sabato 12 marzo 2016

Referendum. SI alla riappropriazione dei nostri diritti

Luciano Granieri

Se al Governo Renzi si può attribuire un’eccellenza, questa riguarda la sua straordinaria capacità di tutelare gli interessi  delle multinazionali e delle lobby finanziarie. Del resto lo stesso Segretario - Presidente è stato messo su quella poltrona proprio per adempiere a questo compito. Nessuno meglio di lui ci sta riuscendo. Neanche Berlusconi, il quale non fu in grado di  smembrare il  contratto  nazionale del lavoro, né  sancire la   sudditanza della scuola pubblica agli interessi  privati con buona pace dell’art. 33 della Costituzione. 

Mentre sui giornaloni e sui media si cianciava d’altro, il Governo, zitto zitto, tramite decreto, senza discussione parlamentare,  ha determinato la spartizione del servizio idrico, nel territorio nazionale,  a favore   di  multiutility quotate in borsa come Acea, A2A, Hera, Iren, con  la conseguenza di imporre  ai cittadini tariffe altissime   necessarie  a rimpinguare i dividendi di azionisti e manager, sconfessando  il  principio costituzionale, ribadito dal  referendum,   secondo cui i  servizi necessari allo sviluppo  della persona umana,come l’erogazione dell’acqua,  non possono essere messi a profitto. 

Ugualmente è stato fatto per le  centrali a biomasse, generose dispensatrici di polveri sottili,  anidride carbonica  ed altri inquinanti, per  la cui installazione  non sono più necessari iter di compatibilità ambientale troppo stringenti. Non si può ignorare che dietro al business degli inceneritori operano multinazionali come Gdf Suez, per fare solo  un nome.  Né si può ignorare che proprio nella città più inquinata d’Italia, cioè Frosinone, sta per essere impiantate una stufa del genere con il suo carico di  veleni.

 E ancora, nella legge di stabilità, è stata inserita la norma che consente alle industrie petrolifere che già  stanno estraendo combustibile fossile entro le 12 miglia marine dalla costa , di continuare la propria attività anche dopo la scadenza della concessione governativa, inserita nella legge precedente. Dunque secondo questa nuova norma si potrà continuare ad estrarre gas e petrolio per un tempo illimitato con conseguenze disastrose per l’ecosistema marino. 

Tutto ciò, ribadisco, è stato  deciso, sopra la testa dei cittadini, disprezzando le prerogative legislative del Parlamento.  Se le modalità di approvazione di questi dannosi provvedimenti per la cittadinanza, si sono svolte attraverso forzature  e abusi sull’iter legislativo, con il nuovo Senato il cui referendum confermativo si terrà a ottobre,  ed il concorso della legge elettorale già approvata , provvedimenti simili potranno essere licenziati in tutta legalità. Infatti, l’abuso della prerogativa di legislazione in capo al Governo, in luogo del Parlamento, e  l’approvazione per decreto delle leggi  verrà totalmente legalizzato. 

 E’ dunque necessario che i cittadini  si riprendano il diritto di esprimersi sui furti che hanno subito e stanno per subire: furto di democrazia, di salute, di dignità. Il mezzo è ancora una volta quello referendario. E’ quindi necessario bocciare attraverso il referendum la riforma del Senato, così come è fondamentale indire il referendum per l’abrogazione dell’Italicum, che insieme alla nuova conformazione della Camera Alta, scippa al popolo la propria sovranità. E’ inoltre salutare richiedere tornate  referendarie per l’abolizione del Jobs Act e della buona scuola. Occorre cioè che i cittadini  cancellino tutte quegli obbrobri che una classe governativa arrogante e serva del potere economico finanziario sta imponendo alla comunità. 

Ma la stagione referendaria comincia subito , dal 17 aprile. C’è infatti da abrogare la legge che consente le estrazioni petrolifere in mare sino a quando i fondali e l’ecosistema marino non saranno  completamente distrutti.  Bisogna dire SI  all’abrogazione di questa legge, per dire SI al diritto dei cittadini di godere del proprio mare, per dire SI alla riaffermazione degli interessi della collettività contro gli interessi delle multinazionali del  gas e del petrolio, per dire SI ad una economia finalmente decarbonizzata.  

DIFENDI IL TUO MARE! AL REFERENDUM DEL 17 APRILE 2016 VOTA “SÌ”!

Coordinamento per la Democrazia Costituzionale




Il referendum del 17 aprile 2016


Il prossimo 17 aprile si terrà un referendum popolare. Si tratta di un referendum abrogativo, e cioè di uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che la Costituzione italiana prevede per richiedere la cancellazione, in tutto o in parte, di una legge dello Stato.
Perché la proposta soggetta a referendum sia approvata occorre che vada a votare
almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si
esprima con un “Sì”.
Hanno diritto di votare al referendum tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto la maggiore età. Votando “Sì” i cittadini avranno la possibilità di cancellare la norma
sottoposta a referendum.


Dove si voterà?



Si voterà in tutta Italia e non solo nelle Regioni che hanno promosso il referendumAl referendum potranno votare anche gli italiani residenti all’estero.



Quando si voterà?



Sarà possibile votare per il referendum soltanto nella giornata di domenica 17 aprile.



Cosa si chiede esattamente con il referendum del 17 aprile 2016?



Con il referendum del 17 aprile si chiede agli elettori di fermare le trivellazioni in mare. In

questo modo si riusciranno a tutelare definitivamente le acque territoriali italiane.
Nello specifico si chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di
cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti
di tempo. Nonostante, infatti, le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro
nuove concessioni per estrarre in mare entro le 12 miglia, le ricerche e le attività petrolifere
già in corso non avrebbero più scadenza certa. Se si vuole mettere definitivamente al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere occorre votare “Sì” al referendum. In questo modo, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni.


Qual è il testo del quesito?



Il testo del quesito è il seguente: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo
periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come
sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per
 la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”,
limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto
degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».


È possibile che qualora il referendum raggiunga la maggioranza dei “Sì” il risultato
venga poi “tradito”?


