sabato 13 febbraio 2016

I politici godono, i cittadini soffrono

Comitato di lotta Frosinone





ll problema è sempre il solito.

A chi si sta parlando quando si fanno interventi pubblici per di più in sedute formali e registrate? Chi si pensa siano gli ascoltatori?
L’Amministrazione Comunale di Frosinone con le sue rispettabili autorità pensa che il popolo frusinate sia appunto pecorone, indifferente e non disposto a fare battaglie sui principi. Forse è anche vero, considerando che nonostante le disastrose amministrazioni degli ultimi lustri molti frusinati, contro i loro interessi, continuano a sostenerle. 
Ma c’è una parte di cittadini, forse insignificante o forse disprezzata, forse dignitosa o forse disperata, non sappiamo, che almeno negli ultimi tempi tenta di difendere diritti e principi, valori ed etica, storia e territorio con una certa animosità e presenza costante. 
La lotta costante dei lavoratori ex Multiservizi che difendono il loro rubato posto di lavoro genera continue frizioni con il potere cittadino, evidentemente. E’ solo che il potere si muove con una violenza terribile e reiterata per i propri palesi interessi, togliendo il pane di bocca a centinaia di famiglie costringendole a sopravvivere, mentre l’immiserito cittadino può manifestare o mettere solo giusto in discussione il potere e le sue ramificazioni, anche attraverso una satira.
L’Amministrazione di Frosinone, soprattutto con il suo condottiero, si muove sempre con un piglio di fastidio nei confronti dei lavoratori; nonostante la questione inerente la vicenda Multiservizi fosse affrontabile e risolvibile, il fatto che i lavoratori vi si oppongano pubblicamente genera una cieca rivincita.
Il “missile” oggetto della odierna diatriba, non solo ha fatto venire a galla il giorno di carnevale repulsioni e atteggiamenti tipici di una volontà di potenza convulsa, quasi dittatoriale, ma continua a far misurare i politici di maggioranza in ridicole considerazioni e palesi bugie, d’altronde tipiche di tutto il corso amministrativo e politico. 
a) Il “carro/missile” non aveva l’autorizzazione – non si è mai vista autorizzazione a chicchessia per sfilare a carnevale. E il carro è stato preceduto da comunicazione per iscrizione al concorso.
b) il carro ha fatto richiesta fuori termine scaduto, secondo la pro loco, 45 giorni prima: e dove sarebbe stata reperibile tale indicazione? Anche sul sito della Proloco nulla fa intendere i termini della iscrizione
c) la delibera del comune di Frosinone n.27” “Festa della Radeca” - Approvazione programma dei festeggiamenti del Carnevale” Storico di Frosinone - Anno 2016. è del 20 gennaio (20 giorni prima del carnevale) “di affidare la realizzazione dei servizi propedeutici all’evento storico culturale denominato “Festa della Radeca 2016 – Carnevale Storico di Frosinone - all’Associazione Pro Loco della Città di Frosinone, con sede in Frosinone – Via M.Mastroianni e all’Associazione Culturale “Rione Giardino”, con sede in Frosinone – Via Giardino 6”. Come faceva la Pro loco, ed oggi i “politici compagnoni”, ad affermare che la scadenza per l’iscrizione dei carri era 45 giorni prima? 
d) Inoltre la struttura, assessora al commercio più precisamente, sollecitata all’inizio di febbraio, non sapeva del termine delle iscrizioni!
e) La Proloco ha anche affermato che il “carro”, come era stato concepito, non avrebbe potuto essere nel concorso perché era solo un declassificato “carretto”! La presenza nel corteo era libera come quella di chiunque altro. 
f) I vigili hanno bloccato il “carretto” per non farlo ripartire, non per posizionarlo alla fine della sfilata. Il più in alto in grado ivi presente ha tentato anche un blocco fisico, minacciando, more solito, interventi non ben precisati, affermando a viva voce che il questore avesse intimato il blocco del missile. I vigili (alcuni di loro) ancora una volta hanno svolto l’inadeguato ruolo delle guardie pretoriane delle volontà di un augusto mal messo dal punto di vista della satire. Anche il “tenerone” comandante Donato, sempre coinvolto suo malgrado, tentava di inventarsi una scusa per frenare la sfilata, pur di non ascoltare le urla della politica. 
g) Il sindaco, intervenuto di persona, alterato e polarizzato come sempre, tentava di convincere la polizia presente del peccato di lesa maestà per far interdire il missile. Evidentemente gli è stato risposto che a Frosinone ancora vigono le leggi nazionali.
Potremo andare avanti ancora. Ma ciò è sufficiente per chi somma questo ridicolo impetuoso sollecitarsi della politica alle vicende del consiglio comunale delle terme romane con i cartelli sbeffeggianti il pubblico, e a tante altre situazioni che ribadiscono il disprezzo per la cittadinanza tutta, del suo territorio, della sua identità, del suo futuro, della democrazia e magari della libertà di parola. 
Il consigliere Crescenzi, che non era presente, tanto preoccupato a buttare salvagenti, faccia invece il proprio dovere etico di politico trasparente. Entro uno o al massimo due mesi renda pubblica la rendicontazione delle spese sostenute che “per l’organizzazione dei festeggiamenti del Carnevale 2016, ammonta ad euro €. 30.700,00”!!! 
SI faccia promotore, già che ci siamo, della pubblicazione delle rendicontazioni dei carnevali scorsi, dell’ultima passione di Pasqua, delle luminarie natalizie, del festival dei conservatori e così via. Cifre astronomiche che ad un occhio sicuramente distratto non appaiono corrispondenti alle attività svolte.
Nel frattempo che ciò avvenga si comunica che i lavoratori della “tenda” si iscrivono al prossimo concorso di carnevale con un carro dal titolo “I politici godono, i cittadini soffrono”.

Forza Frosinone..... e che palle!

Luciano Granieri



Sabato 13 febbraio 2016 Empoli-Frosinone 1-2. La partita si è giocata alla 15,00. Nessuna  , iniziativa, riunione o manifestazione poteva svolgersi in città perché la maggior parte della popolazione frusinate era inchiodata davanti ai televisori, o alle dirette streaming, per partecipare  appassionatamente alle gesta sportive dei  Canarini. 

Eppure l’anno scorso, quando il Frosinone militava in serie B e la partite, salvo qualche rara eccezione,  si disputavano tutte di sabato, la città non si fermava per assistere alle imprese predatorie dei ragazzi vestiti di giallazzurro. Se poi torniamo agli anni della lega pro e ancora più indietro all’era della serie C, nelle sue diverse declinazioni (C1-C2) , lo stadio Matusa non era così frequentato e la vita della città procedeva tranquilla del tutto insensibile ai risultati del Frosinone Calcio. 

