domenica 24 aprile 2016

Un 25 aprile negazionista

Luciano Granieri

Buon 25 aprile a tutti, compagne, compagni, amiche, amici, conoscenti, sconosciuti, italiane, italiani e cittadini di tutto il mondo.  Ciò che avvenne quel 25 aprile di 71 anni fa,   fu  il risultato dell’evolversi  di eventi  drammatici . Un percorso che nella sua tragicità   ci  ha  condotto  verso   un’ emancipazione democratica forse  unica . E’ una celebrazione fondamentale, non soltanto perchè  gli Italiani si sono liberati, dalla dittatura, dall’occupazione straniera, ciò è, o dovrebbe essere, noto. 

Quegli accadimenti in particolare hanno segnato l’appropriazione da parte della  comunità di un territorio. Uno spazio, non geograficamente determinato,  dove si possono decidere collettivamente le regole della convivenza, delle  relazioni sociali.  Nello spazio conquistato quel 25 aprile, ognuno può partecipare alla vita politica della comunità  trasformandosi  in cittadino a tutti gli effetti, anzichè rimanere suddito. Conseguentemente,  l’essere cittadino determina la possibilità di contribuire al progresso della comunità attraverso il lavoro e ricevere da essa i mezzi per vivere. L’abitare questo spazio significa  poter assicurare un’istruzione di qualità ai giovani,  usufruire di un servizio sanitario efficiente e  di tutti gli elementi necessari al pieno sviluppo della persona umana. Ma  soprattutto   qui si ripudia  la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie.  

Festeggiare il 25 aprile significa celebrare tutto questo. Non è poco. Eppure una tale   elevata valenza storica sociale e politica è stata riconosciuta solo fino alla fine degli anni ’70. L’avvento del ventennio berlusconiano, con lo sdoganamento degli ex fascisti e la loro partecipazione  al governo,  sancì l’ingresso del 25 aprile  nella categoria delle celebrazioni divisive. Si diffuse un fuorviante revisionismo storico, per cui nella tarda primavera del '45 determinò  il predominio di una parte, la quale  iniziò una, storicamente negata,  violenza vendicativa verso i vinti. 

Si arrivò  addirittura alla teorizzazione che gli oppressi fossero  stati più crudeli degli oppressori. Ciò fu il risultato dei venti friedmaniani della scuola di Chicago che investirono l’Europa  nei primi anni ’80 e che identificarono le regole democratiche  iscritte nella Costituzione, risultato politico di quel 25 aprile, lesive per il pieno sviluppo della tirannia del mercato. Ma la rivalutazione dei disvalori fascisti e nazisti non fu sufficiente. Riuscire  a distruggere il significato condiviso della vittoria della primavera del ‘45, provocò una polarizzazione,  e una  difesa  più determinata dell’idea di organizzazione sociale  uscita dal quel conflitto. 

Era necessario annullare, quasi   negare, che i valori della partecipazione democratica e del rispetto della dignità umana, attraverso il diritto di cittadinanza,  fossero mai esistiti. I post fascisti non erano attrezzati. Tale  operazione negazionista doveva essere  portata a termine attraverso la  corruzione di quelle forze politiche che si riconoscevano nei valori del  25 aprile. Era  compito della burocrazia riformista depotenziare il portato ideologico della resistenza. 

Si incaricarono i compagni illuminati e corrotti dalle regole neoliberiste ,di  raccontare agli altri compagni dalle antiche passioni politiche,  che  ci si era sbagliati. La libertà conquistata non era diritto del popolo ma dei potentati finanziari e tale libertà non poteva essere condizionata  da una Carta Costituzionale, inutile orpello  fuori dal tempo. .

Dalle celebrazioni contestate dai figli dei post fascisti, si è arrivati al negazionismo di oggi. In tutta Italia, domani si svolgeranno le manifestazioni dell’ANPI dei movimenti e delle associazioni che ancora credono in tutti i valori espressi dalla resistenza. Si registrerà probabilmente anche  un’ ampia partecipazione delle istituzioni. Ma cosa celebreranno le istituzioni? La liberazione dai tedeschi? La  liberazione dal giogo fascista, che poi in fondo così disumano non era?  Forse. Sicuramente non si valorizzerà quel luogo conquistato con il sangue dei partigiani, dove si pratica la partecipazione democratica, dove la legge è uguale per tutti, dove si ripudia la guerra, e  il lavoro, la tutela della salute, l’istruzione,  sono gli elementi  fondamentali  per la promozione della dignità umana. 

Quel luogo non esiste più, anzi non è mai esistito. Sotto quest’ottica si capisce chiaramente a cosa serve l’ennesimo attacco alla Costituzione  combinato con una legge elettorale buona per i sudditi e non per i cittadini. Dunque per combattere il negazionismo del 25 aprile, oltre che a partecipare in massa alle celebrazioni di domani, è necessario promuovere la raccolta delle firme per i referendum contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi, contro l’Italicum e contro tutte quelle leggi, sulla scuola, sul “non” lavoro, sul degrado ambientale che alimentano il negazionismo. Perchè quel luogo in cui  i cittadini partecipano alle scelte politiche,  la cui dignità è difesa e sancita esiste ancora, nonostante tutto.

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