A seguito di un eventuale esito positivo del referendum, il Parlamento o il Governo non

potrebbero modificare il risultato ottenuto. La cancellazione della norma che al momento consente di estrarre gas e petrolio senza limiti di tempo sarebbe immediatamente operativa. L’obiettivo del referendum è chiaro e mira a far sì che il divieto di estrazione entro le 12 miglia marine sia assoluto. Come la Corte costituzionale ha più volte precisato, il Parlamento non può successivamente modificare il risultato che si è avuto con il referendum, altrimenti lederebbe la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria. Qualora però non si raggiungesse il quorum previsto perché  il referendum sia valido (50% più uno degli aventi diritto al voto), il Parlamento potrebbe fare ciò che vuole: anche prevedere che si torni a cercare ed estrarre gas e petrolio ovunque.


È vero che se vincesse il “Sì” si perderebbero moltissimi posti di lavoro?



Un’eventuale vittoria del “Sì” non farebbe perdere alcun posto di lavoro: neppure uno. Un

esito positivo del referendum non farebbe cessare immediatamente, ma solo
progressivamente, ogni attività petrolifera in corso. Prima che il Parlamento introducesse la norma sulla quale gli italiani sono chiamati alle urne il prossimo 17 aprile, le concessioni per estrarre avevano normalmente una durata di trenta anni (più altri venti, al massimo, di proroga). E questo ogni società petrolifera lo sapeva al momento del rilascio della concessione. Oggi non è più così: se una società petrolifera ha ottenuto una concessione nel 1996 può – in virtù di quella norma – estrarre fino a quando lo desideri. Se, invece, al referendum vincerà il “Sì”, la società petrolifera che ha ottenuto una concessione nel 1996 potrà estrarre per dieci anni ancora e basta, e cioè fino al 2026. Dopodiché quello specifico tratto di mare interessato dall’estrazione sarà libero per sempre.


L’Italia dipende fortemente dalle importazioni di petrolio e gas dall’estero. Non
sarebbe opportuno, al contrario, investire nella ricerca degli idrocarburi e
incrementare l’estrazione di gas e petrolio?


L'aumento delle estrazioni di gas e petrolio nei nostri mari non è in alcun modo
direttamente collegato al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Gli idrocarburi presenti in Italia appartengono al patrimonio dello Stato, ma lo Stato dà in
concessione a società private – per lo più straniere – la possibilità di sfruttare i giacimenti
esistenti. Questo significa che le società private divengono proprietarie di ciò che viene estratto e possono disporne come meglio credano: portarlo via o magari rivendercelo. Allo Stato esse sono tenute a versare solo un importo corrispondente al 7% del valore della quantità di petrolio estratto o al 10% del valore della quantità di gas estratto. Non tutta la quantità di petrolio e gas estratto è però soggetta a royalty. Le società petrolifere non versano niente alle casse dello Stato per le prime 50.000 tonnellate di petrolio e per i primi 80 milioni di metri cubi di gas estratti ogni anno e godono di un sistema di agevolazioni e incentivi fiscali tra i più favorevoli al mondo. Nell’ultimo anno dalle royalty provenienti da tutti gli idrocarburi estratti sono arrivati alle casse dello Stato solo 340 milioni di euro.


Il rilancio delle attività petrolifere non costituisce un’occasione di crescita per l’Italia?


Secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico effettuate sulle riserve
certe e a fronte dei consumi annui nel nostro Paese, anche qualora le estrazioni petrolifere
e di gas fossero collegate al fabbisogno energetico nazionale, le risorse rinvenute sarebbero comunque esigue e del tutto insufficienti. Considerando tutto il petrolio presente sotto il mare italiano, questo sarebbe appena sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale di greggio per 8 settimane. La ricchezza dell’Italia è, in verità, un’altra: per esempio il turismo, che contribuisce ogni anno circa al 10% del PIL nazionale, dà lavoro a quasi 3 milioni di persone, per un fatturato di circa 160 miliardi di euro; la pesca, che si esercita lungo i 7.456 km di costa entro le 12 miglia marine, produce circa il 2,5% del PIL e dà lavoro a quasi 350.000 persone; il patrimonio culturale, che vale 5,4% del PIL e che dà lavoro a circa 1 milione e 400.000 persone, con un fatturato annuo di circa 40 miliardi di euro; il comparto agroalimentare, che vale l’8,7% del PIL, dà lavoro a 3 milioni e 300.000 persone con un fatturato annuo di 119 miliardi di euro e che nel solo 2014 ha conosciuto l’esportazione di prodotti per un fatturato di circa 34,4 miliardi di euro; e soprattutto la piccola e media impresa, che conta circa 4,2 milioni di piccole e medie “industrie” (e, cioè, il 99,8% del totale delle industrie italiane), e che costituisce il vero motore dell’intero sistema
economico nazionale: tali imprese assorbono l'81,7% del totale dei lavoratori del nostro
Paese, generano il 58,5% del valore delle esportazioni e contribuiscono al 70,8% del PIL.
Il solo comparto manifatturiero, che conta circa 530.000 aziende, occupa circa 4,8 milioni
di addetti, fattura 230 miliardi di euro l’anno, equivalente al 13% del PIL nazionale, e contribuisce al totale delle esportazioni del Made in Italy nella misura del 53,6%.


Però gli italiani utilizzano sempre di più la macchina per spostarsi. Non è un
controsenso?


Ciò che si estrae in Italia non è necessariamente destinato alla produzione del carburante
per le autovetture ed ancor meno per quelle in circolazione nel nostro Paese.
Ad ogni modo, gli italiani si trovano spesso costretti ad utilizzare l'auto di proprietà.
A fronte di un sistema di trasporti pubblici gravemente lacunoso non hanno
praticamente scelta. In alcuni Paesi del Nord Europa l’utilizzo dell'auto privata è spesso
avvertito come un “peso” e ritenuto economicamente non vantaggioso. Le cose andrebbero diversamente se si perseguisse una seria politica dei trasporti pubblici. Secondo l’Unione europea, rispetto agli altri Stati membri, l’Italia è al riguardo agli ultimi posti.

Cosa ci si attende?