Inevitabilmente , come è costume consolidato nelle società borghesi, le passioni si annacquano  nella moda. Così come tutti diventano tifosi della Nazionale quando ci sono i mondiali di calcio, oggi sono tutti tifosi del Frosinone, perché la squadra, milita non senza sorprese in serie A. Ricordate le notti della vela di Luna Rossa, quando tutti gli italiani improvvisamente divennero esperti , di  come si cazza la randa, o si esegue una  strambata? Ebbene oggi a Frosinone sono tutti strateghi del  4-4-2 o 3-5-2.

 Il calcio è passione e non si può criticare  l’entusiasmo della gente. Giusto il calcio è passione, proprio per questo, nonostante il Frosinone sia arrivato in serie A, continuo a tifare per la Roma la squadra che ho scelto, appunto, per passione.    Lo confesso, quando Ciofani ha realizzato all’Olimpico il gol del momentaneo pareggio contro i giallorossi, ho lanciato una malevola invocazione alla Madonna. Per fortuna El Shaarawy e Pjanic hanno rimesso le cose a posto.  

La  recente partita al Matusa contro la Juventus, disgraziatamente,   ha smascherato non pochi Ascari  ciociari, i quali, ce l’hanno menata  dall’inizio del campionato, con la storia del cuore giallazzurro pulsante nei petti fin dalla nascita, e poi si sono mostrati sui social assatanati di selfie affianco dei calciatori juventini alloggiati presso l’hotel  Bassetto e  festanti , con tanto di scialletta bianconera orgogliosamente  esibita,  per la vittoria della vecchia signora contro gli ex beniamini del Frosinone.  

Finiamola dunque con queste ipocrisie che, fortunatamente parlando di calcio, lasciano il tempo che trovano.  Personalmente mi sento Ciociaro e Frusinate, fino alle midolla, ma l’appartenenza che mi piace rivendicare  non  sarà mai affidata ai successi della squadra  di calcio, o espressa attraverso  la conflittualità verso altre città o cittadini. A me piace essere ciociaro, perché mi sento discendente di un popolo, quello Volsco, che insegnò civiltà, ancora prima dell’avvento dei Romani. Mi piace essere ciociaro, orgoglioso di come alla  fine del ‘700   siamo riusciti a ridicolizzare con la sola arma dell’ironia,  le guarnigioni francesi del generale Championnet  .

 Mi  piacerebbe, certo,  che il diritto di cittadinanza frusinate, fosse un minimo  salvaguardato dalle istituzioni, assolutamente insensibili al benessere dei propri cittadini, i quali,  forse, ai successi della squadra di calcio, preferirebbero avere un lavoro, qui a Frosinone, mandare i figli in scuole decenti, non riempire i proprio polmoni di aria insana, e confidare in un assistenza sanitaria accettabile. 

 Comunque io tifoso della Roma ma appassionato del Frosinone  ricordo come in una triste (in senso calcistico)  settimana di novembre del 1981, spesi ben diecimila lire per ricevere due  pesanti delusioni. Le prime 5 mila se ne andarono il mercoledì  per un biglietto di curva sud dell’Olimpico dalla quale  assistetti  all’eliminazione della Roma di Falcao dalla Coppa delle Coppe per mano del Porto, la gara terminò sullo zero a zero, risultato  insufficiente a ribaltare il risultato dell’andata .  Le  altre 5 mila furono spese per  ingoiare  un altro  deludente zero a zero, questa volta  del Frosinone contro il Grosseto.  Era il campionati di C2 e i  Canarini fra i quali   militavano calciatori del calibro di Gabbriellini e Perotti , fallirono l'aggancio alla testa della classifica. Oltre alla delusione, notevole fu lo stupore nel constatare che in occasione della giornata giallazzurra, il costo del biglietto per vedere il Frosinone era pari a quello di una partita internazionale.  

E ancora, da tifoso della Roma, ma  appassionato del Frosinone, ricordo ancora il mio sussidiario delle elementari con l’autografo di Brunello. Già proprio il mitico attaccante della prima promozione in serie C. Quello che giocava nell’undici formato da: Recchia,Vacca, Memo, Derin, Borsari, Fraternali, Mantovani, Agnoletto, Brunello, Malvestiti, Mettus.   Il mio supporto in questo campionati di serie A non va al Frosinone, ma alla Roma, però quanti dei tifosi Canarini ad oltranza, senza se e senza ma,  conoscono Brunello, Gabbriellini,   Gaudino, Passarani, un minuscola ala che dal suo metro e cinquanta segnò un gol di testa al Latina?


venerdì 12 febbraio 2016

“All'Assemblea dei Sindaci del 18 febbraio verrà votata la risoluzione con Acea, sia garantita la partecipazione pubblica”

Ufficio Stampa Onorevole Luca Frusone Deputato  M5S

“Il 18 febbraio ci sarà un appuntamento molto importante, a cui invito tutti i cittadini della provincia a partecipare. E’ prevista infatti l’Assemblea dei Sindaci che si riunirà per votare la risoluzione contrattuale con Acea e in tale occasione, i nostri primi cittadini, s’impegneranno anche a fare pressione in regione Lazio affinché venga approvata definitivamente la legge n. 5 sull’acqua pubblica, questo per evitare che una volta cacciata Acea dalla porta non rientri a pieno titolo sulla gestione dell’acqua in provincia, dalla finestra.” – a dichiararlo è il Deputato 5 Stelle Frusone, che continua – “In tale importante occasione, dato l’enorme rilievo della vicenda e data la grande importanza che l’esito della votazione avrà per tutti i cittadini della provincia, ho scritto al Presidente Pompeo, per avere la conferma, che per quel giorno, sarà garantita la partecipazione popolare e dei comitati che da anni sono impegnati nella lotta contro Acea. Vorrei avere questa rassicurazione a nome di tutti i cittadini, perché in passato per alcune assemblee, si decise di chiudere le porte alla partecipazione pubblica. E’ importante invece, che l’assemblea sia svolta a porte aperte, affinché i cittadini possano parteciparvi e verificare l’operato dei propri Sindaci.” – e conclude – “Sono sicuro che il Presidente Pompeo concorderà sull’importanza della partecipazione pubblica. Attendo comunque per vie ufficiali la conferma di tale richiesta e la comunicazione dell’orario preciso in cui si svolgerà l’assemblea.”


