Dobbiamo confessare il disagio a commentare il metodo ed il merito delle frasi ad effetto che si
stanno rincorrendo sulla stampa e sugli immancabili social a proposito delle scelte compiute
dall’ANPI e della sua autonomia di giudizio, oltre che sui suoi sistemi di attuazione della
democrazia interna. Disagio aumentato dal momento in cui si son voluti tirare in ballo i partigiani,
quelli veri, che hanno combattuto ed oggi dovrebbero, secondo alcuni e non si sa perché, sostenere
l’operazione di modifica della Costituzione messa in campo unilateralmente dal governo.
Disagio che deriva non dalla polemica in sé, visto il quadro deprimente in cui il dibattito politico è
sprofondato da tempo, sostituendo i battibecchi nei salotti televisivi al dibattito nelle istituzioni e fra
le masse (anche questo, termine desueto e in grado di provocare pruriti), bensì dalla straordinaria
non conoscenza della materia da parte di chi ne sparla dagli alti scranni del potere o della stampa
che conta.
Possiamo trascurare – considerando il suo curriculum e la pochezza delle argomentazioni che estrae
dal cilindro – un Rondolino che crede di bacchettare il Presidente dell’ANPI (partigiano vero)
spiegandogli addirittura come si fa a onorare la Resistenza. O un Pierluigi Battista che dal Corriere
si chiede come ci permettiamo noi dell’ANPI che non abbiamo combattuto di arrogarci il titolo di
partigiani senza sapere che non lo facciamo affatto visto che lo Statuto prevede le qualifiche di
Partigiano, di Patriota e di Antifascista a seconda delle caratteristiche e della biografia degli
aderenti; e noi, appunto, ci chiamiamo antifascisti, non certo partigiani (così è scritto sulla tessera,
se Battista ne ha mai vista una).
Non sarebbe utile però lasciare il Ministro Boschi nella sua scarsa conoscenza del mondo
antifascista, se non altro perché ci preoccupa che, priva di alcuni strumenti valoriali previsti dalla
Costituzione possa essere indotta a scelte inopportune e al limite pericolose.
A parte gli infelici accostamenti fra ANPI e Casa Pound, che qualunque persona sana di mente ed in
buona fede si rende conto essere volgarmente oltraggiosi per l’ANPI, e l’ardita affermazione
secondo cui i Partigiani sarebbero con lei e con le sue modifiche sostanziali della Costituzione, c’è
dell’altro.
Per le prime e citate affermazioni, il Ministro sa bene che si può votare contro qualcosa senza per
questo essere alleati e per ragioni opposte. Cosa assai diversa che votare a favore di qualcosa, che
non si può dare se non se ne condivide l’argomento e la sostanza, cioè se non si è di fatto alleati,
fosse anche solo per quello specifico scopo. E sa anche, speriamo, che i Partigiani non si fanno
certo pregare per esprimere il loro parere, basta chiamarli e chiedere.
Passando a cose più insidiose, invece, qualcosa va detto in merito al presunto difetto di democrazia
o addirittura alle fratture che minerebbero l’ANPI. Intanto, non si capisce perché il Presidente
Smuraglia, così prevaricatore della libera espressione degli iscritti, sia stato obbligato (non è un
termine esagerato, è proprio andata così) dal Congresso a restare al suo posto recedendo
dall’intenzione di passare la mano. Poi, se qualcuno di costoro che dichiarano non democratica la
vita interna dell’ANPI si fosse degnato di partecipare a qualcuno delle migliaia di congressi svolti
in tutta la penisola ed anche all’estero, saprebbe cosa avviene davvero in casa nostra.
Migliaia di congressi locali, decine di migliaia di iscritti partecipanti, un dibattito sviluppatosi già
nei mesi precedenti attraverso riunioni specifiche, discussioni sul web, presentazione di documenti e
tutto quanto serve ad approfondire, a verificare, e poi a valutare e prendere decisioni.
Un’Associazione multiculturale, unitaria fino all’inverosimile, forte di 124.000 iscritti nel 2015,
probabilmente già superati nell’anno in corso, nella quale convivono posizioni anche opposte su
singoli temi ma capace di elaborare una sintesi complessiva sulla quale fondare la sua iniziativa. E anche stavolta è andata così. Molti mesi prima che iniziasse la campagna sulle modifiche alla
Costituzione e sulla legge elettorale, lo stesso Presidente Smuraglia aveva messo alcuni punti fermi
in previsione della stessa, spiegando che la posizione raggiunta dall’ANPI era quella che ormai tutti
conoscono, ossia per il NO alla conferma della modifica di oltre 40 articoli della Costituzione e per
il SI all’abolizione della legge elettorale detta “Italicum”, ma era ovvio che i singoli avrebbero
votato come ritenevano, e se qualcuno non approvava la decisione collettiva nessuno lo avrebbe
“punito” per questo. Ha anche chiarito più volte che non riteniamo immodificabile la Costituzione,
così come essa stessa prevede, ma non siamo d’accordo nel merito e nel metodo di questa
operazione per ragioni assai serie che non possiamo qui trattare.