Il voto referendario è uno dei pochi strumenti di democrazia a disposizione dei cittadini
italiani ed è giusto che i cittadini abbiano la possibilità di esprimersi anche sul futuro
energetico del nostro Paese. Nel dicembre del 2015 l’Italia ha partecipato alla Conferenza ONU sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi, impegnandosi, assieme ad altri 185 Paesi, a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi e a seguire la strada della
decarbonizzazione. Fermare le trivellazioni in mare è in linea con gli impegni presi a Parigi e contribuirà al raggiungimento di quell’obiettivo. È necessario, nel frattempo, affrontare il problema della transizione energetica, puntando anche sul risparmio e sull’efficienza energetica e investendo da subito nel settore delle energie rinnovabili, che potrà generare progressivamente migliaia di nuovi posti di lavoro. Il tempo delle fonti fossili è scaduto: è ora di aprire ad un modello economico alternativo.


Perché questo referendum?



Per tutelare i mari italiani, anzitutto. Il mare ricopre il 71% della superficie del Pianeta e
svolge un ruolo fondamentale per la vita dell’uomo sulla terra. Con la sua enorme moltitudine di esseri viventi vegetali e animali – dal fitoplancton alle grandi balene –
produce, se in buona salute, il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe fino ad 1/3
delle emissioni di anidride carbonica prodotta dalle attività antropiche.
La ricerca e l’estrazione di idrocarburi ha un notevole impatto sulla vita del mare: la
ricerca del gas e del petrolio attraverso la tecnica dell’airgun incide, in particolar modo,
sulla fauna marina: le emissioni acustiche dovute all’utilizzo di tale tecnica può elevare il
livello di stress dei mammiferi marini, può modificare il loro comportamento e indebolire il
loro sistema immunitario.
Ricerca e trivellazioni offshore costituiscono un rischio anche per la pesca. Le attività di prospezione sismica e le esplosioni provocate dall’uso dell’airgun possono provocare danni diretti a un’ampia gamma di organismi marini – cetacei, tartarughe, pesci, molluschi e crostacei – e alterare la catena trofica. Senza considerare che i mari italiani sono mari “chiusi” e un incidente anche di piccole dimensioni potrebbe mettere a repentaglio tutto questo. Un eventuale incidente – nei pozzi petroliferi offshore e/o durante il trasporto di petrolio – sarebbe fonte di danni incalcolabili con effetti immediati e a lungo termine sull’ambiente, la qualità della vita e con gravi ripercussioni gravissime sull’economia turistica e della pesca.

Acea Ato 5 passerà ad Equitalia

Centro studi Tolerus

Il ministro delle Finanze ha firmato il decreto: o paghi o la bolletta Acea oppure finisce ad Equitalia. Con tutto quello che ne consegue: sanzioni, oneri di riscossione, fermi amministrativi, sequestri, pignoramenti. Tranne la suocera portata via in manette, tutto è scritto: è nel decreto è il numero 16A01974 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 58 del 10 marzo. Il ‘siringone’ per gli utenti della provincia di Frosinone porta la firma del ministro Pier Carlo Padoan.
Il provvedimento è valido in tutti gli 85 Comuni riforniti da Acea Ato 5 di Frosinone, a tutela dei pagamenti sulle bollette emesse per ognuno dei 188.214 contatori dell’acqua che risultano attivi, riforniti da circa 4.200 chilometri di rete idrica. Il decreto dice: Acea potrà passare ad Equitalia le bollette dell’acqua non pagate dagli utenti della provincia di Frosinone. 
Il caso è analogo a quello di Acea Ato 2 in provincia di Roma (leggi qui il precedente). Acea aveva usato quell’area per tastare il polso ed aveva sottoscritto una convenzione con Equitalia passandogli tutte le bollette non pagate dagli utenti della provincia di Roma. Ma l’associazione Codici aveva fatto ricorso. E lo aveva vinto. Tutto grazie ad un cavillo: la bolletta dell’acqua rimane una bolletta pure se non viene pagata, non diventa una cartella esattoriale che poi può essere riscossa da Equitalia. A stabilirlo era stata la suprema Corte di Cassazione il 5 maggio 2011 dopo avere esaminato un caso simile: «Per emettere cartelle esattoriali non è sufficiente la semplice fattura idrica, ma serve un atto idoneo a costituire titolo esecutivo, come il decreto ingiuntivo». Pertanto, la società Equitalia, costituita per riscuotere i tributi pubblici e non i corrispettivi dei privati non può essere competente alla riscossione coattiva dei crediti vantati dalla società Acea Ato2, poiché il canone idrico non è un tributo.
Trovato il ‘buco’ nella norma, si chiama il ministro e gli si fa cucire la toppa. Era successo a Roma e adesso succede anche a Frosinone. Viene chiesto al ministro dell’Economia e delle Finanze di emettere un apposito decreto con cui venga «verificata la sussistenza del requisito soggettivo previsto dalla legge: essendo Acea Ato 5 una società a partecipazione pubblica deve vigilare sul mancato pagamento da parte degli utenti morosi in quanto ciò rischia di compromettere l’equilibrio economico-finanziario dell’azienda e, quindi, in ultima analisi, di pregiudicare la sostenibilità e la qualità delle risorse idriche gestite».
Letto, confermato, sottoscritto, ratificato: il decreto è finito sulla gazzetta ufficiale di giovedì, pubblicata venerdì.
Contro quel decreto si è schierata ancora una volta l’associazione Codici. L’associazione sostiene che il testo ignori una recentissima pronuncia del Tar del Lazio. Nel ricorso, l’associazione aveva sostenuto che « La Provincia di Frosinone ha per noti motivi, non ultimo il costo dei conguagli per aumento delle tariffe, una quota altissima di morosità e quello che si rischia è una macelleria sociale, con i cittadini costretti alle spese legali del ricorso in commissione tributaria per vedere affermate le proprie ragioni».

venerdì 11 marzo 2016

Keith Emerson è partito per l'ultimo viaggio sull'Honky Tonky Train blues

Luciano Granieri



Quando certi musicisti se ne vanno, se ne va un pezzettino della tua adolescenza. Keith Emerson è scomparso a 71 anni togliendosi la vita, così almeno  sembra, nella sua Villa di Santa Monica in California.  Insieme ad altri due virtuosi dei propri strumenti,  come il batterista Carl Palmer ed il chitarrista, bassista Greg Lake, diede vita al gruppo Emerson Lake&; Palmer che negli anni ’70, con  l’incisione del disco intitolato    semplicemente Emerson Lake & Palmer , segnò l’inizio di quel progressive rock che avrebbe rivitalizzato,  riempiendola di contenuti tecnici artistici e creativi,  una musica  agonizzante   in piena balia dei venti  banalizzanti e   normalizzatori  del musical  business. 

