro del poeta saggista Alfonso Cardamone.  L’evento, promosso dall’”Associazione  ExAlunni Turriziani” ha visto la partecipazione, dell’autore Alfonso Cardamone,  dei professori Renzo Scasseddu e Marcello Carlino il quale ha arricchito  il testo con una efficace prefazione.  

Ho avuto la fortuna di partecipare all’incontro grazie all’invito di Alfonso che, oltre a saggista e  poeta, è anche prezioso ed illuminante amico.  Prima di proseguire nella stesura dell’articolo mi preme sottolineare, per correttezza,  come le considerazioni che seguono siano il frutto delle riflessioni di  un  semplice appassionato  lettore, non particolarmente addentro alle dinamiche lessicali e semantiche della poesia. Per cui confido nella clemenza di chi è più esperto di me su eventuali inesattezze o pressapochismi. 

Il volume “dell’entropia ancora “ racchiude una serie di componimenti poetici, brevi asciutti, accompagnati dalle tavole del pittore Angelo D’Onorio.  Un connubio di arte, poetica e pittorica, dalla potenza comunicativa ed emozionale fuori dal comune. Ad accompagnarci, nel mondo anarchicamente  ed entropicamente creativo  di Alfonso Cardamone, due maestri  d’eccezione:  Il professor Renzo Scasseddu, il quale ci ha guidato nei meandri stilistici, del fluire poetico di Alfonso, e il professor Marcello Carlino che si è soffermato sulla semantica di quei versi graffianti e teneri (mi scuserete di questo ossimoro che è tutto mio, ma che dovrebbe rendere bene uno dei filoni su cui si snoda l’entropia di Alfonso). 

Si comincia da Itaca, la dove nasce il viaggio di Ulisse,  dove nasce il viaggio della vita di ognuno di noi. E ad Itaca si torna, “l’approdo” dopo essere ripartiti ancora una volta “tornando a sciogliere le gomene”. Questo è l’Universo. L’Universo di Ulisse, e  l’Universo di ognuno di noi. Uno dei temi cari ad Alfonso Cardamone  è proprio l’idea di un’identità universale  legata  e limitata alla vita delle persone. Si ignora  l’esistenza  di un’entità al di fuori di noi, la si può intuire, immaginare, ma nulla si conosce di essa. 

La  nostra percezione, il nostro vivere l’Universo inizia  dal non noto, con la nascita, ed inevitabilmente torna al non noto con la morte. Ed in mezzo? In mezzo c’è la vita, la nostra vita, un percorso che si consuma secondo un presente di “deformazione delle immagini, di dissolvimento delle esperienze e della percezione” per citare Alfonso. E’ dunque un percorso fortemente entropico, è un continuo susseguirsi di ossimori: la crudeltà dei sogni ingannatori, che come schegge avvelenate ingiuriano la carne illusa dell’uomo,  unita alla  tenerezza del nonno che guida il nipotino per mano. Dunque l’entropia in attesa della morte. Ma proprio perché entropico il viaggio della vita, che ha un esito certo, è incerto e affascinante.  Questo è uno dei messaggi che mi è sembrato cogliere dal volume di Alfonso Cardamone. Ripeto sono considerazioni del tutto personali. 

Questo succedersi della nascita, dell’evolversi entropico e della morte del “NOSTRO” Universo, mi richiama alla musica di John Coltrane. Una poetica musicale che parte dall’esposizione di un tema, magari non pedissequamente eseguito nella sua precisa  forma melodica, (Itaca) per poi  avventurarsi nell’entropia dell’imporvvisazione più delirante, parola intesa nel  suo senso strettamente  etimologico derivante dal Latino. In cui de -lirare significa  seminare fuori dal solco dell’aratro (lira) , come ci ha mirabilmente spiegato il professor Scasseddu. Dunque un’imporvvisazione delirante, entropica, determinata dalla creatività emotiva di quel musicista,  diluita  e limitata al  tempo dell’esecuzione, che non è prevedibile. Un viaggio sonoro che inevitabilmente riporta a Itaca, cioè alla figura melodica di partenza, al tema. 

Unitamente ai video relativi alla presentazione del libro, ho pubblicato un contributo musicale, che dovrebbe essere esplicativo di queste dinamiche. Il brano è “Naima” di John Coltrane. Dopo l’esposizione del tema, eseguita dal Coltrane al sax tenore e da Erich Dolphy al clarino basso, lo stesso Dolphy si lancia in una improvvisazione entropica, fuori dal solco dell’aratro. Quel solco rimane sullo sfondo impercettibile. E’ ignorato, ma esiste. Anche il successivo assolo  del pianoforte di McCoy Tyner è completamente esterno  al solco, deviano anche le figure ritmiche di Elvin Jones alla batteria. Solo Reggie Workman al contrabbasso rimane a delineare, appena accennata,  la lira dell’aratro. Tutto poi ritorna alla melodia iniziale e termina. Naima costituisce il sottofondo musicale delle immagini  di alcune opere di Angelo D’Onorio ,straordinario autore delle tavole che illustrano il libro di Alfonso. 

Ma nell’entropia assoluta di questo mio argomentare esiste un punto fermo. E’ la  tendenza a buttarla in politica.   Martedì scorso mi sono rigenerato, fra le mura amiche del Liceo Classico Turriziani, istituto che ho frequentato ahimè con scarso profitto, diversi decenni fa. Ho assaporato  il privilegio e la gioia di  dissetarmi  presso fonti  di sapienza e di humanitas, alimentate dalle  parole di Cardamone, Carlino e Scasseddu. Ma nello stesso tempo, in un lampo di razionalità, ho realizzato come tale privilegio, difficilmente potrà essere goduto da altri alunni nei prossimi anni. 

E’ una riflessione amara che deriva dal constatare come l’idea di scuola che da decenni si tenta di imporre, e che sta trovando il suo pieno compimento con il ddl renziano sulla Buona Scuola, sia anni luce lontana da ciò che stava avvenendo fra le mura del Liceo Classico.  L’istruzione finalizzata alla formazione della sensibilità umana , alla capacità di apprendere e capire le persone intorno a noi, la predisposizione alla condivisione del sapere, è in grave pericolo, è prossima alla distruzione. Destinata a soccombere sotto i colpi di una nuova idea di scuola pubblica , in cui gli insegnanti  sono obbligati  ad eseguire i comandamenti del preside manager, e gli studenti,  sono trasformati  in nuovi schiavi,   anziché in persone coscienti e pensanti.  Ecco,  l’ordine pianificato finalizzato di questa idea di scuola asservita al mercato, va assolutamente combattuto con la sterminata ed affascinate entropia della cultura vera, quella che aiuta a diventare donne e uomini. 

Un grazie di cuore ad Alfonso Cardamone per il privilegio che mi ha concesso.



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