venerdì 7 ottobre 2016

Da Fedora a Frosinone, rompiamo le sfere di cristallo.

Luciano Granieri



Nel libro “Le città invisibili” Italo Calvino  fa descrivere da Marco Polo al’imperatore dei Tartari, Kublai  Kan,  una città che il mercante veneziano  aveva visitato nei suoi innumerevoli ed avventurosi viaggi.  Si tratta di Fedora. Una metropoli di pietra grigia, nel cui centro sorge un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Nelle sfere si vedono modelli che riproducono altre conformazioni di Fedora. Sono forme  ideali  che la metropoli  avrebbe potuto prendere  se non fosse diventata, per una ragione o per l’altra, come è oggi. Il palazzo di metallo è un museo. Ogni abitante lo visita e sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri.  Mi viene da associare la descrizione di Fedora a Frosinone .  In occasione di ogni tornata elettorale  i partiti e i movimenti che supportano i  candidati sindaci, sono prolifici nel promettere trasformazioni  salvifiche della città. Cambiamenti epocali che  puntualmente il giorno dopo le elezioni finiscono nelle sfere di vetro.  Infatti  Frosinone , per motivi  ben conosciuti  e immutabili ,  puntualmente rimane   così come è sempre stata , un asfissiante agglomerato di  pietra grigia. Le città promesse  vanno ad adornare le stanze del museo di metallo racchiuse nelle sfere  di vetro. A differenza degli abitanti di Fedora però , i cittadini frusinati , nel visitare l'esposizione, non possono scegliere il modello urbano  che corrisponde ai propri desideri, perché la sfera scelta, immediatamente si frantuma, e il malcapitato visitatore  rimane in balia della solita metropoli di pietra grigia. Sarebbe bello che le città promesse  prima delle elezioni, si realizzassero senza finire in un blocco   di cristallo esposto  in un museo.  Sarebbe  ancora più desiderabile che ogni cittadino facesse uscire la sua idea di città dalla sfera di vetro  in cui è rinchiusa,  e la trasformasse nella  proposta per una Frosinone più umana . Una Frosinone che non rimanesse sempre e comunque una città di pietra grigia. E’  auspicabile quindi  che in occasione delle prossime elezioni i cittadini disintegrino  finalmente le sfere di cristallo ,  si battano per un Capoluogo di pietre colorate,  preziose per la dignità di tutti gli abitanti. Sarebbe oltremodo salutare che gli stessi Frusinati   controllino che la città ideale si liberi dalla prigione di vetro e diventi reale.


Di seguito una clip  composta da alcune foto d’epoca che illustrano la mobilità a Frosinone dagli inizi del secolo scorso fino agli anni ’50. Allora c’era il trenino delle Vicinali, oggi c’è l’ascensore inclinato che non funziona mai. I trasporti e la mobilità  urbana possono essere un primo elemento  per  progettare quella città non destinata a finire  in una sfera di cristallo.

 

giovedì 6 ottobre 2016

Comunicato CONUML sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016

COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTA-LENINISTA

Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


L’ITALIA E’ IN PIENA INVOLUZIONE REAZIONARIA. IL 4 DICEMBRE 2016 VOTIAMO “NO” PER BLOCCARE LA SOPPRESSIONE DELLE LIBERTA’ DEMOCRATICHE DEI LAVORATORI E AVVIARE IL PERCORSO LIBERATORE CHE CI CONDURRA’ ALLA RIVOLUZIONE PROLETARIA E AL SOCIALISMO. AI COMUNISTI, ALLA CLASSE OPERAIA E A TUTTI I SINCERI PROGRESSISTI IL COMPITO DI GUIDARNE IL PERCORSO. RENZI E IL PD COL “NO” REFERENDARIO DEVONO ESSERE SCONFITTI, COSI’ COME  LO FU  IL  FASCISMO  NEL 1945!
 