Le porte chiuse cui fa riferimento l'Onorevole Frusone
video di Luciano Granieri


giovedì 11 febbraio 2016

Alberto Spaziani “Le Stagioni di una vita” opere dal 1956 al 2016

In mostra dal 14 al 28 febbraio 2016 presso la Sala espositiva del Centro InterArte Pubblica e Popolare via De Gasperi, 59 Frosinone.



Domenica 14 Febbraio, alle ore 11:00, sarà inaugurata presso la saletta espositiva di Via De Gasperi 59,a cura dell’Associazione Centro Inter Arte Pubblica e Popolare ,con il patrocinio del Comune di Frosinone, la mostra di pittura del Maestro  frusinate Alberto Spaziani.
Tale iniziativa rientra nel programma di eventi culturali che l’Associazione si è prefissato di portare a termine nel corso del 2016 e sarà occasione per conoscere l’opera del Maestro a partire dal 1956.
Saranno infatti esposti quadri e disegni che abbracciano un percorso artistico di 60 anni di attività e che caratterizzano alcuni aspetti della nostra società.
Spaziani ha operato instancabilmente nel settore dell’Arte cercando sempre e comunque di potenziare il fermento culturale del territorio per valorizzare artisticamente la “sua” provincia.

Le sue opere costituiscono testimonianza certa di una valenza socio culturale di notevole spessore, alcune inamovibili come i “murales”, i monumenti, le installazioni e le decorazioni di chiese possono essere usufruibili visitando alcuni siti di Frosinone e paesi limitrofi e oltre ( Miecow- Polonia ,Sperlonga – Latina , Maissana – Sp ) mentre i quadri e i disegni saranno visibili dal 14 al 28 Febbraio 2016.


video Luciano Granieri

mercoledì 10 febbraio 2016

L'accerchiamento criminale di Aleppo e la trappola mortale di Ginevra

Dichiarazione del Segretariato Internazionale
della Lit-Quarta Internazionale *

L'esercito della dittatura siriana, con la copertura aerea della Russia, ha lanciato un'offensiva per recuperare la città di Aleppo, la seconda più importante del Paese. 
Dal 2012 Aleppo è divisa in “zone d'influenza” tra le truppe di Al-Assad, le forze ribelli e, da circa un anno e mezzo, le truppe dello Stato Islamico (Isis). Queste forze si combattono palmo a palmo, casa per casa. Le truppe antidittatoriali, però, devono lottare su due fronti: da un lato, contro l'asse Assad-Russia-Hezbollah-Iran; dall'altro, contro le orde dello Stato Islamico. 
Negli ultimi giorni, aeroplani russi hanno effettuato intensi bombardamenti con la finalità di sgombrare la strada alle truppe leali ad Al-Assad e ai miliziani di Hezbollah. Le forze controrivoluzionarie si sono impadronite della principale strada che collega la frontiera della Turchia coi distretti di Aleppo che sono in mano alle forze di opposizione. 
L'avanzata del fronte lealista è finalizzata ad accerchiare Aleppo, allo stesso modo in cui imprigiona altre località dove centinaia di persone sono morte di fame. Si calcola che più o meno quattro milioni di persone si trovano accerchiate dall'esercito siriano. Questa situazione, oltre agli intensi bombardamenti, ha provocato la fuga massiccia di migliaia di famiglie siriane verso la frontiera con la Turchia, fatto che certamente approfondirà il drammatico problema dei rifugiati.  
 
L'inganno di Ginevra  L'avanzamento delle truppe dittatoriali si dà in una fase in cui è cominciata una nuova farsa diplomatica a Ginevra, dove per la terza volta l'Onu cerca di riunire rappresentanti di Al-Assad e degli oppositori per tentare una “soluzione negoziata” alla guerra civile. Il piano di negoziazione è noto: consiste, essenzialmente, nel raggiungere un cessate il fuoco per potere poi procedere alla formazione di un “governo di unità nazionale” e alla convocazione delle elezioni nel 2017. 
Gli imperialismi statunitense ed europeo combinano i bombardamenti contro lo Stato Islamico con la promozione di questa politica, senza nemmeno prospettare, come facevano prima, la previa rinuncia di Al-Assad al potere. 
Ancora una volta Ginevra ha partorito il nulla. Il regime siriano ha ignorato e tacciato di “terrorismo” i “rappresentanti” dell'opposizione che a loro volta hanno escluso un ampio settore di milizie che combattono sul territorio e i curdi del Rojava. 
In questo quadro, la dittatura di Al-Assad, sentendosi più forte con l'appoggio aperto della Russia, cerca di risolvere il conflitto con le armi, schiacciando fisicamente la rivoluzione. Al-Assad ha ignorato Ginevra e ha rafforzato l'offensiva militare. 
L'offensiva su Aleppo ha portato il “mediatore” dell'Onu, Staffan de Mistura, a sospendere fino al giorno 25 di questo mese le riunioni a Ginevra. Questa è un'ulteriore dimostrazione del perché le milizie ribelli arabe e curde non devono fidarsi di alcun tipo di negoziazione col regime assassino di Al-Assad. Non si può negoziare con chi ha le mani sporche del sangue di quasi 400.000 siriani! 
Sosteniamo che non esiste una “soluzione diplomatica” alla rivoluzione siriana. L'obiettivo di Ginevra è di preservare in Siria l'essenza del regime dittatoriale mantenendo la struttura socioeconomica dipendente dall'imperialismo. Indipendentemente dalla discussione su Al-Assad, se sarà parte e per quanto tempo di quel “processo di transizione”, l'intenzione dell'imperialismo, con l'accordo della Russia e dell'Iran, è sconfiggere la rivoluzione siriana, disarmare le milizie e “stabilizzare” i pilastri del regime contro cui le masse popolari siriane si stanno battendo da quasi cinque anni. 
 
