sabato 6 febbraio 2016

I disastri economici del populismo di governo

Michele Prospero

Come era prevedibile, la realtà torna a rivendicare i propri diritti e lo fa con lo spettro di procedure di infrazione pronte ad abbattersi sull’Italia per le sue questioni strutturali irrisolte. Sembrano tornati i tempi poco rassicuranti della finanza creatrice di Tremonti. E anche il Corriere della Sera, sinora soldato fedele del renzismo, comincia a storcere il naso dinanzi alle prove di un esecutivo che ogni giorno perde credibilità in Europa e deve inventare miracoli per rinviare le assai costose clausole di salvaguardia.
Il governo della narrazione aveva costruito un mondo di pure chiacchiere. Ma l’immensa fabbrica della falsificazione cognitiva a nulla è servita. Due anni perduti, anzi dannosi. La crescita non c’è, le stime già pessimistiche di ripresa vengono riviste in negativo. E i vantaggi congiunturali irripetibili (costo del petrolio, elevata circolazione della moneta, euro indebolito rispetto al dollaro) sono sfumati, senza alcuna capacità di approfittarne.
I poteri forti cominciano a tremare dinanzi alla prospettiva di una crisi pronta a esplodere senza controllo. Il sistema bancario vacilla. I fondamentali dell’economia sono tutti in sofferenza. La produzione industriale in Europa in questi anni è crollata del 31 per cento rispetto alla fase precedente la grande crisi. Mentre però la irraggiungibile Germania ha recuperato il 27,8 per cento della sua ricchezza (la Gran Bretagna il 5,4, la Francia l’8 e anche la malandata Spagna il 7,5), l’Italia accumula ulteriore ritardo risalendo di appena 3 punti dalla recessione. Il governo che ha sposato il programma della Confindustria non serve per la ripresa, anzi è un fattore di disturbo.
Solo un illusionista poteva pensare di governare la più grave crisi economica e sociale degli ultimi ottant’anni con un personale politico inesperto, selezionato nel magico triangolo dell’Etruria. Il trasloco da Rignano a Palazzo Chigi, dall’amministrazione cittadina al governo di un grande paese d’occidente, si rivela sempre più un viaggio della speranza, cioè un fattore di impedimento alla ripresa. Non si può governare con efficacia una grande crisi dimenticando il linguaggio della verità.
E, invece di prendere i fatti per quelli che sono, Renzi continua ad occultare le difficoltà, a imboccare vie di fuga poco redditizie. Adesso gioca la carta disperata dello scontro con l’Europa matrigna. Si fa paladino dell’interesse nazionale e dichiara di voler spezzare le reni alla teutonica cancelliera se rifiuta di concedere ancora flessibilità, ovvero possibilità di nuovo debito (ha previsto 17,9 miliardi in deficit). Con queste pratiche donchisciottesche, concepite per avere spiccioli da destinare alla conquista clientelare di voti, l’Italia diventa sempre più vulnerabile dinanzi a speculazioni e agguati di potenze pronte ad infilzare la spada nelle sue croniche debolezze.
Quello di Renzi è l’unico governo che usa il deficit, e le eterne scorciatoie del debito pubblico, per finanziare i ricchi. In due anni di governo la tassazione è scesa di 19,4 miliardi. Ma tutto a favore di imprese (13,1 miliardi per azzeramento Irap sul costo del lavoro e sugli incentivi per le assunzioni, decontribuzioni, Imu su terreni agricoli), banche (600 milioni), proprietari di immobili (3,7 miliardi). Si vanta di aver incrementato dello 0,9 l’occupazione giovanile. Ma, in una già solida Germania, il miglioramento è stato del 2,7 per cento, in Gran Bretagna del 4,2 e persino in Spagna di1,9 punti.
Il governo dei “senza retroterra” ha dilapidato i sacrifici fatti in questi duri anni di austerità e tagli, incollando il debito pubblico al 133 per cento. Il populismo di governo si rivela un disastro. Renzi ha bloccato i rinnovi contrattuali perché intendeva essere solo lui il benefattore che dal palazzo regalava 80 euro tolti dalle entrate statali e quindi dai servizi pubblici. Ha dirottato i soldi europei destinati al Sud per coprire i miliardi regalati alle imprese del Nord con la misura delle decontribuzioni dorate.
Disorientato, combatte contro la dura realtà che lo incalza inesorabile e dice che solo con lui è finito il tempo dei capi di governo italiani che si recavano a Bruxelles con il cappello in mano e pronti solo a ricevere comandi. Forse è vero, non serve il cappello dell’elemosina da esibire ad ordine eseguito, anche perché, dopo lo scalpo del sindacato e il commissariamento del regime parlamentare non rimane altro da sbandierare per ottenere liquidità per la compravendita del consenso. Il cappello però sarà sempre più utile alle èlite italiane per coprirsi il volto dopo la caduta drammatica di autorevolezza che certe uscite del giglio magico producono.
Come già accaduto a Firenze, in occasione di un incontro di Renzi con una delegazione araba, anche nei Musei Capitolini l’ordine di Palazzo Chigi è stato di oscurare le nudità delle statue alla vista dell’ospite islamico, trattato come un primitivo in fatto di estetica. In un tempo di dramma, all’Italia è toccato in sorte un ceto di governo esperto solo nella commedia che, per coprire il regalino di 500 euro ai diciottenni, precipita in una grottesca dichiarazione di guerra alla vecchia Europa dei burocrati dello zero virgola. E tutti a dire che a questa scomposta recita a soggetto non ci sono alternative.


LA NECESSITA’ DELLE BATTAGLIE REFERENDARIE

Intervento di Paolo Maddalena all’Assemblea del Coordinamento Democrazia Costituzionale


 30 Gennaio 2015 – Università della Sapienza, Roma

 La prima cosa da dire ai cittadini chiamati a esprimersi sui referendum, per “le riforme costituzionali” e per l’abrogazione della legge elettorale “Italicum”, è quella di chiedersi: “cui prodest”? A chi giova? In altri termini, all’immaginario collettivo, ottenebrato dalla politica menzognera del “neoliberismo”, pensiero unico dominante, deve essere innanzitutto chiarito che dette riforme, obiettivo ultimo e non rinunciabile di Matteo Renzi, non sono di alcuna utilità per il popolo italiano, ma servono soltanto agli interessi economici della “finanza”, cioè delle banche e delle multinazionali, alle quali Renzi, come in genere l’intera classe politica, si è da tempo asservito. 