      Nella situazione creata da una profondissima crisi economica del capitalismo, la classe dominante cerca la propria salvezza nel rafforzamento del dominio economico e politico sulle masse lavoratrici e popolari.
    Oggi i circoli imperialistici per aumentare lo sfruttamento della classe lavoratrice e reprimere coloro che si ribellano e si oppongono alle loro ingiustizie, per risolvere il problema dei mercati con una politica di guerra e di soggiogazione dei popoli oppressi, hanno bisogno di realizzare una serie di misure reazionarie e la trasformazione autoritaria dello Stato e del governo borghese.
    A tal fine ricorrono alla manipolazione della coscienza popolare attraverso radio, televisione, stampa e altre forme di propaganda, oltre a fidati manipolatori ed esecutori.
      Il capitalismo e l’imperialismo per continuare a spadroneggiare sui lavoratori e sui popoli utilizzano una gradualità di strumenti di dominio, a secondo delle circostanze e del grado di mobilitazione e opposizione delle masse. Tra di essi: la repressione sanguinaria e guerrafondaia propria del nazismo e del fascismo, la dittatura assoluta con l’abolizione di ogni libertà di espressione e di opposizione, il liberalismo, il moderatismo, il parlamentarismo, l’elettoralismo, cioè il controllo e l’orientamento del voto, le leggi elettorali che predeterminano il potere governativo, che deve essere espressione ed esecuzione della volontà e degli interessi del grande capitale, lo svuotamento della democrazia borghese rappresentativa, l’accentramento dei poteri in poche mani, il rafforzamento dei poteri nelle mani del capo del governo, l’abolizione o la neutralizzazione di istituzioni di controllo dell’operato del governo, eccetera.
      In Italia dopo il glorioso Biennio Rosso 1919-1920 - quando la classe operaia, specialmente del settentrione, per liberarsi dalle condizioni disumane di sfruttamento e di repressione padronale si ribellò occupando e organizzando il lavoro nelle fabbriche degli Agnelli e di tante altre simili sanguisughe del lavoro umano – il capitalismo e l’imperialismo risposero con l’imposizione della spietata dittatura fascista e con l’assassinio degli oppositori, la chiusura dei sindacati di classe e la guerra di conquista in Europa e in Africa.
    Ci vollero la gloriosa e dura militanza e lotta antifascista dei comunisti e della classe operaia sempre in prima fila, l’epica lotta partigiana, gli scioperi e l’insurrezione popolare del 25 aprile 1945 per liberare l’Italia dal fascismo, dall’occupazione nazista e dall’oramai anacronistica monarchia.
      Il proletariato italiano, fermato allora dal revisionismo togliattiano nel suo slancio rivoluzionario per la conquista del socialismo nel nostro paese, conquistò col sangue  la nuova Costituzione liberal-democratica, di natura borghese, clericale e capitalistica che, però, garantiva, almeno nella scrittura del testo, le libertà di pensiero, di opinione e di manifestazione politica e sindacale. Ma ugualmente non sono mancate le repressioni poliziesche dei governi borghesi di centrodestra, centro e centrosinistra di tali conquiste liberal-democratiche.
     Una Costituzione che i partiti borghesi e della falsa sinistra democratica hanno ritenuto di ostacolo al pieno dispiegamento del dominio del capitale sul lavoro e all’accumulo sempre maggiore dei profitti industriali, agrari, bancari e finanziari da parte del capitalismo nazionale e delle multinazionali che operano nel nostro paese.
      Di qui la formazione di tre governi – guidati da Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, che non sono stati mai candidati né eletti dal popolo a presidenti del consiglio – privi del consenso popolare. Di qui la vergognosa modifica dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che in realtà ha abolito la giusta causa nei licenziamenti ed eliminato il diritto del rapporto di lavoro a tempo indeterminato; le varie leggi sul pareggio di bilancio per accelerare il pagamento dell’astronomico debito pubblico verso il sistema bancario e finanziario nazionale e internazionale, sui tagli alla sanità e ai servizi pubblici, sulla scuola di elite, sul sistema pensionistico sempre più di fame, sulla precarietà del lavoro, sull’aumento complessivo delle tasse, sull’accentramento dell’impatto ambientale dello sfruttamento energetico marino e terrestre nelle mani del governo con l’esproprio autoritario delle competenze territoriali, eccetera.
      Inoltre, è stata varata la nuova legge elettorale chiamata Italicum, ispirata da quella fascista Acerbo del 1923, che abolisce il proporzionale puro, introduce un premio di maggioranza del 54% dei deputati alla lista più votata alla prima tornata elettorale o a quella dell’eventuale ballottaggio, stabilisce uno sbarramento elettorale del 3% per poter entrare in Parlamento, consente l’elezione sicura di 100 deputati capilista scelti dai partiti, crea le condizioni di un regime di governo affidato a un solo partito e a un solo uomo.
   Alla svolta elettorale reazionaria si aggiunge la riforma costituzionale voluta essenzialmente da Renzi e dal PD, inizialmente sostenuta anche dal centrodestra berlusconiano, che letteralmente stravolge la Costituzione del 1948 – cioè la Carta Costituzionale redatta dalla Costituente del 1946, scaturita dalla lotta antifascista e dalla guerra civile partigiana e di liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo - rispondendo all’esigenza dei cosiddetti poteri forti - cioè l’oligarchia finanziaria - di avere a proprio esclusivo servizio un governo autocratico, con pieni poteri legislativi e decisionali, presidenzialista e libero da contropoteri di controllo istituzionale.
     Una controriforma che mette fine al bicameralismo paritario, abolisce il Senato elettivo relegandolo a funzioni secondarie e territoriali, sopprime il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, abolisce le province, aumenta le firme per la richiesta di un referendum abrogativo, eccetera. A questo si aggiunge il tentativo della borghesia di destra e di sinistra di attribuire ai martiri dell’antifascismo e ai caduti della repubblichetta di Salò lo stesso riconoscimento di caduti per la libertà del popolo: una vergogna e un’infamia senza fine.