Keith Emerson dimostrò che il successo del rock doveva e poteva passare attraverso la sapienza tecnica, armonica e improvvisativa. Quel movimento era già in marcia grazie a gruppi  come i King Crimson, da cui arrivava Greg Lake, i Jethro Tull, gli Yes. Ricordo le dispute fra ragazzini appassionati su chi fosse il tastierista più abile fra Keith Emerson e Rick Wakeman degli Yes.  

Pezzi come  The Barbarian , Tank , segnarono la rinascita illuminista della musica rock. Straordiario il triplo album dal vivo “Welcome back my friend to the show that never end…..” dove gli arpeggi, i glissati, le infinita soluzioni armoniche e melodiche di Keith  e dei suoi compagni, fanno sobbalzare dalla sedia ed invidiare chi aveva potuto assistere a quel concerto.  Pictures at an exhibition  registrato dal vivo anch’esso , dove viene riletta e rielaborata la poetica musicale  di Mussorgsky  è uno sfavillante esempio di musica raffinata e  coinvolgente al tempo stesso.   Anche le ballads, come Lucky Man o From the Begining  segnano dei momenti compositivi altissimi, fino ad arrivare al trascinante Fanfare for a common man  presente in uno degli ultimo lavori del gruppo, Works.

Keith Emerson nel frattempo si era dedicato al recupero del pianismo americano del  primo ‘900 . Il  barrel house, il rag time  . Coinvolgenti  le esecuzioni di Maple leaf rag di Scott Joplin, ma soprattutto di Honky Tonky Train Blues di Meade Lux Lewis. Esiste un esecuzione in cui insieme a Keith Emerson si esibisce il pianista jazzista canadese Oscar Peterson, è un esibizione palpitante.  E’ vero quando se ne vanno certi musicisti se ne va un pezzettino della tua adolescenza, ma  rimane intatta l’opera di uno strumentista straordinario,  a cui sempre ci si può rivolgere per apprezzare il bello della musica e ricordare momenti felici   della propria  esistenza  segnati proprio da quelle virtuose scorribande musicali.  



Referendum o non referendun, questo è il problema

Severo Lutrario Forum Acqua Pubblica


Personalmente non sono un patito dello strumento referendario.

Molto spesso, infatti, il ricorso ad esso finisce per essere una scorciatoia che maschera l'incapacità di costruire reali percorsi di opposizione sociale. 
E temo che anche dietro la stagione referendaria che sta partendo questo elemento non sia marginale.
Ma è vero anche come la devastazione renziana proceda senza trovare ostacoli sul suo cammino.
Ed allora, se il convergere delle debolezze trova un momento di spunto e di sussulto proprio in questa stagione referendaria, la risposta su cosa sia più opportuno fare non può essere nella apodistica valutazione dell'efficacia dello strumento referendario, ma se siano individuabili realistici e più efficaci ed efficienti strumenti in grado di produrre migliori risultati, anche sul piano della coppia  “impegno / benefici”.
In sostanza, se non il referendum, che facciamo?
Questo è il nodo che  il Forum deve sciogliere sabato 12, dopo che il quesito a suo tempo individuato è stato “cassato” dal governo.
Per rispondere a questa domanda occorre partire da un assunto:
il cuore dello scontro, sicuramente per quanto ci riguarda, è rappresentato dal Testo Unico dei Servizi Pubblici Locali a rilevanza economico sociale.
Il testo rappresenta l'atto finale della messa a profitto dei servizi pubblici ed il quesito decapitato affrontava la questione sul versante “privatizzazioni”.
Ma non è quello l'unico versante della questione.
La privatizzazione dei servizi pubblici passa anche per una riscrittura – non più solo materiale ma anche formale – della Costituzione e dell'organizzazione della cosa pubblica autoritaria ed accentratrice.
Passa per la liquidazione degli stessi istituti della democrazia formale in un processo che vede lo Stato assumere formalmente il ruolo di garante degli interessi economici e finanziari dominanti.
Il Testo Unico si caratterizza per la la sottrazione ai territori ed al controllo democratico della governance dei servizi, per l'attribuzione ad enti di secondo livello (città metropolitane, enti di aria vasta, ambiti territoriali) del ruolo di stazione appaltante e con l'attribuzione delle potestà reali (tariffe, contratti, disciplinari, controlli, ecc.) all'Autorità nazionale (da ora A.R.E.RA  Agenzia per la Regolazione Energia, Reti e Ambiente), indipendente dalla “politica” ma pagata di gestori.
Se questo è il quadro che ci troviamo di fronte, quali sono gli strumenti che possiamo mettere in campo senza finire per essere la testimonianza dell'ultimo giapponese cui nessuno ha fatto sapere che la guerra era finita?
Ripeto, se qualche altro strumento viene fuori sarò il primo a gioire , ma per intanto rilevo come non sia affatto detto che non si possano individuare quesiti di efficacia quantomeno alla pari di quello cancellato (ma, anzi, secondo me, più significativi) e per intanto ne suggerisco uno (in realtà sono tre che non credo sia possibile unire ma potrebbe bastare solo il primo) che rappresenta la traduzione sul piano concreto della gestione dell'acqua della stessa sostanza del referendum costituzionale e nello stesso tempo, ancora una volta, sarebbe di interesse e riferimento per tutti gli altri servizi pubblici locali.
  
Severo




QUESITO 1)



Volete voi che sia abrogato l’art. 3, comma 1 lettera d) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, del 20/07/2012 “Individuazione delle funzioni dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell'articolo 21, comma 19 del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214” (predispone e rivede periodicamente il metodo tariffario per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono compresi i servizi di captazione e adduzione a usi multipli e i servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali, di cui alla precedente lettera c) sulla base del riconoscimento dei costi efficienti di investimento e di esercizio sostenuti dai gestori, prevedendo forme di tutela per le categorie di utenza in condizioni economico sociali disagiate individuate dalla legge e fissa, altresì, le relative modalità di revisione periodica, vigilando sull'applicazione delle tariffe;)?




QUESITO 2)



Volete voi che sia abrogato l’art. 3, comma 1 lettera c) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, del 20/07/2012  “Individuazione delle funzioni dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell'articolo 21, comma 19 del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”, limitatamente alle seguenti parole: “- inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione -”?