In proposito è molto importante sottolineare che la “finanza” possiede una “ricchezza fittizia”, costituita da “prodotti finanziari”, ed in particolare da “derivati” ad alto rischio per la Collettività, che ha raggiunto dimensioni stratosferiche. 

E’ stato valutato che, nel 2010, il valore dei “derivati” in circolazione nel mondo ammontava a 1,2 quadrilioni di dollari, mentre il prodotto interno lordo di tutti i paesi del mondo arrivava a mala pena a 60 trilioni di dollari. La situazione odierna è certamente molto più grave, ma ciò che è da porre in evidenza è che la “finanza”, avendo in mano, quasi per intero, tutta questa “ricchezza fittizia”, è in grado di determinare, essa sola, il livello dei prezzi delle materie di maggior consumo, il valore delle singole imprese (aziende, industrie, banche, ecc.) e il livello dei tassi di interesse sul debito pubblico e privato. Ne consegue che i destini dei singoli e dei popoli sono finiti nelle loro mani. 

Questa “ricchezza fittizia” è stata costruita grazie al “sistema della creazione del danaro dal nulla” da parte delle banche private, le quali sono state autorizzate dalla legge a trasformare i propri diritti di credito (derivanti da prestiti a clienti), in “titoli commerciabili”, cioè in “obbligazioni” il cui valore dipende dal fatto, certamente aleatorio, che il debito sia pagato. Questo “sistema” cosiddetto dei “derivati” si è ben presto esteso a qualsiasi “strumento finanziario” che faccia “derivare il proprio valore” da quello di altre attività, quali merci, valute, crediti, titoli, indici finanziari o addirittura eventi sportivi, corse di cavalli, gare di calcio, ecc. Si tratta in sostanza di “scommesse” sul verificarsi di un determinato evento. Un vero e proprio assurdo. 

Le leggi che rendono legittimi questi “strumenti finanziari” sono state emanate, dapprima negli Stati Uniti, e poi man mano in molti Stati dell’Occidente. In Italia, la legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002) autorizza gli enti locali a pareggiare i propri bilanci con i “derivati”, che la legge stessa denomina “swap”. La legge n. 130 del 1999, disciplina precisamente la “cartolarizzazione dei diritti di credito”, cioè di un particolare tipo di derivati che fanno derivare il “valore” economico del titolo stesso dal “pagamento” o dal “mancato pagamento” dei “debiti cartolarizzati”. Ci sono poi numerose leggi dei governi Berlusconi, che riguardano “la cartolarizzazione delle vendite degli immobili pubblici”, il cui valore economico deriva dal fatto che detti immobili “siano venduti” o restino “invenduti”; ci sono ancora leggi che prevedono un’altra forma di “derivati”, i “project bond”, il cui “valore” deriva dal fatto che la costruzione di una determinata opera pubblica “produca” o “non produca” un aumento di valore degli immobili circostanti, e l’elenco, lo si creda, potrebbe continuare a lungo. Questi “titoli commerciabili” sono in sostanza delle obbligazioni, per così dire, “a rischio”, il cui valore, come si è appena detto, deriva dal verificarsi o meno di determinati eventi, e servono per “trasferire” sugli acquirenti” il “rischio” insito nel titolo stesso. Se, poi, con detti titoli si pareggiano i bilanci di una banca che non può fallire, ovvero un ente pubblico territoriale, è chiaro che il rischio viene direttamente trasferito sulla collettività. 

Tutto questo avviene a livello mondiale. La situazione, tuttavia, è ancora più grave in Europa, nella quale dirige le operazioni la cd. “troica”, che è formata: dalla BCE, composta da 18 banche centrali “private”, dalla Commissione Europea (completamente asservita ai voleri della finanza) e (non si sa bene a quale titolo) dal Fondo Monetario Internazionale, formato da 12 banche “private” di primaria importanza, tra le quali la Rothschild, la Goldman Sachs, la J. P. Morgan, e da una moltitudine di altre banche private tra loro collegate e in genere dipendenti dalle banche maggiori. Questo organismo, sotto la spinta autoritaria della Bundesbank, che è la più forte delle banche centrali europee, impone agli Stati membri del sud Europa una “politica di austerità”, al fine dichiarato, ma assolutamente menzognero, di diminuire il debito pubblico, che poi, con altra menzogna, viene fatto ritenere come conseguente ai “costi dello stato sociale”, e non, come realmente è, agli alti “tassi di interesse” imposti dai mercati sui titoli del debito pubblico. E si noti al riguardo che i paesi del nord Europa, e specie i paesi scandinavi (che sono portati a modello) spendono per i servizi pubblici essenziali di gran lunga molto più dell’Italia e, in genere, dei Paesi del sud Europa. In effetti, non può sfuggire all’opinione pubblica che l’imposizione della politica di austerità, facendo tagliare le spese e facendo diminuire gli investimenti in attività produttive, comporta una “aumento” e non una “diminuzione” del debito pubblico, visto che si tratta di un rapporto tra debito e PIL. Come se ciò non bastasse, questo Organismo impone agli Stati del sud Europa anche i cd. “compiti a casa”, l’obbligo cioè di attuare riforme che, anziché far crescere l’economia con investimenti produttivi, la fanno andare in recessione aumentando la disoccupazione. 

E qui viene in evidenza l’altro strumento che, oltre la “creazione del danaro dal nulla”, utilizza la “finanza”: le “privatizzazioni” dei beni pubblici in proprietà collettiva del popolo, le quali sono presentate come” vantaggiose” per gli interessi degli Italiani, in quanto servono a pareggiare i bilanci pubblici. Si tratta, invece, di strumenti menzogneri e micidiali, poiché recidono il legame tra un’industria, o un altro bene produttivo, ed il territorio, facendo in modo che questo bene, che apparteneva a tutti i cittadini e che è stato venduto a un solo soggetto, di solito straniero, vaga per il mondo come vaga il suo titolare con la conseguente “delocalizzazione” che provoca perdita dei posti di lavoro ed ulteriore miseria. 