L'unica via d'uscita è la vittoria della rivoluzione 
Nonostante debba lottare su vari fronti ed affrontare nemici superiori dal punto di vista militare, la rivoluzione siriana continua. Le milizie ribelli stanno resistendo all'offensiva in maniera tenace. Lo fanno come possono, perché non hanno armi pesanti e la tecnologia militare necessarie. 
L'unica via d'uscita progressiva per le masse popolari siriane e per tutto il Medio Oriente ed il Magreb passa per la sconfitta della dittatura siriana e dei suoi alleati. Questo sarebbe un “punto di partenza” essenziale. 
In questo senso, è fondamentale respingere qualunque tipo di “soluzione negoziata”, perché nessun accordo raggiunto tra l'imperialismo ed i governi di Russia, Iran o Turchia può essere vantaggioso per le masse popolari siriane e curde. Nessun tipo di “transizione politica” ha né avrà l'obiettivo di rispondere alle domande democratiche ed economiche della popolazione siriana. 
Allo stesso modo, dobbiamo opporci tanto ai bombardamenti russi come a quelli di USA, Francia e Regno Unito. Dobbiamo opporci anche all'invio in Siria di “unità speciali” nordamericane che, come annunciato da Obama, servirebbero da “consulenti” contro lo Stato Islamico. Tanto i “consulenti” come i bombardamenti dell'imperialismo non hanno un obiettivo “democratico” né “umanitario”, bensì l'obiettivo colonialista di mantenere ed ampliare il controllo delle risorse della Siria. 
Fuori dalla Siria, abbiamo il compito di organizzare la solidarietà attiva e di esigere da ognuno dei nostri governi non solo la rottura di relazioni diplomatiche e commerciali con la dittatura di Al-Assad ma anche l'invio incondizionato di armi pesanti, medicine ed ogni tipo di vettovagliamento per le truppe ribelli. In Russia, è necessario fare appello alle masse popolari per respingere l'intervento di Putin sul suolo siriano. 
La solidarietà internazionale con la rivoluzione siriana è urgente. Un appoggio deciso delle organizzazioni operaie, sociali, democratiche e, ovviamente, dei partiti di sinistra, potrebbe far pendere la bilancia a favore delle masse popolari siriane. È necessario organizzare manifestazioni, picchetti davanti alle ambasciate della Siria, e qualunque iniziativa che contribuisca ad indebolire la dittatura di Al-Assad.
Questo è un compito immediato. 

*(Traduzione in italiano di Mauro Buccheri)
 

Come suona bianco quel sax, California Dreamin'

Luciano Granieri


Sabato 13 febbraio, a partire delle ore 16,00 presso l’associazione culturale “Oltre l’Occidente”in L.go Aonio Paleario n.7 a Frosinone,  si terrà il quinto appuntamento del seminario-dibattito “Jazz,  suoni ritmi e pulsioni dell’era post-moderna. L a sessione s’ intitola: “ Come suona bianco quel sax, California Dreamin”. Il riferimento al brano dei Mama’s and Papa’s è puramente casuale, ma il sogno californiano ha realmente coinvolto una generazione di jazzisti, per lo più bianchi, attivi sulla costa del  Pacifico negli anni ’50. Tutto ciò  mentre nella convulsa  New York ancora impazzavano i rivoluzionari neri del Bebop. Le atmosfere soffuse ma ricercate,  in cui il blues e gli echi dello swing si mischiano con il contrappunto della musica settecentesca, furono esclusivamente un’operazione commerciale o anche espressione di uno stile musicalmente rilevante?  Fu vera gloria quella dei vari Gerry Mulligan, Chet Baker, Stan Getz, Lee Konitz , Lennie Tristano, Dave Brubeck ? Ne discuteremo sabato prossimo 13 febbraio, dalle ore 16,00, presso l’associazione culturale “Oltre l’Occidente” in L.go Aonio Paleario n. 7 Frosinone. 


FOIBE: RICORDARE COSA?

