“Gli arrabbiati se ne
vanno gli dei restano”. In realtà questa è un’inversione del titolo
dell’ultimo disco degli Area in cui
cantò Demetrio Stratos. Il titolo dell’LP, registrato nel 1978, a dieci anni dalla mitica stagione
sessantottina, è gli dei
se ne vanno, gli arrabbiati restano. “Mo', questo ci vuole ammorbare con
le suo solite elucubrazioni di critica musicale”, potrebbe osservare chi si accinge a leggere questo
intervento. Niente di più sbagliato.
Infatti, gli arrabbiati se ne vanno gli dei restano, potrebbe essere il
titolo delle vicende che hanno contraddistinto le lotte di un gruppo di
arrabbiati politicamente attivo nella città di Frosinone. Ve lo posso
assicurare costoro erano molto arrabbiati. Hanno sempre denunciato lo scempio
perpetrato sulla nostra città da vent’anni di giunte di centro destra e centro
sinistra. Le politiche di asservimento al potere speculativo-fondiario, vero
dominus del Capoluogo, sono state sempre fortemente contrastate dagli arrabbiati. Le
dinamiche d’impoverimento della popolazione frusinate, espropriata puntualmente
e costantemente di servizi sociali, luoghi
di aggregazione, diritto alla salute e all’istruzione, sono state inesorabilmente denunciate ,
imputando alle varie consiluature l’asservimento ai padroni muratori.
Non è
mancato il coraggio agli arrabbiati nell’ indicare con nomi e cognomi gli
amministratori responsabili di tale sfascio: Domenico Marzi, Michele Marini e alleanze varie (centro sinistra) Nicola Ottaviani (centro
destra). Come non è mancato il coraggio agli arrabbiati di denunciare la
sciagurata gestione finanziaria della città gestita dal centrosinistra che, per
regalare gli oneri concessori ai palazzinari, ha prodotto un debito tale da
consegnare la cittadinanza al giogo del piano di riequilibrio economico e
finanziario. Un piano lacrime e sangue
che ha consentito ad Ottaviani, sotto il ricatto della denuncia alla
Corte dei Conti degli artefici del debito, di silenziare l’opposizione. Gli
arrabbiati sono riusciti ad aggregare un
minimo di consenso proprio perché si sono mostrati senza peli sulla lingua,
individuando i burattinai che dietro le quinte gestivano gli affari della città
e del territorio sulla pelle dei
cittadini e anche in questo caso sono stati fatti nomi e cognomi: Abruzzese (centro
destra), De Angelis, Buschini, Scalia(Pd) , Schietroma (Psi).
Le lotte degli arrabbiati, ovviamente,
hanno avuto un risvolto elettorale e sempre compatti si sono battuti, sia
contro il centro destra che con il centro sinistra, con esiti elettoralmente
scarsi, ma con l’orgoglio di approfittare del clamore di una campagna
elettorale per denunciare ancora più efficacemente il marcio .
Cinque anni fa
però all’alba del ballottaggio, cui erano giunti il sindaco uscente
Michele Marini e Nicola Ottaviani, era
il 6 maggio del 2012, gli arrabbiati
diventarono dei. Non tutti evidentemente. Alcuni di loro, dopo aver sbandierato in campagna elettorale l'astensione
al ballottaggio, perché l’uno e l’altro pari erano, dopo aver detto peste e corna di Michele Marini accusato
di essersi alleato con movimenti teodem, ed aver lasciato un debito mostruoso, gli dei si
convertirono , folgorati sulla via di Damasco, alla realpolitik, e
spinsero per l’endorsement al candidato del Pd con l’obbiettivo di
ottenere almeno un posto in consiglio comunale , per fare cosa non è dato sapere. Dopo una notte di contrasti, gli dei cacciarono gli arrabbiati, ma la mossa
non fu sufficiente a decretare la vittoria di Marini.