      Questo processo di trasformazione reazionaria dello Stato e di ritorno a un governo forte coi pieni poteri - di natura autoritaria e presidenzialista, garante degli affari degli industriali, degli agrari, delle banche e della finanza, all’occorrente e in vari modi repressivo dell’opposizione di piazza e delle istanze di bisogno e di giustizia sociale provenienti dalle grandi masse, insomma il tentativo di ritorno a un regime ultrareazionario ammantato di liberalismo, di democraticismo e di costituzionalismo formale e persino voluto e garantito dalla falsa e traditrice  sinistra  al  governo  -  viene avanti più spregiudicatamente dalla metà degli anni ‘70 del secolo scorso, ovvero da quando, purtroppo, il proletariato italiano non ha saputo difendere adeguatamente e allargare le conquiste sociali realizzate sino a quel momento.
    Oggi siamo a un’accelerazione di quel processo involutivo, di ritorno al passato e richiede una risposta della classe operaia adeguata alla gravità delle misure reazionarie messe in atto dalla borghesia. Occorre una mobilitazione popolare straordinaria nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nell’intera società civile per vincere la battaglia referendaria, sconfiggere Renzi e la sua riforma costituzionale di stampo fascista.
      Naturalmente al punto in cui è precipitata la situazione istituzionale italiana la battaglia in atto per il NO richiede un impegno straordinario. Bisogna alzare il livello dello scontro ideologico, politico e della lotta di classe. Renzi e il gruppo dirigente del PD stanno facendo una campagna pubblicitaria per il SI’ contro ogni verità e logica storica dicendo persino che “i Partigiani avrebbero votato SI’” e che la vittoria del NO “non rispetterebbe il lavoro del Parlamento”. Ma di quale parlamento parlano lor signori, di quello che ha dato la fiducia a tre presidenti del consiglio e tre governi non eletti dal popolo? Vergogna, avete calpestato ogni forma di democrazia e di sovranità popolare! E’ invece vero che questa controriforma è in continuità storica con la politica di tradimento della classe operaia attuata dalla falsa sinistra italiana del Partito Democratico della Sinistra, dell’alleanza dell’Ulivo e del Partito Democratico.
      Renzi e il PD ogni giorno e per 24 ore fanno scempio della televisione italiana, pagata dai cittadini, nel propagandare le ragioni del SI’. Non si è mai visto un presidente del consiglio spendersi tanto per sostenere lo smantellamento, per ora della seconda parte, della Costituzione democratica e antifascista del 1948, utilizzare la televisione pubblica a proprio piacimento. Col suo governo ha deciso di andare al voto referendario all’ultima domenica prevista e con un quesito posto agli elettori che favorisce sfacciatamente il SI’. Una scelta per prolungare al massimo la sua propaganda per il SI’ nel tentativo di convincere la maggioranza del popolo italiano e di non perire sotto una montagna di NO.   
      Ciò anche in riferimento alla circostanza che le elezioni sono in vario modo condizionate e determinate dalla potente macchina elettorale dei partiti borghesi, specialmente di quelli più grandi e padronali del centrodestra, centro e centrosinistra, dalla forza economica della propaganda elettorale e dall’attività interessata di tutte le organizzazioni mafiose, mai estinte dallo Stato capitalistico dall’unità d’Italia ad oggi.
      Il Comitato Nazionale di Unità Marxista-Leninista (CONUML) chiede, e sollecita tutte le forze del NO a mobilitarsi concretamente con iniziative nei posti di lavoro e di piazza; esige che la cosiddetta “par condicio” elettorale sia applicata sin da questo momento, nel senso che le forze del NO e del SI’ abbiano pari possibilità di accesso alla propaganda radio-televisiva pubblica e privata, perché non può essere ulteriormente consentito a Matteo Renzi e al PD di occupare la radio e la televisione, oltre che la carta stampata, a proprio piacimento per la promozione del SI’.
      Dobbiamo smascherare a fondo la propaganda referendaria ingannevole secondo la quale con la riforma costituzionale approvata dal parlamento si risparmiano notevoli risorse pubbliche. Noi sosteniamo che i costi reali, e non  gonfiati,  della  democrazia  e della sovranità popolare non possono essere toccati, ma debbono avvenire attraverso la drastica abolizione dei privilegi degli eletti, come stipendi e pensioni d’oro e agevolazioni d’ogni tipo, e non mediante l’accentramento del potere e la soppressione dei diritti del senato della Repubblica, le introdotte elezioni di secondo grado e persino il mancato ricorso al voto popolare quando un governo eletto dal popolo decade, perché diversamente si favorisce l’ascesa del fascismo e la liquidazione delle libertà democratiche sancite dalla nostra Costituzione, ancorché di natura borghese, proclamata il 1° gennaio 1948.
     Per noi marxisti-leninisti, che pur lottiamo tatticamente a fianco di una multiforme coalizione democratica e progressiva per sconfiggere la controriforma renziana – criticando apertamente le illusioni parlamentaristiche e la mancanza di una reale spinta alla mobilitazione di massa contro le misure reazionarie -  l’obiettivo finale è la distruzione della società capitalistica e la costruzione di quella socialista, è la rivoluzione e la conquista del potere politico per la classe operaia e tutti gli oppressi e gli sfruttati, è la conquista della Democrazia proletaria e l’instaurazione di una Costituzione socialista.
     A partire da questo assunto di classe e rivoluzionario riteniamo che quanto più la battaglia referendaria, nella quale siamo impegnati, si svilupperà all’interno della lotta generale per la sconfitta del capitalismo e il trionfo del socialismo, tanto più aumenterà la possibilità di vittoria.  
      Il Comitato Nazionale di Unità Marxista-Leninista in questa difficile battaglia referendaria per il NO alla controriforma costituzionale chiama a raccolta, alla mobilitazione e alla lotta tutti i sinceri e coerenti comunisti, assieme agli antifascisti e a tutte le forze autenticamente rivoluzionarie e progressiste del nostro paese, per sconfiggere i piani autoritari del grande capitale bancario e finanziario, per fermare l’attacco alle conquiste democratiche vigenti, seppur borghesi, per salvaguardare e onorare la memoria degli antifascisti e dei Partigiani che morirono per la conquista di una vera libertà e democrazia.
      Il NO può e deve vincere, ma occorre liberare il movimento che lo sostiene dalle incrostazioni di moderatismo e di perbenismo istituzionale che ne frenano lo slancio e l’incisività della lotta; occorre il dispiegamento di tutte le sue energie rivoluzionarie con la mobilitazione, gli scioperi generali e le manifestazioni di piazza. Questo è il convincimento e l’azione coi quali il CONUML partecipa attivamente alla lotta per la vittoria del NO domenica 4 dicembre prossimo.