Casarossa collettivo autogestito


FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA

Ormai ogni anno si dedicano celebrazioni a questo argomento sempre più di matrice neo fascista con parate inquietanti in città come in altre parti d’Italia.
Nel 2004 il governo di centrodestra, con l’avallo del centrosinistra, stabilì di celebrare il 10 febbraio (anniversario del Trattato di pace che nel 1947 aveva fissato i nuovi confini con la Jugoslavia) una “Giornata del Ricordo” per celebrare “i martiri delle foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata”.
Una ricorrenza situata a dieci giorni dalla “Giornata della Memoria” (istituita nel 2000 per il ricordo dalla Shoah e di tutte le vittime e i perseguitati del nazifascismo). In questi anni il senso comune ha portato a fare di tutto un polverone, cosicché si parla correntemente di “foibe” come “olocausto degli italiani”.
Noi riteniamo che in tutto questo ci sia un’operazione di confusione e di ribaltamento dei fatti. L’obiettivo di raggiungere una “memoria condivisa” attraverso una specie di “par condicio della storia”, per la quale ricordiamo “tutte le vittime”, nasconde i giudizi di valore sulle responsabilità storiche specifiche, in particolare quelle del regime fascista italiano in collaborazione con il nazismo tedesco. Chi ha provocato le tragedie della seconda guerra mondiale e chi, dopo averle subite, ha reagito, diventano la stessa cosa.
Oggi, correntemente, con il nome di “foibe” ci si riferisce a due periodi distinti: in Istria dopo l’8 settembre del 1943, fino all’inizio dell’ottobre dello stesso anno, e a Trieste nel maggio 1945, dopo la liberazione da parte delle truppe partigiane jugoslave (ufficialmente alleate del fronte antinazista) e durante i 42 giorni di amministrazione civile della città. In questi due periodi, secondo la vulgata corrente, un numero imprecisato di persone, comunque “molte migliaia”, sarebbero state uccise solo perché erano di nazionalità italiana e poi “infoibate”, ossia gettate nelle cavità naturali presenti in quelle zone. Si tratterebbe di una “pulizia etnica”, di un “genocidio nazionale”. La responsabilità principale viene in genere attribuita ai “titini”, ossia ai partigiani jugoslavi comunisti.
Chi propone un esame critico di questa versione viene chiamato “negazionista” o, ben che vada, “riduzionista” (usando quindi le stesse categorie utilizzate per chi nega o sminuisce la Shoah).
Noi riteniamo che vada ristabilita invece una corretta lettura dei fatti, sia per il contesto storico in cui sono inseriti, sia nella ricostruzione documentaria dei fatti stessi. Fin dal 1919 le squadre fasciste, a Trieste e nell’Istria, fecero una politica di aggressione violenta, in chiave nazionalista, contro le istituzioni operaie e la popolazione slovena e croata.
Mussolini, in un discorso a Pola del 1920, dichiarò: “Abbiamo incendiato la casa croata di Trieste, l’abbiamo incendiata a Pola. Bisogna che l’Adriatico, che è un nostro golfo, sia in mani nostre. Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere le Alpi Dinariche. Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo”.
Quando il fascismo diventò regime, operò in quelle terre un’opera di snazionalizzazione violenta e capillare, fino a far identificare fascismo e italianità.
Furono 20 anni di oppressione e repressione, che portarono migliaia di persone nelle carceri del Tribunale Speciale, al confino, davanti ai plotoni di esecuzione, e alla perdita dei loro beni e della loro terra.
A partire dall’aprile 1941, l’Italia fu in guerra nella penisola balcanica insieme ai tedeschi, contro la resistenza partigiana e la popolazione locale. Ricordiamo la nota “Si uccide troppo poco” mandata nel 1942 dalle gerarchie militari. Furono 350.000 i civili montenegrini, croati e sloveni massacrati, fucilati o bruciati vivi nelle loro case durante i rastrellamenti; furono più di 100.000 i civili, uomini, donne e bambini, deportati e rinchiusi in oltre 100 campi di concentramento (i “campi del Duce”) disseminati nelle isole dalmate, in Friuli e nel resto d’Italia. Migliaia di essi furono falciati dalla fame e dalle malattie. A Trieste, fascisti e repubblichini furono i collaboratori zelanti delle SS che avevano la zona sotto il loro controllo (ricordiamo il campo di sterminio di San Sabba, con 5000 vittime, ebrei, slavi e resistenti).
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, con la capitolazione dell’esercito italiano e la cessione del potere ai tedeschi, in Istria scoppiò una vera e propria una insurrezione popolare, in particolare di contadini e operai, che durò fino ai primi di ottobre, ossia fino al ritorno dei nazifascisti. Da una parte ci fu l’aiuto a migliaia di soldati italiani sbandati, dall’altra furono improvvisati dei cosiddetti “tribunali popolari”, più o meno strutturati, che non presero di mira gli italiani in quanto tali, ma in cui si scaricò l’odio accumulato in vent’anni contro i gerarchi fascisti e i proprietari terrieri che avevano approfittato del regime. Le vittime di queste esecuzioni, molte delle quali furono poi “infoibate”, furono alcune centinaia (una cifra verosimile è di 400-500).
È pensabile che, in un simile clima, possano essersi esercitate anche vendette private o crudeltà ingiustificabili. Dai primi di ottobre ritornarono i nazisti. Furono accompagnati da milizie italiane, e fascisti furono gli informatori e le spie che li guidarono nell’incendio di decine di villaggi.
Vi furono, ad opera dei nazifascisti, 5.000 civili uccisi e 12.000 deportati e ulteriori “infoibamenti”.
Durante il periodo dell’amministrazione civile di Trieste da parte degli jugoslavi, 42 giorni da fine aprile a maggio 1945, le autorità avevano elenchi ben definiti di gerarchi e collaborazionisti, che sottoposero a processo e giustiziarono. Anche qui, il numero è ricostruito in maniera diversa: da alcune centinaia, precisamente testimoniabili, a una cifra superiore, di alcune migliaia, che lievita in maniera assolutamente inattendibile nei racconti postumi degli eredi neofascisti.
Anche qui, possono esserci stati casi di vendette private; ma non ci furono esecuzioni di massa casuali o imputate al solo fatto di essere italiani.
Nel corso del dopoguerra, fino a metà degli anni ’50, una cifra fra 180.000 e 250.000 di persone di lingua italiana lasciò i territori della Repubblica jugoslava e si trasferì in Italia; prima sollecitati e poi praticamente abbandonati a sé stessi dalle autorità italiane. Anche questo fenomeno, doloroso come ogni esodo, va messo nel suo contesto di spostamento di popolazioni che, dopo la 2° guerra mondiale, furono costrette ad abbandonare i territori dove precedentemente abitavano lungo la linea dei confini orientali: diversi milioni di persone, in prevalenza tedeschi, dalla Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Ucraina.
Una ricostruzione storica obiettiva non sempre è facile nei suoi aspetti particolari, ma il quadro generale è chiaro: è quello dei lutti e dei crimini provocati in Europa dal nazifascismo.
Un “mattatoio della storia” in cui possiamo provare umana pietà per ogni singola vittima, ma in cui bisogna tenere ben salde le differenze: “senza mettere sullo stesso piano”, scrive Giacomo Scotti, “coloro che per decenni praticarono la violenza e infine la scatenarono, e quanti a quella violenza reagirono, talvolta con ferocia, nel momento storico della svolta”.
Noi italiani dobbiamo imparare a fare i conti con il nostro passato e le nostre responsabilità storiche, sia per quello che riguarda la persecuzione razziale contro gli Ebrei, sia per le guerre coloniali in Africa, sia per le guerre d’aggressione e le stragi nella penisola balcanica (Albania, Grecia, Jugoslavia).
Avremo raggiunto una memoria storica “condivisa” quando tutti avremo saputo assimilare e riconoscere queste colpe, smettendo di considerarci solo “brava gente” o facendo celebrare le vittime delle tragedie storiche (le “foibe”) proprio da chi le ha causate.
Un vero “Giorno del ricordo” dovrebbe essere dedicato a questo.
Si ringrazia, per i dati citati, l’Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre

martedì 9 febbraio 2016

Completato il collaudo dell'ascensore inclinato di Frosinone

Luciano Granieri


Riparte l’ascensore inclinato di Frosinone.

Dopo che il la testata si è allisciato,
il carburatore si è sciosciato,
la candela  s’è scartavetrato,
l’ingranaggio ingrippato s’è sgrippato,
la manovella s’è girato,
il marchingegno collaudato.....


Tutti n’cima a Frusenone


nel video alcune fasi del collaudo.