Ciò che qui interessa è ragionare, insieme a chi legge, sul grado di improvvisazione che alimenta le
dichiarazioni di un Ministro della Repubblica in una situazione di estrema delicatezza come il
trattamento dei diritti costituzionali ed il rischio connesso di spostare l’attenzione su una diatriba da
cortile in luogo dell’approfondimento necessario all’esercizio del diritto di scelta.
Ma anche stavolta, l’ANPI ha dimostrato grande maturità, – e capiamo che ci si meravigli, visto il
livello che assumono troppo spesso le discussioni all’interno dei partiti – e anche dove si è registrata
qualche posizione in dissenso con la decisione interna e di sostegno alle tesi del governo, il voto è
stato quasi sempre di astensione, non di contrarietà al documento congressuale e alle scelte ad esso
correlate. Anche nella nostra provincia, dove ha partecipato al Congresso il 65% degli iscritti ed un
ottimo numero di simpatizzanti, il dibattito è stato ampio e franco, sono stati rilevati punti di critica
e di dissenso aperto su temi di grande e minore importanza, tutti sono stati affrontati in diverse
assemblee e poi al congresso. Anche fra noi ci sono molti, e preziosi, antifascisti iscritti al PD, ed
alcuni di essi hanno espresso il loro favore alle modifiche costituzionali ed alla legge elettorale
proposte dal governo. C’è stata, e continua, una discussione aperta ma non ci sono fratture, si è
votato e sono stati eletti organismi dirigenti all’unanimità, essendo maturati da scelte condivise e
fondate sulle prospettive che riteniamo possano costruire. Così come unanime è stato il voto sul
documento, con una astensione. E dal giorno dopo abbiamo già realizzato una decina di iniziative
sul territorio.
Il Congresso nazionale, poi, dove i giornalisti ed i rappresentanti istituzionali si sono ben guardati
dall’intervenire, ha dato un risultato che definire unitario è poco:
- 94 interventi pronunciati, di cui 63 uomini e 31 donne (30 tagliati per esaurimento del tempo), tre
interventi in dissenso sui referendum;
- 347 delegati presenti (92% del totale), tre astensioni e il resto a favore. Spaccatura? Mah,…;
- Tutti gli emendamenti (centinaia) provenienti dai congressi di base, accolti in forma sintetizzata;
- Nuovo Comitato nazionale con 37 componenti, di cui 14 donne (prima erano 12), 4 partigiani 15
nuovi volti.
Ecco, questo il quadro, e questo è quanto noi intendiamo per autonomia, pluralismo, democrazia
interna. Chi ha preso parte, anche solo come osservatore, ai lavori di queste assise, si è reso conto di
quello che è l’ANPI. Sarebbe capace chi ci critica di tenere insieme e far lavorare proficuamente
un’organizzazione così composita da avere al proprio interno migliaia di iscritti che militano nel
PD, in altri settori organizzati della sinistra, nel mondo cattolico, nel volontariato, nel sindacato e in
mille altri modi di esercitare la cittadinanza?
Un’ultima notazione: l’antifascismo non è una giacca che si mette e si toglie a seconda del tempo
che fa. Se il governo vuole essere credibile su questo tema, inizi a fare ciò che gli compete e non
perché l’ANPI ha smanie particolari, ma perché lo dice (ancora) la Costituzione: inizi ad applicare
le leggi contro la ricostituzione del partito fascista, cominci a colpire con giustizia ed equilibrio le
troppe manifestazioni di propaganda, violenta e non, del regime che l’Italia sconfessa, intervenga
sulla vergogna mondiale del mausoleo al macellaio di Debra Libanos Graziani che uomini delle
Istituzioni repubblicane hanno fatto erigere ad Affile e ne decreti la demolizione, come qualsiasi
paese civile farebbe.
E soprattutto, si rendano conto che fare le leggi elettorali e le Costituzioni a tutela di chi vince, è
non solo ridicolo, ma assai pericoloso. Il perché dovrebbe essere facilmente comprensibile.
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