mercoledì 5 ottobre 2016

Il nuovo film di Roberto Benigni

FGCI

 Ecco l'ultima pellicola di Benigni. 


Anche nel film "La vita è bella" che fruttò al comico toscano  l'Oscar,  c'era una "lecchinata" mica da ridere. Nella scena della liberazione di Auschwitz entra un carrarmato americano. Ma il campo polacco non l'avevano liberato i Russi? E' già ma l'Oscar lo assegnano gli Americani, mica i Russi. (Monicelli dixit).

Ricorso al tar Lazio contro la scheda del referendum


Gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi  (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l’incostituzionalità dell’Italicum), nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali per il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana de Petris (Sin. It.-SEL), anche nella loro qualità di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo, col patrocinio dell’avv. Luciano Vasques del Foro di Roma, hanno proposto al TAR Lazio un ricorso avverso il Decreto del Presidente della Repubblica con cui, indicendo il referendum per il prossimo 4 dicembre, è stato tra l’altro stabilito il quesito che dovrebbe comparire sulla scheda di votazione.

I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione “degli articoli” revisionati e di ciò che essi “concernono”.

Il quesito referendario predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria.

A parere dei ricorrenti, il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di “spot pubblicitario”, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale.


Roma, lì 05.10.2016

Come potrebbe declinarsi il quesito a favore del No  in base alla illegittima procedura elettoralistica escogitata dall'imbonitore fiorentino. A questo punto la propaganda è propagnda.
Luciano Granieri.


martedì 4 ottobre 2016

E’ il momento di sviluppare la solidarietà internazionale delle donne per la libertà di stampa!

