martedì 11 aprile 2017

Riflessione sulla Petizione “Restituire la Sovranità agli elettori"

Mario Zorzetto.





È probabile che Beppe Grillo e gli inventori della legge elettorale Renzi-Boschi o della Calderoli non abbiano mai sentito parlare di Costantino Mortati, il costituzionalista che nel corso dell’assemblea costituente aveva invano sollecitato di inserire nella Costituzione la norma destinata a fissare l’applicazione del metodo democratico all’interno di ciascun partito politico. In compenso, però, a costoro non manca di sicuro la conoscenza del film di Mario Monicelli dedicato al Marchese del Grillo, in cui l’interprete del nobile romano, interpretato da Alberto Sordi, si presenta ai suoi servi e valletti con la frase “io so’ io... e voi non siete un cazzo!”. 

Questa frase, che non è né di Monicelli e neppure di Sordi è quella che Giuseppe Gioachino Belli scrisse nel sonetto “Li soprani der monno vecchio” (I sovrani del mondo antico) per descrivere come la plebe romana interpretava il rapporto esistente con i Papi e con i Re dell’epoca. “C’era una vorta un Re cche ddar palazzo mannò ffora a li popoli st’editto: io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto”. 

Nel primo Ottocento, in sostanza, il popolo non contava nulla rispetto al sovrano che invece rappresentava il potere assoluto. Da allora ad oggi sono passati duecento e passa anni nel corso dei quali i valori della libertà e della democrazia si sono affermati, sia pure tra mille contrasti e tragedie, cancellando (almeno sulla carta) ogni residuo di potere assoluto. Al punto che un costituente illuminato, Mortati, avrebbe voluto stabilire nella Carta Costitutiva della Repubblica il principio che il metodo democratico dovesse essere applicato non solo nella competizione tra i partiti, ma anche all’interno di ciascuna forza politica, esplicitando ciò che è implicitamente contenuto nella frase “con metodo democratico” dell’art.49. In effetti, contro l’ipocrisia interpretativa di taluni politici e fortunatamente di pochi costituzionalisti di professione, quel metodo è già chiaramente scritto nella Carta Costituzionale, negli articoli 1, 48, 3 e 67 dove si affida al Popolo elettore la sovranità di eleggere e a ciascun elettore di farlo in modo segreto, libero e con peso uguale e si richiede all’eletto di rappresentare la Nazione. Come pensare infatti che qualcuno singolarmente possa essere più sovrano di altri sulla base della dopinione politica e adesione ad un partito piuttosto che ad un altro? Come giustificare differenti pesi degli elettori dovuti a premi di seggi assegnati per magia elettorale ad un solo partito, anche 90 seggi in “premio” , tutti senza consenso di voti e investitura popolare ? Ciò era evidente ai nostri Costituenti, dove entusiasmo ed attaccamento ai valori costituzionali dominavano perfino i partiti e i governi. Era scontato per i nostri illustri Padri e illustre Madri costituenti che il frutto del compromesso storico della Costituente fosse il momento più alto della costruzione politica di una Nazione, sconfitta e distrutta dal peso di una doppia guerra contro i nemici stranieri e fratricida.  Un compromesso politico comunque perfettibile quando elaborato all’interno del disegno dei valori atemporali sanciti nella prima parte della stessa, e in tema elettorale, nel rispetto della sovranità dei rappresentati e della loro uguaglianza nella legge elettorale. Eppure questi principi di buon senso e razionali, sanciti in Costituzione, la sovranità e l’uguaglianza degli elettori e la rappresentatività degli eletti, hanno trovato dal 1993, dopo un referendum popolare in cui molte forze contribuirono a manipolare le coscienze popolari, un momento di crisi, come dire la democrazia da allora ha trovato e trova difficoltà a realizzarsi. Ci fu un tentativo occasionale, nei primi quarantacinque anni di storia politica repubblicana, di derogare con un premio dalla legge proporzionale elettorale che è alla base della democrazia rappresentativa (legge truffa del giugno 1953 scritta da Scelba e dall’ex-fascista Tesauro), assegnando un premio di seggi al partito che avesse ottenuto più del 50% dei voti, ma poi fu bocciato e i giornali di allora parlarono di scandalo elettorale e “legge truffa”.. Dal 1993 invece solo leggi maggioritarie, ma abbiamo avuto buon governo? E’ certo che i premi di seggi vengono dati al vincitore all’inizio legislatura, sulle promesse elettorali spesso spregiudicate e senza alcuna garanzia di ciò che sarà fatto. Il primo esempio di maggioritario venne costituito dalle leggi italiane n. 276 e n. 277 del 1993, in genere portate avanti dalle forze politiche meno progressiste e più attente a far prevalere gli interessi di una parte politica sulle altre. L’ignoranza politica e la mancanza di rispetto verso i principi di sovranità popolare e uguaglianza degli elettori è poi continuata arrivando a concepire nelle istituzioni