Preety Kaur
I fiori comprati in una visita a un supermercato locale, il caffè, il grano, sono economici e buoni. La confezione graziosa nasconde il sudore e le lagrime che ci sono volute per produrla. Il codice a barre non rivela i nomi dei bambini e degli adulti che hanno lavorato in fabbriche simili a prigioni o in aziende agricole, guadagnando appena il necessario per dar da mangiare a loro stessi e alle loro famiglie.
In un’epoca in cui i climatologi ci pregano di ridurre le emissioni di anidride carbonica, perché i fiori nei nostri supermercati locali arrivano dal Kenya? Coloro che fanno crescere, che colgono, confezionano, trasportano, immagazzinano i fiori non ricevono neanche il salario minimo, e tuttavia gli amministratori delegati e i grandi azionisti dei supermercati poltriscono su yacht da un milione di dollari su mari color smeraldo.
Questo è il neo-liberalismo, l’economia del “libero mercato”, dove fare, vendere e consumare vengono calcolati in numeri. Le persone che lavorano per produrre, vengono ignorate. C’è libera circolazione di merci, non di persone. In base all’Accordo Nord Americano per il libero scambio (NAFTA), i messicani fabbricano le merci, gli statunitensi e i canadesi le consumano, mentre una piccola minoranza ne ricava un profitto. I politici statunitensi e coloro che fanno affari che divinizzano l’accordo, cercano di tenere in Messico coloro che fanno le merci, lontani dalla vista.
Ma che succederebbe se i lavoratori decidessero di dire “basta”? Che cosa accadrebbe se decidessero di voler vivere nei continenti più ricchi? Decenni di politiche neo-liberali hanno rovinato i paesi, conflitti imperiali hanno costretto molti a cambiare nazione e dittatori autoritari ne hanno cacciati via altri.
La gente rischia la vita per lasciare le case, le loro comunità; i luoghi vengono devastati dal neoliberalismo, dall’autoritarismo e dai conflitti, Viaggiano su barche instabili senza salvagenti, anche se non sanno nuotare. Salgono su montagne e colline, nella speranza di trovare un rifugio sicuro.
Invece di contestare le politiche che costringo le persone a lasciare le loro case, gli organi di stampa tentano sfacciatamente di incitare all’odio. Mettiamoci insieme e odiamo gli immigrati che fuggono dall’indigenza, dalla persecuzione, o da entrambe. Cioè, proprio gli immigrati le cui famiglie ora estraggono dalle miniere i materiali per le batterie dei nostri iPhone, che cuciono il nostro prossimo vestito o che lavorano con materiali cancerogeni che formeranno la scheda elettronica del nostro prossimo computer portatile.
Recenti rapporti dei media europei descrivono le persone che fuggono dalla povertà, dai conflitti e dalla possibile tortura, come “sciami” che creano una “giungla” a Calais, Francia. Mentre gli immigrati occidentali bianchi all’estero sono considerati “espatriati” che esplorano una cultura diversa per una volta, coloro che provengono dal sud globale per cercare una vita migliore o la protezione dalle persecuzioni, vengono derisi.
La crisi dei migranti è considerata impattante in modo sproporzionato sugli stati europei, anche se paesi come il Libano, il Pakistan o l’Etiopia spesso accettano il maggior numero di immigrati. I tabloid e i media convenzionali ripetono senza vergogna cifre non corrette sul numero di persone che cercano asilo in Europa e che rivendicano benefici.
Tuttavia, malgrado questo, ci sono state delle meravigliose dimostrazioni di solidarietà, dall’isola greca di Lesbo dove molte persone del luogo accolgono e appoggiano i siriani e gli afgani che cercano asilo, alle proteste per far chiudere i disumani centri di detenzione per immigrati e ai furgoni per la solidarietà che si spostano con cibo, abiti, giochi e articoli sanitari da Londra a Calais. L’associazione Biciclette senza Confini progetta di portare più biciclette possibile da Londra a Calais e lasciarle lì ai migranti dando loro miglior accesso al minimo indispensabile e ai servizi di consulenza che sono attualmente a oltre un’ora di cammino.
La lotta pe i diritti dei migranti è intrinsecamente legata alla lotta per un mondo migliore, dove le libertà di movimenti e di dignità sono apprezzate e non possono essere comprate o vendute.
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