Ekmek ve Gül

 

Care sorelle,
come sapete, lo scorso 15 luglio 2016 c'è stato un colpo di stato fallito in Turchia. Subito dopo il tentativo di golpe, il presidente Tayyip Erdogan ha dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi. 
Lo stato di emergenza dà al governo il potere di emanare decreti con forza di legge. Il Primo Ministro, Binali Yldirim ha affermato che questi decreti emergenziali avrebbero avuto come obiettivo solamente i cospiratori e che nessuna altra realtà sarebbe stata colpita in modo anti-democratico.
Invece, negli ultimi due mesi decine di migliaia di lavoratori pubblici sono stati licenziati dal loro lavoro, compresi professori universitari che avevano firmato una dichiarazione per la pace. Personalità che sostengono la pace e la democrazia sono state arrestate e detenute. Nei municipi sono stati nominati dei commissari, specialmente nella regione curda, dove centinaia di donne e bambini sono stati bruciati nelle cantine delle loro case dalle forze di sicurezza statali negli ultimi mesi. Inoltre, abusando il potere dei decreti emergenziali, il governo ha emanato regolamenti che minano il sistema di sicurezza di sicurezza sociale, prendendo a bersagli il diritto dei lavoratori alla pensione e alla retribuzione.
Merita una particolare attenzione la repressione della stampa e dei media. Sono stati chiusi decine di canali TV, giornali, radio, agenzie di stampa e case editrici. Quasi 200 giornalisti sono minacciati di detenzione, mentre 107 sono stati già arrestati. 2.308 giornalisti sono ora senza lavoro a causa della chiusura dei media in cui operavano. 660 “schede gialle” sono state obliterate dal 15 luglio. I giornalisti devono avere il permesso del Consiglio d'amministrazione generale della Stampa e delle Informazioni se vogliono recarsi all'estero. Nei locali dei media pro-curdi sono state compiute irruzioni da parte delle forze di polizia e gli impiegati sono stati brutalmente detenuti. Le sorelle reporter del giornale Evrensel sono state fermate, è stato loro negato di incontrare gli avvocati e sono state torturate durante la detenzione. 
Tutto ciò è accaduto senza processi legali e trasparenti, senza mostrare alcuna prova, ma solamente tramite pretestuose accuse di “avere relazioni con i cospiratori e con organizzazioni terroriste.”
Anche il nostro canale TV Hayatin Sesi TV è stato soggetto a tale repressione. Abbiamo già reso noto che il governo stava mettendo sotto pressione il nostro canale attraverso multe e avvertimenti inferti dal Consiglio Supremo della Radio e Televisione (RTUK). 
Le quattro multe e i quattro avvertimenti che abbiamo ricevuto negli ultimi tre mesi prefiguravano il blackout totale. Il 28 settembre il nostro canale è stato infatti oscurato, senza alcun avviso, senza alcun informazione scritta o verbale, assieme ad altri undici canali TV e radio. Siamo stati informati soltanto dopo, verbalmente e ufficiosamente, dalla società che gestisce il satellite, la quale ha detto che hanno bloccato le nostre trasmissioni in linea con le istruzioni fornite da una delibera emergenziale governativa. 
Senza esitazioni, abbiamo continuato la nostra radiodiffusione on-line, dicendo “Noi non obbediremo a una sola voce!” Il 30 luglio 2016, l’Autorità delle Informazioni e della Tecnologie della Comunicazione ha bloccato il nostro accesso on-line, di nuovo senza alcun preavviso. Semplicemente hanno bloccato e basta! Anche questo dimostra l’arbitrarietà degli atti statali.
Hayatin Sesi TV (La Voce della Vita) è stata fondata 10 anni fa per alzare la voce degli operai e degli oppressi, con piccoli contributi finanziari di centinaio di migliaia di lavoratori. Il suo motto era, ed ancora è, “Un Canale per milioni, non per milionari!” Il nostro programma delle donne, Ekmek Gül (Pane e Rose) è la voce delle donne dal 2008. Lo abbiamo chiamato come lo slogan principale della lotta delle donne del febbraio 1908 a New York per il suffragio, assieme alla lotta per i diritti politici ed economici. 
Non ci siamo limitate alle rivendicazioni e abbiamo lottato come donne contro lo sfruttamento e oppressione in Turchia, facendo del nostro meglio per costruire la solidarietà internazionale delle donne. A tale riguardo, Ekmek Gül è stata anche la voce delle contadine messicane, così come della rete di solidarietà sotterranea delle donne afgane sotto la dittatura dei Taliban. 
È attraverso le nostre trasmissioni che donne di Turchia hanno appreso durante il 2011 dalle esperienze delle sollevazioni in Tunisia e dalle donne egiziane. Nessuno altre canale ha  dato il microfono alle donne colombiane in lotta per la pace dopo un mezzo secolo guerra civile. Con Ekmek Gül, le lavoratrici tessili dell’India hanno condiviso le loro esperienze di organizzazione con le loro sorelle di Turchia, mentre le lavoratrici di Germania hanno raccontato gli effetti della recente espansione del lavoro flessibile, del part time e dei mini-jobs. Il modo in cui il movimento delle donne in Francia ha risposto all'emendamento nella legge sulla violenza contro le donne è stato visibile e udibile in Turchia solo attraverso il nostro programma.
Noi non abbiamo mai avuto grandi conti in banca o mega tecnologie. Non abbiamo mai ottenuto un centesimo dai “leader globali”. Non abbiamo “persone influenti” nelle lobby al potere. Tutti quello che avevamo, ed abbiamo, è la solidarietà delle donne, è la forza che traiamo dalla storia della lotta delle donne per l'uguaglianza e l'emancipazione. Questo è tutto quello che noi avevamo, ed è sempre stato sufficiente!
Ora l'oscurità incombe su noi. Il governo sta tentando di far tacere per sempre “La Voce della Vita.” È anche la voce delle donne quella che vogliono far tacere. Chiamiamo le nostre sorelle in tutto il mondo a solidarizzare con Ekmek Gül. È ora di dimostrare la forza della solidarietà delle donne!
La voce della vita non può essere fatta tacere!
La voce delle donne non può essere fatta tacere!
Viva la solidarietà internazionale delle donne!

