martedì 16 maggio 2017

Marxismo moderno e primato della legge

Mario Zorzetto


Un grande merito del pensiero di Carlo Marx  contro la sregolatezza del capitalismo è la sua teoria del plusvalore che nasce dallo sfruttamento delle classi che producono ricchezza senza riceverla in corrispondente misura, argomento sempre attuale, moderno che è stato motivo storico rivoluzionario  prima, e poi alla base delle conflittualità sindacali con il capitalismo e i grandi capitalisti anche quando  politicamente le democrazie hanno mostrato di evolversi in forme più mature qual è il nostro costituzionalismo parlamentare.  Senza entrare in merito alle responsabilità delle forze politiche e sindacali che, vicine politicamente alla classe operaia, non hanno saputo dare alla stessa gli strumenti utili e necessari per la rimodulazione della distribuzione della ricchezza prodotta da plusvalore, è un fatto che l’affermarsi della democrazia parlamentare costituzionale, fondata sulla Carta Costituzionale,  ha sancito il primato della politica e dell’autonomia politica sulla economia affidando ai governi e al parlamento il destino dello sviluppo economico del Paese. Negli anni più recenti, dal 1993 ad oggi almeno, il sistema di rappresentanza di questi partiti ha mostrato sempre più evidenti limiti, distacco dall’osservanza dei principi costituzionali (vedi sentenze della Corte) e lontananza dai problemi reali del Paese, incapacità di proteggere l’economia nazionale  e di rispondere alla grave sfida rappresentata dalla globalizzazione economica senza regole e dallo sviluppo della speculazione finanziaria a danno dei risparmiatori. La globalizzazione ha generato un incremento degli scambi e della concorrenza sul costo del lavoro con mercati in cui esistono condizioni di “schiavitù moderna”, (definibile come il possesso o il controllo di una persona privata dei propri diritti con l'intenzione di sfruttamento) ed esportato questo modello nel mondo del lavoro interno tramite l’illegalità d’impresa ed evasione  fiscale (un immenso mercato sommerso). Il sistema dei partiti al governo ha incrementato  nello stesso tempo il suo intreccio con il mondo affaristico e finanziario, con il commercio internazionale e con la globalizzazione dei mercati, perdendo in  quote di autonomia politica, in immagine della classe politica, autorevolezza e qualità della legge (legiferazione “populista”). Se in essi, tramite i suoi membri più corrotti, si rafforza l’intreccio tra affari e politica, va da se che  premiata è  la natura “privatistica e affaristica” del contenuto delle leggi. Non vi sarà l’intento di migliorare la progressività fiscale e i diritti sociali,  e se  possibile, nelle riforme istituzionali ed elettorali,  si lascerà sterilizzare i principi costituzionali di sovranità popolare e di solidarietà sociale per avvantaggiare il proprio potere. Il problema è quindi sempre quello di  salvaguardare l’autonomia politica delle istituzioni democratiche dello Stato per mezzo di una  autorevole classe politica attenta ai principi politici costituzionali ,  autonoma (indipendente per interesse generale) nelle decisioni politiche  da prendere verso le realtà economiche e gli interessi delle singole categorie  e settori economici, bancari inclusi, contro le leggi ad personam e i conflitti di interesse. Il sistema (non si tratta di un singolo partito) appare difficilmente riformabile dalle forze organizzate nei più grandi partiti tradizionali  ed anche l’azione  delle  frammentate forze minoritarie della sinistra appare incapace di arginare il fenomeno e a volte ancorata a modelli e linguaggi passati. Appare quindi necessaria, come è stato nel referendum, l’azione riformatrice di cittadini organizzati e indipendenti, singoli o riuniti in comitati, che si sentono democratici (fattore culturale essenziale) e lottano per la costruzione della democrazia costituzionale (per renderla più “partecipativa” e dare voce e potere alle minoranze escluse e più “diretta” con una base più ampia di iscritti che condividono ed approvano ciascuna proposta politica o la scelta dei candidati locali e nazionali alle elezioni. Sentirsi democratici per la Costituzione , essere privi temporaneamente di tessera  e incarichi di partito, limitati nei mandati ricevibili e rispettosi della Costituzione costituirebbero requisiti di idoneità per essere nominati candidati nelle liste della nuova Associazione e per operare con metodo democratico nell’interesse generale del Paese .