Altra disastrosa menzogna è quella che riguarda la proclamata bontà delle “liberalizzazioni”, anch’esse volute da questa specie di Europa che Europa non è, le quali sono invece dannosissime per l’Italia, poiché pongono in concorrenza aziende ed industrie dei paesi del sud Europa, e soprattutto italiane, con aziende ed industrie straniere, come quelle tedesche, che godono dei favori del mercato, e quindi godono di una posizione di vantaggio (posizione economica dominante), e agiscono spesso violando impunemente i Trattati internazionali e quelli dell’Unione Europea. 

Non può sfuggire a nessuno che, In realtà, le “privatizzazioni” e le “liberalizzazioni” servono per far sì che la finanza possa trasformare in “beni reali” i beni “fittizi” creati dal nulla, possa cioè impunemente esercitare un’opera predatoria di rastrellamento dei beni reali esistenti, annientando la sua originaria funzione che era quella di investire, guadagnare sugli investimenti (il profitto) e aumentare l’occupazione. In altri termini, l’antico percorso “finanza-prodotto-finanza”, si è ora trasformato nel percorso “finanza-finanza”, con l’effetto di produrre ricchezza per pochi e disoccupazione, recessione e miseria per tutti coloro che non fanno parte della ristretta “oligarchia neocapitalistica”. 

Si capisce, a questo punto, che l’ultimo ostacolo che la finanza desidera fortemente superare per la realizzazione completa del suo “progetto politico” è costituito dall’esistenza in Europa delle Costituzioni del secondo dopoguerra, che tutelano i diritti fondamentali della persona umana e che impediscono le subdole operazioni delle quali si è detto. D’altro canto è da segnalare che già oggi il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’Organo dell’UE che elargisce i prestiti, gettando nella miseria e nella morte milioni di persone (vedi la Grecia), si avvale di taluni provvedimenti normativi che dichiarano i loro componenti “immuni da qualsiasi responsabilità penale, civile e amministrativa, ed immuni i loro archivi”, in modo che nessun giudice nazionale possa leggere i documenti in essi conservati. Questa “immunità” verrà estesa a tutti gli operatori economici e finanziari con la firma, già promessa da Renzi, del Trattato Transatlantico tra Stati Uniti e UE (TTIP), di prossima sottoscrizione. 

Eppure, questo “deforme sistema economico finanziario” che è stato creato dal pensiero neoliberista e attuato dall’oligarchia finanziaria, potrebbe essere facilmente smantellato, se si abrogassero le leggi incostituzionali sinora emanate in materia dai singoli Stati e, per quanto ci riguarda, si applicasse il sistema dell’”economia mista” previsto dalla Sezione terza della Parte prima della vigente Costituzione repubblicana. 

Ma, ovviamente, i governi Europei, ed in particolare i nostri, del tutto asserviti alla finanza, si guardano bene dall’applicare le proprie Costituzioni e fanno di tutto per distruggerle. Infatti, da noi, le modifiche costituzionali oggetto di referendum servono proprio per fare in modo che una ristretta cerchia di elettori, che potrebbero costituire anche solo il 20 o 25 per cento dell’elettorato attivo, possa, mediante il sistema del ballottaggio previsto dall’attuale legge elettorale, detta “Italicum”, avere la stragrande maggioranza dei seggi in Parlamento, e, essendo stato il Senato reso del tutto passivo ed imbelle dalla stessa riforma, attuare agevolmente “ulteriori modifiche” anche della parte prima della Costituzione, cancellando persino i “diritti fondamentali” che più insidiano gli interessi della finanza, come il diritto alla salute, all’istruzione, alla ricerca scientifica e tecnologica e così via dicendo. 

E’ opportuno comunque ricordare che tutti i provvedimenti legislativi approvati nel corso del governo Renzi hanno questa incredibile caratteristica: sono a favore della finanza internazionale (soprattutto statunitense e tedesca) e sono contro gli interessi del Popolo italiano, contro la salute dei cittadini e contro l’ambiente. Per esser brevi, citiamo soltanto l’art. 1 del decreto “Sblocca Italia”, nel quale si legge che “in caso di motivato dissenso da parte di un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico o artistico o alla tutela della salute e della pubblica utilità, la questione, in deroga all’art. 14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche e integrazioni, è rimessa alla decisione del Commissario, che si pronuncia entro quindici giorni”. Il che vuol dire che l’interesse all’esecuzione dell’opera (molto spesso inutile o dannosa) prevale sulla tutela del territorio, della salute e dell’incolumità dei cittadini. Si potrebbero peraltro citare una serie interminabile di provvedimenti che vanno in questo senso: si pensi al “Jobs Act”, che ha eliminato con un tratto di penna i diritti dei lavoratori conseguiti dopo decenni di lotta, alla “buona scuola”, che affida tutto a un “manager” e privilegia le scuole dei ricchi al posto di quella pubblica di tutti, alla “riforma della P. A.”, la quale, tra l’altro, ha disposto che il principio del “silenzio assenso” valga anche per le zone vincolate, mentre ha tolto autorità alle Soprintendenze, accorpandole e sottoponendole al Prefetto. 

Ciò detto si capisce che Renzi dice il vero quando annuncia che, se perdesse il referendum, lascerebbe la politica: egli, evidentemente, ha assicurato ai suoi sostenitori “finanziari” che avrebbe cancellato la nostra Costituzione Repubblicana. Cosa che, come si è visto, è resa possibile attraverso la modifica costituzionale in esame in rapporto alla nuova legge elettorale detta Italicum. Una combinazione di leggi che consegnerebbe il Parlamento ed il Paese ad una minoranza, divenuta, per la “magia” delle modifiche renziane, una “maggioranza fittizia”, facilmente manovrabile dal Capo del governo. 

Ecco allora che si rende necessaria la battaglia referendaria che sta per iniziare: dire chiaramente NO a questa riforma costituzionale ed a questa legge elettorale rappresenta un dovere per ogni cittadino Italiano ed una necessità improrogabile per l’interesse dell’intero nostro Paese.

Paolo Maddalena (Vice Presidente Emerito della Corte costituzionale)

venerdì 5 febbraio 2016

Fusione ACEA ATO2 e ATO5, lettera ai Sindaci.