Il 4 dicembre vota e fai votare NO al referendum

Scintilla Onlus

IL 4 DICEMBRE VOTA E FAI VOTARE NO AL REFERENDUM

Scintilla Onlus si esprime nettamente contro le riforme costituzionali ed elettorali volute dal governo Renzi.
In questo momento storico il referendum di dicembre diventa la madre di tutte le battaglie. Difendere gli spazi di civiltà, di democrazia e di garanzia di cui la Costituzione si dovrebbe fare garante diventa oggi un imperativo categorico.
Le posizioni in campo sono chiare: dalla parte del SI ci sono il governo Renzi e le forze imperialiste e capitaliste
che lo hanno messo al potere e lo appoggiano.
Il SI infatti è sostenuto da Confindustria, da Marchionne, dalle grandi banche di affari, dal FMI,
dai pescecani delle agenzie di rating, dai mercati finanziari.
Questo ci deve far capire la vera posta in gioco: si tratta di un referendum sul rafforzamento del dominio del grande capitale in Italia.
Queste riforme non riducono i costi, non migliorano la qualità dell'iter legislativo, ma scippano la sovranità dalle mani del popolo calpestando la volontà del corpo elettorale, instaurando un regime politico fondato sul governo del partito unico!
Esprimiamo un NO convinto per ribadire:
– che la Costituzione non può e non deve essere modificata da
un parlamento eletto con una legge illegittima (Porcellum)
espressione di una minoranza di cittadini;
– che va avversato ogni tentativo di trasformare surrettiziamente una Repubblica parlamentare in Premierato;
– che non vogliamo un Senato “nominato” dai partiti e ridotto
ad un dopolavoro per amministratori locali;
– che le campagne referendarie basate sulla demagogia dei falsi risparmi vanno smascherate e rigettate.
 
Per sconfiggere questo disegno reazionario di governo e borghesia è necessario e fondamentale sviluppare la mobilitazione operaia e popolare.
Pertanto Scintilla Onlus invita i lavoratori, i giovani e le donne del popolo ad organizzare Comitati per il NO alle controriforme costituzionali e contro l’Italicum nei posti di lavoro, nei quartieri e nelle associazioni di massa.

5, 6, 7 Ottobre - Invia anche tu una mail ai parlamentari: "Decreto Madia: NO alla privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici!"

Forum, Italiano dei movimenti per l'acqua


Il decreto Madia sui servizi pubblici locali è in dirittura d'arrivo.
Saranno decisive le prossime due settimane entro le quali le Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato esprimeranno il proprio parere sul provvedimento.
Diviene, dunque, opportuno fare pressione sui componenti di queste Commissioni affinché i pareri contengano la richiesta di far marcia indietro sulle norme con cui si rilanciano le privatizzazioni, a partire dall'acqua.
Pertanto, il 5, 6, e 7 Ottobre inviamo tutt* una mail ribadendo: "NO alla privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici!"

Di seguito il testo della mail che si propone di inviare ai parlamentari (con allegati gli indirizzari email).




Oggetto: "Decreto Madia: no alla privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici!"