Finito il regolamento di
conti post elettorale, gli dei tornarono ad essere arrabbiati e a riaggregarsi
con colori i quali incazzati lo erano stati da sempre. Gli ultimi cinque anni
hanno visto riemergere un nuovo e rinvigorito attivismo degli arrabbiati contro
le politiche dispotiche di Nicola Ottaviani e contro l’ignavia della minoranza
guidata dal Pd, mai in grado di portare avanti una reale opposizione. Anzi Si disse
che la vera opposizione era svolta dagli stessi arrabbiati nelle piazze.
Una gestione creativa
della finanza cittadina da parte dell’amminstrazione Ottaviani -divisa fra la
privatizzazione dei servizi, l’aumento delle tariffe per accontentare i giudici
contabili, e il finanziamento di sbicchierate elettoralistiche - non ha visto,
a parte poche grida, alcuna azione oppositiva degna di nota. La rabberciata armata
Brancaleone a trazione Piddina, si è guardata bene perfino dal chiedere le dimissioni del sindaco, a seguito
della vicenda giudiziaria sulla questione dei rifiuti che coinvolse il suo
vice Fulvio De Santis. Gli arrabbiati, una parte dei quali perse il
lavoro, a seguito del sacrificio sull’altare del piano di rientro della società
Multiservizi, hanno continuato la loro lotta contro maggioranza e opposizione
convinti che fino a quando a governare Frosinone sarebbero stati i soliti noti,
dell’una e dell’altra fazione, nulla sarebbe cambiato.
Ma inesorabilmente
arriva il mese vicino all’aprile (cioè maggio) tempo in cui si tengono le elezioni. E puntualmente tornano gli dei.
Fortunatamente, questa volta, gli dei si sono palesati prima che iniziasse la
campagna elettorale. La realpolitik ha colpito ancora, per cui il Pd tanto
bistrattato - quello degli Scalia, dei De Angelis, dei Buschini, gente contro
cui si è appena conclusa una vittoriosa battaglia referendaria e accusata di
essere la rovina del territorio - è diventato partner ideale per sconfiggere
Ottaviani. E’ bastato che alla guida della coalizione comprendente i Dem
ciociari si candidasse, Fabrizio
Cristofari. Il cardiologo, presidente dell’ordine dei medici di Frosinone, per
conquistare gli dei si presenta con una sua lista civica, schifando il Pd, che
pure è nella sua coalizione e di cui è stato dirigente in passato. Nel frattempo stringe accordi con la nomenklatura socialista. Tradotto: De Angelis, Scalia, Schietorma, avranno molta voce in capitolo
sulle dinamiche gestionali di Frosinone qualora dovesse vincere Cristofari, checché
ne dica il candidato presidente dell’ordine dei medici.
Agli dei questo non
preoccupa, convinti di poter imporre le
loro istanze nel programma della cosiddetta forza progressista. Fortunatamente
tutto ciò si è consumato prima dell’inizio della campagna elettorale, e ha
consentito agli arrabbiati di andarsene e rimanere
coerentemente arrabbiati. Gli arrabbiati se ne vanno gli dei restano.
Noi arrabbiati, non ce l’abbiamo con gli dei, anzi auguriamo loro che l’obbiettivo,
unico e debole, di mandare a casa Ottaviani e di contare all’interno del
consiglio senza essere stritolati dai pezzi da novanta, si realizzi. Però non
ce la facciamo ad allearci con coloro che abbiamo sempre considerato complici
dello sfascio cittadino, anche se guidati da una faccia nuova (si fa per dire).
Certo è che ogni cinque anni, quando incombe il mese vicino all’aprile,
gli arrabbiati soffrono il protagonismo degli dei. “Guardati dal mese vicino
all’aprile”, dicono i contadini del meridione d’Italia che hanno imparato a
temere i rovesci improvvisi del mese di marzo. Noi arrabbiati invece, facendo
nostra una frase riportata proprio sul disco degli Area gli dei se ne vanno gli arrabbiati restano, diciamo “Guardati,
compagno, del mese di maggio, noi non siamo più gli eredi di nessuno, bisogna
ricominciare tutto da capo!
Good vibrations!
Good vibrations!
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