Il depuratore consortile di Anagni |
Stupisce la sollecitudine con cui il Presidente del Consorzio per lo Sviluppo Industriale (ASI) di Frosinone, Francesco De Angelis, puntualizza, nella prima parte del suo comunicato stampa di ieri, che «Il depuratore di Anagni non è di proprietà dell’ASI e pertanto, per la realizzazione dello stesso, il consorzio industriale della Provincia di Frosinone non ha investito e speso alcuna risorsa. Appare del tutto evidente che, non essendo proprietari, non compete all’ASI l’attivazione dell’impianto in questione».
Per la verità non ci sembra che nessuno, neppure nelle recenti dichiarazioni della stampa relative ai resoconti stenografici della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, abbia mai sostenuto che sia di proprietà ASI il “depuratore consortile”, come viene comunemente definito anche dalla Regione Lazio (cfr. ad es. http://openspesa.lazio.it/pagamento/163931), o se si preferisce “l’impianto di depurazione dell’agglomerato industriale di Anagni” (http://www.asifrosinone.com/aree-produttive/agglomerato-anagni). C’è da chiedersi allora perché il Presidente abbia tanta premura di allontanarne dall’ASI l’aura.
Viene spontaneo inoltre chiedersi se il Presidente ASI rammenti bene, o voglia rammentare, una serie di atti che non si perita di considerare nelle sue pur asciutte dichiarazioni.
Rammenta che il Presidente della Regione Lazio, con Disposizione del Commissariato per l’emergenza della Valle del Sacco n. 39/2012 prot. 365/12, ha affidato la gestione del depuratore al Consorzio ASI? Rammenta che l’ASI ha accettato tale disposizione con propria delibera 11 aprile 2012? Rammenta che il 28 marzo 2013 Regione Lazio Area Risorse Idriche e Consorzio ASI hanno stipulato una convenzione per definire le modalità di gestione? Rammenta che nell’aprile 2014 il Consorzio, pur in ritardo di 8 mesi, ha presentato alla Regione un funzionale Piano di Gestione?
Non c’è alcun dubbio sul fatto che oggi l’ASI è formalmente soggetto gestore del depuratore. C’è da chiedersi invece, anche alla luce delle dichiarazioni di De Angelis, se il Consorzio ne sia sostanzialmente soggetto gestore. Infatti dalla stipula della Convenzione ad oggi nessun autentico passo in avanti è stato compiuto. Trattandosi di un’opera pronta, chiavi in mano, collaudata in assenza di reflui industriali e civili nel luglio 2014, costata 20 milioni di euro, la cosa non fa certo molto piacere alla popolazione della Valle del Sacco.
E al di là degli atti succitati, l’ASI non può non essere naturalmente cointeressato e parte attiva dell’ottimale realizzazione e gestione del depuratore, esercitando un ruolo chiave nel trovare la sinergia tra interessi pubblici e interessi delle aziende del territorio. La verità ci sembra che, non sapendo come esercitare questo ruolo, l’ASI intenda ora apparire immune da qualsivoglia responsabilità sulla questione.
Nella seconda parte del suddetto comunicato stampa, il Presidente dell’ASI scarica elegantemente le responsabilità della gestione del depuratore sulla Regione Lazio, in particolare all’assessore suo compagno di partito: «Siamo, infine, a conoscenza del forte impegno della Regione Lazio e dell’assessore Fabio Refrigeri per superare le difficoltà esistenti e giungere presto alla soluzione della problematica».
Se così De Angelis sembra tentare di non far ricadere alcuna responsabilità in capo al proprio ente, si può riconoscere che abbia ragione nell’attribuirne la parte principale alla Regione (e, si potrebbe aggiungere, queste sono verosimilmente da cercarsi più nell’operato di farraginose direzioni regionali che dell’assessore di turno).
Puntiamo dunque al cuore della faccenda. Si è riusciti dopo un ventennio e un notevolissimo impiego di risorse pubbliche a completare il depuratore di Anagni, che può trattare tutti i reflui industriali e buona parte di quelli civili, un’opera chiave per la salvaguardia dell’ambiente e la funzionalità di un’area industriale degna di questo nome. Perché le aziende non si allacciano? Perché non sono obbligate a farlo e molte non ne vedono alcun vantaggio, in quanto già contano su autonomi impianti di depurazione, con costi di trattamento dei reflui inferiori a quelli che risulterebbero dal conferimento al depuratore consortile (tacendo di chi è tentato di risparmiare ulteriormente non effettuando alcun trattamento e scaricando nel fiume Sacco). Solamente se il depuratore fosse ancora sotto la gestione del Commissariato per l’emergenza della Valle del Sacco si potrebbe stabilire un obbligo coattivo, ma ormai questo è il passato. Il problema, oggi, è dunque in che modo persuadere, con incentivi economici o altre modalità, le aziende ad allacciarsi al depuratore. Non ci sembra proprio che a riguardo vi sia un «forte impegno» e soprattutto un sollecito impegno, né da parte della Regione Lazio, né del Consorzio ASI. Il problema è oggettivo e delicato, ma le soluzioni non sembrano impossibili, se si è armati della necessaria buona volontà ed efficienza, prima che quel gioiellino che è oggi il depuratore consortile di Anagni arrugginisca.
Con tanti auguri di buon lavoro all’Assessore Refrigeri, al Presidente De Angelis e a quanti operano alle loro dipendenze.
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