QUESITO 3)



Volete voi che sia abrogato l’art. 3, comma 1 lettera f) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, del 20/07/2012 “Individuazione delle funzioni dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell'articolo 21, comma 19 del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”, limitatamente alle seguenti parole: “. In caso di inadempienza, o su istanza delle amministrazioni e delle parti interessate, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas intima l'osservanza degli obblighi entro trenta giorni decorsi i quali, fatto salvo l'eventuale esercizio del potere sanzionatorio, provvede in ogni caso alla determinazione in via provvisoria delle tariffe sulla base delle informazioni disponibili”?

giovedì 10 marzo 2016

Richiesta di partecipazione delle associazioni al tavolo tecnico sugli impianti a biomasse

                                                                       Al Sig. Sindaco  del Comune di Frosinone

I sottoscritti, a nome e per conto delle associazioni che  rappresentano, chiedono di partecipare al tavolo tecnico, convocato per il prossimo 25 marzo 2016, con l’ARPA, l’ASL,  l’Amministrazione Provinciale e tutti gli altri Enti che a vario titolo, risultano competenti  al rilascio delle autorizzazioni per gli impianti a bio-masse.
Si fa presente che il 16 gennaio del c.a., nel corso della manifestazione “ Allarme salute” organizzata dall’associazionismo del Capoluogo, presso il salone di rappresentanza  della Provincia,  il vice sindaco assunse impegno solenne per la partecipazione  delle associazioni al tavolo tecnico.
I sottoscritti, chiedono, inoltre,  che siano invitate tutte le associazioni iscritte all’albo comunale e che i lavori del tavolo tecnico siano aperti  affinchè  possano assistere tutti i cittadini.
 I dati che si conoscono e l’indagine che sta conducendo l’associazione dei medici per l’ambiente di Frosinone, evidenziano una situazione drammatica e l’alto rischio per la salute dei cittadini e, in particolare per i bambini.  In tutti gli incontri che si sono svolti nei diversi quartieri della città, i numerosi cittadini presenti  hanno espresso fortissime preoccupazioni  e, nei loro interventi,  hanno sottolineato la necessità e l’urgenza di adottare provvedimenti adeguati per il miglioramento dell’aria.
 Alla luce di quanto sopra,  si ritiene che si vorrà garantire la partecipazione delle associazioni e la presenza dei cittadini, sinora inspiegabilmente esclusi e posti nella impossibilità di esprimere le proprie valutazioni  in merito alle autorizzazioni ed al permesso rilasciati per la realizzazione di un impianto a bio masse sul nostro territorio.

Frosinone li 10 marzo 2016

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazione della Città di Frosinone
Luciano Bracaglia –Comitato “ Salviamo il paesaggio”
David Toro – Ass. “Frosinone Bella e Brutta”
Antonio Setale – Legambiente
Alberto Gualdini – Ass. Culturale “La saletta centro delle arti”
Paolo Iafrate  - Ass. “Oltre l’Occidente”
Anna Rosa Frate Comitato “Altiero Spinelli”
Luciano Granieri – AUT –Frosinone
Antonio Marino  - Ass. Italiana Pazienti Anticoagulati
Mario Catania – Ass. “Osservatorio Peppino Impastato”

La sottoscrizione della presente richiesta è stata trasmessa – via email –  dai rappresentanti delle associazioni al Sig. Francesco Notarcola




mercoledì 9 marzo 2016

Jazzisti contro

Luciano Granieri



Venerdì 11 marzo 2016 alle ore 16,00 presso l’associazione culturale “Oltre l’Occidente”  in L.go Aonio Paleario n.7, Frosinone proseguirà l’affascinante storia  americana  di popoli e note nel seminario-dibattito, Jazz: suoni ritmi e pulsioni vitali dell’era post moderna. Jazzisti contro è il titolo del prossimo appuntamento. Dopo aver analizzato la rivalsa  nera dell’Hard Bop degli anni ’50,  anche con il supporto del film di Bertrand Tavenier Round Midnight, affronteremo il tumultuoso periodo degli anni ’60. Una momento  storico in cui  la lotta per  l’integrazione si trasformò in vero e proprio conflitto politico. Le motivazioni di protesta antirazziali si fusero con le istanze antimperialiste,  contro  una società statunitense   protesa come non mai, non solo a vessare i neri, ma anche i vietnamiti, e tanti altri popoli dell’America del sud. Maturava  fortemente  nella poetica jazz una precisa connotazione politica anti sistema.



martedì 8 marzo 2016

I VOTANTI PAGATI ALLE PRIMARIE PD DI NAPOLI NON SONO UNO SCANDALO, SONO IL SISTEMA

Giorgio Cremaschi


I VOTANTI PAGATI ALLE PRIMARIE PD DI NAPOLI NON SONO UNO SCANDALO, SONO IL SISTEMA . SOLO UNA RIVOLUZIONE CI PUÒ SALVARE
Solo pochi anni fa tutto il sistema mediatico legato al PD menava scandalo perché si era scoperto che alle manifestazioni di Berlusconi partecipavano figuranti pagati per fare numero. Ora questo stesso sistema tace o borbotta imbarazzato di fronte alle mance distribuite ai votanti alle primarie di Napoli. I due pesi e due misure non derivano però solo dal servilismo verso il potere di tanti pseudo intellettuali e pseudo giornalisti, dal controllo di banche e industriali sul sistema informativo, dalla passività della opinione pubblica.