Camere con composizioni dichiaratamente anticostituzionali (La legge n. 270 del 21 dicembre 2005, comunemente nota come legge Calderoli o Porcellum, con premio di maggioranza e liste bloccate ha disciplinato l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in Italia nel 2006, 2008 e 2013. Nel gennaio 2014, con sentenza n. 1/2014, la Corte costituzionale ha dichiarato finalmente l'illegittimità costituzionale parziale della legge, annullando il premio di maggioranza e introducendo la possibilità di esprimere un voto di preferenza dando origine giuridicamente al “Consultellum”). Ma la governabilità del vincitore ha significato buon governo? Giudicando dai risultati dei governi succedutisi, pur riconoscendo le differenze politiche, non vi sono stati segnali evidenti di buon governo in termini di riduzione delle diseguaglianze sociali e reddittuali, anzi tutti gli indicatori mostrano una crescita della povertà, una concentrazione della ricchezza in una esigua fascia della popolazione, alta disoccupazione giovanile . Al default economico nel novembre 2011(spread a 575 punti base), si sono aggiunti un deficit enorme (rapporto deficit/pil nel 2016 ha registrato +2,4%), una evasione fiscale alle stelle e un fisco iniquo e a volte persecutore. L’immagine percepita è stata quella di un Paese senza programmazione politica strutturale sia a breve termine che a lungo termine, mancanza di investimenti pubblici, nella ricerca e nello sviluppo, gravi ritardi legislativi e di prevenzione generale in materia di tutela del territorio e contro i rischi naturali, insufficiente attenzione contro l’inquinamento urbano e l’inquinamento dell’aria (norme vecchie e truffe sui dati di consumo dei veicoli e del loro effettivo inquinamento), del suolo e dell’acqua in generale etc. Ciò che è venuta meno è la programmazione politica, taluni semplicemente dicono la politica, sostituita da politiche fatte per motivi elettorali e interessi di partito o talvolta personali, costituite da bonus una tantum, a favore di lobby affaristico finanziarie più che per l’occupazione… e, a detta di illustri conoscitori degli apparati statali, a favore di una crescente connivenza tra gli interessi politici e quelli di organizzazioni illegali e mafiosi. La legiferazione eccessiva e disorganica, non rivolta a produrre testi unici, ha poi contribuito alla complessità burocratica e amministrativa e a ritardare la riforma della pubblica amministrazione e l’efficienza della macchina statale. Senza programmazione, al di là delle capacità dei singoli governanti, non può esserci nemmeno investimenti su istruzione, ricerca e sviluppo con cadute nella competizione internazionale e nella occupazione e ricchezza interna. Questa crisi è dunque di sistema ed è istituzionalizzata nei partiti che tuttavia hanno usufruito di leggi maggioritarie oltre i limiti costituzionali. I difetti della partitocrazia, intesa come macchina autoreferenziale di potere, hanno avuto evidenze eclatanti nei media dell’informazione, come recentemente il caso Consip in cui gli attori sono amici politici o perfino parenti, e nei privilegi della casta politica, dai vitalizi parlamentari ai favoritismi reciproci (per un senatore la casta si è inventata un quarto grado di giudizio per annullare l’effetto della legge “Severino” che, giusta o sbagliata che sia, sarebbe stata da applicare con l’allontanamento del senatore condannato in terzo grado di giudizio). “Mala lex, sed lex” è vera per tutti i cittadini non per i nostri eletti amanti dell’ “immunità parlamentare” e dello scambio di favori. C’è crisi di sistema per difetto palese di metodo democratico nei partiti e del sistema elettorale, per mancanza di legalità e di trasparenza, pur in presenza di un premio elettorale dato al potere esecutivo in modo così vistoso da essere giudicato incostituzionale. Il buon governo si fonda sulla buona programmazione politica e sulla capacità e responsabilità degli attori, scrivendo nei minimi dettagli il programma di governo nazionale e i suoi principali obbiettivi politici: a giochi elettorali fatti e in un Parlamento composto in modo proporzionale al consenso ricevuto dagli elettori.. Questa è la sola politica democratica possibile, l’alternativa è passare da una forma più o meno nascosta di dittatura di un partito a quella di un altro, costruite tutte con premio di seggi e liste bloccate, facendo diventare, al tavolo del gioco elettorale, sovrana e maggioranza di seggi una minoranza reale votata dagli elettori, e “capo” il leader di quella minoranza. Nostalgia di natura fascista e ignoranza democratica, se unite, diventano uno strumento esplosivo contro la democrazia rappresentativa. Basti pensare, del resto, che, con una rappresentanza parlamentare truccata grazie alle leggi maggioritarie, gli articoli della Costituzione che prevedono una maggioranza qualificata per decisioni cruciali perdono significato.