Coordinamento Acqua Pubblica Provincia di Frosinone
Coordinamento Romano Acqua Pubblica


Retuvasa condivide i propositi dei coordinamenti per l'acqua pubblica di Roma e Frosinone espressi nella lettera di seguito pubblicata. La stessa è stata inviata al sindaco di Colleferro Pierluigi Sanna, con preghiera di inoltro ai colleghi del Tavolo di Coordinamento dei Sindaci della Valle del Sacco, auspicando una presa di posizione comune in tal senso all'assemblea dei sindaci dell'ATO 2 che si terrà lunedì 8 febbraio 2016.


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Lettera ai Sindaci

Caro Sindaco,

il prossimo lunedì 8 febbraio si riunirà la conferenza dei sindaci dell'ATO 2: unica sede, al momento, nella quale le amministrazioni locali possono dire la propria sulla gestione del servizio idrico nei propri territori.
All'ordine del giorno ci saranno dei temi straordinariamente importanti, tra i quali l'approvazione della nuova Carta dei servizi e il pronunciamento sull'istanza di fusione, avanzata da ACEA ATO 2 S.p.A., per incorporare ACEA ATO 5 S.p.A., gestore della provincia di Frosinone, controllato per il 96% da ACEA S.p.A.
Su questi due punti le chiediamo di riflettere bene prima di esprimere il suo voto poiché dalle decisioni prese in quella sede sarà difficile tornare indietro.
La fusione tra ACEA ATO 2 e ACEA ATO 5 può sembrare una mera riorganizzazione societaria, ma è in realtà un primo passo per la conquista da parte di ACEA S.p.A. di tutto il centro-sud, progetto a più riprese indicato come un obiettivo prioritario dal management di ACEA.
Il fatto che l'acqua possa essere gestita da una grande multiutility monopolista non garantisce affatto quelle “economie di scala” tanto spesso citate ma garantirebbe senz'altro una drastica riduzione del potere di indirizzo e controllo delle scelte del gestore da parte degli enti locali, ai quali rimarrebbe peraltro in campo la responsabilità politica nei confronti dei propri cittadini.
Crediamo quindi che, prima delle valutazioni tecniche sulla gestione “targata” ACEA, ci sia un'elementare valutazione che attiene alla democrazia e al ruolo politico degli enti locali che, evidentemente, non può abdicare su un punto essenziale come l'acqua.
Alcuni elementi tecnici, però, vanno presi in considerazione.
ACEA S.p.A. è un'azienda quotata in borsa che, in quanto tale, ha come priorità gli interessi degli azionisti. I decenni di gestione ACEA S.p.A. hanno, di fatto, visto aumentare le tariffe, rallentare gli investimenti e diminuire l'attenzione all'utenza. Questo ha determinato nell'ATO 5, con il quale si propone la fusione, lamessa in mora del gestore ACEA ATO 5 S.p.A. per inadempienze contrattuali e l'avvio della procedura di risoluzione contrattuale.
Ma nella stessa ACEA ATO 2 diversi comuni lamentano da anni la lentezza degli investimenti e la qualità del servizio, dalla presenza di arsenico nell'acqua nei castelli romani, ai depuratori non a norma in diverse zone della provincia. Sull'argomento è stata condotta anche un'inchiesta, pubblicata dall'Espresso, che mette in luce anche il legame tra alcuni appalti di ACEA S.p.A. e alcune ditte toccate da inchieste della magistratura. Ultima multa in ordine di tempo la sanzione di 1,5 milioni di euro imposta dall'Antitrust ad ACEA ATO 2 per pratiche commerciali scorrette, che ricalca altri provvedimenti simili che più volte hanno colpito l'azienda.
Oltretutto una fusione nel Lazio in questo momento è quantomai inopportuna essendo in vigore la Legge 5/2014, che prevede la riorganizzazione del servizio idrico sulla base di nuovi Ambiti di Bacino Idrografici individuati sulla base delle caratteristiche idrografiche e strutturali del territorio, per la quale è statapresentata una legge di iniziativa consiliare (n°2 38) che deve essere discussa prossimamente dal consiglio regionale. Tale quadro è evidentemente in contrasto con l'ipotesi di una gestione unica per le provincie di Roma e Frosinone.
In votazione sarà posta anche la nuova carta dei servizi di ACEA ATO 2, che, di fatto, regolerà i rapporti tra utente e gestore nei prossimi anni, aldilà della volontà politica delle singole amministrazioni comunali. Nella bozza predisposta dalla Segreteria tecnica operativa (STO) permane un aspetto pienamente incontrasto con il diritto umano all'acqua sancito dall'ONU nel 2010, diritto che gli amministratori locali non possono ignorare. In un articolo si conferma infatti la possibilità di effettuare il distacco completo per morosità, lasciando all'azienda mano libera anche sui tempi di preavviso e prevedendo per l'utente moroso che, in ogni caso, potrà vedere riallacciata l'acqua solo dopo aver saldato tutto il debito pregresso, più una penale aggiuntiva. Peraltro nella procedura descritta in caso di distacco idrico per morosità permangono le stesse criticità alla base della multa dell'antitrust sopra citata, mettendo di fatto un'ipoteca su eventuali provvedimenti futuri.
E' quindi necessario che la carta venga emendata affinché sia garantito il flusso minimo vitale anche agli utenti morosi e per superare quelle “pratiche commerciali scorrette” già costate milioni di euro di multa agli utenti. In allegato delle proposte di modifica.
E' inoltre necessario soffermarsi sui meccanismi democratici della conferenza dei sindaci dell'ATO 2, nella quale il Comune di Roma ha un peso decisivo che, di fatto, si traduce in un potere di veto su qualsiasi decisione. Non è secondario che tale amministrazione sia al momento commissariata, pertanto delle decisioni “straordinarie” come una fusione societaria o il cambiamento di una carta dei servizi in vigore da oltre 10 anni, non possono essere prese da un'istituzione che ha compiti di gestione ordinaria.
Per tutti i motivi illustrati chiediamo ad ogni sindaco di esprimere voto contrario all'istanza di fusione e di approvare la carta dei servizi solo se questa conterrà la garanzia del flusso minimo vitale anche agli utenti morosi.

