Buon 25 aprile a tutti, compagne, compagni, amiche, amici,
conoscenti, sconosciuti, italiane, italiani e cittadini di tutto il mondo. Ciò che avvenne quel 25 aprile di 71 anni fa, fu il risultato dell’evolversi di eventi drammatici . Un percorso che nella sua tragicità
ci ha condotto verso un’ emancipazione democratica forse unica . E’ una celebrazione fondamentale, non
soltanto perchè gli Italiani si sono liberati,
dalla dittatura, dall’occupazione straniera, ciò è, o dovrebbe essere, noto.
Quegli accadimenti in particolare hanno segnato l’appropriazione da parte della comunità di un territorio. Uno spazio, non geograficamente determinato, dove si possono decidere collettivamente le regole della convivenza,
delle relazioni sociali. Nello spazio conquistato quel 25 aprile,
ognuno può partecipare alla vita politica della comunità trasformandosi in cittadino a tutti gli effetti, anzichè rimanere suddito. Conseguentemente, l’essere cittadino determina la possibilità di
contribuire al progresso della comunità attraverso il lavoro e ricevere da essa
i mezzi per vivere. L’abitare questo spazio significa poter assicurare un’istruzione di qualità ai
giovani, usufruire di un servizio
sanitario efficiente e di tutti gli
elementi necessari al pieno sviluppo della persona umana. Ma soprattutto qui si ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle
controversie.
Festeggiare il 25 aprile
significa celebrare tutto questo. Non è poco. Eppure una tale elevata valenza storica sociale e politica è
stata riconosciuta solo fino alla fine degli anni ’70. L’avvento del ventennio
berlusconiano, con lo sdoganamento degli ex fascisti e la loro partecipazione al governo, sancì l’ingresso del 25 aprile nella categoria delle celebrazioni divisive. Si
diffuse un fuorviante revisionismo storico, per cui nella tarda primavera del '45 determinò il predominio di una parte, la quale iniziò una, storicamente negata, violenza vendicativa verso i vinti.
Si arrivò addirittura alla teorizzazione che gli
oppressi fossero stati più crudeli degli oppressori. Ciò fu il risultato dei venti friedmaniani della scuola di Chicago che investirono l’Europa nei primi anni ’80 e che identificarono le
regole democratiche iscritte nella Costituzione, risultato politico di quel 25
aprile, lesive per il pieno sviluppo della tirannia del mercato. Ma la
rivalutazione dei disvalori fascisti e nazisti non fu sufficiente. Riuscire a distruggere il significato condiviso della
vittoria della primavera del ‘45, provocò una polarizzazione, e una difesa più
determinata dell’idea di organizzazione sociale
uscita dal quel conflitto.
Era necessario annullare, quasi negare, che i valori della partecipazione democratica e del rispetto della dignità
umana, attraverso il diritto di cittadinanza,
fossero mai esistiti. I post fascisti non erano attrezzati. Tale operazione negazionista doveva essere portata a termine attraverso la corruzione di quelle forze politiche che si riconoscevano nei valori
del 25 aprile. Era compito della burocrazia
riformista depotenziare il portato ideologico della resistenza.
Si
incaricarono i compagni illuminati e corrotti dalle regole neoliberiste ,di raccontare agli altri compagni dalle antiche
passioni politiche, che ci si era sbagliati. La libertà conquistata
non era diritto del popolo ma dei potentati finanziari e tale libertà non
poteva essere condizionata da una Carta Costituzionale, inutile orpello fuori dal tempo. .
Dalle celebrazioni
contestate dai figli dei post fascisti, si è arrivati al negazionismo
di oggi. In tutta Italia, domani si svolgeranno le manifestazioni dell’ANPI dei
movimenti e delle associazioni che ancora credono in tutti i valori espressi
dalla resistenza. Si registrerà probabilmente anche un’ ampia partecipazione delle istituzioni. Ma
cosa celebreranno le istituzioni? La liberazione dai tedeschi? La liberazione dal giogo fascista, che poi in
fondo così disumano non era? Forse.
Sicuramente non si valorizzerà quel luogo conquistato con il sangue dei partigiani, dove si
pratica la partecipazione democratica, dove la legge è uguale per tutti, dove
si ripudia la guerra, e il lavoro, la
tutela della salute, l’istruzione, sono
gli elementi fondamentali per la promozione della dignità umana.
Quel luogo non
esiste più, anzi non è mai esistito. Sotto quest’ottica si capisce chiaramente
a cosa serve l’ennesimo attacco alla Costituzione combinato con una legge elettorale buona per
i sudditi e non per i cittadini. Dunque per combattere il negazionismo del 25
aprile, oltre che a partecipare in massa alle celebrazioni di domani, è
necessario promuovere la raccolta delle firme per i referendum contro la
riforma costituzionale Renzi-Boschi, contro l’Italicum e contro tutte quelle
leggi, sulla scuola, sul “non” lavoro, sul degrado ambientale che alimentano il
negazionismo. Perchè quel luogo in cui i
cittadini partecipano alle scelte politiche, la cui dignità è difesa e sancita esiste ancora, nonostante tutto.
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