No, la stanchezza ed il silenzio con cui si accoglie lo scandalo di Napoli sono anche dovuti al fatto che oramai si è convinti che questa sia la inevitabile normalità del sistema. Pochi giorni fa, nel corso di un incontro per ricordare il grande presidente venezuelano, è stata proiettata una sua bella intervista, di oltre dieci anni fa, a Gianni Minà. Ad un certo punto Chavez così descrive il sistema politico del Venezuela, che aveva democraticamente rovesciato: "Una finta democrazia dove si alternavano due partiti uguali, mentre dilagavano povertà e corruzione".. Ho fatto un salto sulla sedia, ma è l'Italia di oggi ho pensato. Certo siamo più ricchi e abbiamo alle spalle una lunga storia di conquiste sociali, che ora però stiamo tutte perdendo. Abbiamo una grande Costituzione, che ora però viene smantellata. Abbiamo una grande storia di partecipazioni e lotte, che ora però pare in via di esaurimento. E l'Unione Europea e le banche con l'Euro ci dettano le politiche economiche, mentre la NATO ci impone quelle militari. 
Sì la democrazia italiana è oggi finta prima di tutto perché tutte le decisioni di fondo paiono obbligate; e sono le stesse chiunque governi. In questa impotenza e rassegnazione politica generale sono gli spettacoli televisivi a selezionare il personale di governo e quello di opposizione. E in questa paralisi della democrazia la corruzione prospera e dilaga, come un fiume che bloccato nel suo corso si trasformi in una palude. 
Centro destra e centro sinistra in tutte le loro interpretazioni sono gli attori di questa democrazia finta. Quella vera riprenderà solo quando il popolo li caccerà dalla scena. Questa sarebbe la necessità, ma è anche la difficoltà. Per questo alla corruzione anche più ridicola e penosa alla fine si fa il callo. Perché è parte di un sistema fangoso dove affondano tutti i finti cambiamenti. Non ci sono aggiustamenti, solo una rivoluzione ci può salvare.
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Prima di Napoli c'è stata Ceccano video Luciano Granieri



Italcementi Colleferro recede dal bruciare CSS.

Ass. Rete per la Tutela della Valle del Sacco (retuvasa)
Ass. Unione Giovani Indipendenti (UGI)
Ass. Raggio Verde
Comitato Residenti Colleferro
Ass. Mamme Colleferro (A.ma)
Ass. Culturale Gruppo Logos

Colleferro, Italcementi non risponde alle osservazioni delle associazioni e la pratica autorizzativa per bruciare rifiuti è archiviata.
                                     
Le associazioni continuano ad avere un ruolo importante, un valore aggiunto nel tessuto sociale ed è necessario supportarle, fornendo loro strumenti e rendendole partecipi a tutti i livelli.

Italcementi richiese la verifica di assoggettabilità a VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e le associazioni produssero una serie di osservazioni ben dettagliate sul possibile impatto di un nuovo impianto inquinante in un’area già fortemente compromessa.

Le osservazioni, oltre che al parere negativo dell’allora Amministrazione, vennero recepite e l’impianto proposto venne rimandato a VIA con Italcementi che esattamente un anno dopo presentò nuovamente il progetto con tutte le documentazioni del caso in un iter autorizzativo più complesso. Le Associazioni osservarono con le medesime eccezioni.

Oggi con determina G01828 del 02.03.2016   il progetto viene archiviato e la conferma che il ruolo delle associazioni è stato determinante la si rileva nel testo dell’atto regionale:

Considerato che il competente Ufficio Valutazione Impatto Ambientale dell’Area Qualità dell’Ambiente e V.I.A., ha effettuato con nota prot.n. 605410 del 31/10/2014 richiesta di integrazioni e controdeduzioni sulle osservazioni pervenute;

Considerato che non è pervenuto alcun riscontro alla suddetta nota e quindi non è possibile dare ulteriore corso alla valutazione relativa al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale in oggetto e risulta necessario, pertanto, procedere all’archiviazione dell’istanza;”

Ricordando che sui CSS è pendente un ricorso al TAR Lazio contro il Ministero dell’Ambiente sul decreto firmato dall’allora ministro Clini, oggi ribadiamo il concetto che il lavoro delle associazioni, instancabile e in continua crescita a livello di conoscenza, ha una funzione integrata nel processo amministrativo a cui non si può non dare merito e giusto riconoscimento.

lunedì 7 marzo 2016

Avanzare nelle lotte contro maschilismo e sfruttamento

dichiarazione della Lit-Quarta Internazionale (*)