Rimaniamo a disposizione per ogni chiarimento.
4 febbraio 2016




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Proposta di modifica regolamento

L'Utente può chiedere prima della scadenza la rateizzazione di bollette relative a consumi superiori al proprio consumo medio, oppure aventi per oggetto conguagli, attraverso i canali attivati dal Gestore, secondo la relativa procedura pubblicizzata nel sito internet e nei punti di contatto con l’Utenza.
Proposta di Modifica E.4 RATEIZZAZIONE BOLLETTE

L'Utente può chiedere la rateizzazione di bollette attraverso i canali attivati dal Gestore, secondo la relativa procedura pubblicizzata nel sito internet e nei punti di contatto con l’Utenza, e comunque nel rispetto dellaCarta dei servizi regionale del Lazio che prevede il diritto alla rateizzazione, stabilendo un numero di rate minimo (pari almeno al numero di bollette pagate dall'ultimo conguaglio) e il dovere di adeguare il piano di rateizzazione su richiesta dell'utente, rispettando “l'obbligo di solidarietà”. Eventuali conguagli dovranno essere ripartiti su tante bollette successive per quante sono state le bollette emesse nel periodo di riferimento del conguaglio.

E.6 DISTACCO PER MOROSITÀ
Il distacco per morosità non ha mai luogo nei giorni considerati festivi, il sabato ed i giorni che precedono i festivi. Il distacco per morosità avviene previa attività di sollecito di pagamento condotta dal Gestore.
il Gestore si riserva la facoltà di adottare modalità e tempistiche di sollecito di pagamento e di preavviso di distacco differenziate in relazione alla regolarità nei pagamenti dimostrata dall’Utente durante il periodo di vigenza contrattuale, ferme restando le condizioni minime previste dalla normativa vigente e dal presente Regolamento
Il distacco per morosità non avviene per un debito il cui valore sia inferiore o pari a quello del deposito cauzionale versato.
L'Utente moroso non può pretendere risarcimento di danni derivanti dalla sospensione dell'erogazione.
In caso di fornitura già sospesa deve essere pagato, sia per il distacco che per il riallaccio, l'importo riportato nell'articolo E.10 "Addebiti vari e penali per l’utente". L'importo viene addebitato sulla prima fattura di consumo emessa dopo il riallaccio.
La riattivazione e/o riapertura avviene nei tempi e con le modalità previste dalla Carta del Servizio Idrico Integrato, comunque dopo che l’utente abbia dimostrato il pagamento di tutte le bollette scadute al momento del distacco.

Proposta di Modifica E.6 DISTACCO PER MOROSITÀ
Nel rispetto della risoluzione approvata dall'Onu il 28 Luglio 2010, che ha dichiarato l'accesso all'acqua potabile e all'igiene un diritto umano, quantificando nei 50 litri al giorno a persona stimati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità il “flusso minimo vitale”, il gestore si riserva il diritto di procedere, in caso di morosità, alla riduzione del flusso idrico, fino a un minimo di 50 litri al giorno per persona residente collegata all'utenza morosa.
In ogni caso tale procedura non viene attivata per un debito il cui valore sia inferiore o pari a quello del deposito cauzionale versato, e in caso di abituale dimora presso l''utenza in questione di minori, anziani, malati, disabili e di categorie comunque svantaggiate o in caso di morosità incolpevole certificata dai servizi sociali del comune.
La riduzione di flusso per morosità non ha mai luogo nei giorni considerati festivi, il sabato ed i giorni che precedono i festivi. La riduzione di flusso per morosità avviene previa attività di sollecito di pagamento condotta dal Gestore.
Fermo restante il termine minimo di 20 giorni con i quali l'utente è preavvisato di tale riduzione di flusso, accompagnato dal duplicato della fattura non pagata” (DPCM 29 aprile 1999 - Schema generale di riferimento per la predisposizione della carta del servizio idrico integrato), il gestore dovrà informare il destinatario effettivo della misura del giorno esatto in cui questa avverrà”. Questo nel rispetto del Codice del consumo (d.lgs. 6.9.2005, n. 206), in particolare rispetto ai princìpi di «diligenza professionale» e alla tutela del «consumatore medio», in virtù dei quali Acea Ato2 è stata sanzionata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con il provvedimento nei confronti di Acea Ato 2 n°19618, confermato dal Tar del Lazio (886/2011) per aver adottata una pratica commerciale scorretta.
In caso di utenze condominiali il gestore, dovrà rispettare quanto previsto dall'art. 18 della legge n. 220/2012 (Modifiche delle disposizioni per l'attuazione del codice civile) che prevede che “i creditori non possono agire nei  confronti degli  obbligati  in regola  con  i  pagamenti,  se  non  dopo  l'escussione degli  altri condomini”. Il gestore non potrà dunque intevenire sull'utenza condominiale, ma è tenuto a fare di tutto per recuperare da ciascun utente le fatture pregresse.
Per eventuali danni subiti dall'utente a seguito di riduzione di flusso si rimanda alla normativa vigente.
La riattivazione e/o riapertura avviene nei tempi e con le modalità previste dalla Carta del Servizio Idrico Integrato, comunque dopo che l’utente abbia dimostrato il pagamento di tutte le bollette scadute al momento del distacco o avviato un piano di rateizzazione delle stesse.