Scrive Zagebelsky “Qualunque premio (che sarebbe più corretto chiamare “di minoranza”: il premio di maggioranza era quello del ’53, che avrebbe operato a favore di chi avesse ottenuto la maggioranza dei voti) è un rischio per tutti “ e nel nostro sistema multipartito, “sebbene sia stato salvato dalla Corte costituzionale, altererebbe la rappresentanza in modo incompatibile con la democrazia rappresentativa. E la “governabilità”? Governare è dei governanti. Sono loro a dover garantire la governabilità e non c’è nessun marchingegno elettorale che può garantirla in carenza di senso di responsabilità, come dovremmo sapere noi in Italia senza possibilità di sbagliarci. Occorreranno coalizioni e compromessi? È probabile. Ma le coalizioni e i compromessi non sono affatto cose negative, sono anzi nell’essenza della democrazia pluralista: dipende da chi le e li fa, in vista di quali obbiettivi e a quali condizioni. Non sono necessariamente “inciuci”, per usare il nostro squallido linguaggio. Del resto, ogni sistema elettorale non proporzionale applicato in contesti non bipartitici o almeno bipolari, mette in moto accordi e patteggiamenti tra interessi più o meno limpidi prima delle elezioni, per di più ignoti agli elettori, necessari “per vincere”. Se questi si dovessero fare dopo le elezioni “per governare”, la loro sede   potrebbe e dovrebbe essere quella pubblica, il Parlamento. Che cosa, delle due, è meglio?” (La Repubblica, 7 febbraio 2017 G.Zagrebelsky) . La conclusione di Zagrebelsky è evidente : meglio la democrazia rappresentativa parlamentare (proporzionale a consenso ricevuto). Ma volendo approfondire potremmo chiederci anche: quale tipo e natura di rappresentanza potrebbe garantire una migliore politica?. Quella degli eletti candidati dai partiti con i difetti autoreferenziali citati, cioè liste bloccate e senza metodo democratico? o ad esse affiancare e, se necessario, contrapporre liste di rappresentanti eletti con metodo democratico, e a suffragio universale e diretto, tra soggetti meritevoli senza “tessera di partito” e lontani da incarichi di partito ? una sistema unicamerale a rappresentanza mista in cui si elegga sia incaricati di partito sia seniores indipendenti e lontani da tali organizzazioni? La nostra sovranità popolare ci permette di scegliere e sostenere queste liste di candidati questori di buona politica posto che una Associazione di cultori della Costituzione sia garante dei requisiti di età e di merito dei candidati, e della loro indipendenza e abbia nel suo statuto questo e l’attuazione della Costituzione promuovendo una avanzata democrazia rappresentativa nel sistema elettorale istituzionale.

Il testo completo della Petizione, la LETTERA ai Presidenti di Camera e Senato può essere sottoscritta anche on line al link: 

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