A proposito di unioni civili due

Libero amore

“Ecco il nodo gordiano della questione; ecco lo scoglio terribile contro il quale vanno ad infrangersi le utopistiche teorie del vostro ideale anarchico”. Così dicono i sapientoni della morale  clerico-borghese; cos’ ragionano gli avversari ed i nemici nostri quando entriamo a parlare del libero amore.
E quindi –queste arche di scienza- aggiungono in tono di trionfo:” Non vi bastava predicare la comunione dei beni naturali, l’abolizione della proprietà privata; ora ci venite anche a predicare la messa in comune  della donna e l’abolizione del matrimonio. Voi volete togliere alla donna quella certa protezione che scaturisce dal sacro vincolo legale che la chiesa e lo Stato impongono; voi col vostro tanto decantato libero amore  volete renderla  vittima dei capricci del primo birbante che le capiti, fino a sottoporla all’obbrobrioso  sistema del libero scambio, come se si trattasse di un gingillo qualunque!”.
Adagio Biagio, rispondiamo noi. Queste che voi dite son frottole. Che c’entra la proprietà privata, la comunione dei beni  ed il sistema del libero scambio nella questione del libero amore?  Che significa tutto questo ginepraio di parole col quale voi tentate di travisare il concetto vero della funzione sociale della famiglia dell’avvenire?
No, non è cotesto il nostro libero amore; no,  non è così che noi intendiamo la libera unione dell’uomo  e della donna, come veramente dovrà essere in una  società basata sull’uguaglianza  e sulla fratellanza.
Il  libero amore preconizzato dagli anarchici è quel sublime sentimento naturale e umano che spinge i due sessi  ad unirsi senza chiedere il permesso nè al curato, né al sindaco;  poiché quattro parole biascicate  da un uomo tonsurato o da un altro cinto dalla sciarpa non accrescono pregio al loro amore e né tampoco lo rendono imperituro.
Viceversa  il matrimonio mentre pone l’uomo in una condizione privilegiata rispetto a quella della donna, lascia che questa nella mani del suo tiranno diventi un oggetto di trastullo, uno strumento di piacere  e niente altro.
Ogni tentativo di ribellione di questa martire è subito represso dalla legge che in nome di dio e di una moralità barocca e vessatoria la richiama all’ordine, al rispetto all’obbedienza verso il suo padrone.
E non ci venga a dire che la legge è uguale per tutti, e che quindi come il marito può far punire la moglie adultera, così la moglie può a sua volta far punire il marito quando riesca a provare la sua infedeltà.
Innanzitutto noi diciamo che non sappiamo che farcene della legge e della conseguente punizione poichè né l’una né l’altra potrebbero indurre ad amare una persona chi per essa non sente né simpatia , né affezione alcuna;  del resto la donna tradita , offesa nel suo amore, che soddisfazione avrebbe a mandare in prigione il marito adultero? Essa oltre alle beffe del pubblico, ne risentirebbe un danno personale, cioè la mancanza del sostegno alla famiglia, dimodochè tanto lei che i suoi figlioli, se ne avrà, saranno condannati a stare senza pane e senza tetto per tutto il tempo che suo marito starà in prigione a fare ammenda del proprio fallo ed a meditare sulla filosofia del matrimonio.
La legge, dunque oltre ad essere vana è anche ridicola, e ben lo sanno coloro che sfortunatamente sono caduti nei suoi trabocchetti.
Ma di grazia, qual è la protezione che essa esercita sulla donna? Quale garanzia offrono alla giovane sposa il curato ed il sindaco, dinanzi ai quali i due coniugi vanno a dichiarare il loro amore?.
E’ infinito il numero delle spose abbandonate dai loro mariti, fuggiti con altre amanti in terre lontane ove la legge nulla può contro di loro. Ebbene, che cosa fanno per queste disgraziate la legge, il curato ed il sindaco? Forse provvedono assicurando loro un posto nel banchetto della vita? Forse provvedono reintegrandole nei loro diritti? Nemmeno per sogno!
Per queste povere tradite non vi è altra prospettiva che il postribolo turpe e crudele.
Non è affatto vero che noi anarchici vogliamo mettere in comune  anche le donne. Questa è una affermazione stupida quanto bugiarda dei cosiddetti ben pensanti , di coloro che vogliono conservare intatto questo infame ordinamento onde meglio dar sfogo alla loro morbosa libidine, al loro brutale istinto di veri animali irragionevoli!
Se esistesse il libero amore, come farebbero costoro a comprare il fiore della verginità delle figlie del popolo  costrette dalla fame a vendere il loro onore ad un vecchio danaroso o ad un satiriaco cui non bastano né la moglie, né le concubine da lui profumatamente mantenute?
Altro che comunismo; qui si tratta di un vero monopolio muliebre contro cui noi insorgiamo in nome della libertà della donna, condannata a portare sulle spalle la croce del pregiudizio, sotto la quale spesso cade affranta e completamente abbattuta!
Il libero amore non ha nulla a che vedere con il libero scambio di cui parlano tanto gratuitamente in microcefali sostenitori di questa decrepita baracca borghese; il libero amore tende a mettere l’uomo e la donna nelle condizioni di scegliere liberamente la loro  unione qualora uno dei due amanti non sent più simpatia , più affetto, più trasporto verso l’altro.
Il  libero amore non significa che la donna debba darsi a questo o a quello, ma che essa debba convivere insieme all’oggetto amato fino a che per esso senta amore; libera di andarsene  se questo amore non troverà più posto ne suo cuore.  “Ma – soggiungono nuovamente i nostri contraddittori – e come farete voi ad evitare quei delitto passionali che sono la conseguenza di amori non corrisposti? Come farete a svellere dal cuore umano quella violenta e innata passione che ha nome gelosia?”  Noi eviteremo, per quanto sarà possibile, gli uni  e svelleremo l’altra educando le masse alla scuola della libertà. Sicuro; solo una vera educazione libertaria potrà far si che certi delitti e certe passioni scompaiano del tutto.
Un individuo, per esempio, geloso della propria libertà  perché dovrebbe ledere la libertà di un altro individuo? Nel rispetto delle altrui libertà trova sanzione e rispetto la propria libertà; per cui una persona che ama non ha il diritto di pretendere che un’altra persona contraccambi quell’amore suo malgrado. L’uomo quando non sente più amore per la donna, anche oggi in omaggio sempre al matrimonio, l’abbandona senza tanti preamboli.
Così farà nella società futura, senza arrecarle tutto quel danno che oggi le arreca. Se l’uomo dunque riconosce  in lui questo diritto, perché non deve riconoscerlo nella donna?
Col libero amore la donna diverrà più buona, più leale, più veritiera, più sincera; essa non sarà costretta a mentire il suo amore, essa non sarà spinta all’adulterio, essa non ingannerà  più il compagno che con lei convive, perché godendo degli stessi diritti economici e sociali cui gode l’uomo, ella si troverà  in condizioni di trattare d pari a pari.
Col libero amore essendo abolito il matrimonio, non assisteremo più all’immorale unione fra un vecchio cadente ed una giovane di appena  sedici anni sacrificata dai propri genitori, avidi di oro  e di onori, ad un uomo che non potrà giammai farla felice, e quindi se lei non sarà insensibili agli stimoli della natura dovrà inevitabilmente tradirlo.
Emancipata da ogni tirannia libera da ogni vincolo convenzionale , scevra di superstizioni e di pregiudizi , la donna sarà davvero la fida compagna dell’uomo, l’angelo che presiederà alla tranquillità , alla pace e all’armonia della nuova famiglia umana che dovrà sorgere sulle ruine di  questa società falsa la cui esistenza costituisce un perenne ostacolo  allo sviluppo del progresso e della civiltà!
Oh! Allora, lo credano i nostri detrattori,  i drammi del matrimonio, le selvagge tragedie coniugali saranno evitate, e la gelosia di cui essi temono sarà riguardata come un caso patologico del passato, da sottoporre alla cura radicale di una educazione basata sulla morale anarchica, la quale insegna  agli uomini il risptto e la difesa reciproca del proprio diritto della propria libertà.