Il metodo democratico è il metodo costituzionale adottato da un Parlamento eletto con legge proporzionale e senza premio ai partiti. Per 47 anni la nostra Repubblica ha legiferato con esso. Non  è dunque una novità e fu proposto, senza successo,  anche ai partiti da un maestro costituente, Costantino Mortati.. Nella seduta dell’Assemblea del 22 maggio 1947, egli cercò di imporlo, senza successo, nell’organizzazione interna e nell’azione diretta alla determinazione della politica nazionale» (La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, Camera dei deputati, III, Roma, 1970, p. 4159). In quella stessa seduta Moro, intervenendo a favore dell’emendamento Mortati, sostenne la proposta di costituzionalizzare il vincolo democratico interno, sulla base della considerazione che «se non vi è una base di democrazia interna, i partiti non potrebbero trasfondere indirizzo democratico nell’ambito della vita politica del Paese» (La Costituzione, cit., p. 4164). Esso si fonda sul principio  della rappresentanza di eletti e quindi pone il problema della qualità e requisiti perché essa sia  la migliore possibile A pieno sostegno della proposta di Mortati e dell’intervento di A. Moro, e con impegno di lavorare con metodo democratico, si può concepire la Associazione (delle forze politiche aderenti e non rappresentate, e associazioni civiche e dei comitati a difesa dei principi costituzionali ) come un movimento di cittadini rispettosi della Costituzione che non hanno nel loro Statuto un Segretario politico (il Capo) ma un Collegio Scientifico di illustri cultori e politici (talvolta nominati o criticati come “professoroni”) che stimola, promuove e discute le proposte politiche, e le approva con la maggior partecipazione attuabile di suoi iscritti, incluse legge elettorale e modifiche costituzionali del sistema  parlamentare in un ottica di trasformazione del Parlamento in “rappresentanza mista” in cui  essi possano avere un ruolo rilevante di contrappeso politico alle oligarchie di partito, incuranti di attuare la Costituzione o ad essa avversa per atti e patti incostituzionali concepiti per spartirsi  il potere .
…C’è bisogno di una nuova rappresentanza politica che ripudi la concezione della politica del partito  unico vincitore e del suo governo, e che diffondi cultura politica nel Paese lavorando con metodo democratico (quello voluto da Mortati per i partiti e nella Costituzione dai Costituenti) e orientata a trasfondere indirizzo democratico nella vita politica. Una rappresentanza convinta che la  buona legge elettorale è quella che non assicura a nessuno di essere il giorno dopo le elezioni vincitori unici per premio o per magia di meccanismi elettorali  .. ma che obblighi il partito più votato  a confrontarsi con le altre forze politiche per fare un programma di governo.. Perché non fare  un referendum demoscopico con questo quesito: “nella legge elettorale ritieni giusto che il tuo voto dovrebbe pesare come quello di un altro cittadino elettore?”. L’unico premio permesso (comunque piccolo) potrebbe essere necessario per la governabilità solo nel caso di due coalizioni e in una situazione di bipolarismo (naturale o forzato, che non è quella attuale), negli altri casi si deve richiedere (ai partiti) quello che abbiamo chiesto nella Petizione:cultura democratica. La democrazia rappresentativa non si fonda in generale su un vincitore di premio e su un partito unico, anzi ripudia questa possibilità ed evenienza, richiedendo solo che vincitrice sia la legge che è approvata con principio maggioritario da un  Parlamento eletto secondo Costituzione e nell’interesse generale e secondo regolamenti di vita parlamentare. Lo stravolgimento democratico della rappresentanza dovuto ad una “disonesta” legge elettorale ricade inevitabilmente in tutti i contenuti delle leggi delle future legislature. La buona governabilità dipende dalla capacità di fare un buon programma di politica nazionale e questo non dipende dalla legge elettorale, ma dalla sensibilità, responsabilità e capacità politica dei governanti, a bocce ferme e giocando in un Parlamento eletto in modo costituzionale (art.1,3=uguali davanti la legge elettorale,48). Di questo il Popolo italiano dovrebbe essere informato con campagne di cultura politica ad hoc in  cui diffondere i principi secondo cui la sovranità politica è sovranità collettiva del Popolo. Non è un caso che i dem, fuoriusciti da Renzi e dal suo PDR, si siano dati per nome Art.1 …I  nostri documenti politici dovrebbero dare questa riflessione, questo messaggio ai cittadini unito a quello della  solidarietà per ridurre le disuguaglianze economiche (con soluzioni di ridistribuzione della ricchezza sia strutturali (modifica aliquote irpef) che straordinarie, una tantum).

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