DALLA RISOLUZIONE ALLA SOLUZIONE: PIENA ATTUAZIONE ALLA LEGGE REGIONALE SULL’ACQUA PUBBLICA

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone

Finalmente anche i Sindaci, dopo anni di inerzia o complicità, sembrano concordi sulla necessità di risolvere il contratto con Acea Ato5 S.p.A.
Contemporaneamente, però, il Governo e le grandi società multiutilities - tra cui Acea S.p.A. - procedono di concerto per conseguire il loro vero obiettivo: dividere la gestione dell’acqua in Italia tra le quattro maggiori società (Acea, A2a, Iren e Hera), in modo da consentire loro di poter competere più facilmente sui mercati mondiali.
Per queste società è quindi necessario che il trattamento della “merce” acqua sia il più possibile standardizzato, cioè che siano i territori ad adattarsi ai modelli organizzativi e produttivi dei gestori e non il contrario.
La fusione tra Acea Ato2 e Acea Ato5 può sembrare una mera riorganizzazione societaria, ma è in realtà un primo passo per la conquista da parte di Acea S.p.A. di tutto il centro-sud, progetto a più riprese indicato come un obiettivo prioritario dal management di ACEA.
L’interesse delle comunità locali, il diritto fondamentale di ogni persona all’acqua, rappresentano per questi gestori solo un fastidioso accidente in un’operazione di alta finanza!
Purtroppo per loro, nel Lazio è in vigore la Legge 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”, promossa dai comitati e dai comuni virtuosi, che ha il fine di modificare in toto l’assetto gestionale dell’acqua, in particolare i servizi idrici integrati forniti negli attuali ATO provinciali. Questa legge propone un modello di governo della risorsa (e quindi del territorio) basato su nuovi Ambiti di bacino idrografico, di dimensioni decisamente inferiori agli ATO e includenti un numero di comuni molto minore, proprio con il fine di favorire il controllo da parte degli enti locali e la partecipazione delle comunità. Tale indirizzo è evidentemente in contrasto con l'ipotesi di una gestione unica per le provincie di Roma e Frosinone.
È indispensabile, quindi, che la Regione Lazio dia attuazione quanto prima alla legge 5/2014. Una proposta di legge in tal senso c’è già da parecchi mesi, la n. 238 del 2 marzo 2015, proposta dai comitati, che definisce i nuovi Ambiti di Bacino Idrografico e detta le regole che ne assicurino il governo democratico e partecipato.
Se questa proposta non sarà approvata in tempi brevi, nella migliore delle ipotesi nulla cambierà rispetto alla situazione attuale, e se anche arriveremo alla risoluzione del contratto con Acea Ato5 S.p.A., il nuovo gestore sarà comunque una controllata di Acea S.p.A.
La vera soluzione, quindi, è l’approvazione, senza ulteriori ritardi, della norma attuativa della legge n. 5 del 2014, ovvero la proposta di legge n. 238/2015.
Chiediamo a tutte le amministrazioni comunali facenti parte del vecchio ATO 5 di sostenere l’attuazione dell’unica legge regionale di iniziativa popolare in Italia che ha recepito il referendum sull’acqua del 2011.

video luciano granieri

Alvito. Mozione di risoluzione del contratto con ACEA

Il consigliere comunale Dionisio Paglia.


 Di seguito la mia richiesta al Sindaco di Alvito di inserire all'ordine del giorno della prossima seduta consiliare la discussione della mozione tesa alla risoluzione della convenzione per la gestione del servizio idrico stipulata in data 27.06.2003 tra il Presidente dell'Amministrazione Provinciale e la Società ATO5 Frosinone s.p.a. (ora divenuta ACEA ATO5 s.p.a.) per inadempimento del soggetto gestore. Non conoscendo le intenzioni del Sindaco circa la eventuale convocazione del Consiglio, ho voluto usare questa forma di pressione affinché partecipi alla imminente Conferenza dei Sindaci e voti per la risoluzione contrattuale, avendo il gestore ampiamente dimostrato la propria inadeguatezza a gestire il servizio idrico in generale ed in particolare, per quanto riguarda la mia giurisdizione, sul territorio del Comune di Alvito.
La battaglia va fatta anche per lanciare dal basso un segnale contro le velleitarie intenzioni del Governo nazionale di procedere ad accorpamenti ancora più estesi degli ambiti territoriali, come quello paventato tra ATO2 e ATO5. CHI RIPARERA' LA PICCOLA PERDITA D'ACQUA DAVANTI LE NOSTRE CASE, QUANDO SAREMO ACCORPATI A ROMA CAPITALE ?


N.B.: la mozione è quella standard presentata nei diversi Comuni della nostra Provincia.





Al Sig. Sindaco 
del Comune di Alvito


Oggetto: Richiesta inserimento dell’allegata mozione all’Ordine del giorno della prossima seduta consiliare, ai sensi degli articoli 50-51 del Regolamento del Consiglio.
               


Il sottoscritto consigliere comunale Dionisio Paglia chiede alla S.V. di disporre l’inserimento all’Ordine del giorno della prossima seduta consiliare dell’allegata mozione, tesa alla risoluzione della convenzione per la gestione del servizio idrico stipulata in data 27.06.2003 tra il Presidente dell’Amministrazione Provinciale e la Società ATO5 Frosinone s.p.a .(ora divenuta ACEA ATO5 s.p.a.) per inadempimento del soggetto gestore.



Alvito, 5 febbraio 2016                                                                       

Il Consigliere Dionisio Paglia  

mercoledì 3 febbraio 2016

REGIONE: EPPUR SI MUOVE (?)

COORDINAMENTO REGIONALE ACQUA PUBBLICA


Questa mattina, dopo 4 mesi di silenzio, l'assessore Refrigeri ha dovuto rendere conto, grazie alle interrogazioni presentate al Question Time da parte dei consiglieri del M5S e SEL degli impegni assunti davanti allo stesso Consiglio regionale che, dopo aver approvato all'unanimità la legge 5/2014, sempre alla unanimità alla fine della ormai lontano mese di settembre 2015,  aveva dato alla giunta 90 giorni per presentare la proposta di questa in ordine alla definizione dei nuovi ambiti di bacino idrografico.
Di fronte al consiglio regionale l'assessore Refrigeri ha assunto l'ennesimo impegno a presentare detta proposta in commissione ambiente nelle prossime 2/3 settimane.
I quasi 2 anni di impegni assunti e non rispettati non ci lasciano tranquilli su quanto effettivamente avverrà in questo mese di febbraio.