Aristide Ceccarelli.

Tratto da: “L’anarchia volgarizzata”
Prima edizione:  Roma 1910

Seconda edizione: Ceccano 2016.

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RISOLUTI O RI/SOLITI QUESTO E’ IL PROBLEMA

Newsletter n° 8 del Comitato Provinciale Acqua Pubblica di Frosinone

Giovedì 18 febbraio l’Assemblea dei Sindaci è convocata per avviare concretamente la procedura per giungere alla risoluzione per colpa del contratto con ACEA ATO5 S.p.A.

A questo proposito bisogna fare chiarezza.

Non è la prima volta che si arriva a questo risultato.

Già il ventuno dicembre 2009, all’unanimità, quell’Assemblea dei Sindaci votò l’avvio della procedura, senza che però nulla di concreto poi venisse attuato da tutti – e ripeto tutti -, anche da parte di quelli che hanno svolto incarichi di rilievo nelle passate (il plurale non è un errore) amministrazioni,  e che ora pretendono di essere annoverati tra le prodi avanguardie della risoluzione.

Un nulla di cui non si è accordo pure chi continua ad andare in giro presentando mirabolanti dossier e che non ha trovato nulla di meglio da fare che farsi un po’ di pubblicità a gratis con la famosa petizioni con cui si chiedeva esattamente quello che si sarebbe dovuto pretendere fosse attuato.

Il 28, insomma, c’è l’avvio di un percorso che non è detto porti effettivamente da qualche parte e quello su cui bisogna interrogarsi è cosa può essere messo in campo perché alle deliberazioni seguano i fatti.

A questo proposito diciamo subito che i tempi del percorso non si stabiliscono sulla base dei desideri di qualcuno (altrimenti basterebbe rilanciare: due mesi? ma facciamo 15 giorni!!).  I tempi sono dettati dalla “congruità”, ossia al gestore deve essere lasciato un tempo ragionevole per fare le cose che gli vengono contestate, perché altrimenti il gestore avrà gioco facile per contestare la risoluzione dinanzi ad una magistratura che si è già dimostrata più che compiacente nei suoi confronti.
In secondo luogo occorre dire che le decisioni nell’Autorità d’Ambito le assumono gli organi previsti dalla Convenzione di Cooperazione e non degli autoproclamati Comitati di Salute Pubblica che peraltro trasudano delle malcelate ambizioni di qualcuno.
Se qualcuno vuole ottenere che nulla venga deciso e che al massimo l’assemblea si chiuda con una riedizione del 21 dicembre 2009, nulla sarà più efficace della rappresentazione di queste proposte senza costrutto tecnico formale e peraltro senza numeri, accompagnate dalla gazzarra del codazzo dei soliti inutili idioti (le teste di legno  fanno tanto rumore).
Per capire cosa bisogna fare occorre tenere presente una cosa fondamentale.

Al di là del congruo tempo e delle mille trappole di cui sarà disseminato il percorso per giungere alla risoluzione, un dato deve essere tenuto bene a mente: sino all’individuazione di un nuovo gestore ed al suo subentro nella gestione, ad effettuare il servizio resterà ACEA ATO 5 S.p.A.-
Immaginando un percorso senza ritardi questo significa che ACEA ATO 5 S.p.A. resterà al suo posto per almeno un altro anno e mezzo.
Nel frattempo entro i prossimi 90 – 100 giorni entrerà in vigore il Testo Unico per i Servizi Pubblici Locali a rilevanza Economico Generale, licenziato in bozza dal Consiglio dei Ministri il 26 gennaio  2016 e che segnerà l’impossibilità di organizzare il servizio idrico integrato in una maniera diversa da quella che garantirà ad ACEA S.p.A. di gestire comunque il servizio sul nostro territorio con ACEA ATO2 S.p.A. o comunque con un’altra sua controllata.
Fino alla sua effettiva cacciata ACEA ATO5 S.p.A. (o come ACEA ATO2 S.p.A.) continuerà indisturbata a vessare e rapinare i cittadini.

Quello che va ottenuto il 18, con una presenza massiccia di cittadini non interessati alla gazzarra ed alle liti su chi ha più scheletri nell’armadio di chi, ma a che l’assemblea faccia il proprio lavoro, è riassumibile in questi punti:

-          Avvio della procedura di risoluzione con l’indicazione della relativa tempistica
-          Approvazione di una deliberazione che solleciti la regione Lazio a dare attuazione alla legge 5/2014 sulla base della proposta di legge  n. 238 – elaborata dai comitati del Lazio e sottoscritta da consiglieri regionali di diversi gruppi di maggioranza e minoranza.
-          Modifiche della Carta del Servizio e del Regolamento d’Utenza sulla base dei rilievi fatti dall’Antitrust ad ACEA ATO 2 S.p.A. e che nel concreto impedirebbero al gestore di continuare le sue azioni di vessazione ai danni dei cittadini.

Il 18 può essere un passaggio fondamentale per questa vertenza pluriennale, dipende anche da noi e dalla nostra capacità di essere intelligenti. 

Memoria storica come strumento di costruzione della coscienza civile e di comprensione del presente.