Gentile Parlamentare,
l'attuale versione del decreto sui servizi pubblici locali contraddice esplicitamente in più punti l'esito del referendum del 12 e 13 giugno 2011 e, quindi, la legge delega:
  • l'acqua, bene comune per eccellenza, torna ad essere trattata come una merce riproponendone la privatizzazione della gestione e reintroducendo in tariffa la remunerazione del capitale, ovvero i profitti garantiti ai gestori;
  • per i servizi pubblici locali si persegue l'obiettivo della riduzione della gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità così da rafforzare il ruolo dei privati, vietandone la gestione pubblica, tramite azienda speciale o in economia, e limitando fortemente gli affidamenti diretti. Si determina così un’ingiustificata disparità tra questi e quelli mediante gara o a società mista.
Per rispettare la volontà popolare chiedo di cancellare dal decreto tutte le norme che perseguono i suddetti obiettivi, così come ribadito anche da 230.000 cittadine/i con una petizione popolare alle Camere depositata a luglio scorso.
Cordiali saluti.
..........................


lunedì 3 ottobre 2016

Coazione a ripetere

Luciano Granieri

La  storia si ripete. 


Assemblea aperta per la costituzione del movimento "Frosinone Bene Comune" Interventi di Francesco Notarcola  Presidente della consulta  delle associazioni, Massimo Parlanti ex assessore alla trasparenza del comune di Frosinone, Paolo Iafrate dell'associazione "Oltre l'occidente.


Assemblea aperta per la costituzione del movimento "Frosinone Bene Comune" continua l'intervento di Paolo Iafrate, dell'associazione "Oltre l'occidente" seguono i contibuti di Fiorenzo Fraioli del blog "Ecodellarete. net, e di Lorenzo Rea "Confederazione COBAS"

Poi vinse Ottaviani.....Coazione a ripetere oggi?  Ma  senza replicare gli esiti.

Meditiamo compagni !!!

La morte di un usurpatore

Cinzia Dichiara

Shimon Peres è morto, non è una sorpresa perché era molto anziano ed era anche malato; sicuramente tutte le redazioni dei grandi giornali internazionali e delle grandi reti televisive avevano già pronti da mesi, se non da anni, il suo profilo e le analisi sulla sua vita: lunga e vissuta da protagonista.


Commentare e ricordare la vita di un personaggio come Shimon Peres non può sfuggire ad un bilancio di ciò che quest’uomo ha realizzato. Ultimo esponente di quella generazione che ha costruito le fondamenta dello Stato di Israele e delle sue mortali contraddizioni, ora viene ricordato come il “costruttore del solo tentativo di pace con i palestinesi”; quegli accordi di Oslo siglati a New York nel 1993, che un anno dopo gli garantirono il premio Nobel per la pace insieme a Yasser Arafat e Yitzhak Rabin, che dopo pochi anni svelarono interamente l’inganno sul quale si basavano. E di quell’inganno, che di fatto ha prodotto la corsa verso l’abisso umano, politico e sociale dello Stato di Israele, Shimon Peres non si è mai pentito. Quegli accordi che non impegnavano in nessun modo Israele, mentre costringevano i palestinesi alla resa incondizionata, spianarono la strada a tutto ciò che oggi sul terreno rende irrisolvibile la “questione palestinese”: il conflitto che, fino allo scoppio delle rivolte arabe nel 2011 e il caos che ha seguito la loro sconfitta, dal 1947 era ciò che contraddistingueva il Vicino Oriente.
Shimon Peres è morto nel momento più favorevole alla sua memoria, perché la cristallizzazione e la polarizzazione dei conflitti che stanno insanguinando il Vicino Oriente, dalla Siria alla Libia – passando per lo Yemen – hanno fatto sì che diventasse abitudine molto diffusa rimpiangere il passato. Disinvoltamente molti sostengono che alla fine dei conti la responsabilità del caos sanguinoso dilagante è di quei popoli che si sono sollevati contro le dittature che li opprimevano. Paradossalmente, il conflitto israeliano-palestinese è l’unico rimasto fedele alle sue origini.
I “grandi della terra”, nessuno escluso, venerdì si sono recati  alle esequie di Shimon Peres. Con faccia immobile hanno parlato  del “suo contributo alla pace”; nessuno, o pochissimi, hanno ritenuto  necessario cercare di capire se le origini dell’abisso in cui oggi il mondo è precipitato abbia qualcosa a che fare con quell’uomo che riuscì a mascherare la guerra e la spoliazione, travestendole con la “pace” che produsse il raddoppio della colonizzazione della Cisgiordania, la costruzione del Muro di separazione unilaterale costruito da Israele a partire dal 2001 e che come obiettivo aveva quello di confiscare quanta più terra palestinese, compresa Gerusalemme est.
Certamente, se fosse stato in grado, avrebbe trovato le parole adatte per giustificare anche la recente affermazione di Benjamin Netanyahu sulla “pulizia etnica voluta dai palestinesi” quando chiedono lo smantellamento delle colonie in Cisgiordania.
Shimon Peres non era un militare ed è stato esponente di primo piano del partito laburista israeliano al suo apice: l’età avanzata gli ha risparmiato il peso del declino. Ma è un errore, anche grossolano, pensare che Shimon Peres negli anni abbia mutato la sua posizione sulla politica coloniale israeliana su cui è basata la stessa esistenza dello Stato di Israele. Come ha giustamente osservato Amira Hass, in un commento scritto al momento in cui era giunta la notizia che Shimon Peres era stato colpito da un ictus:
Negli anni settanta ha sostenuto il movimento dei coloni. Negli anni novanta, come ministro degli esteri, è stato artefice degli accordi di Oslo, che hanno consolidato la realtà delle enclave palestinesi. Gli insediamenti e le enclave sono due facce della stessa medaglia, a dimostrazione di quanto sia stata coerente la sua visione delle cose. (1)
Shimon Peres è morto e lo piangeranno più in Occidente che in patria, dove nella sua lunga vita non è mai riuscito a farsi eleggere a nessuna carica che ha rivestito. Anzi, in Israele lo prendevano in giro con la battuta che sottolineava come non avesse mai vinto un’elezione, neanche quella di capoclasse alle elementari. In Occidente, si coglierà, grazie alla morte di Shimon Peres, ancora una volta l’occasione per ribadire che l’unico mondo possibile è quello costruito sulle usurpazioni spacciate per negoziati. In definitiva questa era la vera caratteristica di Shimon Peres.

