Ha- vinto Trump, evviva Trump. I media italiani asserviti all’establishment dem si
stracciano le vesti prefigurando un futuro di stragi e catastrofi , in conseguenza della vittoria di
Donald Trump alle presidenziali americane. Uno scenario drammatico che neanche
la vittoria del No al referendum costituzionale potrebbe
eguagliare .
Ha vinto Trump, la peggior specie
di faccendiere puttaniere. Uno che incita all’evasione fiscale, razzista,
fascista, maschilista, omofobo. Un ultraliberista egoista, egocentrico che promette posti di lavoro e sicurezza ai poveracci,
ma poi li priva delle più elementari protezioni sociali. E’ vero, Donald Trump è questo tipo di
Presidente, peggio di Reagan, Bush padre e figlio . Ma saranno affari degli americani, soprattutto per le questioni interne.
In politica estera, Obama, Hilary o Donald pari
sono. L’intervento in Siria, non l’ha deciso Trump, men che meno l’aggressione alla Libia. L’imposizione
al governo italiano affinchè schierasse
140 soldati in Lettonia al confine con la Russia è opera dell’establishment democratico di
Obama. La candidatura della signora Clinton è stata sostenuta da una variegata coalizione comprendente
banchieri, speculatori finanziari, veterani della guerra fredda di Bush, come
Paul Wolfowitz, fino agli sceicchi dell’Arabia Saudita, i migliori clienti
delle fabbriche di armi italiane, usate per devastare lo Yemen e armare le
truppe del califfato, senza contare l’esaltazione
dell’alleato israeliano che contraddistingue tanto la Clinton che Trump.
L’asservimento
del Governo italiano all’imperialismo americano rimarrà immutato, indipendentemente
da colui che abiterà la casa bianca. Renzi lo ha già precisato. Quindi a noi
cosa ci cambia? Nulla. Anzi, salta quel
velo di ipocrisia, proprio dei movimenti riformisti , per cui sotto il falso perseguimento della giustizia sociale
si realizzano politiche di massima tutela al potere delle banche e della
speculazione finanziaria. Con Trump, almeno, si ha a che fare con un
nemico di classe autentico, fautore dichiarato dell’arricchimento
dei miliardari a spese delle classi subalterne.
In realtà il problema prioritario per l’establishment
finanziario non era combattere Trump, ma fare in modo che al duello con il lobbista
newyorkese ci arrivasse la Clinton e non il pericolosissimo
Bernie Sanders. Il democratico, sfidante di Hilary alle primarie, lungi dall’essere
un pericoloso bolscevico, proponeva nel suo programma un minimo di tutele
sociali, di redistribuzione del reddito, di salvaguardia dell’ambiente, ma
soprattutto era supportato, lui settantacinquenne, da una base giovanile molto
numerosa. Una iattura per le banche e un ostacolo per le libere scorribande dei capitali
privati. Ricordiamo come i media
americani e non solo - i giornali italiani hanno pubblicato molto in
merito - hanno sollevato forte e chiaro l’allarme che la politica troppo
socialista di Sanders avrebbe condotto i democratici ad una sconfitta certa.
Con Hilary Clinton, invece, la conquista della Casa Bianca sarebbe stata una
formalità vista l’inconsistente
stravaganza di Trump. Come abbiamo constatato la previsione di politici e osservatori
democratici si è rivelata del tutto
errata.
A proposito dei giornalisti italiani
che vedevano in Sanders lo sfidante sconfitto e nella Clinton la sicura
trionfatrice su Trump. Oggi questi si disperano , non solo per la deriva
razzista e militarista che imboccherà l’America di Trump, ma sottolineano preoccupati
come i repubblicani esprimano, oltre che il Presidente, anche la maggioranza
assoluta al congresso, tanto alla camera quanto al senato, e che Trump nominerà per
la Corte Suprema, (più o meno l’equivalente
della nostra Corte Costituzionale), giudici di stretta osservanza conservatrice.
Un’occupazione assoluta delle istituzioni che fa emergere, secondo questi
osservatori, una pericolosa deriva
autoritaria nella nuova America di Trump.
Quegli stessi giornalisti, però
invitano un giorno si e l’altro pure, a votare la riforma Renzi-Boschi il 4
dicembre prossimo. Eppure quella riforma, insieme con la legge elettorale,
consente ad un partito di occupare la Camera, esprimere il Presidente del
Consiglio e nominare i giudici costituzionali. Lo stesso che sta avvenendo oggi
negli Stati Uniti. Oltreoceano ciò costituisce un emergenza democratica, qui in
Italia invece non esiste alcun pericolo di deriva autoritaria e chi lo afferma
è un pericoloso disfattista. E’ proprio vero la democrazia è un fatto di
opinione. A parità di quadro istituzionale se comanda Trump si è sotto
dittatura, se comanda Renzi le prerogative democratiche non vengono minimamente
intaccate. Vedi come è strana la storia!
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