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia

Comitato Provinciale di Frosinone
FOTO TRATTA DA SITO UNOETRE.IT

Frosinone, 08/02/2016
                            Si è svolta come programmato ma al di sopra di ogni ottimistico auspicio, l’assemblea pubblica organizzata da Comitato promotore dell’ANPI di Ceccano per incontrare i cittadini e le Sutorità cittadine sul tema della memoria storica come strumento di costruzione della coscienza civile e di comprensione del presente.
                               L’assemblea è stata a fatica contenuta nella sala della biblioteca comunale, molti i giovani, presente il Sindaco Dott. Roberto Caligiore e l’Assessore alla Pubblica Istruzione e ai Rapporti con le Associazioni Prof. Mario Sodani, moltissime le presenze qualificate. Molti interventi, alto il livello della discussione.
                               L’introduzione di Angelino Loffredi ha posto in modo molto chiaro l’esigenza di operare una politica della memoria orientata a recuperare tracce e documenti soprattutto della vicenda storica cittadina, negli anni della dittatura e del suo abbattimento, per inserirla nel quadro più ampio e completo della storia nazionale. Non potremmo comprendere l’attualità se non ci impegnassimo a ricostruirne le radici, a partire dal come e da chi è stata realzzata la condizione dello sviluppo successivo: la democrazia, il superamento delle logiche guerriere e autoritarie per la costruzione di condizioni di convivenza civile moderna. In questo senso ha proposto, come primo impegno di lavoro, oltre alla fondazione di una sezione ANPI  a Ceccano, un convegno sul tema delle foibe e del confine orientale, anche con l’occasione della prossimità del Giorno del Ricordo del 10 Febbraio.
                               Molti interventi hanno ripreso il tema dell’attualizzazione del portato storico della Lotta di Liberazione, e lo hanno fatto a partire dal concreto vissuto di ciascuno, dalle prospettive non sempre incoraggianti che l’abbandono dei valori alti e delle conquiste civili dell’antifascismo hanno riportato di fronte alle vite dei singoli e della società.
                               Il Sindaco, con un utile “strappo” alla consuetudine che vede le istituzioni di solito portare un saluto ed un augurio ai lavori dei convegni ma raramente offrire un contributodi partecipazione attiva, ha espresso la sua personale vicinanza e condivisione dei temi e dell’impostazione dell’incontro, insieme all’impegno di tutta l’Amministrazione, a promuovere nuove iniziative in intesa con i programmi dell’ANPI, in favore della costruzione di una cultura della memoria fondata sulla ricerca della verità e non ostaggio delle strumentalizzaizoni.
                               Il Presidente provinciale dell’ANPI ha raccolto nel suo intervento sia la qualità della partecipazione, sia le proposte e gli stimoli che essa ha prodotto.
                               Nell’evidenziare come l’alta presenza di operatori della cultura e di giovani rappresenti perfettamente una realtà assai divera dai luoghi comuni sul disimpegno, sull’indolenza della società italiana, ha rivendicato con forza la laicità dell’ANPI e la sua totale avversione per ogni tentativo di strumentalizzazione della storia, letture parziali e distorte, millanterie propagandistiche buone per imbrogliare qualche elettore sprovveduto ma non per formare coscienze civiche degne di questo nome e soprattutto utili al progresso della nazione.
                               Ha sostenuto l’idea del convegno sulle foibe ed il confine orientale ed ogni altra iniziativa progettata nello spirito e con l’obiettivo di lavorare nel rispetto rigoroso della verità storica, fin dove possibile certificarla. L’ANPI provinciale e nazionale faranno tutto quanto nelle loro possibilità e nei loro doveri per sostenere il lavoro dell’ANPI di Ceccano in questa direzione.
                               Terminata l’assemblea con questi impegni, tutti si sono trasferiti sulla piazzetta antistante la bliblioteca ed il Municipio, dove il sindaco e il Presidente dell’ANPI hanno deposto una corona dell’ANPI alla lapide di Luigi Mastrogiacomo, ceccanese vittima delle Fosse Ardeatine.
                               Molte sono state le espressioni di interesse di docenti ed operatori dell’associazionismo, studenti e cittadini interessati, e molti contatti sono stati già intrapresi per nuove attività di confronto e formazione in diversi ambiti. Senza voler cedere a trionfalismi, sappiamo bene che questo inizio non risolve tutte le questioni che pone, e che molto ci sarà da lavorare per ottenere risultati a volte piccoli e parziali, ma un buon inizio prelud a migliore esito, per questo saremo ancor più soddisfatti quando alle presenza di quell’assemblea se ne aggiungeranno altre, che sappiamo esistere e che sapranno apprezzare l’assoluta apertura dell’ANPI ad ogni punto di vista e ad ogni collaborazione, con i soli riferimenti dell’antifascismo e della Costituzione della Repubblica italiana.

domenica 7 febbraio 2016

Giulio Regeni, un infame crimine politico

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Giulio Regeni non era solo un brillante ricercatore. Era un giovane di sinistra, amante della pace e della libertà dei popoli, schierato a fianco del movimento operaio e sindacale indipendente in Egitto. Nel suo ultimo articolo evidenziava la ripresa degli scioperi e denunciava la politica autoritaria e repressiva del regime di Al Sisi.
Giulio temeva, a ragione, per la sua incolumità a causa della situazione esistente in Egitto. Il movente del suo assassinio è indubbiamente politico. Con ogni probabilità il giovane è stato sequestrato nei pressi di Piazza Tahir nel quinto anniversario della rivolta, per poi essere barbaramente torturato e ucciso.
Da chi? Tutto porta a una conclusione: gli esecutori materiali del crimine sono stati gli sgherri – forze di sicurezza, ausiliari o squadroni della morte - al servizio del macellaio Al Sisi, l’ex capo delle forze armate filo-USA che nel 2013 depose con un colpo di Stato il presidente islamista Morsi. Un assassinio di Stato per rappresaglia contro il lavoro che Giulio conduceva.
La riprova è il tentativo, tanto criminale quanto goffo, da parte dei vertici polizieschi egiziani di depistare le indagini. E’ noto che il regime militare nega persino l’evidenza per non perdere la credibilità internazionale e le entrate del turismo.
L’assassinio di Giulio è legato alla politica di spietata repressione della protesta sociale che la dittatura del regime di Al Sisi porta avanti col sostegno delle potenze imperialiste, fra cui l’Italia.
Dopo le stragi del 2013, negli ultimi mesi le “sparizioni” degli oppositori sono aumentate. Su questa politica del terrore di Stato, contraltare del terrorismo jihadista, si regge la “stabilità” egiziana decantata da Renzi, che si era persino proclamato orgoglioso dell’amicizia con Al Sisi.
L’ipocrisia del governo italiano sulla vicenda è lampante. Fino a ieri ha chiuso gli occhi sulla violazione dei diritti umani e la tortura in Egitto. Ora cerca di salvare la faccia con la richiesta di “fare chiarezza”, senza però compromettere i profitti dei capitalisti nostrani in Egitto e i rapporti con Al Sisi, essenziali per l’imminente aggressione militare in Libia.
Condanniamo il barbaro assassinio di Giulio Regeni e porgiamo le condoglianze alla famiglia e ai suoi amici. Esigiamo verità e giustizia, il castigo dei responsabili della sua morte ai vari livelli, la rottura delle relazioni con l’Egitto e con tutti gli Stati terroristi. Sosteniamo la lotta dei lavoratori egiziani!

Salutiamo degnamente Giulio e manifestiamo il nostro dolore e la nostra protesta contro il criminale regime egiziano e l’ipocrita governo imperialista italiano, contro la politica reazionaria, antioperaia e di guerra!