In Argentina nel giugno 2013 più di mezzo milione di persone si sono mobilitate contro la violenza verso le donne, proprio come hanno fatto in centomila in Spagna lo scorso 7 novembre. Anche in Spagna in meno di tre giorni sono state raccolte più di 50.000 firme contro le manifestazioni convocate dagli “ultramaschilisti” a Barcellona e a Granada, a febbraio scorso, che sono state praticamente impedite. Le milizie di donne kurde, insieme alle milizie dei loro compagni uomini, continuano a lottare contro l’esercito reazionario di Daesh, noto anche come EI.
Le lavoratrici dell’istruzione sono state protagoniste di innumeroveli scioperi in vari Paesi, Brasile, Colombia, Italia, i lavoratori e le lavoratrivi statali hanno organizzato recentemente grandi mobilitazioni contro la politica antioperaia di Macri in Argentina. Due scioperi generali sono stati effettuati in Grecia finora quest’anno, contro i piani di austerità del governo Tsipras, durante i quali i settori dei servizi pubblici che contano una maggiore percentuale di donne, sono stati decisivi. Anche ad Atene le donne organizzano case per donne per poter solidarizzare tra loro, contro la disoccupazione e la fame. I professori palestinesi stanno conducendo un grande sciopero che vanta una forte composizione femminile, ed è uno sciopero al di fuori dei sindacati ufficiali, il che lo rende ancora più significativo. Questa lotta è parte della storica e coraggiosa lotta del popolo palestinese contro il governo sionista di Israele che li ha derubati del loro territorio e della loro libertà, nella quale le donne hanno mostrato un immenso coraggio.
Lo sfruttamento e l’oppressione si inaspriscono quali risultati della profonda crisi del sistema capitalista. Un sistema che approfondisce ogni giorno di più le disuguaglianze sociali. Ad una estremità una piccola minoranza di ricchi e potenti e dall’altra milioni di poveri sempre più sfruttati economicamente e oppressi politicamente, socialmente e culturalmente. Un sistema predatore della natura che sta producendo squilibri ambientali di tale portata che possono diventare irreversibili in breve tempo. Un sistema che, di crisi in crisi, ci nega persino il più elementare diritto al lavoro. Solo nei Paesi sviluppati ci sono 44 milioni di disoccupati, senza parlare dei Paesi semicoloniali.
I governi guidati da donne che difendono i piani imperialisti non ci rappresentano. Siamo accanto agli uomini e alle donne della classe operaia contro il maschilismo e lo sfruttamento per trasformare il mondo, e lottare per l’uguaglianza e la libertà effettive per le donne lavoratrici.
Le donne lavoratrici: le più sfruttateIl rapporto dell’Oil sull’occupazione del 2015, conferma ciò che abbiamo detto. "Solo un quarto dei lavoratori di tutto il mondo ha un rapporto di lavoro stabile". Mostra che, nei Paesi in cui sono disponibili i dati (che coprono l'84 per cento della popolazione attiva in tutto il mondo), i tre quarti dei lavoratori sono impiegati con contratti temporanei o di breve durata, in occupazioni informali spesso senza contratto, come lavoratori autonomi o in attività familiari senza retribuzione. Prosegue mostrando come questo tipo di contratti colpisca soprattutto le donne:  "Un'altra tendenza attuale è l'aumento del lavoro a tempo parziale, in particolare tra le giovani donne. Nella maggior parte dei Paesi con dati disponibili, i posti di lavoro a tempo parziale sono cresciuti più velocemente dei posti di lavoro a tempo pieno tra il 2009 e il 2013”.
In effetti si tratta di una crescita, non di una novità. Negli anni '90 caratterizzati dal boom del neoliberismo, i capitalisti hanno trovato nella ristrutturazione dei contratti di lavoro una grande fonte di profitti. In questo modo, in migliaia di fabbriche di Paesi semicoloniali, gli impianti di lavoratori fissi sono stati via via modificati per raggiungere l’esternalizzazione, per invertire il rapporto percentuale. Un impianto minimo di fissi e uno enorme di lavoratori temporanei ai quali è stato più facile imporre salari da fame, zero prestazioni e zero stabilità come un ricatto permanente per impedire la loro organizzazione e la loro lotta. Le donne sono state banco di prova privilegiato di questo tipo di contratti. Circa il 73 per cento del deficit mondiale di posti di lavoro nel 2014 è stato causato da un calo di occupazione tra le donne, che costituiscono circa il 40 per cento della forza lavoro nel mondo, dice il rapporto dell'Oil.
Al di là della freddezza delle cifre, questa realtà ha colpito drasticamente le donne se si considera che oggi nel mondo è cresciuto in modo allarmante il numero di madri capi-famiglia, da cui dipende unicamente il mantenimento della casa e che esse devono fare una giornata lavorativa o il suo doppio, spesso per i contratti part-time o di lavoro a ore devono lavorare in due o tre posti, a cui si aggiunge la “giornata” aggiuntiva di lavoro domestico. Devono sopportare gli abusi dei padroni, le molestie lavorative e sessuali, la negazione dei permessi per motivi familiari e una serie di sofferenze infami. Nel settore dei servizi nel quale la manodopera femminile è il 70% o anche più, tutto ciò si manifesta con salari bassi, tagli ai diritti e legalizzazione dell’instabilità per mezzo di valutazioni continue per mantenere l'occupazione, come nel caso dell’istruzione.
Anche le più oppresse e vulnerabili
Dalla fine dello scorso anno, la stampa ha registrato la crescente epidemia del virus Zika, in diversi Paesi dell'America Latina, causata dalla puntura della zanzara Aedes Aegypti. Le agenzie sanitarie hanno scoperto che nelle donne in gravidanza può causare la microcefalia fetale. I governi hanno suonato l’allarme, ma al di là di semplici campagne di prevenzione o del fare appello alle donne di non rimanere incinta, non sono in grado di prendere le misure necessarie. Come sempre i settori più poveri della popolazione sono i più colpiti a causa delle condizioni igieniche spaventose in cui devono vivere e per le deplorevoli restrizioni nei servizi sanitari.
E' urgente avviare una campagna globale per il pieno diritto all’aborto legale per le donne che, a costo di questo enorme rischio della microcefalia, scelgono di interrompere la gravidanza.
Qui appare chiaramente l'ipocrisia della borghesia che, mentre si lacera le vesti sui giornali e in televisione, dicendo quanto sia "preoccupata", non esita a mantenere leggi restrittive in materia di diritto di aborto, o a mettere ogni sorta di ostacolo nei Paesi in cui la legge prevede questo diritto nei casi che riguardano la salute della madre o la malformazione del feto, e tutto ciò fa risaltare l'assenza di piani per migliorare l'accesso ai contraccettivi. Papa Francesco ha così dichiarato: la Chiesa permette l'uso di contraccettivi, in questo caso, ma mai il diritto all'aborto, perché lo considera un crimine. Alla chiesa non sembra un crimine condannare la donna e i suoi figli ad una vita di sofferenza.
Le donne immigrate: vittime del maschilismo e del razzismo
Ma non solo questo fatto dimostra l'oppressione della donna e il maschilismo che pervade la società. Secondo un sondaggio condotto da Amnesty International, tra le migliaia di immigrati e rifugiati che arrivano dall'Africa e dal Medio Oriente alle porte dell'Europa, nella crisi migratoria più grave dalla Seconda guerra mondiale, la maggior parte delle donne intervistate hanno detto di essere state vittime di qualche espressione di violenza maschilista. La suddetta organizzazione afferma che "le donne e le ragazze rifugiate subiscono violenza, abusi, sfruttamento e molestie sessuali in tutte le fasi del loro viaggio dalla Siria e dall’Iraq verso l'Europa, anche quando sono sul territorio europeo". Tutte le intervistate hanno riferito ad Amnesty di essersi sentite minacciate e insicure durante il viaggio, mentre hanno denunciato che, in quasi tutti i Paesi per i quali erano passate, i trafficanti, il personale di sicurezza o gli altri profughi le hanno sottoposte a maltrattamenti fisici e sfruttamento economico, le hanno palpeggiate o hanno fatto loro pressioni perché avessero rapporti sessuali con loro.
Tirana Hassan, direttrice del Programma di risposta alle crisi di Amnesty International, riferisce che "le donne e le ragazze che viaggiano da sole e quelle che sono accompagnate solo dai loro figli, si sentivano particolarmente minacciate nelle zone di transito e nei campi di Ungheria, Croazia e Grecia".
La situazione già di per sé terribile di migliaia di migranti, prodotto di circostanze collegate alla mancanza di lavoro, alla povertà, a situazioni di violenza estrema nei Paesi africani e alla guerra in Siria, rischiando la propria vita e quella delle loro famiglie, è aggravata dalle misure razziste dei governi e dagli apparati repressivi dei Paesi di destinazione. Le organizzazioni per i diritti umani che operano nella regione, denunciano come le donne e i minori di entrambi i sessi siano ricattati dalle mafie del traffico dei rifugiati che li vendono come schiavi sessuali. Non possiamo dimenticare come le donne in mezzo ai conflitti bellici siano utilizzate come un trofeo di guerra, violentate per umiliare il nemico.
Come se ciò non bastasse, dobbiamo anche confrontarci in modo deciso con gruppi di uomini che cominciano a organizzarsi, per fortuna ancora in modo molto parcellizato. Sono quelli chiamati "ultramaschilisti" che si autodefiniscono "il ritorno dei re" e che sostengono la legalizzazione dello stupro in privato, contro il diritto delle donne a lavorare, contro l’uguaglianza tra i sessi perché secondo loro non sono uguali, le donne sono stupide e, pertanto, non dovrebbero avere diritti politici.
E’ il maschilismo portato all’estremo, che in Europa va sempre insieme al razzismo: ultramaschilismo fa rima con fascismo!, senza ombra di dubbio. 
E poi ci sono anche coloro che sono stati definiti "postmaschilisti", che si definiscono vittime delle poche misure che gli Stati hanno adottato contro la violenza nei confronti delle donne.
Unità della clase operaia per opporsi alla crisi economica
In America Latina, la crisi è già iniziata. Le previsioni del Fmi per il 2016 e il 2017, annunciate a febbraio di quest’anno sono piuttosto buie, sono state corrette riferendosi a quelle dell’anno scorso, con una tendenza al ribasso, e nei Paesi sviluppati tutto indica che si possa avere una nuova recessione.
Mentre i capitalisti fanno i loro conti con decine di cifre, cifre enormi che non si adattano alla testa dei lavoratori, a noi tocca contare in monete e ricorrere ai salvadanai. Questa è la realtà, quando l’economia capitalistica cresce, cadono solo le briciole, quando cadono-, per la classe operaia e per gli sfruttati dal grande capitale. Quando arrivano crisi e recessione, ci chiedono di stringere di più la cintura. Allora, quello che possiamo aspettarci sono sempre di più le ricette note e attuate dai governi neoliberali in tutto il mondo. Disoccupazione, ribassi salariali, pessimi contratti di lavoro, riforme fiscali che abbassano le tasse ai capitalisti e alzano quelle legate ai consumi come l'IVA, revisione dei piani per l’aumento delle tasse sul reddito, tagli al budget per la salute e l’istruzione, tagli dei servizi sociali per la maternità e per la cura dei bambini, degli anziani e dei disabili, che gravano nella doppia giornata delle donne, aumento delle tariffe dei servizi pubblici e dei trasporti, aumento dell’età e dei contributi per il sistema pensionistico, ecc.
La nostra risposta deve essere l’unità della classe operaia e dei disoccupati per rispondere con la lotta, lo sciopero e la mobilitazione, a questi piani.
Non c’è via d’uscita nel sistema capitalista. Apriremo nelle lotte quotidiane una via d’uscita operaia per una nuova società nella quale  metteremo fine una volta per tutte allo sfruttamento e a ogni tipo di oppressione. Un società socialista.
Perciò il nostro grido di battaglia come parte della classe operaia deve essere “Che la crisi la paghino i ricchi! Basta coi piani di austerità, ne abbiamo abbastanza! Basta sfruttamento! Basta oppressione e violenza contro le donne e gli oppressi! Basta con i contratti infami, per un piano di impiego stabile per le donne!  Per il pieno diritto alla salute riproduttiva e all’aborto! Per un piano di impiego totale per la classe operaia!
(traduzione dallo spagnolo di Laura Sguazzabia)