Bisogna infatti rilevare che ai ritardi della giunta regionale fa da riscontro l'attivismo di Acea Spa che in questo momento punta ad assoggettare ad una unica compagine societaria il servizio erogato sui vecchi Ato di Roma e Frosinone e nello stesso tempo l'attivismo del governo nazionale  che costruisce una architettura legislativa che sollecita e premia le grandi operazioni di fusione nei programmi delle 4 grandi mutiutility del Paese.
Ma è anche sui contenuti che non possiamo non manifestare timori in quanto nell'unico incontro propedeutico al tavolo tecnico, che non è mai stato attivato, che l'assessore ha avuto con i  comitati il 2 ottobre 2015, la proposta avanzata dallo stesso Refrigeri non era accettabile sullo stesso piano dei principi fissati dalla legge 5/2014.
Come coordinamento regionale per l'acqua pubblica nei prossimi giorni chiederemo con forza la convocazione del tavolo con i comitati per discutere della possibile soluzione a partire dalla proposta di legge n.238, l'unica proposta allo stato esistente e rispondente allo spirito, ai requisiti, alla lettera e alla norma della legge 5/2014. Su questo non possiamo che sollecitare la mobilitazione dei cittadini e degli enti locali a tutela di una gestione democratica e partecipata di un bene fondamentale come quello dell'acqua.

Si ricorda l'appuntamento dell'8 febbraio alle 10 a palazzo Valentini a Roma e il 18 febbraio alle ore 15 a Frosinone al palazzo della provincia dove sono convocate le assemblee dei sindaci.

VIDEO DI LUCIANO GRANIERI.

Boppers vs Coolsters

Luciano Granieri

Venerdì 5 febbraio a  partire della ore 16,00 presso l’associazione culturale “Oltre l’Occidente” in L.go Aonio Paleario n.7 si terrà il sesto appuntamento del seminario “Jazz, suoni ritmi e pulsioni vitali dell’era post-moderna. Nelle vicende storiche degli  Stati Uniti d’America, inerenti gli anni ’40 e ’50, l’humus jazzistico fu estremamente fertile.  Nacque l’irriverente, sfavillante e rivoluzionario Bebop  nero, ma contestualmente ebbe diffusione uno stile più acculturato, etereo e tranquillo, il Cool,  prettamente bianco. Furono i due stili in contrapposizione? Sicuramente  nel contesto sociale ed economico dell’America dell’epoca, il Cool era genere più accomodante e appetibile per il musical business, altro che le scalmanate sortite di quei pazzi del Bebop, ribelli e per di più neri.  Ma fra i musicisti?  Vi fu contrasto fra Lee Konitz  e Charlie Parker, fra Thelonius Monk  e Lennie Tristano?  E’ ciò che scopriremo insieme   venerdì prossimo 5 febbraio nella sala del "Minton’s"  frusinate. Ci riferiamo ad Oltre l’Occidente, obviously.



martedì 2 febbraio 2016

La bidonVILLA post moderna

Luciano Granieri




Nella città più inquinata d’Italia, l’orrido è diventato  categoria estetica imperante. In particolare nella parte bassa di Frosinone, ogni spazio, anche il più  piccolo, deve essere riempito con palazzi, palazzetti, muri, rispettando evidentemente la categoria estetica sopra citata.  L’operazione sta dando i  suoi frutti,  l’omogeneità del quadro urbanistico della città è praticamente assicurato, rispettando rigorosamente l’estetica dell’orrido. 

Ma! Esiste e resiste imperterrito un edificio all’espandersi di questa nouvelle vague urbanistica. E’ la Villa Comunale. La sua armoniosa architettura settecentesca, con la torretta di origine medioevale, fa a cazzotti con l’estetica dell’orrido, inoltre trattasi di luogo pubblico, di proprietà dei cittadini. Quale insulto all’omogeneità urbanistica della città  più inquinata d’Italia, e alla vulgata della giunta guidata dall’azzeccagarbugli abbelatore,  novello Superciuk , per cui  di pubblico, nel paesotto  che lo ha acclamato podestà, non  deve rimanere nemmeno  la più piccola pietruzza.  

Abbattere la Villa COMUNALE PUBBLICA, sarebbe l’ideale, ma per l’acquisizione del consenso è mossa azzardata. Però  per l’abbelatore sindaco di Frosinone (ormai la qualifica di rottamatore è abbondantemente passata di moda),  occultare l’edificio settecentesco abbelandolo con  orrendi capannoni in  pvc si è rivelata la soluzione ideale. E’ dalle feste di Natale che la Villa Comunale è circondata da orrendi capannoni i quali  ne inibiscono la vista ai cittadini. La bidonville post-moderna finalmente contribuisce a ristabilire l’omogeneità urbanistica fondata sull’estetica dell’orrido. L’armonizzazione con le altre brutture della città più inquinata d’Italia è finalmente ristabilita. 

I cittadini s'indignano nel veder deturpata l’unica zona decente della zona  bassa, per altro pubblica e quindi a loro destinata?  Non importa, per l’azzecagarbugli  abbelatore, essere eletti a primo cittadino, non significa avere il mandato per governare Frosinone, ma diventare direttamente proprietario  del  Capoluogo, tanto da  disporne a piacimento come se fosse una dependance di casa sua.

Nella bidonville postmoderna in pvc  pare si terrà il gran ballo in maschera di Carnevale. Un evento di beneficenza i cui proventi andranno alla Comunità di S.Egidio. La classica occasione per consentire ai notabili speculatori  della città, bacino elettorale dell’azzeccagarbugli  abbelatore, di lavarsi la coscienza sfoggiando la loro costosa mise a fronte dell’obolo donato in beneficenza. 

Resiste però  davanti alla sede del Comune in Piazza VI Dicembre, una bidonville meno moderna, diremmo quasi arcaica, tanto da meritare l’appellativo di  “tenda” che non occulta nulla. Li  dentro, non spocchiosi notabili, ma lavoratori, a cui l’azzeccagarbugli abbelatore ha sottratto il posto di lavoro, tanto da indurre qualcuno a tentare il suicidio,  vogliono  tornare in possesso di ciò che gli è stato sottratto per favorire i benefattori della Comunità di S.Egidio. Non chiedono   elemosina, men che meno alla Comunità di S.Egidio,  ma pretendono  la dignità di tornare ad essere cittadini. Quella tenda, se ci fate caso, è  architettonicamente e moralmente,  molto più bella della bidonville postmoderna che abbela la Villa Comunale. 