( Fonte: Invictapalestina )

domenica 2 ottobre 2016

Colleferro, su inceneritori e discarica è necessaria una presa di posizione dei nostri amministratori.

Rete per la Tutela della Valle del Sacco





La questione degli impianti per il trattamento dei rifiuti a Colleferro, come detto più volte, sta giungendo ad un punto di svolta. Le decisioni che la regione Lazio sta prendendo si confermano negative per il comprensorio.

Lazio Ambiente SpA sta predisponendo il piano industriale che prevede il revamping degli impianti di incenerimento (di fatto la ricostruzione degli impianti visto lo stato in cui si trovano). Per quanto riguarda la discarica di Colle Fagiolara, si prospetta lo spostamento dei tralicci dell’alta tensione per permettere l’utilizzo di una parte della discarica ancora da riempire.

Entrambe le soluzioni sono già state stigmatizzate dalle associazioni in numerose occasioni tra atti formali, comunicazioni di ogni genere, dissenso di piazza.

A Colleferro l’amministrazione attuale è andata in controtendenza rispetto al passato opponendosi in sede giuridico amministrativa all’atto regionale di rinnovo dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) degli inceneritori e sta predisponendo le osservazioni per il riesame della stessa, procedimento aperto dagli uffici preposti della regione Lazio.

Ma ciò non può bastare.

Ad oggi, dal giorno dell’insediamento, la nuova Giunta non ha mai espresso la propria contrarietà con un atto ufficiale come può esserlo un passaggio in consiglio comunale attraverso una mozione o qualsivoglia strumento valido che possa realmente confermare la posizione espressa in campagna elettorale.

Sul fronte dell’opposizione, a parte qualche scaramuccia in consiglio comunale e sui social network, anche i rappresentanti della minoranza non hanno mai espresso chiaramente le proprie intenzioni, salvo qualche interrogazione o riferirsi alla pratica delle passate amministrazioni.

Ebbene, riteniamo che ciò sia necessario in modo che i cittadini, in molti presenti alle manifestazioni degli anni passati, possano conoscere in maniera chiara quale sia la linea politica espressa e se possano sentirsi garantiti da chi li governa.

La discussione pubblica in aula consiliare è assolutamente necessaria anche se ancora insufficiente: costituisce solo uno dei momenti di una pratica di informazione capillare e costante dei cittadini; se debitamente informati essi sono in grado di comprendere problematiche anche complesse che le amministrazioni devono affrontare per svolgere il proprio compito.
Le amministrazioni devono innanzi tutto chiarire quanto è rimasto in loro potere: diciamo questo poiché è in corso da anni una pratica di sottrazione alle amministrazioni locali di risorse e poteri decisionali. Tuttavia ciò non può essere una giustificazione per qualsivoglia decisione. A fronte di imposizioni dall’alto le amministrazioni devono ritrovare la capacità di coalizzarsi e di opporsi come territorio, di informare i cittadini, di motivarli alla partecipazione ed alla mobilitazione.

E’ decisamente il caso del problema di cui stiamo parlando.

Qualora la risposta del consiglio risulti contraria al piano industriale di Lazio Ambiente SpA, dovranno seguire atti concreti e trasparenti, pratiche continuative per contrastare le decisioni che la regione Lazio ha prospettato sin dallo scorso anno.