clip di Luciano Granieri

I PARTITI SONO PRO ACEA

Dall'ufficio stampa del Deputato Luca Frusone M5S

“Mi piacerebbe sapere come i sindaci del PD, tra cui Morini di Alatri, possano riuscire a conciliare le loro debolissime proteste contro Acea, con la linea dettata dal loro partito, che sia a livello regionale che nazionale, continua a mostrarsi fortemente pro ACEA, non muovendo un passo a favore della ripubblicizzazione dell’acqua. Mi domando a cosa porterà tutto il teatrino dei giorni scorsi sulla risoluzione contrattuale, se è lo stesso PD a non volere cacciare ACEA. Si concretizza sempre di più il timore che tutta l’azione sia stata portata avanti solo per fini prettamente e tristemente elettorali e propagandistici, e che addirittura morirà proprio grazie a partiti come il PD e Forza Italia, entrambi da sempre pro ACEA.” – a dichiararlo è il Deputato 5 Stelle Frusone che incalza – “Morini ad Alatri può continuare a prendere in giro i cittadini facendosi finto alfiere dell’acqua, ma deve spiegare perché il PD in Regione, continua a prendere tempo nell’ attuare la Legge 5. Numerosissime sono le manifestazioni che si sono susseguite e che tutt’ora vengono portate avanti da comitati e cittadini, ancora oggi si chiede a gran voce la calendarizzazione per l’attuazione della legge e il PD continua a non ascoltare. Ricordo ancora quando i cittadini rincorrevano l’assessore Refrigeri per chiedere che venisse discussa in aula. Questo è il PD, una serie interminabile di bugie e teatrini, basta vedere a livello nazionale ciò che ha combinato Renzi con lo Sblocca Italia e il Decreto Madia, ha praticamente reso impossibile la gestione dell’acqua ai Comuni.” – e conclude – “Il quadro è limpido, in Provincia di Frosinone ACEA non andrà mai via, perché partiti come il PD e Forza Italia non sono a favore di una gestione pubblica dell’acqua.  Ma anche i sindaci eletti nei comuni più piccoli con liste civiche, fanno per la maggior parte di loro riferimento ai partiti e quindi anche quei sindaci, fatta qualche eccezione, non sono sindaci “liberi”. La provincia di Frosinone è purtroppo nelle mani di persone che non potranno mai combattere realmente ACEA. Morini, Pompeo, Caligiore, Ottaviani, dovranno sempre tener conto della linea dettata dai loro partiti e i loro partiti sono pro ACEA. La smettessero quindi con queste sceneggiate.”

Le promesse di luglio video di Luciano Granieri