CHI DORME E CHI PIGLIA PESCI

Newsletter n° 7 del Comitato Provinciale Acqua Pubblica di Frosinone


Mentre finalmente i nostri sindaci sembrano concordi sulla necessità di dare il benservito ad Acea Ato 5 S.p.A. ed assistiamo ad una generale levata di scudi contro la pretesa di fusione in un’unica società di coloro che già separatamente così tanti danni fanno.
Mentre da tre mesi la regione Lazio, tra bilanci e rimpasti,  ha totalmente accantonato la definizione dei nuovi ambiti di  bacino idrografico e le nuove regole di governo degli stessi.
Mentre in rete e sui giornali c’è chi si azzuffa in cerca di gloria o di poltrone.
Il governo “innovatore” va avanti come un treno sfornando decreti sulla base di leggi  delega profuse a piene mani da un Parlamento che ha rinunciato in maniera vergognosa a fare il proprio lavoro.
Tra gli undici decreti sfornati il 26 gennaio (e che diverranno legge dopo il parere – non vincolante – delle commissioni parlamentari) c’è quello che definisce il Testo Unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, tra i quali rientra il servizio idrico integrato.
In questa perla di modernità il modello di gestione ideale qual’è?
Ma proprio quello che ci tocca subire da quasi tre lustri e per il quale i nostri cari innovatori sono pronti a fare carte false!
E sapete qual è un indice di “virtuosità”? (Proprio questo termine viene usato)
Esattamente le fusioni, magari per incorporazione dei gestori.
Mentre da noi c’è ancora chi fa dell’acqua un pretesto per risse da cortile e per mediocri interessi elettorali, governo nazionale e multiutility – che per noi significa ACEA S.p.A. - procedono di concerto per conseguire il loro obiettivo condiviso: dividere la gestione dell’acqua in Italia tra le quattro grandi: Acea, A2a, Iren e Hera, in modo da assicurare a queste società di poter competere in maniera aggressiva sui mercati mondiali.
Ma non si accontentano solo di questo.
E’ necessario che, nell’interessa dei gestori, il trattamento della “merce” acqua sia il più possibile standardizzato, cioè occorre creare le condizioni perché siano i diversi territori ad adattarsi ai modelli organizzativi e produttivi dei gestori in modo da razzionalizzarne i costi.
E dell’interesse dei territori, del diritto fondamentale di ogni persona all’acqua?
Questo rappresenta solo un fastidioso accidente, il possibile, accettabile, danno collaterale in un’operazione di alta finanza!
Questo decreto detta dei tempi stringenti nel cui orizzonte è ancora possibile intervenire.
Prima che la fessura della porta venga chiusa è indispensabile che la regione Lazio dia attuazione alla legge 5/2014.
Se questo avverrà la visione di una gestione partecipata dalle comunità e dai cittadini sarà salvaguardata, se non  avverrà, nella migliore delle ipotesi nulla cambierà rispetto alla situazione attuale e se anche arriveremo alla risoluzione del contratto con ACEA ATO 5 S.p.A., il nuovo gestore sarà comunque una controllata di ACEA S.p.A.
Non abbiamo mesi, ma, forse, settimane.
  

domenica 31 gennaio 2016

Tutto sono, meno che un ingenuo.

Severo Lutrario



Ho anche una memoria decisamente buona e fino a quando mi sorreggerà non c'è alcun pericolo che dimentichi chi, come e quando sulla vicenda dell'acqua ne ha fatte di cotte e di crude.
Non credo alle “folgorazioni sulla via di Damasco” e certe conversioni dell'ultim'ora le imputo a calcoli diversi rispetto ad un “tardivo ravvedimento”.
Ma sono una persona che le cose e le battaglie le fa perché sono giuste e devono portare ad un reale e concreto risultato che cambi sia la qualità della vita delle persone e sia in una qualche misura lo stesso loro modo di pensare.
E' questo che significa fare politica sociale, cioè agire perché la realtà concreta in cui ci è dato vivere si modifichi nella direzione che riteniamo migliore.
Per fare questo bisogna fare i conti con le istituzioni politiche ed amministrative che ci sono ed interagire con queste a prescindere dal giudizio politico ed umano che se ne ha, ed esclusivamente sulla base degli atti concreti posti in campo da queste istituzioni.
A chi si sfoga con il “sono tutti uguali”, “è tutto inutile”, “tanto faranno come al solito” voglio dire che rimandare la difesa di diritti e qualità della vita alla nemesi vendicatrice di una conquista elettorale delle istituzioni o all'assedio del palazzo con i forconi, si scontra con l'esperienza storica.
Banalmente, il momento più alto in cui in Italia la Costituzione materiale si è più avvicinata alla Costituzione repubblicana è stato nel biennio 1969-1970, in cui al governo del paese non c'era nessun rivoluzionario e nessun comitato di salute pubblica, ma nel paese reale i rapporti di forza erano tali da imporre a quelle istituzioni la riforma previdenziale e lo Statuto dei Lavoratori.
Io non sono un bilioso scontento, non sono un arruffapopolo col mal celato desiderio di entrare nelle istituzioni, io sono un rivoluzionario e vivo ogni ingiustizia nei confronti di chiunque come se fosse fatta a me e mi adopero, qui ed ora, per cancellarla.
Non sono nato ieri ma prendo atto che in pratica tutte le parti politiche ed istituzionali fino a ieri complici, silenti, accomodanti con ACEA ATO 5 S.p.A. si dichiarano oggi a favore della risoluzione del contratto.
Questo è il dato di fatto che interessa e lasciamo al gossip politico le baruffe su chi si accoda a chi e sull'entità delle rispettive rogne.
A noi preme e serve “capitalizzare” questa “convergenza astrale” sapendo perfettamente che la partita è tutt'altro che finita e che per giungere all'effettiva risoluzione passeranno mesi e per avere un nuovo gestore passeranno anni in cui quel che si definisce oggi potrà essere rimesso in discussione.
A noi serve che a questo risultato parziale segua il fatto che questo Consiglio Regionale (questo e non un altro futuro, scaturito dai nostri sogni e dalle nostre aspettative) dia attuazione alla legge regionale 5/2014 in modo da scongiurare che ACEA, cacciata dalla finestra, rientri dalla porta.
Per quelli che ritengono inutile tutto questo c'è solo una possibilità: domani, facciamo alle 15.00 (insomma dopo mangiato) forconi alla mano, potete fare un bell'assalto al palazzo d'inverno.